Mattina presto. Inverno. Freddo. Nessuno in giro. Solo io e il cane. Mi accorgo di una presenza alla mia destra che mi taglia la strada. Strano che prima non me ne sia accorto. Rimango calmo pur presagendo guai. Penso al cane. È così piccolo e fiducioso. Lui non li conosce gli uomini cattivi. Sarebbe così semplice fargli del male qualora uno lo volesse… Sono perfettamente consapevole che, avendo un battibecco con qualcuno, questi potrebbe sfogarsi sul mio cane. Tutto questo lo penso in un secondo. E non credo di essermi preoccupato oltremisura…
Finalmente fa la sua mossa. Mi ferma e mi chiede: «Hai una cartina?». Il mio cervello traduce il termine “cartina” in “sigaretta”. Cioè si sarebbe fatto chissà quanta strada per piombarmi vicino inesplorato e vorrebbe solo una “cartina” alle sette e trenta del mattino? Sto sul chi va là. È probabile che sia solo un pretesto per attaccare bottone. Non credo che sia propriamente la cartina il suo obiettivo.
Rispondo brevemente che non fumo e pare un po’ deluso. Lo guardo appena un attimo negli occhi chiari. Sembra un ragazzo ben più giovane di me, di venti anni al massimo, ciononostante i suoi occhiali gli conferiscono un’aria indistinta che mi confonde. Così potrebbe avere anche venticinque anni. Sicuramente non è della città e secondo me neanche della regione. Lo capisco dal suo accento che tuttavia non mostra inflessioni tali che mi permettano di identificarlo a dovere.
Purtroppo in quel momento il mio cane si blocca ad annusare una scia, così non posso lasciarmi lontano quel losco ragazzo come vorrei e mi tocca di rimanere piantato in quel metro quadro.
D’altronde lui non si lascia liquidare e mi chiede la seconda cosa, quella che fin dal principio avrebbe voluto presentarmi. Farfuglia una frase. Non lo capisco. Ha abbassato il tono di voce tornando ad avvicinarmisi equivoco. Gli chiedo di ripetere. E lui allora alza il tono quasi stizzito e di colpo capisco anche la domanda precedente, che comunque era la stessa che mi ripone.
«Dove si va qui per le puttane?»
Proprio non me l’aspettavo questa! Una domanda che non solo non mi è stata mai posta, ma tanto meno avrei mai creduto che qualcuno avesse potuto sbattermela in faccia a quest’ora mattutina di un inverno così rigido…
Annaspo. Malgrado ciò devo rispondergli.
«Non lo so!», non riesco a nascondere una lieve accezione oltraggiata.
Lui ormai mi ha inchiodato gli occhi addosso e non me li scosta più. La sua richiesta secondo lui ha creato una certa intimità tra di noi. Quindi adesso può parlare più disinvoltamente, come avrebbe voluto fare fin dal principio.
«Ma come, non sai dove si va a puttane?!». Ci manca poco che metta in discussione la mia identità sessuale. E infatti aggiunge «Ci sarai andato qualche volta, no?», dice tra il canzonatorio e il severo (perché lui quella cosa lì la vuol proprio sapere).
Mi passano per la testa un mucchio di cose. Gli vorrei dire che, sì, qualche puttana c’è pure qui da qualche parte, ma che per prima cosa non è una zona di quelle dove si trovano con facilità, e secondo sopratutto che, non so lui come è abituato al suo paese, ma qui da noi le puttane a quest’ora sono andate a dormire da un pezzo! Mica fanno orario continuato! Mica esistono più le case chiuse!
Però tutto ciò sarebbe troppo lungo e complicato da riferire e non voglio correre il rischio di intavolare con lui una discussione fiume, per di più su un argomento simile. Anzi me ne voglio liberare al più presto! Non voglio condividere nulla con questo individuo ripugnante che mi fa accapponare la pelle solo a starci vicino… Malgrado ciò l’unico modo che ho per sfuggirlo è quello di dargli una pista da seguire.
«Guarda, un po’ più avanti, tempo fa, su quella via che incrocia questa, quella grande via, stavano là…», gli dico imbarazzato.
«Tempo fa… Perché adesso non lo sai se ci sono? Non ci vai più?», mi riprende caustico.
A questo punto mi inalbero.
«Io non ci sono mai andato!»
Avrei da fargli un bel discorsetto sulla sessualità, la vendita del corpo, il Capitalismo, le mignotte, i magnaccia e i politici odierni ma, come prima, non è il caso di approfondire.
Finalmente il mio cane muove le sue chiappette secche così ho la scusa per lasciarmelo alle spalle. Per un attimo ho il timore che, non pago della conversazione tenutasi, mi segua ancora. Ma alla fine accetta il fatto che non desideri la sua compagnia e mi sembra si diriga pressappoco dove gli ho indicato.
Muovo alcuni passi avanti. Torno a respirare. Sulla strada ci siamo solo io e il mio cane, che bello!
Ma si dà il caso che la via che gli ho additato si trovi nella medesima direzione che sto tenendo. Così mi assale l’insopprimibile sensazione di non essermelo davvero tolto dalle scatole. Posso quasi avvertire i pensieri sconci che gli vorticano tuttora nella testa…
Sono un pavido iperbolico? Me lo chiedo. Mi volto istintivamente sulla parallela della strada in cui mi trovo. Intravedo un ragazzo magro con una felpa con il cappuccio tirato sulla testa. Ha un sedere molto asciutto, quasi inesistente (come quello del mio cane): è tutto ossa.
È lui? Non riesco a capirlo. Avendolo scorto appena di striscio non ho focalizzato affatto i suoi abiti o le sue fattezze. Prima mi dico di no, che non è lui, che sono io che sono troppo paranoico. Perché non ti rilassi?, mi dico: certe volte sembra che tu voglia cercarti sempre dei motivi di inquietudine, anche quando non ce ne sarebbe alcun motivo, mi ripeto.
Ma poi, poi… Mi convinco sul serio che è lui. Ecco, rincontro i suoi occhialetti. Vedo l’aria torbida con la quale si scruta in giro, percepisco il suo sguardo da predatore in cerca di cacciagione… Alla fine mi convinco che è lui. Sì, ne sono certo. Anche se l’ho visto appena per un secondo, il mio cervello ha registrato ugualmente alcune sue singolarità che ora inconsciamente riconosco. Tiro il guinzaglio del cane e gli faccio capire che deve rallentare. Non ho nessuna intenzione di rincontrare quel ragazzo empio alla fine della strada…
Ecco, sono quasi fermo. Il ragazzo mi attraversa la strada. Non va diritto dove gli ho detto. Perché? Per un attimo temo che possa volermi parlare di nuovo. I brividi però mi passano in un attimo per trasformarsi in qualcos’altro. Ho capito. Ha avvistato dei ragazzi davanti alla scuola, ragazzi giovani, ingenui e corruttibili. Ragazzi di quindici-sedici anni. Per qualche motivo si trovano presso la scuola ben prima che apra. Chissà, forse proprio oggi devono partire per una gita scolastica.
Osservo il ragazzo sorridere, dirigersi verso loro e abbassarsi il cappuccio come fosse una specie di lampo dei pantaloni. Sì, era proprio lui, come avevo pensato. Ora ho cassato ogni dubbio.
Provo pena per quei poveri ragazzi con i quali parlerà. Due maschi e due femmine: sembrano così incontaminati da quaggiù… Chissà se attaccherà con la storia della cartina. O se sfodererà subito la richiesta della puttana… Sarebbe capace di farlo. Me lo immagino. Potrebbe pure pensare di risultare simpatico. E ritenere che il suo metodo gli possa far capire al volo se una delle ragazze ci sta. Dunque la sua tecnica consisterebbe nel prenderli di sorpresa con una richiesta talmente sboccata da farlo passare per un gran simpaticone…
Ecco che parla. I ragazzi rimangono attoniti. Gli ha detto subito la cosa della puttana… Me ne torno indietro col cane lasciandoli al loro destino. Sono in quattro, confido che non si facciano abbindolare da quel tipo ben più malizioso di loro…