DOT: Tra una e l’altra


Ma passiamo all’altra, quella che invece mi è istintivamente simpatica (e io sono un tipo fottutamente istintivo!). Lei è meno magra, ha un corpo più normale. Anche per lei avrò modo di appurare quanto sia sufficientemente femminile da destare e focalizzare le mie attenzioni su di lei. Ma, come forse si è già capito, ciò che la caratterizza maggiormente è il volto. Ha un viso di altri tempi. Non nel senso che sia brutto. Nel senso che non mi sembra che oggi se ne vedano più tanti così (mentre quello dell’altra è assai banale e non ha nulla di esclusivo). Ovviamente, la mia, è una considerazione superficiale, dato che finora non ho avuto occasione di osservarla decentemente (e intera!). Ha dei capelli ondulati, quasi ricci, che le incorniciano di parecchio il viso. Devono fungere anche da una sorta di protezione verso gli estranei. Il suo taglio non è freschissimo, sembra piuttosto rustico. Ne deduco che non si curi molto delle apparenze. E infatti anche i suoi abiti sembrano provenire dalla parte pulita degli anni Novanta. 🙂 Forse ha una mascella leggermente pronunciata, forse il naso le rimane leggermente schiacciato, o forse i suoi zigomi hanno qualcosa di aggressivo: fattostà che mi si evidenzia in qualche maniera con un cipiglio duro. Ma il mio giudizio è notevolmente influenzato dalla sua espressione vagamente dolente e seccata.

Mi capita a un certo punto di accorgermi che la smilza si gira di scatto verso me e si ferma a fissarmi mentre io neppure la guardavo. Infatti la scorgo solo con la coda dell’occhio… Sembra affermare insensatamente qualcosa del tipo: tanto lo so che mi spii! la vuoi finire o no di guardarmi di nascosto?! lo sai che sei un cafone? Ma io, giuro!, da quando ho compreso che tipo sia, non l’ho più degnata di un mezzo sguardo sbilenco, riservando tutte le mie attenzioni semmai alla riccetta, che di certo se le merita ben più di lei.

La smilza si toglie gli occhiali. Poi si massaggia gli occhi e infine decide di andare a fare una pausa, che è meglio (tornerà in stanza un quarto d’ora dopo). Per un po’ non dovrò respirare la stessa aria di quell’antipatica e presuntuosa ragazzetta con la puzza sotto il naso, che è chiaramente la concreta estrinsecazione di uno dei modelli di essere umano che più esecro: le ragazzine egocentriche!

 

Elizabeth: Mezza filosofa


Elizabeth lo guardò fissa con l’occhio aperto, catturando maggiormente la sua attenzione. E Bikal le si accostò come se lei gli stesse per rivelare il senso della vita nell’universo intero.

«Dimmi. Sono tutto orecchi…», le fece capire che era pronto a sentire il suo vangelo.

«Gli esseri umani non hanno limiti fisici, in realtà. Gli unici limiti che abbiamo sono solo quelli mentali, che ci imponiamo. Ma noi possiamo fare tutto, se lo vogliamo… Vedi questo mio braccio molle, a esempio? Me lo potresti staccare con l’accetta. E io, se lo volessi davvero, potrei riattaccarmelo… Oppure possiamo volare! Non ci vuole niente! Basta volerlo… Devi salire su un’altura qualsiasi, come il tetto di un palazzo… e poi buttarti giù… E, se ci credi davvero, vedrai che volerai, amore mio. Come hai sempre desiderato fare. Perché il desiderio di svolazzare è il desiderio di volersi congiungere con Dio, lo sapevi?»

«Quante cose sai, amore. Sei pure una mezza filosofa…»

«Figurati. Bazzecole. Caccole. E poi, anche il fatto che io e te stiamo parlando in questo momento… sarebbe impossibile seguendo la normale logica, no? Perché io concettualmente sarei morta…»

«Già…», rimase stupefatto.

«E invece sta avvenendo, e tu ne sei il primo testimone. E questo perché sia te che me lo vogliamo, amore mio…»

«Sì…»

«Tutt’è volerlo sul serio ed essere disposti a fare tutto il necessario per arrivare all’illuminazione, mi capisci?»

«Non so se ti seguo completamente… Tu sai così tante cose, amore… Ma dove le hai apprese? Sei molto più avanti di me…»

«Non moltissimo più avanti. Mi puoi seguire… E allora io ti dico che, quando te lo chiederò, tu dovrai fare tutto quello che ti dirò, e dovrai fidarti di me e non avere dubbi. Altrimenti tutto sarà perduto e sia io che te saremo perduti, amore mio… Sei disposto a fare tutto per me?»

«Sì, farò tutto, amore!», si manifestò entusiasta.

«…Proprio tutto?», insistette.

«Sì!»

«Anche se ti dovessi chiedere, non so, di ammazzarti? Lo faresti per me?»

«Sì! Lo farei, amore mio…»

«Bene. Ne riparleremo quando sarà il momento. Per ora tieniti pronto…»

Bikal la ringraziò venendole in bocca. Stabilì che d’ora in avanti lei sarebbe rimasta nella vasca sempre, tranne quando avrebbero fatto l’amore (ma ciò non escludeva dei servizietti particolari che lei gli avrebbe potuto fare da lì); in tali casi, dopo averla asciugata, l’avrebbe spostata nel letto. E dopo l’avrebbe rimessa nella vasca.

 

Il dilemma dei croccantini da un punto di vista anarchico


Che cosa do da mangiare al mio cane? I croccantini? Okay. Si fa presto ed è un metodo pratico. Peccato però che in genere possano contenere un mucchio di sostanze tossiche o cancerogene che certo non possono fargli bene, come i conservanti, per esempio, sopratutto se glieli do tutti i santi giorni (e le scatolette sono molto peggio).

Allora gli vorrei dare della roba fresca (e in parte gliela do). Solo che io ho deciso di non mangiare più carne innanzitutto per questioni etiche…

Insomma finisce che io, per me, non compro carne, ma per il mio cagnolino sono costretto a farlo perché sennò dove la trovo della carne da fargli mangiare?

Questo, allo stato attuale delle cose, è un problema irrisolvibile.

Un problema molto simile ce l’ho ovviamente anche con i gatti randagi, a cui lascio dei croccantini per gatti per strada. E io che ne so se a qualcuno di loro fanno male, se qualcuno di loro magari è intollerante alle schifezze che ci mettono dentro e si sente male e muore? Io vorrei fargli del bene ma non sono sicuro di farglielo sempre e in tutti i casi.

Altro problema irrisolvibile.

Questi problemi non li posso risolvere io direttamente perché è ovvio che dovrebbe essere lo Stato a risolvermeli a monte, lo Stato che dovrebbe permettere che ci siano in circolazione solo croccantini che non fanno male (tanto per dirne una ma ne potrei dire tante). Solo che lo Stato, per la sua stessa insita natura, è ammanicato con la mafia e i poteri forti e ovviamente non lo farà mai.

Capito perché è sempre colpa della società, cioè degli Stati, e non è affatto demagogia affermare ciò?

Hildita veg


Quando viene l’ora di pranzo, Hildita li pianta tutti in asso, quei deficienti, e infine accetta di seguire il mio consiglio, quel consiglio che le sto ripetendo da giorni. Oggi ha deciso di ascoltarlo, ormai stufa del cibo spazzatura del Mac: recarsi al mercato per acquistare lì il pranzo. Gli altri non hanno modo di seguirla. Ormai è troppo tardi per farlo. La sua mossa è stata davvero fulminea. Si direbbe quasi che lo abbia fatto apposta per non farli venire. Sarebbe meraviglioso se fosse davvero così, se avesse escogitato di stare da sola con me oggi… Anche Bronco si rassegna senza mostrare particolare ritrosia. Deve pensare che tanto la vedrà dopo, ma non è proprio così che andrà…

Entriamo nell’affollato mercato rionale. Per Hildita è tutta una novità: si diverte anche solo a guardare le merci esposte. Si è messa in testa che vuole la piadina. Sono stato io a farle venire quella voglia dicendole che ieri mi sembrava di averne vista. Spero di non essermi sbagliato, o che proprio oggi siano tutte terminate. Farei una figuraccia. Potrebbe non essere così semplice trovare questo tipico prodotto italiano in questo paese straniero.

Ma siamo fortunati. La piadina c’è, e proprio nel negozio dove ricordavo di averla vista. Ma prima che Hildita tutta contenta la prenda, le faccio notare che esiste una piadina completamente “veg” che fa molto meno male, cioè non fa male per niente, a maggior ragione se paragonata con all’altra. Lei, temendo un calo di gusto, non sarebbe propensa a prenderla, ma quando le dico che la farà anche ingrassare di meno allora si convince assecondando il mio consiglio rendendomi felice. Però a dire il vero non ho il potere di influenzare cosa si fa metter sopra. Neppure il tempo di elaborare una possibile alternativa veg che lei già se l’è fatta riempire di cremosità varie. E se la mangia con molto gusto. Beh, sempre meglio della porcheria del Mac.

Usciamo dal mercato soddisfatti. Dopo una lunga ora in cui mi sono potuto godere Hildita e i suoi sorrisi solo io, torniamo alla grande piazza dove abbiamo stabilito di darci ritrovo. Quegli idioti hanno improvvisato una partita a uno sport che è un incrocio tra il cricket e palla avvelenata. Hildita non ha voglia di vederli agitarsi stupidamente correndo dietro una palla. Allora mi dice di proseguire a visitare la città. Così ci allontaniamo mentre Bronco ci osserva andarcene avvelenandosi il sangue di gelosia.

Oggi Bronco si attaccherà e tirerà forte. Oggi Hildita ha stabilito che passerà tutto il tempo solo con me. Oggi se la può anche scordare Hildita. E il bello è che non può farci niente. Perché è Hildita che decide. Certo, se lei implicitamente non mi proteggesse, Bronco sicuramente sarebbe capace di intimidirmi con la violenza, come è suo tipico. Ma, sfortunatamente per lui, sono sotto la sua ala. E non oserà mai palesarsi esplicitamente per il bruto che è in presenza di Hildita.

La sua insensata gelosia mi fa quasi pena. Quel balordo si immagina che chissà cosa abbiamo fatto o andiamo a fare. Beh, però se le merita tutte quelle paturnie che adesso sta provando, quello stronzo… E chissà che Hildita un giorno non mi dia davvero un bacio, il giorno che scoprirà quanto davvero le voglio bene…

Gagagah


Nessuno ci voleva credere eppure era così. Quell’uomo che all’improvviso emetteva quello strano verso, un tempo era stato un uomo normale, proprio come tutti. D’altronde chi conosceva le malattie gravi sapeva che queste cose potevano succedere. C’era chi un tempo era stato dotato di mano ferma e forte, e dopo una malattia si era ritrovato ad averla debole, inferma e tremolante. Chi un tempo era stato conosciuto da tutti come estremamente gentile e discreto, e dopo una brutta malattia era diventato scostumato, riottoso e attaccabrighe, perfino rumoroso. Come pure c’era stato quello fedele e ligio al matrimonio, che dopo quel grave incidente era diventato libertino e sesso-dipendente. Non era colpa sua. Era la malattia che l’aveva cambiato, stravolto… C’erano poi tutti quelli a cui la malattia aveva cambiato espressione, come avesse rivoltato la loro anima come un pedalino per far vedere la parte con le cuciture sdrucite, la parte che abitualmente gli esseri umani non fanno mai vedere… Oppure c’erano quelli che apparentemente rimanevano esattamente come prima, però cominciavano a essere angustiati da un malessere invisibile sempre più profondo, magari solo un mal di testa, e i medici dicevano loro che andava tutto bene e che gli esami escludevano qualsiasi preoccupazione, ma le persone in questione sapevano che le cose non andavano più tanto lisce come prima e sopratutto si avvicinava la dipartita finale. E terribile era la loro sorte, perché poi un giorno sarebbero morti per davvero e tutti avrebbero detto: non aveva niente, però a dire il vero da un po’ di tempo si lamentava sempre come un matto di alcuni suoi disturbi immaginari… forse, a forza di lamentarsi, si è fatto davvero venire qualcosa di brutto… è psicosomatico

Anche lui era stato toccato dalla malattia, una di quelle che costringono a dividere la storia di una persona tra il prima e il dopo la malattia, perché improntano talmente tanto l’esistenza che non si può fare a meno di tenerne conto ogni volta che ci si ci riferisce a quella persona, perché altrimenti non sarebbe onesto parlare di essa, e gli si farebbe un torto…

A lui forse era andata bene, direbbe qualcuno, anche se non si sa mai in cosa davvero la malattia ci cambi, perché magari quel grande cambiamento estetico che ci tocca in sorte nasconde molto più di quanto non sembri, e nessuno, oltre lo sfortunato, può saperlo davvero…

Lui cominciò semplicemente, questo diceva la gente, a fare quel suo strano verso: gagagagah. Certo qualcun altro diceva che una strana luce albergava adesso in quegli occhi opacizzatisi: però questa era un’opinione piuttosto soggettiva.

No, rimaneva, come dato oggettivo, solo quel semplice “verso” che lui emetteva, proprio come fosse stato un uccello. A detta di testimoni, a un tratto, assolutamente senza alcun motivo apparente, il soggetto emetteva quel verso (proprio come fosse stato un uccello o un qualsiasi altro animale selvatico): “gagagagah”.

In genere poi si riscontrò che era facile che a breve ne seguissero altri, di versi, quasi uguali. Qualcuno disse che lo faceva per liberarsi la gola, dato che aveva cominciato a soffrire di apnee e ostruzioni alle vie nasali, però questa ipotesi non fu mai suffragata da riscontri concreti.

Per motivi che non vi sto a dire, si ebbe modo di studiare la natura di quei versi. Fu condotto uno studio serio su di essi, proprio come se un ornitologo si fosse preso la briga di studiare le abitudini di un uccellino amazzonico in fase d’estinzione. E furono scoperti fatti sconcertanti.

Per prima cosa, quel “gagagagah” che il soggetto faceva, in realtà non era questo suono così piatto come agli sciocchi ascoltatori umani poteva sembrare. Fu registrato da sofisticati strumenti e analizzato da grossi cervelli elettronici. Le sillabe che lo potevano comporre variavano, e delle volte poteva essere aggiunta o tolta una sillaba di “ga”. Che poi, anche lì, a esser pignoli, venne fuori tutta una casistica che l’addetto alle registrazioni dei fenomeni volle differenziare servendosi della lettera acca. Così delle volte in verità la sillaba non era tanto un “ga”, bensì un “gah”, alcune volte un “gahh”, o un “gahhh”, oppure addirittura un “gha” (mai un “hga”, però).

Questo gettava una nuova luce su tutta la ricerca. Il soggetto era in grado di modulare dei veri e propri “richiami” o “discorsi” servendosi di quel “ga” reiterato. E le frasi o gli stati d’animo che poteva esprimere erano potenzialmente infiniti. Immaginatevi concetti del tipo: “gaghagagha”, “gahgagha!”, “ghagagaga”, “gahghagahgha”, eccetera.

Il ricercatore addetto a quello studio, che era la persona che più di tutte era a contatto col soggetto (praticamente ventiquattro ore su ventiquattro), a sei mesi dall’inizio della ricerca fece una scoperta incredibile e riuscì a svelare alcuni reconditi significati dei gorgoglii. Per esempio, “gagagah” voleva dire che il soggetto si diceva da solo: “tutto bene”. Era quasi un intercalare che veniva pronunciato anche due o tre volte di seguito. Esprimeva moderata gioia od ottimismo per la vita perché le cose procedevano tutto sommato come si voleva e non c’era alcuna ombra di costernazione o compatimento nel suo animo.

Invece, il ben più famoso “gagagagah”, che veniva pronunciato più spesso, in realtà era una forma di piagnisteo molto malinconico che forse poteva essere espresso in questa maniera: oh, come sono triste!… ancora un istante in questa valle di lacrime… come sono triste, come sono triste… eppure mi tocca di campare un altro po’ fino a quando non ce la farò più…

Un giorno il soggetto morì improvvisamente, quando tutti avrebbero giurato che stava benissimo. Quel giorno emise il suo ultimo sfiato che recitava pressappoco così “ghaghaghagha”, il quale venne sillabato solo in quella singola occasione da quando era intercorsa la malattia, o almeno da quando quegli sfiati vennero registrati.

Quel verso fu ipotizzato in seguito volesse significare qualcosa del tipo: muoio, infine muoio… sento che le forze mi abbandonano… eppure sono contento perché almeno finisce il mio tormento… e voi, voi stolti che non mi avete mai capito e non avete voluto farlo, voi non potete capire… se mi foste stati più vicini avrei potuto perlomeno rivelarvi il segreto della malattia e della morte… ma voi non potete e non volete capire… sì, voi non potrete mai capire… per cui vi mando un’ultima volta affanculo dicendovi che capirete quando toccherà a voi… ah sì, perché tocca a tutti prima o poi qualche malattia che vi trasporterà da quest’altra parte della barricata, vermi schifosi, dalla parte dei non-sani… solo allora capirete… e adesso lasciatemi stare e toglietemi questi cazzo di microfoni dal culo, ghaghaghagha, bastardi!…

 

L’istinto femminile


Le donne sono molto istintive e in fatto di uomini seguono ciecamente il loro istinto.

Tuttavia esse non sanno davvero come stanno le cose perché affidandosi solamente al loro istinto questo non è in grado di dipanare matasse ben più intricate di quanto appaiano.

Nonostante ciò, spesso, le donne, affidandosi semplicemente al loro istinto, compiono le azioni giuste, pur magari confondendo o ignorando i fatti, le ragioni, ciò che davvero c’è dietro gli atteggiamenti degli uomini.

Spesso fanno bene a lasciare un uomo.

Andrea De Carlo: Mare delle verità


Un tale che vive in campagna poiché odia molti aspetti dell’odierna società è costretto a tornare in città a causa della dipartita del padre. Il quale, scoprirà, gli ha lasciato in eredità anche un complicato e pericoloso mistero da risolvere circa un fantomatico documento di importanza vitale per il pianeta.

Praticamente una spy-story.

PS: ho soprannominato questo romanzo “Porto” perché in esso più volte viene usato questo verbo (porgere) in questa forma. Tanto che salta all’occhio! Ma io dico: non poteva usare uno dei tanti sinonimi piuttosto che reiterare questa ormai anacronistica e cacofonica coniugazione verbale?!? ;-P