Ennesimo film altmaniano dedicato al mondo dei gangster.
È la storia di alcuni ergastolani che evadono da un carcere. I tre, due uomini maturi e un ragazzo ventenne, sono molto affiatati e decidono così di mettersi insieme in società per compiere rapine, le quali gli verranno molto bene. Col tempo, dopo ulteriori rapine, la loro “fama” cresce…
I tre non sembrano molto male, come persone, in fondo, a parte il fatto che sono ignoranti, come invero appaiono tutti i personaggi nel film. Il regista sembra gettare uno sguardo benevolo su di loro, come a comunicare che non siano persone davvero cattive, nonostante essi non esitino a uccidere poliziotti o altri per i loro scopi.
Il ragazzo più giovane si legherà con una ragazza conosciuta in latitanza, che in seguito vorrà sposare. Mentre gli altri due se la passeranno peggio…
Il finale cruento esprime probabilmente quel che pensa il regista della società americana, implicitamente violenta, opprimente del popolo; il quale finisce per ritrovarsi sempre in ingranaggi più grandi di sé senza nemmeno rendersene conto.
La prima volta che mi imbattei in questa storia fu decenni fa, da ragazzo, attraverso un altro media. Si trattava si una canzone dei Metallica, che riprendeva un film in bianco e nero, il quale era tratto proprio da questo libro. Trovai la storia agghiacciante. Così, quando casualmente mi è capitato tra le mani questo libro (consigliatomi dalla mia compagna), me lo sono letto. Trovandolo alla stessa maniera agghiacciante – sì, perché riesco a immedesimarmi molto facilmente in quel che accade al protagonista poveraccio di turno e trovo che ciò sia una delle cose più spaventose e ingiuste che possano capitare a qualcuno.
È la storia di un ventenne che va in guerra con il coraggio e la spensieratezza dei giovani che credono alla stolida propaganda governativa. Un giorno però si risveglia in un letto di ospedale. Ci impiegherà parecchio a capire dov’è. E ancora di più a comprendere che non ha più gambe e braccia, e neppure gran parte della faccia: è diventato praticamente un tronco umano. Come fosse murato vivo in quel che resta del suo corpo.
Tra malattia, solitudine e delirio, incapacitato a comunicare col mondo esterno, rischierà più volte la follia. Finché a un certo punto comincerà a battere sul cuscino, tramite quel che resta della propria testa, in un disperato tentativo di comunicare: battere un accorato SOS in codice morse…
Il libro venne più volte censurato e fatto sparire, ma più volte riprese vita in concomitanza di guerre particolarmente cruente.
È un libro che fa male perché contiene al suo interno tante verità che in genere non si dicono o alle quali non si vuol pensare, verità indigeribili.
È un libro con un finale assai pacifista. E pure anarchico, perché da ultimo individua perfettamente i veri responsabili di simili tragedie: chi ci governa. Chi ci vorrebbe imporre di partire per difendere quelli che di solito non sono altro che biechi interessi economici – guardate per esempio la guerra russo-ucraina. Nessuno andrebbe in guerra se sapesse cosa potrebbe capitargli. Intendo, sapesse davvero.
È un libro che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita. In particolare i soldati.
È un capolavoro.
Da un punto stilistico, aggiungo solo una nota: lo scrittore, probabilmente per render più possente il continuo flusso di coscienza del protagonista, utilizza solo punti, rinunciando totalmente a ulteriori forme di punteggiatura. Dunque non troverete neppure una virgola, in questo romanzo.
Se ascolterete questa vecchia sigla sono sicuro che avrete una gran voglia di abbandonarvi a canti e balli scatenati, perché è questo l’effetto che fa! 😀
Il cartone invece non mi piaceva. Anzi era uno dei pochi che in quel periodo provai a vedere ma proprio non vi riuscii. Il protagonista era un ragazzone un po’ corpulento, mite e generoso, con fratellini piccoli quasi a carico, che però ci sapeva fare con questo sport. Aveva a posto degli occhi due corposi tratti scuri, e io non potevo tollerare che un primo attore fosse ritratto in quella maniera così superficiale!
Ho notato subito un paio di differenze in questa seconda stagione di Boris. I colori risultano più vivaci, come se le scene siano state girate sempre in esterno (cosa che comunque non è). Le inquadrature sembrano meno statiche (sbaglierò?). Ma sopratutto compaiono tre personaggi nuovi che si vanno a integrare perfettamente con i vecchi.
C’è una nuova star ne Gli occhi del cuore (la telenovela/fiction che la troupe è incaricata di girare), per certi versi più infantile della precedente, ma anche meno furbetta di quanto si possa pensare. Poi c’è il personaggio di un’attrice popolaresca che interpreta una commissaria di polizia, una tipa molto caliente e sensuale, probabilmente ninfomane… Ma sopratutto c’è un ruolo cucito su misura per Corrado Guzzanti, che interpreta un attore psicotico in crisi mistica con l’hobby della distruzione (assiduo utilizzatore seriale di una mazza da baseball 😀 ).
È impossibile non pensare come il buon Corrado non ci abbia messo molto del suo nel personaggio, indipendente dalle scelte degli autori per il ruolo. Sarei pronto a scommettere che vi siano state delle scene in cui ha improvvisato andando a braccio – la cosa, al solito, gli riesce molto bene…
Questo, per quanto riguarda il primo dvd della serie…
Mentre per il secondo ho notato che più trame vengono portate avanti e in qualche modo sono stati aggiunti elementi di maggior tensione potenzialmente drammatica, e anche elementi lievemente da soap. Quasi tutte le fila verranno tirate alla fine (mi è dispiaciuto solo che “l’ex schiavo”, inviso alla marmaglia di cui ha preso il comando, sia stato vessato e picchiato e non abbia avuto una giusta vendetta). Sopratutto arriverà a compimento la vicenda più importante, che riguarda il regista, il quale dovrà lottare per non essere cacciato via dalla produzione dopo che nuove elezioni reclameranno la sua testa…
Insomma, non ci si annoia neppure in questa seconda stagione… 😉
Premessa. Non ricordo di aver mai visto per intero il Dumbo disneyano a cartoni. Quindi mi esimerò totalmente da raffronti. Posso solo dire che questo film nel complesso mi è piaciuto e, per certi versi, sembra quasi una (nostalgica) summa di tutta l’opera burtoniana, anche perché è pieno di attori che hanno lavorato a suoi film precedenti – in tal senso, un poco risalta la “mancanza” di Depp, qui “rimpiazzato” egregiamente da Colin Farrell.
È la storia di un circo, in cui un giorno nasce un elefantino con le orecchie talmente grosse da risultare, secondo alcuni, quasi snaturato. Paradossalmente i tipi del circo (nonostante si tratti di un circo, da sempre sede della diversità!) trovano che sia troppo mostruoso per loro. Insomma l’elefantino sarebbe già quasi un peso, seppur appena nato.
Viene ribattezzato Dumbo, stupido, in senso dispregiativo. Sennonché si scopre che ha una dote particolarissima e impensabile: può volare, sbattendo le orecchie. Ciò rappresenterà la sua fortuna e la sua sfortuna assieme…
Tenerissimo l’elefantino (frutto di computer grafica). Un film commuovente. Una favola (ammodernizzata).
Chissà perché in Italia, se mandano in onda un cartone animato su una ragazza che gioca a pallavolo, in una maniera o nell’altra ci devono per forza ficcare in mezzo una certa Mimì. E dunque, sì, pure questa si chiamava Mimì (anche se mi ero completamente dimenticato della sua esistenza), oltre quell’altra Mimì più famosa – senza contare che fecero passare Mila (di Mila e Shiro) per cugina della seconda Mimì!
Bah, comunque credo siano finite, questa dovrebbe essere l’ultima della lista… La prossima volta ricorderemo… Beh, vedrete… ;
Un film piuttosto inconsueto, di cui esiste un gemello, sempre dello stesso regista, che si chiama “No smoking”, di cui parlerò prossimamente. Un film assemblato da scenette per lo più ironiche, estremamente teatrale in tutto, in cui si alternano sulla scena i quattro personaggi principali. Una donna sposata e insoddisfatta, col marito alcolizzato, con cui è in rotta di collisione; il novello giardiniere tuttofare, attratto dalla signora, che però ha una storia con la giovane domestica della coppia.
Dopo circa una prima ora abbastanza lineare il film comincia a segmentarsi e, come un prisma colpito dalla luce determina vari riflessi di colorazioni distinte, di volta in volta assistiamo a come sarebbero potute procedere le cose se un personaggio avesse fatto una cosa piuttosto di un’altra. Così è come se assistessimo a tutte le permutazioni possibili degli incastri tra i personaggi. Ogni realtà parallela determinerà le fortune o le sfortune di un personaggio a discapito di un altro. In una realtà il marito e la moglie faranno pace. In un’altra la moglie lo lascerà diventando una scaltra imprenditrice. In un’altra ancora la domestica e il marito avrebbero potuto avere una storia d’amore. In un’altra ancora il giardiniere si rivelerà uno spasimante imperterrito per la moglie… Eccetera.
A me è piaciuto. Ma sopratutto per la godibilità delle scenette a se stanti, non tanto perché si siano esaminate tutte queste variazioni sul tema (tale elemento, alla lunga, potrebbe stancare). 😉