Come sciapire le alici…

 


Care amiche casalinghe, oggi vi parlerò della mia disavventura culinaria e di come anche un errore si può trasformare in geniale pietanza…

L’altro giorno ho sciacquato le alici, poi le ho messe a cuocere con un filo d’olio e del vino in padella. Ho aggiunto un po’ di sale ma mi sono subito accorto di avere esagerato… Difatti, quando sono andato ad assaggiarle, le ho trovate salatissime. Erano immangiabili!

Sconfortato, le stavo quasi per buttare. Ma poi ci ho riflettuto sopra e il giorno dopo le ho messe a bollire con l’aggiunta solamente di abbondante passata di pomodoro.

E sono bastati pochissimi minuti affinché quelle alici si sciapissero assumendo un sapore molto gradevole, conturbante, intrigante.

Magari molti non lo sanno, ma in fondo altro non ho fatto che applicare il principio dei vasi comunicanti (che è uno dei principi della fisica più intuivi)…

Alla prossima, amiche!

La ributtante vita sessuale dei politici

 


Mi sono divertito (oddio, non sempre! alcune volta è stato davvero uno sforzo) a immaginare la vita sessuale dei politici. E avendo una pessima opinione di loro… non potevo che immaginarmi lordura e dissoluzione a oltranza…

E questo è il frutto delle mie elucubrazioni immaginarie (dunque non passibili di alcuna querela… Che ci mancherebbe che uno non sia libero neppure di immaginare le cose adesso!)…

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Gli squallidi

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Il primo ha un rapporto con la sessualità estremamente contraffatto, da filmetto soft erotico italiano degli anni 70… Così gli piace essere considerato un sultano amato e riverito da più donne alla volta. Non distingue tra amore e adulazione e poco importa se quelle donne sono solo prostitute che recitano una parte. La finzione conta più della verità… Inoltre ha poi quel certo difettuccio, che si tromba tutto quello che gli passa davanti, in particolare ama la carne fresca (che lo fa sentire giovane), anche delle minorenni, dalle quali gradisce essere chiamato “papi”… Così si tromba quelle che potrebbero essere sue figlie o nipotine… Schifoso, eh?

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Quest’altro è uno di quei $£&%&%%/ che parlano sempre credendo di darla a bere all’interlocutore (e si credono anche molto intelligenti). Così, se falliranno miseramente l’atto sessuale, ecco che imbastiranno un pistolotto tutto convinto sulle cause della momentanea impotenza. E lo condiranno con paroline del tipo “cara”, “ma quanto ti amo”, le quali pronunciate da tipi del genere non possono che risultare parossistiche, risibili e grottesche (perché tipi del genere, talmente concentrati su loro stessi da essere praticamente impossibilitati ad avere un reale rapporto di condivisione con qualcuno, non sono in grado di amare nessuno).

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‘Sti due li presento in coppia. Lei è una donna ricca e potente che può avere qualsiasi gigolò, per questo è molto più interessata al concreto e pervicace esercizio del potere piuttosto che al sesso fine a se stesso. Quindi è una donna che non tromba mai. Perché dovrebbe farlo, se può farlo ogni volta che vuole con qualsiasi bel ragazzo la intrighi?

Lui è invece uno svezzato dal porno e dalla falsità (non riesco a concepire altro!)…

E ve li immaginate sti due a dirsi cara, ciccino caro, pomicina mia, ecc?… Quando penso che stanno assieme provo un gran senso di pace. Perché è giustissimo così. Che una come lei stia con uno come lui…

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…Ecco, lo vedo sorridere con la sua aria da prete… Lui è uno che tromba, ma solo di straforo, se non ha troppo lavoro, se l’umidità nell’aria è di quella giusta, se si sente di non fare troppo una figuraccia. Eppure è di quelli che si sentono davvero delle persone buone, che amano! Ma al massimo sono invece persone insignificanti!

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A lui gli dicevano sempre che era bello e glielo continuano a dire. Ma questo intelligentone ha avuto l’alta sapienza di sposarsi la donna più vipera del creato, una donna che lo farebbe ammosciare pure a superamatori iperpotenti. Così il poveraccio si trascina per il mondo con cotanta voglia strisciante di farsene qualcun’altra, pure qualche signora grassottella e attempata potrebbe andargli bene… Si vede dalla luce che gli passa negli occhi quando stringe mani, tocca carni, si vede come vorrebbe buttarsi a pesce ma gli tocca di tenersi per rispetto della famiglia… Prima o poi cederà oppure no? Avrà già ceduto nascostamente? Si accettano scommesse…

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Gli impotenti

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Ehhh… Chissà quanto ce l’ha duro quest’uomo (uomo?) qui! Deve avercelo duro come… come un budino! 😉

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Premettendo che politico è uno che fa politica (nel senso ampio del termine) e sposta consensi (in genere spacciando il falso)… Eccone uno che mi son sempre chiesto se glieli avranno asportati i coglioni oppure no. La sua vocetta insinua questo sospetto…

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Certo. È per questo che è sempre così acido e bellicoso al limite dell’offensivo: perché impotente. Tutto si spiegherebbe, no? Comunque impotente non vuol dire che non pratichi sesso. E me lo vedo perfettamente addestrato a usare per esempio la sua bocca così particolare per leccare e succhiare. È nato per quello!

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I cattivi

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E adesso non si scherza più… Ecco che entriamo nel peggio del peggio… Questo tipo è di quelli che a letto pretendono che si esegua e soddisfi ogni suo ordine, in particolare quelli osceni, impudichi ripugnanti, umilianti. Cioè se lui dice a una (meretrice, perché non vedo con chi altri possa andare) di fare una cosa, quella è obbligata a obbedire, altrimenti lui non la pagherà (o peggio: sono stato tenero per non urtare gli animi più sensibili)…

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Questo tipo lo abbandono subito… Non voglio star troppo nel suo cervello altrimenti potrebbe infettarmi… È troppo abietto: ha fantasie deviate, malsane, irripetibili (e c’entra pure la bibbia)…

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Per esprimere come lo vedo, non posso che rifarmi a chi prima di me ne parlò in maniera così acconcia, superlativa e pittoresca…


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Immaginatevi una storia triste. Tristissima. Un nano sbeffeggiato e deriso fin da piccolo (piccolo-piccolo intendo). Che allora per vendicarsi studia e diventa un tipo eminente nel suo campo (pur non capendoci un cazzo), sfiorando anche il nobel per un nonnulla (proprio una caccolina). Ecco, adesso forse capirete tutto l’astio che è in grado di vomitare questo tipo nelle pratiche amorose (come pure in ogni altro ambito della sua vita), vissute insindacabilmente come qualcosa di denigratorio e avvilente. Il suo genere è il bondage sadomaso.

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Per la serie, fin quando fa male, fin quando ce n’è… Perché credete che sia così magro? Sotto la sua apparenza di garbo e timidezza si nasconde un intransigente £/$/%£%%£$£&£ tutto d’un pezzo… Il fetish l’ha inventato lui…

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Insulta continuamente la sua compagna escogitando sempre nuovi epiteti (ma finisce per ripetersi)… Capra! Capra! Puttana! Mignotta! Capra! Culattona! Capra! Raccomandata! Capra! Capra! Capra! Capra! Troia!…

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Senza categoria

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Poi ce n’è uno che proprio non riesco a inquadrare e temo che il comprenderlo sarebbe estremamente pericoloso per uno gentile e delicato come me… Diciamo solo che ha un tic strano di cui sono a conoscenza (ma molti altri li potrebbe nascondere abilmente o potrebbero emergergli solo in prossimità dell’atto sessuale). Di certo è uno che cerca di trattenersi a più non posso. Ma non può farlo per sempre e ogni tanto si deve sfogare, altrimenti un giorno potrebbe scoppiare…

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PS: è la satira, bellezza! E tu non puoi farci niente!


“L’aria che respiriamo è pericolosa come fumo di sigarette o amianto” (porco giuda!)

 


Cancro, “L’aria che respiriamo è pericolosa come fumo di sigarette o amianto”

Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi ci risarcisce? E basta comunque risarcire? Come si può risarcire il dolore e la morte?! Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi ci risarcisce? Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi ci risarcisce? E basta comunque risarcire? Come si può risarcire il dolore e la morte?! Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi ci risarcisce? E basta comunque risarcire? Come si può risarcire il dolore e la morte?! Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi paga? Chi ci risarcisce? E basta comunque risarcire? Come si può risarcire il dolore e la morte?! Chi paga? Chi paga? Chi paga?

QUALCUNO DEVE PAGARE.

Anaïs de Lonval: Oxygène

 


Nadir è una ragazza che diventa donna durante il periodo universitario, una donna problematica e controversa che ancora non sa bene cosa voglia dagli uomini: una donna che si sforza con tutte le sue forze di capire la vera natura dei suoi sentimenti amorosi…

Ci sarebbe uno che le fa il filo, il suo migliore amico, ma lei lo sa irriducibile sciupafemmine, per cui cerca di non rimanere invischiata in un rapporto che sente come sbagliato. Che cosa accadrebbe se un giorno poi dovesse davvero cedergli? Commetterebbe un errore madornale, oppure troverebbe quell’amore tanto agognato che insegue con tutta l’anima?

Nel frattempo, mentre il rapporto con quell’uomo più grande di lei diverrà d’amore-odio, Nadir conoscerà altre persone che cercheranno di assurgere a quel ruolo amoroso ancora vagante e scostante. Poi un giorno si imbatterà in un bellissimo ragazzo efebico e, poco a poco, perderà la testa per lui. Ma cos’è che davvero l’attira di lui? La sua bellezza, o il saperlo sotto sotto irraggiungibile, un capriccio?

Nadir rappresenta la donna sfuggente che a sua volta insegue un ideale inafferrabile d’amore. Una di quelle donne che sovente si ficcano nei guai, spezzando anche talvolta i cuori di coloro i quali, attirati da loro mistero, vogliono farle proprie.

Per questo Nadir non può che essere amata da tutti gli uomini, e ispirare partecipe immedesimazione nelle donne, che finiranno ineluttabilmente per rispecchiarsi in lei…

Sorprendente opera prima di una scrittrice autopubblicatasi la quale mostra di avere molto da dire circa la femminilità e la reale consistenza dell’amore…

Certo, Anaïs è amica mia… Ma quando dico che qualcosa mi è piaciuto vuol dire che mi è piaciuto… 😉

Svevo: Senilità

 


Avevo proprio voglia di tornare a leggere un romanzo di Svevo, il quale autore non scrive benissimo ma è abilissimo nel toccare il cuore di ogni lettore…

Trama: un giovinastro vorrebbe incappare in un amore di poco conto per non impegnarsi troppo, così si avvicina a una certa Angioina alla quale comunica subito con sincerità quanto si senta un mal partito. Ma per lei questo non rappresenta un problema: difatti gli propone di cercarsi un marito da sposare che possa risolvere i loro problemi economici. E da lì in poi il povero giovane capirà presto la vera natura “leggera” di colei la quale diverrà il suo tormento di gelosia per antonomasia…

Bellissimo e toccante il finale.

Curiosità 1: questo romanzo sembra il preludio di quello che poi sarà il capolavoro di Svevo “La coscienza di Zeno”. Solo che in senilità il protagonista è un giovane inesperto che si innamora di una malafemmina, mentre nella coscienza sarà il maturo protagonista (che potrebbe dunque essere quel giovane divenuto adulto smaliziato) che userà donne più ingenue di lui senza troppi scrupoli…

Curiosità 2: perché il romanzo si chiama “Senilità” se riguarderebbe un giovane? Su questo argomento esiste una lunga trattazione. La mia opinione è che il protagonista si innamora della sua etera così come un vecchio si farebbe infinocchiare da una scaltra badante… Amore come possente infatuazione che fa totalmente perdere la testa… 😉

Sogno #63: Nel bailamme delle ricompense edonistico-erotiche (parte 2)


Rientrammo entrambi nell’aula. Non pareva che vi fosse una lezione in corso perché ognuno faceva quello che voleva e anche l’insegnante si eclissava non si sa bene prodigandosi in cosa. La collocazione abituale dei posti era andata a farsi benedire e molti si erano spostati, in spregio delle regole, in un posto non loro. Tuttavia il mio era ancora intonso. Nessuno aveva avuto l’audacia di soffiarmelo.

Dapprincipio mi ricollocai lì. Ma presto pensai che, visto l’atmosfera anarchica che si respirava, potevo approfittare della nuova usanza per piazzarmi dove avrei avuto più piacere a stare. Ma dove mettermi?

Nell’aula, oltre alla ragazza con il bel sorriso, quale altra femmina mi allettava e meritava la mia compagnia? Mi risposi che ce n’era un’altra. Si chiamava Yvonne, non era tanto bella e mi era sempre sembrata pura. Per questo avevo un debole per lei e non osavo confonderla con le altre cortigiane che in quell’ambiente erano acconcie come mignatte in campagna.

Yvonne era comprensibilmente da sola. Infatti tutti la disdegnavano poiché né bella né corrotta: dunque secondo loro non aveva nessuna dote che le permettesse di stare al mondo come si doveva.

Mi sedetti a qualche metro da lei. Non volevo darle l’impressione che mi fossi spostato unicamente per condividere quella adiacenza, confortandola se era triste. Eppure era evidente che fossi lì per lei perché in quella zona eravamo i soli presenti, e quello non poteva essere un caso.

Scambiammo due chiacchiere di circostanza e cercai di essere molto cordiale e rassicurante. Lei apprezzò e mi volle ricompensare mostrandosi molto ammodo e parlandomi con la sua voce vellutata e dolce…

Ma la nostra consonanza dovette attirare le pulsioni del bullo della classe il quale, quando ci vide tubare andando così d’amore e d’accordo, tentò di rompere la nostra armonia nell’unico modo che aveva assorbito dai suoi genitori: con la violenza. Così mi schiacciò la faccia sulla sua e rimanemmo parecchi secondi guancia a guancia, come se si stessimo per scattare una foto e fossimo due novelli sposini. I suoi zigomi granitici calcavano crudelmente sui miei tratti delicati. Mi imposi tuttavia di non manifestare contrarietà poiché altrimenti il bullo avrebbe sicuramente interpretato male quel mio gesto di legittima ribellione e allora si sarebbe adoperato per riempirmi di botte, quando era palese che, se aveva scelto quella forma di intervento piuttosto che un’altra, in fondo gli dovevo stare pure simpatico.

Così feci buon viso a cattivo gioco e sorrisi del suo scherzo anche se avrei voluto cavargli entrambi gli occhi dalla faccia (e ne sarei stato capace, il demente non sapeva quanto rischiava); e lui, dopo un po’, come previsto, mi lasciò, convinto che fossimo diventati grandi amici (era proprio un grandissimo demente!)…

Con il trascorrere dei minuti nell’aula montò sempre più confusione. Tutti parlavano rumorosamente, o tiranneggiavano qualcuno, o litigavano, o si burlavano di qualcuno. Rispuntò così l’insegnate a dirci di fare i bravi. Chissà perché si comportava con noi come fossimo bambini dell’asilo. Non interveniva mai decisamente, sia per via del suo credo pedagogico il quale le imponeva di farci venir su senza alcuna ingerenza adulta, sia perché anche lei doveva avere timore che qualcuno le si rivoltasse contro e la sormontasse con la sua bruta forza fisica. Difatti anche molte ragazze erano ben più robuste di lei, che era accessoriata di un corpo molto esile, dopotutto.

L’insegnante era una donna sui quaranta suonati, ma ancora piuttosto piacente a mio giudizio. Spuntava dai banchi come fosse stata un furetto e subito rispariva, sempre con quel suo sorriso conciliante sulla faccia.

Guardandola fissa compresi che provavo attrazione fisica per lei. Sì, anche se aveva vent’anni più di me, vedevo perfettamente quanto essa fosse gradevole e femminile. Aveva poi il classico fascino della donna matura, non più inesperta e imprevedibile (ah, ma non potevo sapere se il mio era solo un auspicio piuttosto che una considerazione plausibile. Come pure se all’età che aveva possedesse semplicemente idiosincrasie di cui ancora non ero istruito).

Ricordando come sapesse essere sempre gentile e benevola, mi accesi di voglia. Fosse stato per me, avrei tentato di sedurla. Ma avevo troppa gente attorno affinché quel mio disegno potesse avverarsi. Così dovetti declinare, in attesa di tempi e occasioni migliori.

 

L’esito positivo

 

Quel giorno d’estate Ninetto era stato condotto dal padre in quello strano luogo, che poi era uno studio medico (così inconsuetamente lontano da casa). In quel periodo Ninetto aveva avuto degli strani malesseri ed erano stati proprio essi, una volta appurati dal medico di base, che l’avevano sospinto in quello studio dove un altro medico specializzato si sarebbe occupato di lui.

Dopo interminabili minuti ad aspettare che venisse il suo turno, alla fine gli era stato consegnato un cartoncino con il suo nome, un cartoncino che il padre volle che tenne lui stesso (chissà, forse affinché lo leggesse) sul quale c’era scritto stampato bello grosso (e Ninetto sapeva già leggere) ESITO POSITIVO.

Il genitore gli disse laconicamente che avrebbero dovuto consegnare il responso al medico il quale lo avrebbe esaminato con cura e poi avrebbe deciso il da farsi. E poi se ne sarebbero andati. Allora Ninetto pensò: meno male! esito positivo vuol dire che l’esame che ho fatto è andato bene! quindi probabilmente si risolverà con una semplice formalità, una pacca sulle spalle; mi dirà che sto bene, mi regalerà pure qualche caramella e dopo due secondi staremo già in macchina sulla strada per tornare da mamma…

Venne il suo turno. Ninetto e il padre (com’era prerogativa della loro famiglia) si alzarono scattando. Entrarono nella misteriosa stanza del medico. Era una stanza con mobili in legno molto scuri e vecchi, che faceva la sua bella figura di importanza ma che regalava anche qualche sussiego di troppo che a Ninetto non andò molto a genio.

Il medico disse buongiorno. Il padre fece lo stesso e anche Ninetto, dato che era sempre stato un bambino ammodo assai noto per la sua educazione. Appena il medico gli strinse la mano, Ninetto si sbarazzò subito del bigliettino con l’esito dell’esame. Il medico lo lesse come sapesse già cosa c’era scritto, fece un giro di parole spropositatamente lungo e poi disse qualcosa che Ninetto proprio non era preparato ad ascoltare: bisogna fare l’iniezione.

Ora, Ninetto aveva molto timore delle iniezioni perché sapeva bene il dolore che lasciavano; in vita sua gliene erano già toccate molte, povero lui. Dunque accolse quella ambasciata con gli occhi sbarrati, non potendo credere alle sue orecchie. Ci doveva essere un errore!, un errore macroscopico che lui avrebbe dovuto istantaneamente correggere prima che gli bucherellassero il sederino senza che nemmeno ce ne fosse stato bisogno! Intanto suo padre faceva orecchie da mercante…

Ninetto tentò di attirare l’attenzione del medico il quale invero si era fermato a fissarlo in attesa di qualcosa che Ninetto non aveva ancora capito. Riuscì a farfugliare tra un balbettio e l’altro: c’è scritto positivo! c’è scritto positivo!

Il medico, che doveva essere una persona molto intelligente e preparata, comprese al volo la critica di Ninetto e dove volesse andare a parare. E gli rispose: appunto. positivo al test che hai effettuato. Anche quel catorcio di padre che si era tirato appresso allora si sentì finalmente di intervenire per spiegargli le cose, rafforzando però la posizione del medico. Positivo vuol dire che hai la malattia da curare…, disse monocorde.

Al che Ninetto si sentì in trappola. D’un tratto comprese tutta la stranezza della vicenda: perché non era andato a scuola quel giorno; il modo in cui la madre lo aveva salutato promettendogli il gelato dopo; il silenzio imbarazzato del padre (degenere) per tutto quel tempo; il medico che aspettava che si calasse i pantaloni… E poi tutti quei bambini che prima di lui erano usciti dalla stanza del medico, molti dei quali piagnucolando (e lui si era chiesto, con alterigia: ma che avranno mai da lamentarsi questi mocciosetti?!)…

Gli sembrava di vivere un incubo. Non sapeva rassegnarsi all’ineluttabilità di quella situazione di cui non aveva fiutato alcun sentore fino a pochi secondi prima. E dire che era stato così tranquillo di far visita al medico! Era tutta colpa del padre che, per non farlo preoccupare, l’aveva ingannato non mettendolo al corrente della situazione. Perché il padre doveva sapere cosa voleva dire positivo, su questo non c’erano dubbi.

Ninetto, con gli occhi iniettati di sangue e con il cuore tambureggiante, stava sulla difensiva permanendo in uno stato di diniego. A un certo punto il medico, che dopo Ninetto aveva molti altri pazienti in coda, si rivolse loro (sicuramente volendo sollecitare l’intervento del genitore che lo accompagnava, che fino a quel momento si era vigliaccamente defilato, intervento che doveva avvenire perché evidentemente lui, il medico, non doveva essere troppo bravo ad avere a che fare con i capricci dei bambini): allora la vogliamo fare questa iniezione?

A quella interrogazione Ninetto si infervorò e, scattando in piedi dalla sedia imbottita sulla quale sedeva, sbatté un pugno indignato sul tavolo in legno scuro palesando tutta la sua riottosa contrarietà e suscitando pure un certo effetto teatrale (il quale in seguito sarebbe stato riportato con una nota di ironia dal padre alla madre). No!, disse Ninetto irato e non disposto a cedere…

Ma poi intervenne quello stronzo di suo padre che gli disse di tirarsi giù le brache e Ninetto neppure provò a opporsi alla brutalità degli adulti perché sapeva che l’avrebbero vinta loro. E in un attimo si ritrovò a pancia sotto, con le mutande calate e con l’iniezione in atto che, come aveva previsto, era una di quelle che facevano più male, che pizzicavano, il cui dolore sarebbe rimasto per minuti, ore, e neppure gli avrebbe permesso di camminare bene. Per fortuna, almeno, il supplizio, da un punto di vista tecnico, fu abbastanza breve…

Ninetto (avendocela a morte con il padre) se ne uscì piangente dalla stanza del professorone, ben più querulo dei bambini che l’avevano preceduto. E a quei bambini che lo guardavano con sguardo interrogativo che ancora dovevano entrare nel mattatoio, lui avrebbe voluto dire: non sapete cosa vi faranno lì dentro! siete spacciati!

Purtroppo per Ninetto le iniezioni indolore le avrebbero inventate solamente qualche anno dopo, quando lui, già grande, non ne avrebbe più avuto bisogno…

David Bowie’s stories #2: Space Oddity

 


Questo brano fu realizzato quando era ancora molto lontano dal divenire famoso. E all’inizio ricevette un’accoglienza tiepidissima, diciamo pure disastrosa. Ma David continuò a lavorarci, lo arricchì acusticamente e il brano poi assunse i connotati dello Space Oddity leggendario che tutti conoscono, con quel video suggestivo che è un piccolo capolavoro perché sembra che lo studio di registrazione in cui è girato si tramuti in uno shuttle lanciato nello spazio! Mi ricordo che mi faceva molta impressione da piccolo quando per qualche motivo quell’estate veniva passato di continuo; mi fermavo sempre a guardarlo esterrefatto…

Di Space Oddity esiste anche (è la cosa è divertentissima!) una versione italiana cantata dallo stesso Bowie (come fosse S. Shapiro, cioè in un italiano tipico della gente anglosassone), che si intitola Ragazzo solo, ragazza sola, realizzata sicuramente nell’ottica di farsi conoscere da più persone possibili e nel più breve lasso di tempo. Tale brano è stato ripreso recentemente per un film (di Bertolucci, se non erro) tratto da un libro (di un autore che non mi piace che non cito)…

Cyber Dark Turing’s Game

 


Ecco le regole del gioco. Ci sono tre individui sessualmente disponibili. Un uomo, che chiameremo U, una donna, che chiameremo D, e un terzo individuo il cui sesso o orientamento sessuale non viene reso noto, che chiameremo X. Questi tre soggetti possono comunicare tra loro esclusivamente per forma scritta attraverso una simil chat.

Ora, lo scopo del gioco è il seguente. L’individuo X fa delle domande a U e D per trovare il partner che lo aggradi di più da un punto di vista sessuale, in vista di un congiungimento fisico al quale il prescelto non potrà sottrarsi.

Ma ogni volta, in questo terzetto di individui, dovrà essere inserito casualmente un automa pensante programmato come uomo o donna (o una di tutte le possibili varianti).

All’inizio del gioco verrà sorteggiato chi, tra U e D, dovrà dire sempre la verità e chi invece sarà libero di mentire a piacimento. X invece potrà comportarsi come più gli aggrada e avrà il diritto di decidere se rendere partecipi gli altri soggetti delle risposte l’uno dell’altra.

Alla fine, l’accoppiamento dovrà perentoriamente essere posto in essere…

Questo mi disse l’uomo con il cappuccio in testa e una fotocellula rossa impiantata nell’occhio destro…