La lista delle persone che Nemesis incontrò che avessero un qualcosa in comune con lui si completa infine con una ragazza che un giorno Vlad gli indicò.
«Quella lì sembra proprio come te», gli disse spiazzandolo.
Nemesis guardò nella direzione dove Vlad ammiccava e vide una bella ragazza con gli occhi azzurri.
«Ne sei sicuro? Allora lo prendo come un complimento!», si inorgoglì Nemesis.
Ma poi ripensandoci… «Ma come puoi affermare una cosa del genere? Io ho gli occhi scuri… Non capisco in che senso la potrei ritenere affine a me…», si sentì di domandargli. E Vlad gli fece capire:
«Nel senso che quella tipa è carina, ma non bellissima. Nel senso che veste in modo un po’ trasandato (o forse dovrei dirti che non si cura troppo dei suoi abiti, sennò ti offendi). Insomma… è una che, se si predisponesse in un certo modo, potrebbe apparire a tutti bellissima, e tutti la venererebbero come la donna più bella del mondo. Ma lei non lo sa. E pure se lo sapesse non lo farebbe mai, perché evidentemente è nella sua natura essere così…»
Nemesis rimase molto colpito da quelle considerazioni.
In seguito Vlad lo incitò anche a provarci clamorosamente.
«Va! Valla a espugnare! Che cosa aspetti?! È la ragazza ideale per te!»
Istigato, Nemesis tentò di conoscerla avvicinandola nelle pause tra un briefing e l’altro. La scoprì come una persona timida, sorridente alla vita, ma cauta. Tutte caratteristiche che gli fecero pensare di accostarlesi con equilibrio.
Tuttavia venne il dì in cui Nemesis si mise in testa di rimorchiarsela sul serio. Allora – mentre si ripeteva nella mente “È la ragazza per me! È nata per me! La devo avere! Non devo lasciarmi sfuggire la mia perfetta metà combaciante! La devo ottenere prima che qualche coglione me la soffi!” –, la puntò. Ma quando se la trovò davanti, riuscì a dirle solamente:
«Bella giornata, eh?»
E lei, guardandolo un po’ intimidita, gli rispose:
«Sì. Abbastanza…»
E quello fu tutto il loro dialogo.
Per un periodo Nemesis continuò a mirarla da lontano gettandole occhiate di fuoco che lei non mancò di cogliere e anche di ricambiare. Ma il loro (pseudo) rapporto rimase incagliato in quell’insensata situazione di riserbo reciproco, mentre per di più Nemesis la osservava sempre circondata da altri tipi di tutte le fogge che cercavano di portarsela a letto senza troppi indugi, con lei che arrideva a tutti indipendentemente dai loro approcci, cafoni o meno che fossero.
Poi un giorno Nemesis notò che ella fumava sigarette come una ciminiera turca, e allora sentenziò mentalmente:
«Come disse Ulisse, dando le spalle e abbandonando le rovine ancora fumanti della famosa città che aveva contribuito a distruggere con la trovata del cavallo di legno… “Addio, oh Troia fumante!”»
E da allora non le rivolse più neppure uno sguardo.