La malinconia è quel lusso che si possono permettere le persone sensibili.
La malinconia è quel lusso che si possono permettere le persone sensibili.
Un giorno mi dirai quella cosa che non mi hai più voluto dire.
Un giorno capirai che non era come pensavi.
Un giorno mi comprenderai e non potrai che amarmi.
Un giorno cammineremo nudi se avremo caldo.
Un giorno entrare o uscire di casa sarà la stessa cosa.
Un giorno aprirò gli occhi e la prima cosa che vedrò sarai tu.
Un giorno il fuoco sarà qualcosa di sempre bello.
Un giorno tutti i dolori passati saranno sanati.
Un giorno.
Leggo che Barilla avrebbe affermato che non prenderebbe mai una famiglia gay per fare i suoi spot perché non rappresentano una famiglia tradizionale.
Bene, dietro questo concetto “normale”, che verrebbe quasi voglia di condividere subito in toto poiché “allusivamente perbene”, si nasconde un abisso di ignoranza. La chiave per interpretare correttamente il concetto espresso è quell’innocente “tradizionale”. Il segreto è tutto lì…
Sveliamo la bugia… È forse una famiglia tradizionale quella che viene spacciata negli spot Barilla? Nossignore! È una mielosa famiglia edulcorata che non esiste affatto!, non è mai esistita: è pura astrazione! Si svegliano tutti la mattina con il sorriso sulle labbra… A nessuno rode il culo perché non ha lavoro… Nessuno ha problemi in ufficio, a scuola, o con qualche persona… Poi escono dalla villetta e si ritrovano nei pressi di un ruscello (però nessuna traccia di zanzare, eh!)… E così via beatamente e beotamente all’infinito…
Qual è allora attualmente la famiglia tradizionale italiana, quella tipica? Semplice, lui e lei che non riescono ad arrivare alla fine del mese e sono sempre scoglionati e dormono pure poco e male la notte. Così, un po’ perché sono in bolletta, un po’ perché comunque sono entrambi delle merde e degli incoscienti, conducono vite riottose e inutili nelle quali ovviamente finiscono per entrarci negativamente anche i figli, i quali crescendo o saranno esattamente mediocri come i loro genitori, oppure avranno qualche problemino di natura psicologica al quale far fronte…
Se poi spostiamo il nostro sguardo verso la famiglia tradizionale di qualche tempo fa ecco che affiora invece un nucleo di persone unite quasi esclusivamente da meri fini utilitaristici, in cui un padre padrone fa il bello e il cattivo tempo… Tiè! Eccotela qua la famiglia tradizionale, italiana e non solo, Barilla!
Quando si tira in ballo la famiglia tradizionale si pensa sempre a un modello che non esiste, lontanissimo dalla realtà, e si continua la tradizione di quelli che vanno alla marcia per difendere la famiglia ma sono i primi a incentivare il mercato della prostituzione, e hanno dieci amanti, e venti matrimoni falliti alle spalle nei quali in nessuno di essi sono stati dei genitori o dei coniugi lontanamente passabili!
Ecco perché Barilla ha fornito una grande manifestazione della sua profondissima ignoranza e meglio avrebbe fatto a tacere… Ma, in questo mondo, uno più è ignorante e più vuol fare la lezione agli altri…
Uno così ignorante non ha alcun diritto di recitare un ruolo così prominente per l’economia, come è il caso di Barilla e di tanti altri industriali come lui (che a dirla tutta sono anche molto peggio si lui)…
Le sorti del mondo sono nelle mani di questi ignoranti…
E circa i gay… Sono cresciuto in classe all’elementari con un bambino che si vedeva che era gay e… sorpresa! il suo nefasto ascendente non ha influito né negativamente né positivamente su di me! D’altronde lo avrebbe potuto fare solo se quel bambino fosse stato magari un bambino molto violento/stronzo, o un bambino molto valente… Questo a dimostrazione che l’orientamento sessuale non conta niente per stabilire se una persona possa avere nelle nostre vite un ruolo positivo o negativo.
È talmente implicito che non ci sarebbe bisogno di dirlo. Eppure…
Dove c’è Barilla c’è… arretratezza.
Da bambina non me ne accorgevo, ma c’erano lo stesso. Solo da ragazzina cominciai a notarli, scambiandoli per curiosità; mentre da ragazza fatta li compresi, perché in misura molto minore li rintracciavo sui volti dei miei inetti coetanei colmi di ormoni schizzati. E ora che sono adulta certi giorni proprio non li sopporto i loro sguardi vogliosi, invasivi, allusivi, miserabili, ingordi, appiccicosi, perversi che ti entrano dentro come una trivella. Gli sguardi di quegli uomini che mi spogliano con gli occhi immaginando di ficcare i loro denti (anche prima del resto) nelle mie carni bianche e pulite, spolpando ogni singolo osso della mia persona riducendomi a niente…
Certi giorni tutti loro si addizionano assieme e la loro vista, il sapere che ci sono, mi diventa insopportabile. E allora mi chiedo: è questo che ogni donna deve soffrire quasi ogni santissimo giorno? Anche le altre donne, chi più chi meno, subiscono il mio stesso patimento? Sovente ho l’impressione che sia proprio così. Sì. E che non ci si possa ribellare perché non esiste (né mai esisterà) una legge capace di attribuire la giusta pena a questi uomini depravati che più volte al giorno violentano con i pensieri tutte le donne che suscitano in loro qualcosa, comprese le bambine, comprese le vecchie, e anche se essi sono celebrati e acclarati padri di famiglia…
Immagino cosa mi direbbero questi uomini lascivi se per caso, se per pura ipotesi, si potesse davvero questionare circa tale argomento con loro (il che sarebbe impossibile visto il loro gretto livello emozional-culturale). Mi risponderebbero qualcosa del tipo: adesso non sarei nemmeno libero di fissare chi voglio con lo sguardo che voglio?! Così direbbero, questi tipi riprovevoli che, se ne avessero la possibilità e se sapessero di non esser mai presi, praticherebbero l’abuso come regola di vita senza minimamente starci a pensare…
Inammissibile!, è inammissibile che esistano tali ripugnanti e biechi individui. Come il panzone titolare del bar con la maglietta rossa e la faccia tonda. Il modo in cui mi guarda è una vera e propria offesa al mio essere donna. Se mia madre sapesse come mi guardava quest’estate quando mi alzavo presto e in piazza eravamo solo io e lui, se lo sapesse non si limiterebbe a non andare più a prendere il latte da lui (ma chissà, forse a suo tempo, e probabilmente tutt’ora, anche lei è bramata allo stesso modo con quelle occhiate sghembe o diritte ma comunque laide come lo è lui)…
Per non parlare del suo compare, quel signore sui cinquanta che ancora si sente giovane (e sono sicura che si masturbi col porno). Un giorno l’ho incontrato all’inizio della via (chissà quanto aveva elucubrato sopra l’idea di beccarmi senza che potessi sfuggirgli) e allora, accortosi del mio impaccio, perché già sapevo che cosa gli girava nella testa poiché conosco ormai a menadito quelli della sua razza, mi ha incollato addosso gli occhi per tutto il tragitto salendo e scendendo di continuo dalle mie curve, fantasticando sulla carnosità delle mie labbra rosse, per poi infine chiedermi impunemente, con voce che sperava di risultare monda, se sapevo che ore erano, quando era ovvio che era solo un pretesto per stabilire un ambiguo contatto con quella che gli sarebbe assai piaciuto fosse divenuta la sua ultima preda. Chissà le belle dissertazioni che hanno intrattenuto lui e il ciccione, seduti sulle sedie all’aperto del bar, scambiandosi le rispettive invenzioni hard, dandosi di gomito quando mi vedevano costretta la mattina a passare davanti a loro.
Poi c’è il vecchio curvo che non emette suono e non produce rumore. Si avvicina sempre per coglierti di sorpresa. Eppure a un certo punto, quando è nei paraggi, avverto sempre un senso di fastidio. Ed ecco che appare la sua nuca canuta e spelacchiata e intirizzita, il suo sguardo sbuca dall’ombra nella quale si era mistificato, oppure egli si sporge sul marciapiede e mi guarda fisso fisso come fossi un fantasma o una puttana, non essendo in grado di celare le sue pulsioni più sconsiderate e neppure volendolo più fare, perché a una certa età ci si sente in diritto di ottenere tutto quello che si vuole senza intralci, e ci si lamenta pure se qualcuno si oppone alzando la testa…
Io, più che coprirmi, rivelando la minor porzione possibile del mio corpo, lasciando scoperta solo la faccia (appena truccata e solo in certe occasioni), le mani, e talvolta le gambe (ma solo fino al ginocchio e se fa molto caldo d’estate), altro non posso fare… Che poi neppure sono questa gran fica così bella, ma solo una come tante…
Mi chiedo come facciano le altre donne (che non abbiano un’anima da prostituta esibizionista) a tollerare tutto questo, ogni giorno, come facciano a non indignarsi, come lo possano accettare, e come non sentano il pertinace bisogno di ribellarvisi…
È peggio che essere toccata. Perché essere toccata implicherebbe che poi un giorno i bruti si stancherebbero delle sensazioni tattili che regalerei loro e passerebbero a imporre i loro supplizi ad altre. Invece così essi continuano ad alimentare all’infinito le loro sudicie fantasie, e non smetteranno mai di avermi nei loro sogni più eccessivi e lordi.
La margherita, nome scientifico Leucanthemum vulgare, è un fiore molto diffuso nei prati di tutta Italia. Leucanthemum deriva da due parole greche: leukos, che significa bianco e anthemon, che significa fiore.
Nel linguaggio dei fiori la (mia!) margherita assume vari significati, tutti innegabilmente positivi, tra cui quelli ovviamente di semplicità, innocenza, fedeltà e purezza.
Storia, tradizioni e usanze…
Delle margherite sono raffigurate in alcuni vasi di ceramica dell’antico Egitto…
Ai tempi dei romani dalle margherite veniva ricavato un siero che si applicava sulle ferite riportate nei combattimenti…
Secondo la mitologia romana, una ninfa, Belide, fu trasformata nel piccolo fiore Bellis, nome scientifico della margheritina pratolina, per sfuggire alle attenzioni del dio dei boschi e delle stagioni che, avendola vista ballare, se ne era invaghito …
Grazie a un’usanza comune nel Medio Evo la margherita ha assunto un significato meditativo di attesa, del tipo di “ci devo pensare”…
Anticamente una fanciulla si poneva una ghirlanda di margherite sulla testa allorché decideva di accettare una proposta d’amore…
Gli anglosassoni le avevano dato il nome di daisy, che significa “occhio del giorno” (day’s eye), visto che si apre al mattino e si chiude la notte. Pensavano anche che proteggesse dai tuoni e dai fulmini…
Ci si ricorda della margherita sopratutto per via della malsana usanza del “M’ama o non m’ama”. Ma noi che siamo esseri umani assennati non trucidiamo più dei fiori innocenti per motivi così futili, vero? Se volete sapere se v’ama, chiedeteglielo!
Due ragazzetti di quindici/sedici anni mi si avvicinano parlando di fatterelli ai quali attribuiscono un’importanza spropositata. Che coglioncelli, mi dico. Io così coglioncello non lo sono mai stato, neppure allo loro età.
Si avvicina loro una ragazza. Sembra più grande ma è un’illusione. Ha la loro stessa età. Il corpo tornito le regala qualche anno in più, ma anche il portamento morbido da donna concorre a quella apparenza.
Li conosce, o meglio ne conosce uno. Lo saluta con affetto. Bacetto. Passa l’autobus e saliamo tutti quanti. Si scopre presto che stanno andando a scuola, cioè in scuole diverse, ma che faranno un tratto di strada comune. Così lei gli fa affabilmente: «Perché non mi passi a citofonare la mattina, così ci andiamo assieme?». Di fronte a una tale manifestazione di affetto mi verrebbe da piangere. Ai miei tempi le ragazze non erano così dirette e gentili e anzi aspettavano sempre che fossero i maschietti ad esporsi. Questa generazione è molto più aperta (e sfacciata) della mia. Magari le avessi avute io ragazze del genere a disposizione. Mi sarei risparmiato un sacco di rimorsi e titubanze…
Ma, incredibile a dirsi!, lui le risponde male, dicendole che non ha nessuna intenzione di perdere il suo tempo appresso a lei, e in verità lei gli replica a sua volta per le rime ricordandogli come l’estate scorsa lui le venisse ubriaco sotto casa, senza la maglietta(!), a chiederle di farsi un giro con lui. Ma lo fa con classe e senza manifestare particolare astio, perché lei non ripudia il tempo passato con quello scavezzacollo, neppure se ora lui si vuol far bello davanti all’amico lasciandogli intendere che la ricusa.
Insomma, è proprio questo il colmo. Lei è carina, anche bella diciamo, ha delle curve mozzafiato ed è dolcissima (e paziente!): nettamente più “persona matura” di lui. È una ragazza amabile! E lui… che fa?! La respinge! Lui che adesso è solo un coglioncello ma che tra qualche anno sarà un coglione ben formato…
Spero almeno che lei sia destinata a qualcosa in più che mettersi con uno come quello, e spero che non diventi mai una troietta come tante…
Non ho parole per descrivere quello (di pessimo) che penso di questo film. Tra l’altro stare a perderci del tempo rappresenterebbe pure un peccato mortale… E pensare che il dizionario dei film Morandini in mio possesso ne parla pure bene affermando che lo spessore emotivo dei personaggi (tra cui un’impresentabile Asia Argento) è molto più solido e verosimile del solito. E passi che se una subisce un trauma violento diventi a sua volta violenta (anche se ciò dovrebbe essere vero in maggior misura per i bambini e non per gli adulti), ma poi questi addirittura comincia a vestirsi da maschio, e in più ha pure la sindrome di Stendhal! Ma va a farti benedire, Dario Argento!
Eravamo in macchina, più giovani di quanto non fossimo oggi. Eravamo ragazzini. Davanti, credo che guidasse Azrael, il quale ci riportava a casa dopo che avevamo assistito (e io anche partecipato) a un qualche evento sportivo.
Dietro, appostati nell’ordine, vi erano la cicciona, la smilza (al centro) e poi io. La cicciona reclamava un qualche favore da Azrael allora, scavalcando con la mano la sua amica, pretendeva di accarezzarmi il ginocchio. Il fatto che nonostante avesse qualcosa da spartire con Azrael però bramasse me, mi fece accapponare la pelle… Non l’avessi fermata chissà cosa si sarebbe messa in testa. Dovevo arginarla prima che prendesse troppo il largo, altrimenti dopo sarebbe stato impossibile farlo, la conoscevo.
Così le feci notare, con un tono pacato e flebile che si sforzava di essere comunque gentile per non urtarla che… «Il contenzioso ce l’hai con Azrael ma accarezzi il mio ginocchio?». Lei sorrise e non lo considerò un affronto. E per fortuna smise all’istante di toccarmi.
Consapevole di aver schivato quel ributtante invaghimento, mi sentii molto più tranquillo. E non ricordo se dopo la cicciona stuzzicò un po’ Azrael, magari mettendogli quella sua zampaccia da scrofa su una spalla. Sta di fatto che da allora potei disinteressarmi di lei e lei di me.
Una volta che la sua amica si fu fatta da parte, fu però il turno della smilza farmi di sentire la sua vogliosa contingenza con me. Ma la sua azione fu molto più cauta, esitante e garbata, direi, come temesse di esser respinta. Dapprincipio pose delicatamente la sua testa sulla mia spalla, adagiandola al rallentatore. Io mi accorsi che doveva essere stanca e non la respinsi; anzi, un barlume di tenerezza già affiorava dal mio cuore propenso ad accoglierla.
Poi però la smilza decise di non rimanere in quella posizione che pure non doveva essere per nulla disagevole per lei. Così cominciò a scivolare sempre più in basso. Avendola accolta volentieri nel mio petto, mi domandai perché essa non si mosse per quei declivi, ma immagino che quello le sarebbe sembrato pretendere troppo visto che era la prima volta che i nostri corpi si sfioravano e lei non voleva darmi l’impressione di essere una ragazza superficiale. Pertanto la sua testolina scivolò lenta sempre più giù. Arrivò sul fianco, sfiorò la pancia e infine si andò a deporre a meraviglia sulla mia gamba che sembrava esser ora quel perfetto punto di approdo che essa aveva cercato fin dall’inizio. Dunque la smilza completò l’operazione facendo della mia gamba il suo guanciale e rannicchiandosi intorno ad essa come fosse stata una gattina bisognosa di cure e tepore.
In questo modo la smilza sembrava molto più minuta e indifesa e mi comunicava che quello era il ruolo che voleva che io interpretassi nella sua vita: un ruolo di protezione. Avvicinatasi alle mia parti basse mi chiesi se per caso avesse potuto percepire qualche sorta di effluvio (che forse avrebbe potuto darle fastidio) provenire dal mio sesso. Ma non sembrava che lei sentisse alcun odore, o se lo percepiva evidentemente non doveva affatto darle uggia (tutt’altro).
La smilza rimase acciambellata alla mia gamba per tutto il viaggio e quando smise di muoversi e chiuse gli occhi come per dormire, allora le carezzai la testa un paio di volte, delicatamente, come per cullarla nel sonno. E lei parve sorridermi. Ovviamente la sua vicinanza, seppur educata (ma così poco riservata), mi procurò un’erezione…
Il viaggio proseguì sulla stessa falsariga. E la smilza non si mosse più e io continuai a carezzarla sempre più amorevolmente, mentre anche la sua amica grassa si accorse di ciò che era accaduto tra di noi e delle volte il suo sguardo parzialmente sorpreso seguì passo passo ogni mio singolo movimento delle dita quando vezzeggiavo i capelli della smilza. Ma non sembrò ingelosirsi. Doveva aver capito che: per primo, io non ero cosa per lei (e dunque doveva rassegnarsi); per secondo, che la sua amica smilza si era mossa molto meglio di lei, con più discrezione, ed era riuscita ad avere i miei favori. Inoltre la smilza doveva indubbiamente piacermi molto più di lei (che trovavo invece ributtante anche se non glielo avevo mai dato a vedere)…
Quinto (di sette) tomo della saga del tempo perduto quasi totalmente incentrato sulla gelosia, le bugie e la pur contemporanea fine di un amore. Il protagonista si è portato a casa la sua amante e progetta di sposarla nonostante la palese differenza di classe sociale. Sennonché alterna fasi in cui, ormai totalmente appagato da una ragazza che gli ha dato tutto, vorrebbe lasciarla e dunque si convince di non amarla più, con altre fasi in cui al contrario, il saperla affaccendata in tresche per avere delle relazioni oltre il rapporto con lui, determina il ridestarsi di cupi sentimenti di gelosia i quali lo riconvincono che malgrado tutto la ama ancora follemente…
Il seguente estratto esprime meglio il concetto:
“Per dire il vero, ero ormai con Albertine al punto in cui una donna (se tutto va comunque avanti, se le cose si svolgono normalmente) non ci serve più che come transizione verso un’altra donna. Ci sta ancora a cuore; ma pochissimo: ogni sera abbiamo fretta di andare a trovare delle sconosciute, sopratutto delle sconosciute che lei conosce e che possono raccontarci la sua vita.”
Altro fatto rilevante del libro è che alla fine sul duca di Charlus scatta la trappola vendicativa del piccolo gruppo, poiché egli si è reso colpevole del grave reato, non tanto di eccessiva ostentazione di omosessualità, quanto di egocentrismo accentratore a discapito delle aspirazioni di primeggiare di madame Verdurin… Dunque non sarà la sua omosessualità a metterlo nei guai, tuttavia essa verrà usata per distruggerlo…
Questo libro (come i rimanenti e successivi due) fu pubblicato postumo prima che Proust potesse rivederlo secondo i suoi standard altissimi di qualità. La domanda sorge spontanea: si nota questa cosa? Risposta: probabilmente un po’ sì; difatti direi che sono riscontrabili molti meno stacanovismi proustiani del solito (e il libro è più confuso). Comunque il marchio di Proust appare lo stesso stentoreo e non si è perso per strada.
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