Roso dall’invidia


Oggi ha quel sorrisino sarcastico che si vede che gli rode qualcosa… Annuncia il primo ospite. Lo lascia parlare ma sul finale comincia la sua vendetta. Oggi sarà serata di vendetta. Non c’è tempo!, non puoi dire tutto: scegli tu cosa dire e cosa no, gli fa. Ed è come se gli imponesse di dover salvare solo uno dei suoi figli, e di questo ne gode assai, perché è un sadico bastardo figlio di puttana. Ma l’ospite tiene botta e con spirito garibaldino fa la sua scelta. Ma sul finire lui si intromette e non lo fa terminare rimpinzandolo di scemate dialettiche. Ma non c’era poco tempo? Allora perché gli impedisce di concludere come si deve il discorso? Perché è stronzo, e oggi si vuole vendicare. Di tutti, come appurerò tra non molto.

Poi è il turno degli altri ospiti. Il primo… Battutina caustica, giusto per prepararlo, per fargli capire che oggi il suo successo (per lui, del tutto immeritato) se lo dovrà sudare. Il secondo… Ah, che bello pensare che oggi gli farà fare tappezzeria! Quanto lo invidia… Vorrebbe essere come lui, e invece è il contrario!… Il terzo… Ah, questa meglio non stuzzicarla troppo, che ha la lingua sciolta e tagliente come un rasoio; d’altronde lei non c’è quasi mai lì quindi, se pure da questa serata ne uscisse più forte, andrebbe bene ugualmente così… Il quarto… Ecco il grimaldello con il quale ha deciso che metterà nel sacco tutto quanti: concedere un’importanza spropositata a questo ospite così da svilire implicitamente gli altri, senza neppure che se ne accorgano… Il quinto… Ah, invece a questa la farà pagare cara. Non si merita tutto il seguito che ha e lui la smaschererà una volta per tutte, tanto conosce il suo punto debole… Il sesto… Anche questo meglio non punzecchiarlo perché è un tipo influente che potrebbe dargli problemi, e lui è sempre forte con i deboli e debole con i forti, in perfetto stile radical-chic-italiano fascista…

Mette in atto il suo piano diabolico (perché è diabolico accanirsi con questa tenacia, nel suo intento maligno, per tutta la serata, mandandola a puttane, solo per compiacersi nel ridimensionare gli altri). Concede troppa importanza a quel certo ospite per bastonare tutti gli altri, che talvolta cercano di intromettersi (perché era stata promessa loro una serata ben diversa, con il loro ruolo ben più attivo), ma senza la sua regia, finisce che si parlano sopra e non si capisce più niente…

Poi finalmente tocca a lui di fare la prima donna. Quest’anno ha voluto ritagliarsi un ruolo, almeno per qualche minuto, di primo piano, solo per lui, per dirsi che lo sa ancora fare il mattatore (ma quando mai?), per dirsi che se avesse voluto, anche lui avrebbe potuto arrivare dove sono arrivati gli altri venendo da lui come ospiti (come no)… Così si esibisce in un monologo populista scopiazzato chissà dove assai impreciso (che certo l’associazione dei consumatori o qualche altro organo competente potrebbe prendere di petto se gli girasse il chicchero) che si vede che si è scritto in larga parte da solo, che si vede che contenga tutto l’astio che davvero ha dentro. E per finire… ta-dan! Pure una parolaccia! Tiè! Proprio lui che vuole sempre fare il garbato bigotto! Proprio lui che dice che si può far ridere anche senza parolacce! Che non servirebbero le parolacce… Che chi le usa in realtà non è un gran anchorman, se ha bisogno di esse per far ridere… Il monologo termina e lui crede di aver avuto un trionfo (ma non quanto sperava, non quanto sperava!, per cui il suo livore geloso per gli altri non si è affatto spento, tutt’altro)…

The show goes on… Battutina corrosiva su quello che oggi farà da zerbino… Ah, ma egli è troppo navigato per farsi inculare. Sorride e offre anche una controbattuta con i fiocchi, e lui rosica come non mai…

Ecco il momento dell’imboscata per l’illetterato… Lo odia dal profondo, eppure è lui che l’ha voluto lì (il che chiarisce molto sul suo stato mentale). Gli fa una domanda non prevista dal copione… E quello arranca un poco. Però, come al solito, perché anche lui è un professionista, se la cava non male con una delle sue freddure…

Su di lui si vendicherà anche più tardi, quando ancora ripeterà: non c’è tempo, mi dispiace. Così lo costringerà a tagliare il pezzo comico… Ma quello se la cava ancora, anche se sarà riuscito di molto a depotenziarne il potenziale (così sarà contento, l’omuncolo)…

Nel mezzo, trova il modo di essere sottilmente infido anche con la donna che odia (misogino sessualmente incapace di merda!)… La lascia parlare, senza interromperla. Così lei va avanti, e poi si sforza di andare ancora avanti, si impapocchia da sola, fa una piroetta, ecco che avvampa… Che figlio di puttana!, giocare sulla timidezza di una persona per vendicarsi…

Ma che ci volete fare?, lui è un tipo così. Perfido, invidioso, vendicativo, stolto, che si crede migliore degli altri. Che si consuma a pensare al successo che hanno gli altri (sempre troppo esagerato, secondo lui), mentre a lui nessuno che lo caga. A lui non fanno fare nulla che non sia quel ruolo da conducente che si è ritagliato con tanta pazienza negli anni…

Ma che vuoi? È già tanto che conduci un programma, cretino!, che uno come te, al massimo poteva condurre un autobus (con tutto il rispetto verso coloro che ogni giorno fanno questo mestiere onestamente e scientemente, davvero al servizio del cittadino)…

Per questo sei una checca isterica. Perché invidi, e odi, e ti arrovelli, come una donna, come la peggiore delle donne, omuncolo.

Ogni riferimento a fatti, cose o persone realmente esistenti è puramente casuale.

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Elizabeth: Nessun amico

Ecco, questo era uno dei rari momenti in cui Bikal rimpiangeva di non avere nessun amico. Per quanto concerneva Ozzorn, non poteva certo considerarlo tale. Certo, erano colleghi e spesso avevano nondimeno fatto qualche discorso (anche se ci voleva coraggio a far passare le loro discussioni esistenzialiste come un dialogo erudito scevro di qualcosa che non fosse il più condensato qualunquismo pervio tra esseri umani), però… l’amicizia vera non era differente? Qualora Bikal avesse chiamato Ozzorn a casa, nel cuore della notte, questi gli avrebbe chiesto sicuramente se era impazzito. E Bikal come glielo avrebbe spiegato che si sentiva in quel certo stato nel quale doveva coinvolgersi in qualcosa sennò sarebbe andato fuori di melone sul serio? Il pragmatico e insensibile e imperturbabile e inamovibile e ottuso Ozzorn non lo avrebbe mai capito. Non c’erano chance.

 

Spinaci e ferro


Quando ero piccolo mia madre mi diceva:

«Mangia gli spinaci che contengono il ferro che ti fa bene…»

Beata ignoranza!… È vero: gli spinaci contengono il ferro, sono ricchi di ferro. Peccato però che contengano pure altre sostanze che ne riducano fortemente l’assimilazione. Dunque se avete carenze di ferro, NON dovete mangiare spinaci.

Che poi questa cosa qui l’ho scoperta solo recentemente…

Alla faccia di Braccio di ferro, che per diventare forte si mangiava gli spinaci… Caro Braccio di ferro, era solo una questione mentale la tua! Gli spinaci non ti rendevano più forte. Si trattava solamente di un mero effetto placebo

😉

 

Sogno #38: Il matrimonio di Azrael

Ecco là che in quattro e quattrotto Azrael si sposava. Neppure sapevo con chi. Dunque anche Azrael passava nella schiera delle “persone normali”, che si sposano e finiscono per condurre una vita comune… In quel momento mi dicevo che lo avevo sempre saputo che sarebbe successo, che Azrael mi avrebbe superato, perché in fondo Azrael mi aveva sempre superato in tutto, nel bene e nel male, e spesso con un anticipo da far paura. Azrael mi era superiore. Azrael era un precursore, e per questo aveva patito molto più di me la classica tragedia del genio tra la massa ignorante, di colui che dice il vero, schernito dalla folla incolta…

Il matrimonio era stato già fissato. Furono invitati tutti i parenti, tutta gente che in quegli anni di buio erano diventati dei perfetti sconosciuti. Però per Azrael e i miei genitori sembrava non fosse stato così. D’altronde loro, i miei genitori, non avevano mai interrotto i contatti con i parenti. Azrael invece lo aveva fatto; tuttavia sembrava non lo avesse mai fatto tanto era a suo agio adesso. Era bastato poco per tornare il solito di sempre (o meglio quello che era stato da bambino), seppur adulto e invecchiato e con quei capelli prematuramente diventati bianchi dopo tutti gli stress patiti… Quegli stress ormai erano il ricordo lontanissimo della sua malattia, sia per lui che per me. Addirittura più per lui, perché io ancora me li ricordavo e mi chiedevo come diavolo avesse potuto uscirne fuori (io non ce l’avrei mai fatta! Io ne ero ancora dentro!). Beh, almeno non stava più così male…

Resuscitai dall’armadio la vecchia giacca nera. Chissà da quanto non la indossavo (ma in quegli anni con cosa ero andato vestito se non l’avevo più usata?). I pantaloni abbinati non mi entravano. Ciononostante modificando l’allacciatura dei bottoni potei nuovamente indossarli.

In breve venne il giorno dello sposalizio.

La gente intorno sembrava eccitata; invece per me si trattava solo di una cerimonia scocciante che non vedevo l’ora finisse.

Quel giorno doveva essere fresco ma io soffrivo oltremodo il caldo e sudavo copiosamente. In cielo c’era il sole ma a me il mondo sembrava tutto grigio e stinto. Ansimavo nella mia vecchia giacca nera la quale, a un certo punto, decisi di togliermi in segno di ribellione, sia verso il caldo sia verso la barbosa cerimonia.

Non avevo nulla da dire a nessuno. Neppure ad Azrael. Non guardai neppure la sposa quando arrivò. In quel momento ero troppo occupato a ripetermi che presto tutto quello strazio sarebbe terminato. E poi chi era la sposa? Boh? Avevo sentito fosse la commessa di un supermercato. Avevo sentito mia madre e mio padre decantarne le lodi. Aveva un nome che iniziava per “B” e dentro quel nome era compresa una “H”. Ma per me era solo una donna sui quaranta di spalle, magrolina, con i capelli tirati su, di cui non mi interessava apprendere il volto.

Lentamente, scivolai sempre più ai margini della celebrazione. Così mi avvicinai ai parenti e agli amici più lontani d’affetto. Anche loro sembrano più attinenti al matrimonio di quanto non avessi potuto esserlo io.

I miei genitori, che dapprima mi erano stati al fianco, sorridevano nei pressi degli sposi. Non si voltarono neppure una volta per cercarmi. D’altronde io ero totalmente fuori luogo. Non c’entravo nulla con quella gioia che a me pareva posticcia, plastificata. Non capivo come la gente potesse essere felice per quell’evento insulso…

Un altro mattone nel muro. Non era altro. Azrael, alla fine, anche lui, era diventato solo un altro mattone nel muro. Era stato il prezzo da pagare per la fine della sua malattia. E io non lo invidiavo. Però ammetto che qualcosa gliela invidiassi, a lui e a tutti gli altri: la loro apparente, scialba serenità. Quella sì che gliela invidiavo; e avrei pagato per essere uno stolto esattamente come loro. Una merda di essere umano, come tutti gli altri.

Scivolai, scivolai sempre più ai lati. Sudato, con la giacca sulla spalla, mi asciugai il sudore con un fazzoletto. Temevo che da un momento all’altro qualcuno si girasse verso me e mi chiedesse come mai non ero lì nel fulcro del “lieto” evento, essendo il fratello del festeggiato. Ma nessuno lo fece, anche se io continuai a temerlo fin quando, sotto dei pini odorosi, riuscii a battermela senza salutare nessuno, neppure lo sposo.

Pensai: che ripugnanza questo mondo in cui io sarò sempre un estraneo per tutti, e tutti mi saranno sempre estranei.

 

Alice non lo sa…


Alice non lo sa che ho capito tutto. Certo, ho capito tutto perfettamente. Loro pensano che io non sappia, ma come potrei non sapere quel che si sforzano di nascondere eppure è così lampante?

Per prima cosa avevo notato come Nicola si fosse invaghito di Alice. D’altronde chi non l’avrebbe fatto? Alice è così femmina, tenera, sorridente e timidamente casta (all’apparenza) che qualunque maschio la prenderebbe in simpatia, in particolare uno come Nicola, sempre a caccia di carne fresca, di una donna che gli faccia battere ancora il cuore, quel cuore vecchio, schifosamente orgoglioso, il quale in realtà batte inutilmente, proprio come il cuore della maggior parte degli uomini vani.

Dunque avevo notato quella quantità di sguardi teneri che lei gli tributava a profusione, ma non sapevo se per difesa o nel tentativo di sedurlo, cioè non sapevo se Alice voleva fargli capire che ci sarebbe stata, oppure se sfoggiava quel delicato sorriso esclusivamente per difendersi poiché lo temeva, avendo capito le terribili ire a cui egli era insensatamente propenso. D’altronde Nicola era un uomo con un’anima ributtante, che dopo qualche giorno ricusava sempre gli amori di cui si infrolliva, un uomo che non sapeva probabilmente amare senza depredare ogni volta il suo amore dopo qualche tempo. E ciò lo rendeva forse molto più femminile di quanto lui non sospettasse. Perché di solito sono le donne le pazze che si muovono nel mondo distruggendo i cuori di chi attraversa loro la strada, anche se non si può davvero dire che lo facciano davvero appositamente, che l’abbiano voluto fare con reale coscienza del male prodotto…

Avevo notato tutto ciò, come pure avevo notato che lui era già cotto a puntino: d’altronde, ribadisco, quando Alice si poneva in quel modo, anche io non avevo armi per scacciarla. Avrei potuto allontanarla solo qualora fossi stato un impotente misogino con tendenze omosessuali…

Ma poi, qualche giorno dopo, avevo assistito a quel medesimo film già visto tante volte. Nicola si era incollerito con lei per una qualche risibile ragione che probabilmente neppure le aveva comunicato, una ragione accaduta solo nel profondo della sua mente distorta ed egocentrica. E allora la povera Alice aveva accusato il colpo, così come tutte le altre prima di lei avevo visto fare. E allora non sorrideva più, storceva la bocca e senza accorgersene faceva sempre delle boccacce o delle espressioni di disgusto. Alice era un’anima in pena senza un motivo per vivere, o almeno questo sperava di instillarle Nicola! Una povera anima che si era illusa di aver trovato l’amore, e ora ne pativa le amare lacrime.

Tuttavia la sua presenza presso Nicola (per questioni indipendenti dalle loro volontà) si faceva sempre più irrinunciabile e incombente. Così, anche se Nicola avrebbe voluto liberarsene già da tempo, fin da tre giorni dopo averla conosciuta, perché il suo cuore era arido come un cactus disidratato, e anche Alice avrebbe preferito rimuovere il suo dolore magari essendo presente in un altro luogo fisico della propria coscienza il quale l’avrebbe aiutata a dimenticare e a tornare se stessa, anche se entrambi dovevano soggiacere a quella circostanza, dovettero accettare la forzosa convivenza.

Ormai era uno strazio osservarli, e non l’avrei fatto se non avessi avuto qualche speranza di rivedere affiorare quel dolce sorriso da Alice. Alice che poi non era questa donna debole che poteva sembrare, non poteva esserlo, altrimenti, in quel mondo di squali, già sarebbe dovuta perite. Perché Alice era sì molto tenera e sensibile, oltre che intelligente e sveglia, ma aveva anche imparato a saper vivere e controbattere le difficoltà. Quelle difficoltà sentimentali che, al contrario, Nicola non sapeva minimamente ostacolare: non aveva mai saputo affrontare se non mascherandole, fingendo a più non posso che non ci fossero (ed ecco che tornava a essere femminile anche per questa ragione).

Così, a un certo punto, Alice decise che non era giusto il trattamento che Nicola le riservava e dunque decise di non palesarglisi più dolente e affranta per la fine di quell’illusione d’amore: e divenne battagliera. Divenne agguerrita e inscalfibile (oh, quanto sanno essere forti le donne quando si mettono in testa o capiscono una cosa!). E allora fu Nicola ad andare in panne in misura maggiore perché si accorse che lei, quella donna che lui ora odiava per un qualche insano e insulso motivo non plausibile, perché lui in realtà non era capace di amare alcuno, forse neppure se stesso, quella donna non soffriva più per le sue intemperanze, e ciò lo rendeva nudo di fronte alla propria miseria. Alice non gli dava più nemmeno quella soddisfazione e per lui tale tormento era peggiore pure del provare una delusione per un amore rilevatosi sbagliato dopo che vi erano stati infusi i migliori auspici.

Fu così che vinse Alice, non essendone invero perfettamente conscia, costringendolo alla pace. E dunque il giorno dopo io capii tutto dalle loro facce cambiate e dall’atmosfera tornata più serena tra di loro. Alice era truccatissima, occorrenza insolita per una come lei che era sempre stata acqua e sapone, e sul suo volto stanziavano delle profonde occhiaie frutto indiscusso ai miei occhi smaliziati dell’accoppiamento pedissequo che si era consumato la notte prima. Perché Alice si truccava solo per non sembrare troppo brutta, per coprire le occhiaie quando le aveva. Nel frattempo le sue compagne, addentro alle sue faccende di cuore tanto quanto lei, se la ridevano complici.

Alice tornò a sorridere come prima, perché la pace fu siglata e Nicola non la trattò più con malanimo e tornò ad arriderle come il primo giorno, come quando ancora non si era messo in testa che l’avrebbe voluta conquistare.

E da ultimo non so se e quanto Alice si sia accorta che lui comunque non l’amava più e aveva fatto quel gesto distensivo esclusivamente poiché impossibilitato ad avere un’altra reazione; inoltre quella era l’unica azione che potesse compiere per ancora tentare di spezzarle il cuore nel momento in cui si sarebbero lasciati… Quando infatti poi si separarono sul serio, lui confidava nell’esigua speranza che un giorno lei l’avrebbe rimpianto; mentre in realtà lei non lo avrebbe mai fatto. Perché lei era una bella persona e avrebbe trovato sempre nuove persone, ben migliori di Nicola, che l’avrebbero apprezzata per la bella donna che era.

Fanculo Nicola! W Alice! Ma non ci andare più con quelli come Nicola, eh Alice!

 

Philip Roth: Ho sposato un comunista


A leggere questo romanzo, a giudicare dallo stile, avrei giurato che fosse uno dei suoi primi. E invece sembrerebbe sia degli anni 90…

L’ho trovato un po’ dispersivo.

È principalmente la storia di un matrimonio assai male assortito tra un uomo di umili origini, comunista e violento, e un’attrice schizzata ed evanescente, con la vita disastrata già di per sé, imprigionata in uno squilibrato rapporto madre-figlia per nulla salutare. Il tutto interpolato nella veridica caccia alle streghe del Maccartismo.

Ho l’impressione che, a differenza di altri romanzi, i fatti narrati siano stati più inventati di sana pianta di altre volte… E che l’autore abbia esagerato con i continui colpi di scena…

Ho apprezzato di più altri suoi libri.

Ma dove vai, impotente, in bicicletta, pedalando con ardor?


Si muovono in branchi, quasi sempre esclusivamente tutti uomini, con i loro comici completini da ciclisti, che interpretano il ruolo del grande campione. Chi si credono di essere? Moser? Bugno? Pantani? Chiappucci? Non sono nessuno ma si credono di essere chissà chi…

Di piccola statura, trovano un senso esistenziale in quella bicicletta, che li fa credere più virili, anche se poi, daje oggi e daje domani, sempre su quei sellini, si sa che l’impotenza è dietro l’angolo… Ma non diteglielo! Non diteglielo! Fateceli credere che su quella bici, vestiti come clown, con i caschetti aerodinamici (che se cadono si fanno ancora più male del normale) loro siano dei grandi maschi virili e superpotenti…

E poi… chissà perché non si contentano delle prefissate piste per ciclisti, cioè di strade realizzate appositamente per loro, che già questo li rende una categoria assai privilegiata… No, loro vogliono sfrecciare anche sulle dune, in campagna, nei parchi pubblici, per gli irti colli. E per qualche strano motivo si sentono di avere la precedenza su ogni passante a piedi! Perché?! Perché, se non ce l’hanno le macchine e i motorini, la precedenza? Perché loro dovrebbero avere la precedenza su ogni passante avesse la sventura di attraversar loro la strada, (la LORO strada)?!

Talvolta ti devi spostare tu, che loro non son disposti a farti largo. Talvolta si spostano loro ma ti guardano molto storto, come gli stessi rovinando l’allenamento, o come se il maleducato fossi tu…

Coglioni. La percentuale di coglioni nei ciclisti è molto elevata. E di impotenti ancora di più.

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Gli esami del sangue di uno che non mangia carne da 7 mesi


Quando sono andato dal mio medico per farmi segnare gli esami del sangue dicendogli che volevo vedere come procedeva la dieta senza carne (che non vuol dire senza proteine), mi ha detto (ovviamente senza neppure visitarmi) che era sicuro che avremo riscontrato un importante squilibrio, perché i vegetariani (secondo lui) vanno sempre incontro a tali dissesti…

Io invece non ero per niente d’accordo. Innanzitutto neppure sono vegetariano (anche se aspiro a diventarlo): sono solo uno che ha eliminato la carne (per una lunga serie di motivi validissimi) dalla sua dieta. Poi, seguendo il suo ragionamento, allora tutti i vegetariani dovrebbero accusare questi gravi problemi, il che non mi risulta affatto! Invece mi risulta che chi si abbuffa di carne vada frequente incontro a infarti e quant’altro…

Ma non mi ha voluto ascoltare. Così me ne sono andato pensando: questo idiota è fermo ai primi del secolo (precedente), quando ancora non si sapeva bene che elementi fossero necessari al nostro organismo. Da allora però di passi avanti ne abbiamo fatti. E sappiamo che un dato alimento può essere sostituito con un altro che contiene gli stessi elementi, al più applicando qualche piccolo accorgimento…

E il solo accorgimento di uno che non mangia carne come me è quello di stare attento all’assunzione di ferro. Che però può essere resa più robusta se si associano agli alimenti che lo contengono la vitamina C, mentre invece per esempio esistono altre sostanze che ne riducono parecchio l’assimilazione, quasi la azzerano. Dunque più peperoni nella mia dieta e il gioco è fatto! 😉

Insomma, volete sapere che risultati ho ottenuto? Le analisi sono migliori di quelle di quattro anni fa, quando mangiavo carne! E non mi manca il ferro. E non ci sono squilibri di sorta…

Se, come me, volete diventare vegetariani, cominciate a togliere la carne… Un passo alla volta e ce la faremo. Nel frattempo molti animali ci cominceranno a ringraziare di non aver contribuito a infligger loro certi patimenti…

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