Detesto la puzza di disinfettante con cui ci ammorbano. Fa girare la testa. E rende folli. Folli. Folli! Vorrei staccarmi il naso. Forse lo farò. Forse me lo spappolerò a forza di spiaccicarmelo sulle sbarre. Forse me lo staccherò proprio io con le mie stesse unghie. Forse…
Sono davvero molto malvagi i nostri aguzzini. Ci tengono quasi sempre in gabbia. E questa è la parte bella della giornata. Perché poi, quando ci tirano fuori, è solo per seviziarci ancora una volta. Umiliarci. Violentarci. Aprirci la carne e vedere dentro. Abbiamo un’anima anche noi! Siamo esseri viventi! Ma anche se non ce l’avessimo, nessuno vi autorizzerebbe ugualmente a farci quel che ci fate. Ci fate del male! Ci fate provare dolore! Siete disumani. Siete stronzi, bastardi di natura. Che Iddio vi maledica, voi e tutta la vostra genia malata che si crede dio. Noi vogliamo solo condurre vite semplici, felici, modeste, spensierate. Ed è stato questo il nostro errore. Non vi facciamo la guerra per partito preso, come invece dovremmo fare per difenderci dalla vostra essenza diabolica. Perché noi siamo ingenui, mentre voi siete il Male sulla Terra. Adesso l’ho capito. E se un giorno dovessi uscire da qui giuro che non vi avvicinerò più appena dovessi percepire la vostra puzza rivoltante di gente che copre il proprio odore perché è falsa, è falsa anche in quello…
L’altro giorno ne hanno portato un altro. Lui è nuovo, e per lui il patimento è doppio, sia perché proviene da fuori, è stato libero un tempo, non è nato in questo carcere degli orrori, sia perché non si capacita di come loro si sentano in diritto di infilargli aghi nella pelle come niente fosse, urticargli la pelle o gli occhi o la lingua con le loro sostanze venefiche, o aprirgli la carne, o dargli la scossa. La scossa… Lui non capisce che cazzo sia, perché ovviamente prima di entrare qui non aveva mai sperimentato una sensazione simile, una sensazione così artificiosa, brutale e ignominiosa. D’altronde nessuno di noi dovrebbe mai prendere la scossa, perché sono cose che non ci competono, che non saremmo destinati a conoscere mai. Ma loro ci pervertono anche in questo. Loro più pervertono e più sono contenti…
Che siano dannati! Sono dei diavoli! Dei veri e propri diavoli dell’inferno. I diavoli esistono e sono loro. Prima non sapevo che potessero esistere creature più malvagie. Neppure nei miei incubi peggiori potevo immaginarmele e invece… invece esistono. E sono molto peggio di tutto il peggio a cui avrei potuto pensare. E nessuno li ferma. Nessuno ferma l’orrore. Siamo sacrificabili. Siamo carne da macello. E nessuno mai entra qui a salvarci. Siamo condannati a morte e sopratutto a patire. In questo luogo non esiste legge divina. In questo luogo c’è solo l’inferno. Ci sono solo loro che ci affliggono.
Il nuovo… Il nuovo è in grossa difficoltà. Non fa che lamentarsi, miagolare aiuto. Gli ho chiesto che cosa ha ma è in preda al panico e piange, non dice cose di senso compiuto, solo si lamenta e piagnucola. Ho provato a dirgli: amico rilassati, finché sei nella gabbia puoi stare abbastanza tranquillo. Certo, a meno che, non decidano di “studiare” gli effetti della nicotina. O del non sonno, della veglia coatta. E allora ti mettono in quella cella speciale con le luci sempre accese e ogni tot minuti ti fanno ascoltare un suono forte che non ti fa dormire, oppure ti smuovono la gabbia tanto che ti sembra di stare in mare. Così sei costretto a rimanere sempre con i nervi a fior di pelle e ti attacchi con le unghie a tutto ciò che trovi, per non ruzzolare all’interno della gabbia. E nel frattempo impazzisci e ti si sbarrano gli occhi e ti viene la nausea, e smetti di avere fare e… Sono stato dieci giorni in quelle condizioni. Poi finalmente mi hanno lasciato stare, sennò sarei morto, hanno detto, sennò sarei morto. E dopo che mi hanno rimesso nella solita gabbia non sono riuscito a distendermi completamente per almeno una settimana. Dormivo da sveglio. Tanto che uno di loro mi voleva “buttare via”, buttare via perché non servivo più, ero troppo “compromesso”, diceva. Proprio così, compromesso. Ma io ne ho visti tanti di noi essere portati via in quelle bare di cartone maleodoranti e divenire cibo per vermi. Ne ho visti tanti che non potevano più camminare, che avevano perso tutti i denti e che non avevano più un sol pelo sulla pelle. Ne ho visti tanti e non voglio fare la loro fine, anche se confesso che delle volte una morte rapida e indolore sarebbe la mia gioa più anelata, così smetterei infine di soffrire e stare sempre all’erta…
Non capisco dove prendano tutti quei loro strumenti di tortura così affinati, raffinati per fare male. Ho trovato una sola spiegazione: li hanno creati loro, in secoli e secoli di perfidie. Non possono esistere in natura. Cioè loro sono stati secoli e secoli a escogitare sempre nuovi sistemi per torturare: e sono ormai diventati dei boia impareggiabili. Sanno fare solo quello. E ciò è incredibile. È incredibile che invece di vivere la loro vita in serenità come ogni essere su questa terra, ogni essere tranne loro, siano arrivati a un tal punto di crudeltà: vivere per arrecare dolore agli altri.
Ma so bene, perché l’ho capito, che seppure alcuni di loro siano palesi sadici e neppure simulino di non esserlo, per la maggior parte loro son convinti di avere uno scopo, che quel che fanno abbia un significato: che sia per guadagnarsi il pane o far progredire la scienza. Proprio così, far progredire la scienza. Esattamente come facevano gli scienziati nazisti con i prigionieri adibiti alla sperimentazione…
Sono solo delle bestie! Non meriterebbero di vivere! Né quelli che lo fanno per lavoro, né quelli che lo fanno per sadismo, né quelli che pensano di far progredire la scienza! Dovrebbero esserci loro qui a esser sezionati, non noi! Loro se lo sono meritato sul campo!
Quello nuovo si lamenta ancora. Lo sento agitarsi nella cella accanto la mia. Poveraccio. Gli fa male qualcosa. Forse gli brucia la faccia. Gli devono aver applicato quelle loro lozioni distillate per urticare. Poveraccio. Non sa rassegnarsi. Mi fa tanta pena… Lui non resisterà molto. Lui verrà portato via presto in una di quelle bare per noi…
Mi fa troppa pena, così gli dico: hey, amico! calmati! non serve a nulla dolersi. anzi, ad alcuni di loro procura anche piacere. quindi non lo fare. potresti attirar troppo la loro attenzione e… qualora si convincessero che ormai non servi più ai loro biechi scopi, ti manderebbero dritto dritto all’obitorio…
Sento che ha ancora paura. Allora allungo un arto e gli offro un gesto distensivo che forse lo farà sentire meno solo… Amico, qua la zampa!, gli dico. E lui, lui mi tocca la zampa e ci sentiamo meno soli e disperati, almeno per un po’. È così debole la sua zampa…