Eroi degli indiani d’America

 


La storia degli indiani d’America è il perfetto compendio dell’esistenza degli esseri umani sulla terra. Violenza, avidità, ruberie, diritti di alcuni piovuti dal cielo a discapito dei diritti di altri, prepotenza, stupri di tutti i tipi, inenarrabili delitti. E poi un giorno i colpevoli dicono: beh, comunque scusateci se vi abbiamo ammazzato e schiavizzato e rubato tutto quello che potevamo compreso la dignità e il futuro. beh, ormai il passato è passato. abbiamo fatto pace e siamo diventati persone rispettabili…

La storia si ripete sempre. Sia se si parli di mafia, di multinazionali, di governi, di dittatori, di guerre, di diritti degli animali, di inquinamento e tumori, o di altro. La storia è sempre quella e continuerà a ripetersi se la gente non lo impedirà.

Cavallo Pazzo (Tašunka Witko)

 

Geronimo (Goyathlay)

Toro Seduto (Tatanka Yotanka)

Nuvola Rossa (Makphya Luta)

Cochise (K’uu-ch’ish) 

 

Sogno #19: Esplorazione nel terrore

 


La competizione sta iniziando. Una folta schiera di automobili è accampata scompostamente per le vie attigue la piazza di partenza. Dato che saremo in tanti a partecipare, non ha alcuna importanza schierarsi ordinatamente dietro un’ipotetica linea di start; quel metro in più o in meno non farà alcuna differenza alla lunga.

Osservo le altre macchine dei partecipanti tra le quali spiccano una Porsche, gialla davanti a noi, e una Lamborghini bianca, di lato. Non vi è dubbio che siano vetture più performanti della nostra, che è un’auto usata, scalcinata, con più di dieci anni sulle spalle, la quale non è detto che ce la farà a terminare la corsa lasciandoci appiedati, ma il loro vantaggio, se c’è, è presumibilmente solo d’immagine, più che altro. Infatti tutta la sfida si svolgerà nelle strade cittadine costipate dal traffico, almeno all’inizio, mentre sul finire devierà per strade meno battute ma nelle quali ugualmente non si potrà accelerare troppo per via della precaria stabilità.

Il via viene dato e la grande caccia al tesoro ufficialmente inizia. Le automobili si mettono in moto lentamente come un grande circo ambulante. Scorgo la Porsche che vorrebbe mangiarsi l’asfalto ma che deve circoscriversi in quei morigerati binari, come tutti noi. La Lamborghini invece è già in testa coda poiché ha accelerato troppo sul terreno viscido. La vedo procedere di sghembo per almeno una ventina di metri, e mi sfiora l’idea che il pilota abbia la situazione sotto controllo, dato il protrarsi della stessa. Ma è un abbaglio e la Lamborghini è solo una delle tante macchine che finisce per schiantarsi contro qualcosa ponendo immediatamente fine alla sua corsa.

Il mio compagno e amico Pitone ne è felice. Non serve avere la macchina fica, dice rivolgendosi a me, che approvo aggiungendo che mi sento che saremo capaci di arrivare fino in fondo io e lui (e mio fratello che è sul sedile del passeggero di dietro) con la nostra macchina vecchia e rodata, diciamo così.

Viaggiamo per ore. Si fa sera. Lungo la carreggiata non scorgiamo più alcuna auto la quale possiamo affermare che abbia cominciato la corsa con noi; anzi, a dire il vero è da una mezz’ora che non incrociamo anima viva e sembra che sulla strada ci siamo solo noi.

La carreggiata è molto buia e non ha alcuna illuminazione ai suoi lati. La luce dei fanali è la nostra unica fonte di conduzione. Penso che, se per qualche ragione dovessimo rompere un faretto, ci ritroveremmo nella merda e potremmo andare avanti con gravi difficoltà.

Ma per fortuna quell’eventualità non si presenta. La via è così sgombra (deserta) che ci viene il dubbio di aver sbagliato strada. Ma non è così. Sono stato attento a seguire la cartina passo passo risolvendo di volta in volta tutti gli enigmi della caccia al tesoro disseminati sul percorso. Così, anche quando arriviamo al termine ultimo della caccia, ci potrebbe essere il caso che siamo i primi che davvero ci giungano. Sappiamo di molti che lungo il tragitto non sono stati capaci di risolvere i quiz e hanno dovuto abbandonare la competizione, e di molti altri che hanno avuto banali incidenti stradali.

Avverto Pitone di decelerare ulteriormente, quando siamo già al limite minimo consentito per via dell’oscurità assoluta. Gli dico che adesso, se non abbiamo sbagliato nulla, dovrà spuntare una svolta seminascosta a sinistra, la quale dovrà essere percorsa con molto adagio poiché si tratta praticamente di una curva a centottanta gradi, da compiersi in pochissimi metri; e dunque si rischierebbe di spappolarsi sulla alta parete delimitatoria se la si volesse prendere con troppa fretta.

Pitone è attentissimo alla strada, che tiene d’occhio sopratutto sulla sinistra per vedere se finalmente abbiamo azzeccato tutto e siamo giunti alla fase più eccitante ma anche critica e difficile del gioco… E, come fosse un sogno che si realizza, alla fine, sulla sinistra appare davvero una deviazione seminascosta che prendiamo, increduli noi stessi della nostra bravura.

La svolta c’è davvero, dice Pitone felice, che compie la virata con moltissima accuratezza, quasi da fermo. Se durante la manovra sorgesse dalle nostre spalle un’automobile a velocità normale, sicuramente finirebbe per cozzarci addosso e ammazzarci tutti. Ma fortunatamente questa nefasta eventualità non si concretizza.

Scendiamo piano con la macchina lungo una discesa. Sbuchiamo in uno spiazzo non troppo ampio e parcheggiamo di fronte a una villa a più piani. Non c’è traccia di altre macchine posteggiate. E noi ne prendiamo coscienza. Siamo i primi, dice Pitone. Ma io gli rispondo che potrebbe essere invece che già altri ci abbiano preceduto e se ne siano andati, anche se forse questa possibilità è ancora più remota, visto che non sarà una bazzecola adesso inoltrarsi nella casa e venire a capo dei suoi misteri.

Bussiamo al battente della porta, sempre nella quasi totale oscurità. Poco dopo qualcuno ci apre. È un signore che chiamerò signore#1, il quale è vestito impeccabilmente da sera. All’inizio mi pare un maggiordomo, ma presto, discorrendo con lui apprendo dal suo tono altezzoso e annoiato che debba trattarsi di un pezzo grosso. Con noncuranza ci fa i complimenti per essere giunti fin lì e ci invita subito a salire al secondo piano dove ci attende l’inizio dell’ultimo cimento. Saliamo timorosi e preoccupati l’ampia scala sulla destra la quale si estende per decine di metri. Non sappiamo nulla circa cosa ci aspetta.

La scala sbuca su di un ingresso che varchiamo. Così ci ritroviamo in una stanza che sembra uno studio, molto arruffata e disordinata, dove numerosi oggetti si assiepano uno sull’altro disordinatamente. Pur essendo l’ambiente al buio, percepisco la sensazione che sia piuttosto impolverato.

Al centro della stanza (non troppo grande) vi è una scrivania, e dietro la scrivania una donna di trenta anni, la quale appena ci vede, da brava impiegata che ha imparato a memoria la tiritera del protocollo, attacca con un discorso molto enfatico, evocativo e suggestivo circa i terribili segreti e pericoli ai quali stiamo andando incontro.

Anche se dovrebbe essere tutta una finzione, rende bene l’idea e tutti noi tre ce la facciamo un po’ addosso. Ma poi, quasi a rovinare insanabilmente l’atmosfera, si ricorda di una vicenda improcrastinabile alla quale ancora non aveva accennato. Ci dice che dobbiamo pagare la quota di partecipazione di trecento e otto euro per poter procedere oltre. Ciò mi ricorda che in fondo si tratta solo di un gioco (vero?) e che dunque non mi devo impaurire…

La mia quota personale io l’ho già pagata, anche se si trattava solo di trecento euro, essendo io colui che ha iscritto la squadra alla competizione. Tuttavia la signorina è così solerte e incalzante circa quella necessità di saldare il debito che ho il timore che me la faccia pagare di nuovo. Oppure c’è il caso che pretenda che metta quella differenza. Però ricordo bene che sul contratto che ho firmato si parlava di trecento euro e non trecentotto.

Dato che nessuno di noi ha ancora messo mano al portafoglio, la ragazza ripete tutta la storia della quota contributiva, ma stavolta ci dice che la somma da versare è di trecentoundici euro. Allibito mi chiedo se ogni volta che effettuerà la sollecitazione ci chiederà un contributo gradualmente superiore.

Nel frattempo il mio amico Pitone e il mio silenzioso fratello si decidono a fare perlomeno il gesto di prendere dei soldi… Pitone si fruga nel portafoglio platealmente. Ma arriva appena a duecento euro… Mio fratello invece, appurato di avere con sé anche lui una somma molto inferiore, si volta indietro e comincia a scartabellare in delle buste di carta che afferra dagli scaffali alle nostre spalle, le quali buste contengono ognuna piccole quantità di banconote.

Non so proprio come andrà a finire questa faccenda: i soldi di Pitone non basteranno mai per arrivare alla somma pattuita; mentre mi chiedo come reagirà la (per ora) imperturbabile ragazza una volta compreso che mio fratello ha raggranellato quel denaro prendendolo da quelle buste (che non vedo come gli possano appartenere, ma forse mi sbaglio e lui c’è già stato qui, anche se per ora non ha detto nulla che lo lasciasse intendere).

Pitone ogni modo, sono conscio che tutto quel disturbo i miei compagni non se lo sarebbero mai dato se a chieder loro quel denaro non fosse stata una ragazza così affascinante, così come è questa, dotata di lunghi capelli neri mossi, un bel viso regolare imbellettato con un rossetto pesante e un filo di trucco che le mette in risalto occhi scuri e misteriosi, forieri senz’altro di qualcosa di torbido. La tipa, anche da seduta, risulta molto slanciata e alta: è indubbiamente dotata delle rotondità giuste nei punti giusti. Tiene le gambe accavallate e indossa dei pantaloni scuri che non celano tuttavia che debba avere delle gambe molto belle…

Anche io provo della naturale attrazione fisica per lei, però, al contrario dei miei compagni, percepisco in lei qualcosa che pavento: non solo che mi chieda di ripagare la mia quota…

Così, senza accorgermene e senza che nessuno se ne accorga, mi defilo. D’altronde la porta dietro di me dalla quale sono entrato non è chiusa, per cui non mi è difficile ritrarmi nel corridoio, dove tra l’altro assisto ad una scena piuttosto inquietante che non avrei dovuto vedere… Il signore #1, quello che ci aveva accolti sembrando freddo ma cordiale, sta parlando con quello che indubbiamente deve essere un suo cameriere/faccendiere. Il signore #1 gli chiede se sono in grado di tenerci dentro anche solo per mezz’ora, e il suo servo gli annuisce. Ciononostante, dopo aver ricevuto questa risposta, il signore #1 gli ordina di tenerci dentro invece per un tempo che sia maggiorato il più possibile.

D’un tratto capisco che sono in enorme pericolo in quella casa, in particolare ora che ho deviato dal percorso che mi era stato assegnato. Infatti, se prima potevo ancora sperare che seguendo quel percorso in qualche modo prestabilito sarei potuto tornare a casa una volta terminato il gioco, adesso sono certo che, una volta scoperta la mia assenza, non esiteranno a farmi fuori o a farmi sparire, magari dopo avermi torturato utilizzando i loro metodi snaturati.

Così, appena la via è sgombra, prendo la scalinata e mi precipito fuori dalla casa. Non ho alcuna voglia di scoprire che altro nascondono i meandri di questa casa infestata da uomini le cui vere mire mi sono oscure, seppure ho percepito che abbiano qualcosa da spartire con la malvagità. Non mi pongo il problema di Pitone e mio fratello, che lascio dentro. Non posso fare nulla per loro, che forse sono più al sicuro di me poiché seguiranno il percorso prefissato.

Fuori, all’aria aperta, ho modo di scoprire molte novità perturbanti… Primo: non è più notte. La cupa notte nella quale eravamo sprofondati si è dileguata lasciando il posto a una mattinata uggiosa e carica di angoscia. Saranno forse le nove o le dieci di mattina. Tuttavia mi sfugge come possa essere trascorso tutto quel tempo senza che me ne fossi reso conto. C’è qualcosa che non mi torna poiché la sera prima siamo entrati in questa casa maledetta verso l’una, al massimo le due di notte. Ed è impossibile che sia trascorso tutto questo tempo senza che me possa essere accorto…

Secondo: alla luce diurna quei luoghi mi sembrano estremamente trasfigurati, irriconoscibili. L’automobile con la quale siamo venuti, che avevamo lasciato parcheggiata fuori, non c’è più, e nessuno di noi l’ha spostata. Inoltre quello non sembra più il giardino di una villa, ma il tutto assomiglia molto di più agli esterni di una normale cittadina di provincia, comprensivi di strade e altri palazzi. Cioè, adesso è ben visibile che, procedendo come se si volesse andare alle spalle della villa, ci si inoltrerebbe per un rione intero di edifici e viali, il che è ancora inconcepibile rispetto a quello che avevo appurato poche ore fa, quando era notte.

Parrebbe quasi che sia uscito dalla villa da un’altra uscita, senza accorgermene, ma sono sicuro che non sia così. Dunque il mistero rimane irrisolto… Percependo che un forte segnale di pericolo investa tutta la mia persona, mi decido a prendere rapidamente la stradina che mi porterà verso il centro della cittadina. Ma faccio appena in tempo a imboccarla che, pochi passi dopo, mi accorgo che sono seguito dal servitore veduto confabulare con il signore #1 nella villa, che ora mi si manifesta aver assunto decisamente i panni di una specie di custode/giardiniere, e dal suo cane, un mastino che appare molto minaccioso. Come pure è lo stesso custode.

Comincio a correre e il custode neppure mi intima di fermarmi, mi viene dietro al piccolo trotto sguinzagliandomi dietro la belva sbavante. Vivo la scena al rallentatore: il custode non mi raggiungerà mai, è troppo lento. Ma il suo cane però ce la farà presto. Così, per tenerlo d’occhio, comincio a correre al contrario, guardandomi cioè costantemente indietro. Così, quando il molosso avvicina le sue ganasce al mio corpo, ho il tempo giusto per rintuzzarlo con dei calci che lo rintuzzano alcuni metri dietro. Ma il mastino non si placa e ricomincia sempre a braccarmi…

Lungo la strada ovviamente non incontro nessuno a cui chiedere aiuto. Nel frattempo, con sempre il cane alle costole, mi avvicino a un altro villino il cui ingresso mi appare socchiuso. Entro da un pertugio e me lo richiudo subito dietro bloccando l’imposta con un serraglio. Il cane non potrà entrare da lì. Lo sento raschiare alla porta ebbro di rabbia.

Ma non ho il minimo tempo di rilassarmi che subito mi accorgo che poco più in là, nel medesimo locale, vi è una strana apertura sull’esterno… Una specie di portafinestra aperta per un metro proprio di fronte a due sedie, delle quali una è posta davanti alla portafinestra, mentre l’altra è collocata alla sinistra di essa e ha davanti una scrivania; e quella è una disposizione così balzana che non posso pensare che sia casuale e non abbia una qualche sua motivazione che tuttavia mi sfugge totalmente. La seconda sedia, quella dietro la scrivania, è occupata da un tipo vetusto, con un’aria nauseata, che conosco già: è infatti l’organizzatore della gara. È inconfondibile, con i suoi abiti sgualciti, il suo piglio perennemente scontento e quella sigaretta accesa sempre nella mano destra, che lascia consumare senza che quasi mai lo colga dargli qualche boccata… Chiamerò il tipo il signore #2.

Ma non c’è tempo per ulteriori considerazioni… Devo affrettarmi a chiudere la portafinestra perché non ho modo di dubitare che anche il molosso l’abbia vista e vi si stia portando. Però, appena mi appresso alla portafinestra per chiuderla, percepisco dall’atteggiamento del vecchio che egli è sicuro che il cane da lì non entrerà e che dunque la mia agitazione circa quella situazione sia immotivata. Il vecchio mi fa sedere sulla sedia libera. Adesso mi sembra che fosse stata lì per me, o per qualcuno come me. Da quella posizione posso effettivamente accertare che nessun essere vivente si presenterà da quel passaggio.

Sulla scrivania vi è un alambicco che sta emettendo un gas che manda un lieve effluvio che sa di stantio. Il vecchio manovra una manopola e il suo getto aumenta investendomi sulla faccia. Allora mi sento rilassarmi e comprendo che sia proprio quella la funzione del distillatoio. Presto perdo coscienza di me…

Del giorno dopo mi comincio a rammentare solo a partire da mezzogiorno, quando mi trovo nei pressi dell’università. Fuori dall’aula magna il signore #1 ha riassunto la sua aria da precettore dotto ed è nel pieno di una delle sue lezioni molto seguite e apprezzate, quelle lezioni che l’hanno portato a essere una delle persone più influenti del paese. Non entro nell’aula. Mi limito a osservare da fuori per qualche secondo. E lui, quando mi vede, mi riconosce a sua volta. Tuttavia nulla tradisce questa circostanza, se non un battito di ciglia veloce. Prosegue con la sua lezione. D’altronde non ha tempo per me. Io sono ormai solo un’insignificante comparsa del suo passato e non potrò più dargli grattacapi di alcuna sorta.

Di fuori, altri studenti che conosco si sono assiepati formando un gruppetto eterogeneo. È l’ora del pranzo e ognuno sta mangiando il pasto di cui si è dotato. C’è chi ha comperato qualcosa in loco e chi se lo è portato da casa. Mi rendo conto di avere molta fame. Così cerco di farmi offrire qualcosa da uno di quelli con i quali sono più in confidenza, ma questi, una volta comprese le mie intenzioni, mi bacchetta la mano sdegnosamente prima che possa afferrare qualche cibaria dal suo convito. Non mi darà niente…

Da quel giorno non ho più saputo nulla né del mio amico Pitone, né di mio fratello, i quali sembrano essersi persi nella nebbia.

La serie tv Streghe

 


Osservo le tre ragazze chiedendomi costantemente quale delle tre abbia la faccia più tumefatta, quale delle tre alla fine della fiera sia da considerarsi la più bella, quale delle tre sia la più porca…

È questa l’unica utilità della serie. E i suoi creatori lo sapevano perfettamente quando l’hanno creata.

Dalle marchette alle polveri

 

Sequestro centrale Tirreno Vado Ligure
Il Gip: “C’è nesso tra emissioni e morti”

Baby squillo, indagato marito Mussolini
Per pm: “Elementi incontrovertibili”

Floriani, Luxuria: “Alessandra Mussolini? Farà la vittima e andrà in tv per consensi”

Buon compleanno a Franco Basaglia

Legge 40, il caso di Valentina: ‘Ho abortito in bagno. Tutti i medici erano obiettori’

Aborto: se l’obiezione di coscienza nega un diritto

Travaglio: “Renzi e gli annunci quotidiani”

Dragoni: “Le coperture di Renzi sono acrobatiche”

Arrestata la ‘dama bianca’ di Berlusconi
Video: in aeroporto con 24 chili di coca

Dama Bianca, verifiche su contatti con narcos anche nei viaggi con B.

Dama bianca, le cattive amicizie di B.

Baudo: ‘La dama bianca? Una mignottona’

Wanna Renzi, nuove televendite a Palazzo Chigi

Parla l’avvocato che ‘uccise’ il Porcellum
‘Anche l’Italicum non è costituzionale’

Tumore cervello, “uso eccessivo cellulare
aumenta rischi. Serve informazione”

Della Valle a Moretti: “Coraggio, si dimetta”

Prefetto di Milano: “La mafia partecipa al banchetto di Expo”

La giustizia U.S.A. e getta

Stupri, risse e incidenti stradali. A Vicenza i militari americani finiscono nei guai, ma processarli è vietato: 91 casi su 115 vengono sottratti ai giudici italiani. Con il consenso del nostro ministero.

Dal Pd a FI tutti d’accordo: no al processo alla Brambilla

Santanchè e Bpm: la verità nonostante i talk show

Appalto al cugino di Delrio.

La moglie sapeva della gara 1 mese prima di altri

Ru486, la pillola abortiva sbarca (finalmente) nel Lazio

“Acqua inquinata a 700mila persone”
Iss, rapporto choc su discarica Abruzzo
Dai cittadini anni di denunce inascoltate

Internet dipendenza e tecnostress, i nuovi rischi professionali

“Italia prima in Europa per emissioni di metalli pesanti nelle acque”

Buche, pochi soldi e gare al ribasso
Ecco perché è sempre emergenza

E poi teniamo presente a chi vengono affidati gli appalti? La mafia non c’entra niente?

Vaccini, procura di Trani apre inchiesta su possibile connessione con autismo

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/13/caso-herbalife-come-far-fallire-una-societa-in-borsa/912181/

http://www.notavterzovalico.info/2014/03/18/chi-sono-i-violenti/

Lovelace, la vera storia della pornostar di Gola Profonda tra abusi e violenza

Pussy riot, a Milano il film dedicato alle più accanite oppositrici di Putin

Passaparola – Perchè pagare il debito pubblico? di Éric Toussaint

Per Margherita

 


La vita di un atleta purtroppo è fatta anche di infortuni. E qualche atleta è più sfortunato di altri.

Pantano dice che non conosce atleti che abbiano smesso che non accusino qualche acciacco di una qualche natura…

Così, non ti dirò di continuare con la scherma. Non ti dirò di non appendere il fioretto al chiodo, perché io non lo so se davvero sia il caso di farlo o meno nel tuo caso specifico.

Però so che la vita è fatta di cambiamenti delle volte anche duri da digerire. Ma non bisogna aver paura di affrontare, di accettare il nostro destino. Sopratutto quand’esso è indifferibile.

Per cui non mi resta che dirti: forse non sarai più una schermitrice ma sarai sempre te stessa.

Che maleducazione!

 


Sto uscendo di casa. Mentre chiudo la porta a chiave, mi accorgo che una donna sta spazzando il suo zerbino con mestizia. Accelero le operazioni. Quella signora non mi comunica nulla di buono.

Passo veloce vicino al suo uscio e prendo le scale mentre alle spalle la sento borbottare con acredine (a mezza voce ma sufficientemente affinché sia udita): «Che maleducazione!».

Rifletto. L’unico modo per accordare un vago senso logico a ciò che ha detto sarebbe quello di ritenere che mi abbia dato del maleducato perché non le ho dato il buongiorno. Eppure neppure lei me l’ha dato. Dunque glielo dovevo dare io ma lei può esimersi dal farlo? Io con quella non ho mai scambiato neppure una parola e non capisco che voglia da me…

Più tardi, in strada. Sono sorpreso da un improvviso acquazzone. Mi serve un posto per ripararmi. Mi accorgo che in un’aria cani ci sono delle panchine coperte. Perfetto per aspettare che spiova!

Mi ci reco e mi accomodo tranquillo. Poco dopo giunge una signora con un cane che si dimostra da subito molto nervosa. Con un giro di parole infine mi fa capire che secondo lei, non avendo con me un cane, non potrei occupare quello spazio! Non oso pensare cosa potrebbe dire se avessi pure la pelle scura…

Appena spiove mi barrico in casa. Lontano da questi mostri di esseri umani. Che mi considerano un gran maleducato.

Fottetevi!

Grossolana Protezione Civile

 


Adesso, per pararsi il culo, diramano sempre l’allerta meteo per 24/36 ore. Anche quando fa due gocce o non piove proprio.

No, no. Non va per niente bene.

Se non siete capaci a fare il vostro mestiere toglietevi dalle scatole, che dietro voi ce ne sono a migliaia, milioni che quel mestiere lo saprebbero fare molto meglio e con coscienza e buonsenso e onestà di voi.

Troppo facile fare così come fate voi. Allora diramatela ogni santo giorno una @azzo di allerta meteo, così se succede siete sicuri che voi ce l’avete detto!

PS: …che poi è anche vero che ormai due gocce in certi luoghi potrebbero produrre ingenti danni, visto i dissesti geologici derivanti dall’incuria umana e dalle tangenti e dai crimini per i quali spesso nessuno finirà in galera.

Il Talamo ideale

 


Ecco un’invenzione che rivoluzionerà la vostra demoralizzante vita di coppia!

Create una stanza della vostra abitazione solamente con un letto matrimoniale, un letto in più, extra. Poi magari stabilite con la vostra amata metà di dormire in un letto singolo (ognuno nella sua stanza).

Quindi, quando avete voglia di fare l’amore, recatevi nella stanza del talamo ideale. Se troverete lì anche la vostra controparte, è fatta: si copula!

Non sarebbe tutto molto più semplice se fosse così? Niente più sono stanca/o, niente più mal di testa, niente più dover convincere qualcuno che è ritroso a farlo, niente più cambi di opinione all’ultimo momento quando è davvero scorretto farlo!

Ah, ma sarebbe davvero così? Purtroppo no. Perché le donne sarebbero capaci di trovare nuove scuse:

…sì, sono venuta qua ma solo perché ho inavvertitamente bagnato il mio letto singolo.

…sì, ero venuta qua tutta infoiata ma adesso accuso un calo di zuccheri e quindi nun se fa più niente!

…volevo solo controllare se avevi questa voglia anche tu, per curiosità, mica per altro. sei sempre pronto, eh maiale?

…son venuta a fare ginnastica che qui sto più comoda.

…ho le mie cose e quindi sono autorizzata a fare quello che voglio e tu non devi neppure osare metterci bocca.

…avevo voglia di vederti in erezione ma solo quello, senza fare niente.

😦

Maschi del mondo, rassegnatevi! Son fatte così e voi non potete fare niente per cambiarle!

😉

Anima in pena

 


Camminavo, non so nemmeno come. Le mie gambe mi guidavano in quei luoghi alla spasmodica ricerca di lei. Avevo un appuntamento. Per chiarire. Quanta sofferenza per ottenerlo. Ancora avevo la nausea. Lei me la dava sempre dopo, quando non c’era. Fungeva in tutto e per tutto da droga. Avevo bisogno di lei per stare bene. Sennò stavo male. Ma dopo che mi ero distaccato da lei, stavo peggio. E, venendo da un periodo in cui lei era stata del tutto assente, anche se presente a pochi centimetri da me, stavo sempre male.

Eravamo giunti a quel punto infine. Il chiarimento che ci aveva avvinto. La sera prima lei mi aveva chiamato e io ero stato zitto. Da ciò aveva capito quanto fosse perlomeno importante per me. Così, con molta difficoltà, avevo cominciato a dirle perché mi faceva stare male e tutti i dubbi che avevo su di lei. Una sola sua parola avrebbe potuto distruggermi. Ma lei non l’aveva detta quella parola. E anzi voleva cavarmi i miei sentimenti reali direttamente dall’anima, se necessario affondandoci una mano dentro e tirando fuori tutto quello che avrebbe trovato.

Il contatto, di qualunque natura fosse stato, ormai era avvenuto. Io e lei saremmo stati sempre legati da quel momento in poi, e ce ne sarebbe voluta di volontà per estirparlo. Era come un cordone ombelicale che ci dava scosse, scosse di piacere e di dolore…

Quel giorno camminavo e mi veniva da vomitare. A stento mi trattenevo. Ma poi… una crisi mi assalì e allora vomitai sul serio, poco prima di giungere nel luogo dell’appuntamento. Mi sentivo un po’ meglio. Che sollievo. Ma certo quell’escamotage non si poteva applicare sempre. Sapevo che vomitare una volta al giorno era qualcosa che segnava e… più lo si faceva e più era difficile smettere.

Dunque un po’ di sollievo, ma anche quella spossatezza che sapevo avrei dovuto affogare con qualcosa di calorico altrimenti alla lunga mi avrebbe sfinito. Avevo poco tempo per parlare con lei e dopo dovevo mangiare. Sennò il passo successivo sarebbe stato l’anoressia. E io non ci volevo ricadere…

A ogni passo che mi avvicinavo sentivo la sua presenza, percepivo che avrebbe potuto spuntarmi da un angolo in ogni momento. C’era tanta gente, tanta gente e io li invidiavo. Invidiavo le cose normali che li muovevano. Lo studio, gli esami, gli appunti, i libri, e anche le cottarelle. Ma di quelle salutari, non assolute e annichilenti come le mie. Le mie non erano cottarelle. Le mie erano tuffi in mare a aperto con i crampi che prima o poi si sarebbero manifestati.

Ecco la mia facoltà. La nostra facoltà. Mi guardo intorno. Non so neppure che faccia ho. Si deve capire che ho vomitato, che ho lo stomaco come un calzino rivoltato. Nessuno. Nessuno. Nessuno di rilevante, cioè lei non c’è. Tutti gli altri per me non contano niente. Sì, faccio qualche saluto a chi mi saluta. Ma se posso, tiro quasi sempre dritto. Ecco, entro…

Il cuore è a mille. Lei mi aspetta in quella stanza. Starò lì, mi ha detto. E io mi prendo un attimo. Sei pronto?, mi chiedo. Se entri dovrai essere pronto. Non si torna indietro. Dovrai parlarle. Lei vorrà delle risposte e non potrai rifiutarti. Non potrai scappare. Non dovrai dirle che ti senti male, che figura ci faresti? Del mollaccione. E dopo lei capirebbe quanto sei fragile e quanto per te lei è importante. Che potrebbe farti fare qualsiasi cosa. Perché tu sei perso in lei. Ti sei perso e non hai idea di come ritrovare la retta via. Così non ti rimane che affidarti a quello che diverrà il tuo carceriere e il tuo fustigatore, che tu comunque amerai qualunque cosa lei faccia. O meglio sarai impossibilitato dal non amarla, anche se ciò comporterà il tuo annullamento. Ma non è questo che voglio in fondo? Non è questo che desidero nel profondo dell’anima? Annullarmi in lei. Sarebbe bello. Sarebbe tutto quello che voglio, il massimo che si possa pretendere.

Al tre si entra. Uno. Due. Tre. Mi incammino ma poi… incredibile! Non entro, vado diritto. Passo un attimo in bagno.

Mi guardo nello specchio. Che faccia! Oddio si capisce che sono sulla soglia del suicidio. Si capisce. Anche se la mia faccia nasconde tutto. Io percepisco quel baluginio in fondo all’occhio destro, quella lacrima che trattengo. Oddio. Se qualcuno mi attacca, oggi non sento di avere la forza di reagire come faccio sempre. Non sono in grado di difendermi con le mia cazzate spiritose. Sono perso. Chiunque mi può colpire con irrisoria facilità e io non ho difese…

Ma in realtà tutte queste cose neppure le penso. Per carità. Io penso solo a lei. Okay. Adesso fuori dal bagno e diritti da lei.

Esco. Imbocco il corridoio. Il cuore batte forte. Le gambe mi tremano. Passerà, passerà appena la vedo. Apro la porta ed entro come una furia. Una cosa veloce, una cosa veloce. Controllo a destra. Niente. Qualcuno mi guarda percependo la mia inquietudine ma nessuno mi ferma. Vediamo la stanza attaccata. Niente! Confesso che sul momento provo un sollievo. Ma è solo un rimandare il mio dolce dolore atroce, solo una dilazione.

E adesso dove vado?! Per dio!, non è ancora arrivata. In questo momento non sono capace di stare fermo. Così comincio a cercarla per tutta la facoltà. Faccio le scale, non prendo l’ascensore. Tanta gente mi si para davanti e io ogni volta tremo al pensiero che possa spuntare lei. Sono traumatizzato.

Primo piano. Lo giro da cima a fondo. Niente. Secondo piano, entro nella sala studio: niente. Non ci sono lezioni a quest’ora, dove cazzo è?! Perché mi ha dato un appuntamento a una certa ora se poi non è venuta?! Terzo piano, ultimo controllo. Entro nel laboratorio poco frequentato. Lei non c’è, ma scopro persone a cui posso chiedere. E X mi dice che stava giù, l’ha vista giù. Ma io ci sono appena stato! Dunque lei è arrivata, ma poi si deve essere alzata. Forse prima di me aveva un convegno con il suo attuale amante. Forse verrà che puzza del suo odore, la troia. X prova pena per me. Lei mi vuole bene. Sembri un’anima in pena, mi dice. Abbasso lo sguardo. Lo sono. Non le dico niente, sennò scoppierei a piangere. Mi accompagna per un pezzo di strada sotto e gliene sono grato perché in questo momento essere solo è davvero un incubo. Sarebbe stato molto meglio se mi fossi concentrato su di lei. Come sarebbe stato tutto meno complicato… Con lei avrei dovuto risolvere solo i miei problemi, ed essi non si sarebbero amplificati dal rapporto con l’altra…

Ci dividiamo. Ha capito. Ha capito tutto, X. Non è per niente stupida. Ma non sono in grado di pensare a nessuna conseguenza. Perché a me interessa solo presentarmi all’appuntamento con lei. Potessi farlo, non presentarmi, lo farei subito. Ma rischierei di entrare poi in un vortice dal quale non sarei più in grado di cavarmi. Non è che non sono vigliacco. È che so che arriverei al limite della sofferenza consentita…

Rientro in quel luogo. Stavolta procedo piano e… toh! Eccola là. Adesso la vedo. È probabile che fosse stata là già la prima volta. Ovviamente è in compagnia perché lei da sola non vuole stare mai. Eccolo là il suo ultimo amante. No, non è l’ultimo. È solo l’ultimo che c’è rimasto male quando lei lo ha lasciato. Il viso di lei palesa chiaramente senso di colpa. Ma certo, adesso capisco tutto. Quando sono entrato la prima volta e non ho guardato in questo punto, lei invece mi ha veduto eccome. Eppure non mi ha fermato, non ha attirato la mia attenzione. Sia perché aveva paura anche lei di quel confronto ormai indifferibile, sia perché forse le era più utile continuare a lavorarsi il suo ex perché le serve quel favore. Certo. Capirò tutto, tra qualche ora. Ma ora sono solo un pulcino che pigola cercando sua madre, sua madre che sarà sempre una gallina alla fine. Niente di più e niente di meno. Mentre magari io un giorno diverrò una bella aquila che vola alta nel cielo, lontana e solitaria, eseguendo volute inaccessibili agli occhi di tutti.

Andiamo, mi faccio avanti e dico, come se mi appartenesse. E in verità lui ci rimane un po’ male perché capisce che, non solo gliela porto via, ma non è minimamente in grado di fermare quel che avvererà tra me e lei.

Lei si alza scossa. Prende il cappotto. E mi segue con lo sguardo greve. Deve avergli detto che aveva un appuntamento con me, per questo lui non prova a fermarla ma mastica comunque amaro. Ah, se fosse lui il mio problema, ma non è così. Così come io non sono il suo vero problema. Il problema, il problema di tutti, è lei. Lei e la scia di tormento che sempre lascia dopo aver succhiato i frutti più dolci. Lei che ti lascerà quando si sarà stancata di te, o quando gli sarai venuto a noia e ti comincerà a percepire come un impedimento a quel suo legittimo senso d’inebriamento che annebbia la mente e la fa sognare. Le fa creder d’essere viva.