Ricordo la tua carnagione bianca, intinta di rosso. L’ho sempre amata… Le tue labbra rubiconde. I tuoi occhi verdi, in verità molto infidi e pusillanimi, che non ti meritavi. Le tue mani che sapevano di tabacco. Quelle membra secche, ma quel seno abbondante. Anche questo, troppo per te…
Tre anni fa eri un fantasma, volevi sparire. Oggi invece ho visto che vuoi comparire, ci vuoi essere. Sono cambiate tante cose in tre anni, vero?
Bambini. È la prima cosa che colgo. Pensa un po’, tu che fai bambini! Sforni marmocchi da quella cosa che hai in mezzo alle gambe… E io che pensavo che ti servisse solo a quello… Ah! Mi sto immaginando la scena con l’ostetrica che ti dice spingi, spingi! E tu che le rispondi: spingo spingo! è una vita che spingo, porco @a$$o! ci sono abituata!
Non sapevo che avessi quei gusti. Adesso ti piacciono pure gli uomini voluminosi, col panzone, mezzi pelati (che si vede che sono molto tristi, perché sicuramente ce li hai resi tu così). Con lo sguardo basso. Ombrosi. E tu che cerchi, ti sforzi di sorridere, per tenerli su. Ma perché ho imboccato questa strada tutta al plurale?! L’uomo è uno solo, quindi parliamone al singolare…
Un omone che sta perdendo i capelli. Beh, i miei reggono, nonostante tutto. Se tutto va come deve andare, ho modo di ritenere che morirò con ancora tanti capelli in testa. Pure se mi dovesse venire il cancro, perché è scontato che uno come me la chemio non la farebbe mai… Ma torniamo a te…
Anche tu non è che hai tutto questo sguardo allegro. Te ne ho visti fare di molto più espansivi di sorrisi! Molto più espansivi! Dunque non ti senti poi così appagata, vero? A me non la fai. Ti aspettavi qualcosa di più dalla vita. Okay: ti sei sistemata, però sei ancora giovanissima. E poi sono piovuti quei marmocchi (non riesco a credere che una tipa egoista come te possa averli non solo desiderati ma anche fatti! Non è che hai solo trascurato di proteggerti?)…
Ma io che ne so? Chi sono io per giudicare te solo da qualche foto… Io che neppure ti sono mai stato vicino, mi diresti, perché tu non mi reputavi degno…
Contenta tu. Ditti pure tutte le bugie che vuoi. A me non interessa.
Però certo non credo che quell’omaccione possa apprezzarti come ti apprezzai io quell’unico giorno nel quale fummo vicini. Te ne ricordi? Secondo me, nonostante tutto, se ti ci impegni, te lo ricordi. D’altronde è lì che dovette attecchire il tuo ostracismo verso me…
Ricordo tutte quelle volte che volli sbattermi in faccia che io non ero cosa per te. Che dispiacere… Ma certo che non ero cosa per te. Anche se più esattamente tu non eri cosa per me. Forse sono stato io ad allontanarti. A non farti avvicinare, cosicché avresti potuto avvicinarmi solo qualora fossi stata molto motivata. E una tipa arrogante e viziata come te non avrebbe mai creduto tanto in me da venirmi dietro. Così ti ho perso alla prima curva, che cazzo. Perso per sempre. Goodbye, occhi verdi. E tanti saluti…
Ricordo quell’estate afosissima, con noi che stavamo lì a schiumare sudore. Tu scomparivi sempre. Insieme all’altro. A quello che poteva essere considerato un po’ il mio sosia. Non mi sono mai interrogato a sufficienza su questo fatto. Voleva dire che in condizioni differenti, se non avessi avuto l’impressione di essere respinta, ci sarei potuto essere io al suo posto? Non si direbbe, visto la freddezza che ormai mi connaturavi così comodamente, cosicché davvero potevo pensare che per te fossi l’ultimo degli ultimi, uno con cui non scambiare neppure buongiorno e buonasera. Neppure le basi, neppure le basi avevi… Che stronzetta insolente sei sempre stata.
Beh, ammetto che quell’estate scoprire quel tuo tradimento fu come ricevere un pugno allo stomaco. Nausea, disgusto, rifiuto, rabbia. Attendere che passasse. E poi passò, ma per farlo passare dovetti smantellare ogni immagine idilliaca di te nella mia coscienza. E dopo, di te, non rimase più nulla di bello e cominciai a vederti come una di un’altra specie, una da prendere per il culo a biliardo, dunque di nessun interesse, anche se avevi sempre quelle tette enormi che ti calavano proprio bene che proprio non potevo esimermi dal notare.
Chissà perché mi ricordo poi di quella volta che parlavamo sulle scale. Che cosa mi dicesti? Non ricordo, ma era qualcosa di importante, che all’epoca si fissò nella mia psiche. Forse mi rivelasti una parte nascosta di te che non avevo mai compreso. E sembrava tanto che avessi atteso tutto quel tempo per comunicarmela, che avevi atteso tutta la vita per dirmela e farmi capire qualcosa che tenevi molto che io conoscessi… Peccato che adesso non me ne ricordi più. Ma tanto a cosa servirebbe ormai quel ricordo?
Ricordo piuttosto la mia vendetta. Che fu terribile e sottile. Mi bastò prendere colui per cui sbavavi e aizzartelo contro, con pochissime parole calibrate ad arte. Era quello che ti meritavi, sgualdrina. Perché anche in quel caso avevi scelto il peggio, il peggio di tutti. Eppure a te piaceva. Che diavolo ci vedevi in quella nullità?! Forse lo supponevi mio amico? Ma mica era mio amico! Come avrebbe potuto esserlo?
Lo feci rivoltare contro di te come una vipera. E tu quel giorno accusasti il colpo, in pieno, ma non credo che capisti mai che ero stato io ad avergli dato una spintarella, a quella mondezza, per ripudiarti pubblicamente (dunque subisti un’onta pubblica! La cosa peggiore per te!). D’altronde per lui contavo molto più io che te. Vuoi sapere una cosa? Lui neppure ti trovava attraente. E se ti avesse scopato, lo avrebbe fatto accusando in parte del ribrezzo, proprio così. Ma non ci siete mai arrivati, vero? Per me potevi essere una Venere; per lui eri affascinante quanto Ecate. E dire che a lui le ragazzine attizzavano parecchio, molto più che a me. E lui non si faceva problemi di coscienza, al contrario di me…
Beh, adesso sei in cerca, vero? Per questo hai messo tutte quelle foto. No, non per la famiglia. See… Ti conosco oppure no? Solo il tuo sfigato compagno panzone può ignorarlo. Ma penso che non lo ignori affatto nel profondo della sua anima, il poveruomo. Deve sapere di che pasta è fatta la sua dolce metà rancida.
Io ti amai sinceramente come nessuno. E tu mi sputasti in faccia. Io ti rivestii di significati di cui mai nessuno ti ritenne capace. Forse avevano ragione gli altri, ed ero io lo stolto. Sta di fatto che non troverai mai un altro capace di credere in te come fu per me.
Non sorridi più come una volta. Ti si è appannato il viso, ma potresti dire lo stesso di me. Quel viso che io conobbi prima di tutti, radioso, pieno di egocentricità e boria. Oggi la ragazzina è divenuta donna. Ha pure figliato. Allora perché sei così triste? I tuoi occhi si sono fatti stanchi e languidi.