Carmen la vedo al mattino, a colazione. Si va a mettere al tavolino all’angolo del bistrot per dare meno nell’occhio. Ma io l’ho vista ugualmente. Ho visto quella sua cera tipica da mattina in cui sembra una reduce di guerra, con quelle profondissime occhiaie che sembra chissà cosa abbia fatto. Quest’oggi non mi guarda proprio. Non osa. Si vergogna troppo. Ieri sera che cosa hai fatto, Carmen? Con chi ti sei svenduta ieri notte? Ti sei anche drogata, o gliel’hai solo data?
Il suo pallore mortifero fa quasi spavento. Se potesse indossare gli occhiali da sole anche a tavola lo farebbe. Ma così darebbe ancora più nell’occhio e lei non vuole che la gente vada tutta da lei a dirle “che cosa hai fatto ieri Carmen? Quei tuoi debosciati peccati di ieri si indovinano tutti dalle tue occhiaie”… Perché lo fai, Carmen? Tra un tentativo di suicidio e l’altro, ti butti via col primo venuto. Lo so, lo so: l’autolesionismo a causa del tuo passato. Ma ti sembra un buon motivo, questo? Ti sembra sia il caso di dover scontare in eterno la tua condanna? Questi discorsi sono pericolosi da fare con lei. Perché lei allora risponde “hai ragione”, che non è vita, e va a tentare l’ennesimo suicidio in un’altra maniera ancora non testata. Per ora ha sempre deciso di cambiare. La prima volta si buttò dal balcone. La seconda fu con le pillole. La terza si gettò nel lago. Speriamo che prima o poi non tenti col gas sennò farà saltare tutti per aria. Finché rimarremo in albergo, questo non potrà avvenire… E allora, con cosa si farà del male Carmen la prossima volta? Temo un’overdose…
Verso le dieci e trenta mi ritrovo tra le parti di casa mia. La cassetta delle lettere è stracolma di pubblicità. La apro raccogliendo tutta quell’immondizia. C’è una donna di spalle che sta facendo la stessa cosa. Sembra carina seppur un po’ magra di chiappa. Così chinata, le si vede la linea di demarcazione dei glutei, che in realtà sembrano troppo magri per i miei gusti. È vestita con abiti estivi, sembra in vacanza ma non deve essere così. Questo deve essere il suo normale modo di vestire, e questa la sua attuale residenza.
Ci incrociamo a mezza altezza, quasi intruppiamo. Lei risale, io mi chino verso la mia cassetta delle lettere. Ma ci conosciamo. È Barbra LeBlanc, una mia vecchia amica dai tempi dell’adolescenza. Non è molto cambiata nei tratti somatici. È, sì, invecchiata, ma conserva le stesse fattezze e le stesse espressioni di un tempo, seppure forse qualche piccolo tiraggio qua e là abbia alterato qualcosina. Per il resto è uguale. Gli stessi occhi tanto curiosi quanto luttuosi. La sua maschera di trucco nasconde bene tutti i suoi patimenti (passati e presenti). La dà sempre a bere ai suoi uomini, di essere sicura di sé e felice, mentre non mi risulta sia mai stato così, per un motivo o per l’altro. Solo alla fine ci si accorge dei suoi patimenti, quando a un certo punto sbotta in lacrime liberatorie e allora tutti capiscono quanto soffra e che aveva solo recitato fino allora. Deve essere nell’intervallo tra una storia e l’altra perché mi sembra senza pensieri e quasi pronta per rigettarsi in una nuova passione… Anche tu qui? Sì, mi sono trasferita, mi dice. Io qui ci abitavo, oggi sono rimasti solo i miei genitori ma ogni tanto ci torno, rispondo. Sì, lo so, mi ricordo che abitavi proprio nello stesso stabile di Mon-Bon, mi sorride fissandomi gli occhi dentro come mi avesse infilzato con una forchetta. E non distoglie lo sguardo da me, non lo distoglie. Così anche io faccio lo stesso. Sulle sue gote ci sono dei sbrilluccichini, come andava negli anni Ottanta. Il suo volto gonfio è stato stirato. Anche lei è vittima della mania dell’estetismo e deve aver paura di invecchiare, perché nel momento che sarà invecchiata nessun uomo la vorrà più al fianco, neppure quelli che adesso se la vogliono solo scopare.
Ha i capelli mesciati, di bionde ciocche chiaramente. Lei si è sempre sentita una bionda mancata. Un ombretto marcato agli occhi, verde-azzurro. Immagino il tempo che ci abbia impiegato per scegliere la gradazione giusta… I suoi abiti invece sembrano quelli di un’indiana d’America che voglia risultare sexy, con i lacci slacciati e tutte quegli spacchi, dalla gonna in su. Dobbiamo vederci delle volte, eh? Che ne pensi?, mi domanda volendo dare seguito reale al suo desiderio. Certo, rispondo, io qui ci passo spesso. Inoltre mi piace sempre tornare in questa zona nella quale sono cresciuto…, ammicco simpatico. Riceve una chiamata. Scocciante assai, a giudicare dal suo sguardo, che però non mi vuol lasciare. Pronto? No, adesso ho da fare, sono alla posta in fila e non mi posso proprio muovere, non ci possiamo vedere caro…, dice spudoratamente nel microfono mentre decide di tornare in posizione eretta e così faccio io, mentre più o meno inavvertitamente quel movimento finisce per toccarmi cosicché lei a un certo punto si giri su se stessa e, come fossimo seduti, si metta schiena a schiena con me, come ci si mette talvolta da bambini sia per gioco sia per riposare magari una schiena stanca.
Continua a parlare rimpinzandolo con una marea di bugie. Eppure le dice come se per lei fosse normale, come fosse talmente abituata a farlo da vivere in una realtà alternativa quando le pronuncia, cosicché non siano poi così false, quelle bugie, ma possano essere vere, seppure solo nella sua mente.
Vorrebbe abbandonare il suo tipo per tornare da me, ma si vede che non può farlo a breve. Così, a malincuore, interrompe il nostro contatto fisico, si volta, mi cerca lo sguardo, e mi fa capire che la prossima volta non mancheremo di prendere qualcosa assieme. Mi lancia un bacio con le mani. Sorrido gentile…
La sera mi debbo vedere con Tony. Ma prima mi intrattengo con Crystal. Crystal è sempre molto sorridente. Ha lo sguardo di chi è molto felice e la sa pure lunga su come divertirsi. È una donna molto bella, nel pieno della sua maturità psicofisica. È una persona estremamente piacevole, con cui si è sempre molto a proprio agio. Per questo è molto ricercata. E a me risulta un po’ strano che abbia voluto intrattenersi con me piuttosto che con altre persone più rinomate o stimolanti, eppure sembra proprio che gli vada a genio. È così bella, in sintonia con tutto quello che dico che… quasi quasi, se non sapessi che ne ha passati al tritacarne a centinaia di uomini, belli e brutti, prima di me, quasi quasi… Ma questa circostanza, che io so, e che lei sa che so, è come se ci rendesse fratello e sorella, è come se disinneschi tutta l’attrazione che ci potrebbe benissimo essere tra lei e me, tra una come lei (che è il tipo di donna che piace a tutti gli uomini, nessuno escluso) e quelli come me, che sarei uno di quelli che non si accontenta della prima venuta e che ama le donne ricercate, con qualcosa di particolare dentro.
Stasera siamo soli a sorseggiare le nostre aranciate e lei continua a sorridere furba nella mia direzione. Così faccio quello che non dovrei fare… Mi informo a fini utilitaristici della sua situazione sentimentale. Stai ancora con quello? Chi?, fa lei. Quello con cui.. come si chiamava? Vincent, quel mezzo pittore… Ah! Il pittore!, si manifesta euforica. No, no. Con lui è finita. Te l’ho detto che sto da sola, no? No, veramente non me l’hai detto. Ah!, davvero?, sorride divertita. Sono completamente sola. Sola, sola! Ho rotto i ponti con tutti…
Non sembra per niente avvilita. Meglio per lei… Ma poi continua a parlare e comincia a dire cose un po’ strane… Dopo di lui ce ne sono stati tre. Tre?, faccio stupito. Sì!, dice ancora ridendo di gusto. Ma scusa… se fino a… due settimane fa stavate ancora assieme…, le faccio notare. Ma ogni mia osservazione non fa che farla ridere ancora di più: adesso il suo riso è intrattenibile. Sì! E mi sono limitata! Ah! Ah! Il giorno stesso che l’ho lasciato mi sono rimorchiata uno in un bar! Ah! Ah! Si, lo so che fa brutto ma non è così male come si vede nei film! La mattina dopo gli ho dato un bel calcio nel culo… Bello mio, non vorrai mica metterti con me, eh?, gli ho detto. La mia è stata solo una mattata, per svoltare la serata e festeggiare il mio nuovo nubilato! Ha fatto una faccia che mi ha un po’ dispiaciuto. Si è sentito usato… Beh, credo che, almeno una volta nella vita, ogni uomo debba provare questa sensazione. Tutte le donne la provano, e ben più di una sola volta nella vita! Aveva dei riccetti neri con una specie di… non mi viene la parola…, la barba ruvida di un giorno, due occhi neri molto belli (che erano quelli che mi avevano attratto in lui) e un corpo magro da tossico. L’ho messo alla porta con ancora il petto nudo, quando era senza scarpe. I calzini non ce li aveva neppure prima… Sai quei tipi che non indossano calzini d’estate? Annuisco: non li sopporto, affermo. Beh, era uno di quelli!, riprende. E questo è stato il primo… Se lo vogliamo considerare come primo… Tu lo considereresti come uno con cui sono stata? Direi di sì, anche se forse non c’è stato troppo coinvolgimento emotivo… Appunto! Il secondo è stato quattro giorni dopo. Come vedi mi sono presa una pausa di riflessione. È stato un mio collega che mi “stimava tanto tanto”, che da tempo non faceva che complimentarsi con me, decantando le mie lodi! Che amore che era! Pensava che fossi la donna perfetta! Una madonna! Ah! Una madonna pure sexy e intelligente! Ah! Ah! Beh, l’ho invitato da me… Lui era da tempo che timidamente spingeva per avere almeno una cena, cena che non gli avevo mai voluto concedere, per tenerlo sulla graticola, per vedere quanto avrebbe resistito la sua sincera ammirazione per me! Ma ho capito che lo sciocco sarebbe potuto andare avanti per tutta la vita con quell’assurda immotivata ammirazione. Magari avrebbe scritto di me nel suo diario segreto, di quanto ero bella e stupenda, magari avrebbe parlato delle volte che si masturbava a pensarmi, magari sarei rimasta per sempre il suo idilliaco sogno erotico… Per questo ho deciso di mandare in mille pezzi le sue soavi convinzioni su di me! Perché sono stronza: tu almeno questo lo hai capito?, mi fa. E io le faccio una faccia del tipo: non credo che tu lo sia davvero, non può esserlo così tanto quanto vorresti farmi credere. Però non proferisco parola e lei va avanti… Tu non ci credi, lo so. Ma meglio per te se cominci a crederci sennò ci rimarrai male, bello mio… Senti qua… Abbiamo fatto l’amore, poi ho deciso di fare qualcosa che non avevo fatto mai in vita mia. Ho cominciato a canzonare la sua prestazione sessuale. Gli uomini sono molto suscettibili in merito, sai? Ah, ma mi sa che lo sai questo, vero? Mi fa l’occhietto… A un certo punto io… Si ferma come se la scena del film che mi vuol descrivere la riviva nei suoi occhi, stia scorrendo nei suoi occhi brillanti… Ah, ma questo non te lo posso dire! Ti devi fidare di me quando ti dico che sono stronza! Se tu sapessi cosa gli ho fatto, e cosa gli ho fatto fare! Ride… Posso dirti solo che gliel’ho tenuto in mano per minuti e minuti e che non gli si rizzava più dalla vergogna… E alla fine se n’è dovuto andare in lacrime, ahaahah! E mi ha detto: perché mi fai questo?! Io ti amo e tu mi umilii in questo modo! Sei cattiva! Cattiva! Cattiva a me, capisci? Adesso sarei anche cattiva… Ma non ero il suo angelo? Non ero la donna perfetta, secondo lui? Non so se sono addirittura cattiva. Però sono stronza… Su questo non ci piove. Forse tutti sono cattivi con almeno qualcuno. Forse tutti sono cattivi dentro… Mi guarda ancora come a dirmi, adesso mi credi? Mentre io devo aver immobilizzato la mia faccia in un’espressione di malcelata interrogazione circa il perché questa sera abbia deciso di distruggere tutte le belle cose che mi credevo su di lei. Possibile che mi stia mentendo? Temo proprio che non sia così. D’altronde forse, se lo stesse facendo, forse sarebbe anche peggio. Così prendo per buono tutto quello che mi dice. Ho capito. Mi sta avvertendo. Mi conosce. E sa che se mi innamoro di lei potrei percorrerla tutta quella strada dell’innamoramento e lei non mi renderebbe certo la vita facile. Mi sta dicendo, non lo fare, sennò darò una prova anche a te di quel che sono capace…
Sorride fissandomi, sembra non intenzionata a proseguire. E il terzo?, le faccio io anche per togliermi dall’impasse del suo sguardo senza vergogna, anche se l’ultima cosa al mondo che vorrei sarebbe quella, in questo momento, di ascoltare un’altra storia di questo tipo. Il terzo, già, il terzo!, dice come fosse tornata a esser posseduta dal demone del vizio. Col terzo ci sono stata fino all’altro ieri. Un giorno ero andata al negozio d’abiti per vedere se c’erano delle novità. Dentro colgo questo tipo che stava litigando con una ragazza. Alla fine le ha mollato un ceffone e l’ha fatta mettere a piangere, ma non solo. Dietro le ha urlato frasi irriguardose circa le pratiche sessuali che la poverina doveva aver imparato da lui. Una volta che la poverina è uscita dal negozio, io ho posto il mio sguardo su di lui, e lui, che si sentiva un grande uomo perché si era liberato di quella poveretta con tutta quella classe, che dapprima voleva solo provarsi un paio di jeans neri, dopo un po’ ha visto che lo fissavo…
Se l’è presa anche con te?!, dico… No!, risponde. Perché gli sorridevo. Sulla mia bella faccia da stronza avevo questa medesima espressione che ho adesso con te. E chi mai potrebbe inveire contro una faccia da culo come questa, me lo sai dire?!, ride. Concordo, penso tra me e me… In breve mi ha parlato di quella tipa, come a giustificarsi. Ha farfugliato cose contraddittorie del tipo che la madre della tipa gli aveva rotto i coglioni con la storia del matrimonio ed era per questo che lui aveva deciso di lasciarla in mezzo a una strada, che forse era pure ingravidata, anche se mi ha specificato che era sicuro che il bambino eventuale non fosse suo, per questo non le avrebbe dato un soldo, per questo aveva fatto in maniera che quella non lo avrebbe più cercato per nessun motivo al mondo…
E tu… ma perché mi parli di questo tizio? Non sarà mica lui il tipo con cui ti sei messa, eh?!, dico cominciando a percepire la verità. Ma è proprio così… Invece sì! Mi chiederai perché l’ho fatto, dice. Come ho potuto mettermi con uno che aveva appena trattato male una povera ragazza tanto carina davanti ai miei occhi e le aveva pure messo le mani addosso?! E io non so dirti esattamente perché l’ho fatto… Per primo probabilmente perché il tipo mi sembrava belloccio, mi piaceva fisicamente e ho pensato che insieme avremmo fatto una bella coppia. Per secondo perché non sono mai stata con un tipo violento e quello era senz’altro il tipo che mi mancava… Ma scusa, non avevi paura delle botte, della possessività, delle corna?! Quello doveva essere uno stronzo patentato, le dico. Esatto!, risponde, lei; è proprio questo il punto! Allora lo vuoi capire o no?! Io, essendo stronza, proprio tipi del genere mi merito, non capisci? E forse, mi avesse dato le botte, potrei dire di essermele meritate, perché io sono stronza! Stronza! Stronza!
Ho il timore di chiederle come è andata a finire. Ma me lo riferisce lei sbrigativamente perché si accorge che Tony sta arrivando e tra poco ci raggiungerà al tavolo. Un giorno ho flirtato con uno al telefono per vedere se si ingelosiva. E lui si è ingelosito e s’è distrutto l’appartamento (non lo avrei mai fatto qualora ci fossimo trovati nel mio appartamento). Tra l’altro lui si trovava lì ospite in una casa di un suo mezzo conoscente e sarebbe dovuto ripartire per l’Europa dell’est a giorni. Anche io gli ho fatto credere che vivessi a Parigi. Così, quando sono sparita, sono certa che lui non mi cercherà mai più in questa città. Semmai mi cercherà a Parigi, all’indirizzo di fantasia che gli ho lasciato, che non esiste… Dimmi tu se può esistere rue de la guard belle! Che idiota che era quel tipo! Però a letto ammetto che era divertente. Avevi sempre il timore che ti stesse per stringere le mani al collo per ammazzarti, e questo aumentava di molto la libido…
Arriva finalmente Tony al tavolo. Saluta me e lei. Ha un volto strano. Sembra mi voglia dire qualcosa. Così, appena si alza la musica, mi si avvicina e mi dice nell’orecchio che ha appena saputo una cosa incredibile. Che Crystal ieri ha lasciato Gulan, il quale ora sta sotto un treno e ha dato di matto ed è stato sedato da un’ambulanza accorsa sul luogo poiché troppo esagitato. E anzi che non sia andato in galera. E nessuno di noi sapeva che Crystal era stata con lui. Mi dice che è stata una specie di colpo di fulmine. Crystal mi guarda furba come sapesse quel che Tony mi ha appena riferito. Sembra dirmi: adesso sei convinto che sono stronza, davvero stronza, oppure anche tu hai bisogno di una prova?
In quel periodo lessi sul giornale che la quantità di sostanze “ambigue” che il Governo rilasciava nell’aria per “scopi umanitari” erano aumentate del 50%; e che quelle sostanze sembravano render folli le persone, oppure affibbiargli malattie stranissime da cui era assai difficile riprendersi…