Nessuno ci voleva credere eppure era così. Quell’uomo che all’improvviso emetteva quello strano verso, un tempo era stato un uomo normale, proprio come tutti. D’altronde chi conosceva le malattie gravi sapeva che queste cose potevano succedere. C’era chi un tempo era stato dotato di mano ferma e forte, e dopo una malattia si era ritrovato ad averla debole, inferma e tremolante. Chi un tempo era stato conosciuto da tutti come estremamente gentile e discreto, e dopo una brutta malattia era diventato scostumato, riottoso e attaccabrighe, perfino rumoroso. Come pure c’era stato quello fedele e ligio al matrimonio, che dopo quel grave incidente era diventato libertino e sesso-dipendente. Non era colpa sua. Era la malattia che l’aveva cambiato, stravolto… C’erano poi tutti quelli a cui la malattia aveva cambiato espressione, come avesse rivoltato la loro anima come un pedalino per far vedere la parte con le cuciture sdrucite, la parte che abitualmente gli esseri umani non fanno mai vedere… Oppure c’erano quelli che apparentemente rimanevano esattamente come prima, però cominciavano a essere angustiati da un malessere invisibile sempre più profondo, magari solo un mal di testa, e i medici dicevano loro che andava tutto bene e che gli esami escludevano qualsiasi preoccupazione, ma le persone in questione sapevano che le cose non andavano più tanto lisce come prima e sopratutto si avvicinava la dipartita finale. E terribile era la loro sorte, perché poi un giorno sarebbero morti per davvero e tutti avrebbero detto: non aveva niente, però a dire il vero da un po’ di tempo si lamentava sempre come un matto di alcuni suoi disturbi immaginari… forse, a forza di lamentarsi, si è fatto davvero venire qualcosa di brutto… è psicosomatico…
Anche lui era stato toccato dalla malattia, una di quelle che costringono a dividere la storia di una persona tra il prima e il dopo la malattia, perché improntano talmente tanto l’esistenza che non si può fare a meno di tenerne conto ogni volta che ci si ci riferisce a quella persona, perché altrimenti non sarebbe onesto parlare di essa, e gli si farebbe un torto…
A lui forse era andata bene, direbbe qualcuno, anche se non si sa mai in cosa davvero la malattia ci cambi, perché magari quel grande cambiamento estetico che ci tocca in sorte nasconde molto più di quanto non sembri, e nessuno, oltre lo sfortunato, può saperlo davvero…
Lui cominciò semplicemente, questo diceva la gente, a fare quel suo strano verso: gagagagah. Certo qualcun altro diceva che una strana luce albergava adesso in quegli occhi opacizzatisi: però questa era un’opinione piuttosto soggettiva.
No, rimaneva, come dato oggettivo, solo quel semplice “verso” che lui emetteva, proprio come fosse stato un uccello. A detta di testimoni, a un tratto, assolutamente senza alcun motivo apparente, il soggetto emetteva quel verso (proprio come fosse stato un uccello o un qualsiasi altro animale selvatico): “gagagagah”.
In genere poi si riscontrò che era facile che a breve ne seguissero altri, di versi, quasi uguali. Qualcuno disse che lo faceva per liberarsi la gola, dato che aveva cominciato a soffrire di apnee e ostruzioni alle vie nasali, però questa ipotesi non fu mai suffragata da riscontri concreti.
Per motivi che non vi sto a dire, si ebbe modo di studiare la natura di quei versi. Fu condotto uno studio serio su di essi, proprio come se un ornitologo si fosse preso la briga di studiare le abitudini di un uccellino amazzonico in fase d’estinzione. E furono scoperti fatti sconcertanti.
Per prima cosa, quel “gagagagah” che il soggetto faceva, in realtà non era questo suono così piatto come agli sciocchi ascoltatori umani poteva sembrare. Fu registrato da sofisticati strumenti e analizzato da grossi cervelli elettronici. Le sillabe che lo potevano comporre variavano, e delle volte poteva essere aggiunta o tolta una sillaba di “ga”. Che poi, anche lì, a esser pignoli, venne fuori tutta una casistica che l’addetto alle registrazioni dei fenomeni volle differenziare servendosi della lettera acca. Così delle volte in verità la sillaba non era tanto un “ga”, bensì un “gah”, alcune volte un “gahh”, o un “gahhh”, oppure addirittura un “gha” (mai un “hga”, però).
Questo gettava una nuova luce su tutta la ricerca. Il soggetto era in grado di modulare dei veri e propri “richiami” o “discorsi” servendosi di quel “ga” reiterato. E le frasi o gli stati d’animo che poteva esprimere erano potenzialmente infiniti. Immaginatevi concetti del tipo: “gaghagagha”, “gahgagha!”, “ghagagaga”, “gahghagahgha”, eccetera.
Il ricercatore addetto a quello studio, che era la persona che più di tutte era a contatto col soggetto (praticamente ventiquattro ore su ventiquattro), a sei mesi dall’inizio della ricerca fece una scoperta incredibile e riuscì a svelare alcuni reconditi significati dei gorgoglii. Per esempio, “gagagah” voleva dire che il soggetto si diceva da solo: “tutto bene”. Era quasi un intercalare che veniva pronunciato anche due o tre volte di seguito. Esprimeva moderata gioia od ottimismo per la vita perché le cose procedevano tutto sommato come si voleva e non c’era alcuna ombra di costernazione o compatimento nel suo animo.
Invece, il ben più famoso “gagagagah”, che veniva pronunciato più spesso, in realtà era una forma di piagnisteo molto malinconico che forse poteva essere espresso in questa maniera: oh, come sono triste!… ancora un istante in questa valle di lacrime… come sono triste, come sono triste… eppure mi tocca di campare un altro po’ fino a quando non ce la farò più…
Un giorno il soggetto morì improvvisamente, quando tutti avrebbero giurato che stava benissimo. Quel giorno emise il suo ultimo sfiato che recitava pressappoco così “ghaghaghagha”, il quale venne sillabato solo in quella singola occasione da quando era intercorsa la malattia, o almeno da quando quegli sfiati vennero registrati.
Quel verso fu ipotizzato in seguito volesse significare qualcosa del tipo: muoio, infine muoio… sento che le forze mi abbandonano… eppure sono contento perché almeno finisce il mio tormento… e voi, voi stolti che non mi avete mai capito e non avete voluto farlo, voi non potete capire… se mi foste stati più vicini avrei potuto perlomeno rivelarvi il segreto della malattia e della morte… ma voi non potete e non volete capire… sì, voi non potrete mai capire… per cui vi mando un’ultima volta affanculo dicendovi che capirete quando toccherà a voi… ah sì, perché tocca a tutti prima o poi qualche malattia che vi trasporterà da quest’altra parte della barricata, vermi schifosi, dalla parte dei non-sani… solo allora capirete… e adesso lasciatemi stare e toglietemi questi cazzo di microfoni dal culo, ghaghaghagha, bastardi!…
