Abboccamento per un adescamento

 

Quando sono venuto mi ero accorto che, nonostante l’ora mattiniera, là c’era una donna. Così ho filato diritto per la mia strada andandomi a sedere tre o quattro panchine dopo, dove non c’era nessuno.

È lì che lei ha cominciato a tossire. E non era affatto una bella tosse. Grassa, potente. Da bronchite, o da assidua fumatrice. Forse le è venuta a forza di dormire fuori la notte. Difatti potrebbe essere lei quella che ho scoperto la volta scorsa proprio sulla panchina dove mi trovo adesso, sdraiata su un fianco a sonnecchiare (più tardi me ne convincerò)…

A ogni modo la sua brutta tosse attira la mia attenzione. Così posso darle una sbirciatina, no? D’altronde la mia natura maschia pretende che si conosca l’aspetto di ogni donna nei paraggi così da poter emendare se e quanto sia bella.

Ma eseguo una guardata frugale come un battito di ciglia, così non la posso inquadrare per bene. Da qui non sembra proprio un granché, questo lo devo dire. Mingherlina, in là con gli anni, spettinata, con un’aria disordinata e consumata. Beh, se è davvero una che dorme per la strada non posso pretendere molto…

Sennonché lei è molto sveglia e si è accorta perfettamente che la sua tosse ha attirato (anche se solo per un attimo) il mio sguardo di maschio. E allora che fa? Continua a tossire, come a dirmi: sono qua, bello, continua a considerarmi, fammi sognare…

Ma io non ci casco. Se l’adocchio un’altra volta infatti sono certo che si crederà delle cose non vere. Già me la immagino che mi chiede se ho una sigaretta e poi magari mi si siede accanto. No, no… Non le devo dare l’impressione che sono in cerca di compagnia…

Comunque, barbona o no, questa tipa è davvero molto femmina. E allora fa una cosa davvero da femmina. Si alza e comincia a camminare verso di me. Me ne accorgo dal rumore che non può esimersi di fare camminando nel mare di sassolini che compongono il sentiero. Incede lenta, forse per farsi sentire il meno possibile, forse per tentare di cogliermi di sorpresa, o forse per darsi un tono. Fattostà che spunta nel mio raggio visivo e lo attraversa come fosse un’indossatrice.

Non alzare gli occhi su di lei, mi impongo. Se lo fai poi lei si farà sotto. E così difatti faccio. Nondimeno mi spingo laddove posso. E le osservo i piedi e le gambe, e anche il braccio destro che tiene una borsetta… Lì mi fermo. Non procedere oltre! Alt! Pericolo adescamento…

Responso: è effettivamente la tipa magrolina che avevo già appurato; le scarpe e i suoi abiti danno l’impressione di essere offuscati e trascurati. Ha indosso una veste rossa, qualcosa di rosso che aveva pure la donna che avevo visto dormire su questa panchina la volta scorsa. Dunque stabilisco che si tratti della stessa persona. Infine il suo braccio, la sua mano, non è che mi abbiano fatto una bella impressione. Si direbbe che abbia sui cinquanta e la sua pelle ha delle macchie piuttosto antiestetiche.

Sono stato bravo. È passata senza che le abbia fatto credere chissà cosa. Non so dove sia andata, so solo che ora si trova alla mia destra (non mi sogno proprio di provare a scorgerle il sedere). Dunque adesso non potrà che uscirsene dal parco, oppure rimanere su un’altra panchina per qualche tempo.

Ma poi lei esegue subito un’altra mossa (che non mi attendevo affatto) dalla quale si evince quanta voglia abbia di stabilire questo contatto con me: mi ripassa davanti, nella direzione opposta, stavolta transitandomi così vicino da rasentarmi, il che mi dà quasi il palpito. A questo arriverebbe pur di mettersi in mostra?!

Povera donna. Deve sentirsi molto sola… Ecco, la vedo. Si è ricollocata dov’era prima. Da lì mi può tenere d’occhio con facilità: qualora dovessi voltarmi verso di lei, se ne accorgerà. Non le sfuggirà se rivelerò altro coinvolgimento…

Mi dispiace. Vorrei darle quel po’ di affetto che reclama. Anche se non è una bellezza. Anche se è più vecchia e malmessa di me. Che male ci sarebbe in fondo? Nessuno. Non ci sarebbe nulla di male a essere un po’ gentili con qualcuno. Anch’io, qualora mi trovassi dall’altra parte della barricata, vorrei che un’anima pia fosse gentile con me per quanto ne ho bisogno… Ma se le concedo un dito, l’unico problema è che poi, molto verosimilmente, lei potrebbe aspettarsi qualcosa che non potrei darle. Per questo non faccio niente. Non posso farlo. Solo per questo, non per altro.

*


Diritti d’autore (a @a$$o)

 


C’è qualcosa di molto sbagliato circa l’attuale regolamentazione sui diritti d’autore

Alcuni esempi…

Sul mio blog posso tranquillamente caricare un video (che contiene musica commerciale), e mi pare giusto che si possa fare. Se però voglio semplicemente caricare della musica, ecco che il discorso si fa più complicato e oltre alla palese maggiore difficoltà a reperire il materiale, ho modo di supporre che se pure riuscissi a trovare un sito dal quale attingere gli mp3 (il blog impedisce che essi vengano forniti direttamente dal computer dell’utente) probabilmente incorrerei in qualche irregolarità…

Per non parlare dei video che si realizzano per conto proprio…

È da mesi che cerco di caricare un mio video su youtube, un video al quale ho cercato di mettere una musica di sottofondo… Ma ogni volta che ci ho provato, youtube mi ha avvertito che violavo le leggi del diritto d’autore, qualsiasi musica avessi tentato di associare al video, che fossero Pink Floyd, o anche musica classica composta più di un secolo fa! E questo è ridicolo!

Eppure, secondo me, basterebbe semplicemente citare l’autore e il pezzo alla fine del video e non ci sarebbe alcuna violazione. Infatti, seppure si utilizza una musica composta da altri, è evidente che citando espressamente l’autore gli procuro una notevole pubblicità (e dunque lo risarcisco in toto di quello che eventualmente gli dovrei). Cioè, se uno guarda il mio video magari pensa: il video fa schifo, in compenso la musica di sottofondo è molto bella, adesso me la vado a comprare… Che poi è lo stesso meccanismo secondo il quale, dopo aver letto un bel libro in biblioteca, me lo vado a comprare in libreria…

Non è correttissimo il mio ragionamento?!

Riabilitazione di rimando

 

In quel periodo mi odiava. Più volte avevo tentato di farla ricredere ma, dopo una serie di alterne vicende in cui sembrava fossi riuscito a riprenderla per i capelli, alla fine aveva stabilito che non fossi consono ad assurgere alcun ruolo di prominenza nella sua vita. Quindi, assolutamente persuasa della mia bassezza morale, mi aveva isolato, sbattuto fuori, enucleato.

Malgrado ciò, quando vide che sia X che Y mi tenevano in grande considerazione e mi stimavano molto, allora ricominciò a considerarmi una persona valente e un bravo ragazzo. Immagino quello che dovette vorticare in quei momenti di interrogazione nella sua zucca irresponsabile, poco prima che la sua faccia stupita mi ridiventasse nuovamente propensa… Ma allora lui è davvero una persona straordinaria?! E io che lo tratto sempre a pesci in faccia, ben convinta che se lo meriti! Devo dunque rimediare al più presto allineandomi con le altre…

Questa persona sarebbe stata perfetta per uno di quei ricevimenti nobiliari del passato tanto ben descritti da Proust nei suoi celebri passaggi, tutti basati sull’apparenza, il pressapochismo, l’esteriorità, l’ignoranza, la vacuità, il pettegolezzo, le alleanze, le strategie, l’alterigia, la futilità, la diplomazia di favore, la faccia tosta…

*


Finisco la frase…

 


…Sto leggendo Proust. A un certo punto mi sono stufato. Allora mi dico, vabbé arrivo al capoverso… Ma il capoverso nuovo non c’è! È lontano pagine e pagine! Chissà dove sarà! Vabbé allora arrivo al punto… Ma il punto non c’è! Vallo a scovare un punto in periodi dentro periodi, virgole che aprono discorsi che verranno chiusi dozzine di righe dopo, trattini che ci si mettono anche loro a rendere più frammentaria la linearità della narrazione, interpunzioni su interpunzioni che dilatano le dissertazioni con sempre nuove digressioni (e per fortuna Proust si attiene rigidamente alla grammatica e non utilizza a esempio pure le parantesi quadre come una certa Virginia di mia conoscenza)…

Così alla fine faccio un segnetto con la matita e chi s’è visto s’è visto! Tié!

Marina Abramovic, The artist is present…

 

Marina Abramovic… Sono sicuro che l’avrete incontrata almeno una volta nella vostra vita, ne avrete sentito parlare, o l’avrete intravista in televisione, su una rivista o in qualche filmato, anche se ora non ve lo ricordate…

Chi è Marina Abramovic? Dilemma: come definirla? Sembra così difficile…

Dunque Marina Abramovic è una donna che fin da giovane si è esibita in performance artistiche che avevano lo scopo di rappresentare qualcosa, oppure shockare, far riflettere, turbare gli spettatori che l’avessero vista. Spesso si mostrava nuda. Qualche volta si spogliava cammin facendo.

Alcuni esempi delle sue performance (si tenga presente che, per quasi tutte, l’azione descritta veniva reiterata più volte):

  1. tutta nuda, prendeva la rincorsa per andare a cozzare contro un muro;

  2. si spogliava e si rivestiva;

  3. si flagellava la schiena (nuda) con una frusta come facevano certi religiosi in passato per espiare i proprio peccati;

  4. praticava quel “gioco” tipico degli ergastolani in cui si posa una mano aperta su di un tavolo per poi, con l’altra mano, impugnando un coltello, passare velocemente con la lama acuminata tra un dito e l’altro;

  5. con un coltello si incideva sulla pancia, con il sangue, una stella stilizzata…

Per ora fermiamoci qui… Prima domanda: perché lo faceva? La risposta che mi sono dato è che Marina, avendo ricevuto molto poco affetto nella sua infanzia, in qualche modo desiderava mettersi in mostra, flagellandosi ricercando quell’attenzione e quell’amore che da bambina non aveva mai ricevuto. Marina riferisce che una volta, da adulta, chiese alla madre perché durante la sua infanzia non l’aveva mai baciata o mostrato la più labile parvenza di amore. E la madre le rispose che non l’aveva fatto per non viziarla! Ecco le conseguenze lampanti di un modo dissennato di tirar su un infante!

Insomma molte delle performance di Marina Abramovic erano assai discutibili e suscitavano sempre un mucchio di polemiche. In genere, oltre a essere tacciata di cattivo gusto, sadomasochismo, volgarità e immoralità varie, un’altra critica che le veniva spesso posta era: ma questa roba qui sarebbe arte? Per molti anni le continuarono a porre insistentemente quella domanda… Poi, una volta raggiunta la fama, l’affermazione, la popolarità, a sessanta anni e passa, (almeno per ciò che riguarda la stampa) smisero di chiederglielo, racconta Marina.

A ogni modo le esibizioni di Marina, in particolare quella con la stella incisa sulla pancia se non erro, attirarono le attenzioni di un altro tipo che guarda caso in quel periodo stava seguendo grosso modo lo stesso percorso espressivo di Marina. Così non ci volle molto che questo tipo (non riporto il nome solo perché… non me lo ricordo!) conobbe Marina e se ne innamorò contraccambiato. La loro, fin dal principio fu un’attrazione fortissima. E presto crearono un indissolubile connubio artistico che finì per unirli ancor di più.

Così Marina Abramovic e il suo compagno scandalizzarono il mondo e invero assieme divennero forse anche più spudorati e ambiziosi. Ambiziosi nel senso oltranzista del termine. Si ripromettevano cioè di seguire quegli alti ideali che da soli non avrebbero mai avuto la forza di perseguire.

Tuttavia nelle loro aspirazioni non era compreso né il successo né il denaro. Per questo, quando non si esibivano, conducevano una vita estremamente semplice e morigerata. Vivevano in campagna in mezzo alla natura: la loro casa era rappresentata unicamente da un modesto furgoncino. Lei si occupava delle questioni più da casalinga, mentre lui guidava, pensava ad amministrare il poco denaro e si interessava alla loro carriera per trovare nuovi ingaggi. Marina racconta che quello fu il periodo più bello della sua vita.

Ecco alcune performance che la dinamica coppia eseguì nel corso di circa venti anni:

  1. un uomo e una donna (nudi) si scontrano nel mezzo di una sala. Spesso è la donna che ha la peggio e cade. Questa performance, come pure tante altre che eseguirono, fu realizzata per mostrare l’implicita violenza dell’uomo sulla donna;

  2. un uomo e una donna, seduti l’uno davanti all’altra, si prendono una volta per uno “ritmicamente” a ceffoni… Col tempo poi succede che mentre l’uomo, quando tocca a lui prendere lo schiaffo, pare quasi porre il viso come a dire “eh dammelo!”, lei, al contrario, temendo i ceffoni di questi, tenderà a ritirarsi come a sfuggirne;

  3. lui e lei si mettono nudi uno di fronte all’altra in prossimità di un passaggio, dunque si invitano gli spettatori a passare nello stretto varco il quale con i loro corpi quasi ostruiscono per intero, cosicché lo spettatore facendosi largo dovrà necessariamente toccarli… E ci saranno quelli che preferiranno passare dando le spalle all’uomo, mentre altri lo faranno con la donna…;

  4. un uomo e una donna seduti l’uno di fronte all’altra si guardano fissi, per ore, in totale digiuno, fino allo sfinimento… Durante questa performance viene raccontato che a un certo punto, dopo non so quanto che erano fermi in quella posa innaturale, lui non ce la fece più e dovette alzarsi poiché aveva una costola che, vista la sua esigua magrezza, gli stava perforando un organo interno. Quando questo arresto accadde però Marina si sentì ancora in grado di continuare. Così proseguì da sola per altro tempo…

  5. un uomo e una donna vestiti uno di blu, l’altra di rosso, si incamminano ognuno ai due capi della grande muraglia cinese, fino a incontrarsi a metà…

Impiegarono circa otto anni per ottenere l’autorizzazione a compiere questa performance, che fu anche l’ultima che realizzarono assieme. Infatti a quei tempi il loro rapporto professional-amoroso non funzionava più. I due raccontano in proposito versioni (o parti di verità) differenti. Marina dice che il suo compagno all’epoca si stava instradando in percorsi diversificati. Inoltre non aveva più tanta voglia di patire estenuanti performance che gli sembravano non avessero più tanto senso. Poi, si drogava. Infine l’aveva tradita con un’altra, la qual cosa le aveva distrutto il cuore…

Lui invece racconta che entrambi erano andati con altri, però Marina lo aveva fatto con un loro comune amico…

Fattostà che Marina uscì demolita da quella relazione così assoluta vissuta intensamente per circa venti anni. Così si ritrovò a quaranta anni a dover ricominciare da zero non sapendo che pesci prendere…

Lentamente si costruì una nuova immagine e acquisì nuova consapevolezza e sicurezza. In un modo o nell’altro si buttò nel teatro. E le sue performance, se da un lato divennero meno estreme e più artificiose (niente più sangue vero), dall’altro, servendosi di trucchi scenici, divennero anche più suggestive e grandiose. Cominciò dunque a farsi conoscere sul serio dal pubblico acquisendo notorietà…

E quella fu la chiave di volta della sua vita che le permise in seguito, giungendo a oltre sessanta anni, di tenere una grande mostra celebrativa in proprio onore che si doveva occupare di far rivivere le sue performance più famose e pregnanti, le quali si sarebbero avvalse di novelli giovani interpreti, mentre lei si sarebbe concentrata unicamente su una…

Così Marina per prima cosa tenne una specie di corso preparatorio per i giovani interpreti, anche loro artisti… Li isolò dal mondo per alcuni giorni costringendoli a privazioni, minimalismo, nudità (questa parte era opzionale), meditazioni e consigli circa quello che avrebbero fatto…

E poi la mostra partì con, da una parte, in alcune sale, i giovani che davano nuovo lustro alle sue vecchie esperienze; da un’altra lei che invece teneva la suggestiva performance “The artist is present” che in fondo altro non era che la rivisitazione in chiave aggiornata di quella performance in cui due individui si sedevano uno di fronte all’altra fissandosi. La differenza stavolta però è che, mentre lei rimane fissa al suo posto, saranno gli spettatori di volta in volta ad avvicendarsi sulla seggiola davanti a lei per qualche secondo…

Voi direte… beh, che c’è di tanto speciale? In teoria assolutamente niente! Ma in pratica… tutto!

Marina cercò dapprima di rivolgere lo sguardo al suo interlocutore con un volto che fosse più scevro possibile di ogni emozione (lei diceva “come fosse una montagna”), originando una strana faccia forse un po’ smorta che poteva instillare qualche timore; mentre, andando avanti col tempo, senza che se ne accorgesse, il suo volto divenne sempre più prostrato, stanco, sconvolto, languido in particolare negli occhi che frequente le lacrimavano. Così gli spettatori, entrando in risonanza con lei, ne ricavavano una sensazione di estrema pena la quale a sua volta veniva rimpallata verso Marina, ampliandosi sempre di più. Ma era anche vero che se uno le sorrideva allora anche lei tendeva a irradiare di un’eco simile sul suo volto ridando allo spettatore quello che egli le offriva…

Durante la performance c’era moltissima gente che si commuoveva, altra che estrinsecava il profondo dolore che aveva estremamente radicato nell’anima. Poi ci fu quella che spogliandosi nuda fu immediatamente fermata dalla sicurezza; poi quell’altro che tentò di approfittare del clamore intorno a Marina per effettuare una sua performance che sembrava piuttosto lugubre, ecc. Anche Patty Smith la volle andare a visitare e fu una delle poche alle quali venne spontaneo di guardarla con una faccia enormemente divertita (evidentemente aveva preso tutta quella cosa come un gioco, o un’immensa boiata, o una carnevalata)…

A un tratto le si sedette davanti sulla sedia il suo vecchio amore di venti anni prima e allora Marina apparì realmente sbalordita, rimescolata, scossa e pianse. Mentre lui, da par suo, la guardò con uno sguardo amorevole di estremo affetto. Per poi, dopo che lei gli ebbe teso le braccia per toccargli le mani, alzarsi e andarsene via come uno spettatore normale…

Perché ho parlato di qualcosa che sembrerebbe non avere né capo né coda o comunque una rilevanza del tutto trascurabile rispetto a questioni ben più importanti per il mondo? Perché queste cose mi hanno emozionato moltissimo, e credo che in esse si nasconda molto più della loro semplice apparenza.

Questo articolo nasce dopo aver visto il bellissimo documentario andato in onda su Rai5 su Marina Abramovic (il quale sicuramente verrà replicato più volte), che vi consiglio di vedere. Non ho potuto resistere dal parlarne.

Marina Abramovic non è bella, bensì estremamente seducente.

Se fossi il padre di uno dei piromani del liceo classico Socrate…

 


…Innanzitutto mi farei un serio esame di coscienza perché, se mio figlio è diventato piromane, qualche responsabilità ce la debbo avere necessariamente anche io… Poi gli direi queste precise parole:

«Ti rendi conto di quello che hai fatto, testa di cazzo che non sei altro?! Appiccare il fuoco a un edificio pubblico è una cosa molto grave. Come pure è molto grave che tu lo abbia fatto per futili motivi. Anche io odiavo alcuni professori ai miei tempi, ma non per questo ho mai dato fuoco a niente! Poi il fuoco è qualcosa dal quale rimanere sempre molto lontani. È un attimo bruciarsi, ustionarsi irreparabilmente o lasciarci le penne. Tu o qualcuno che è con te, o passa lì vicino, o qualche animale (lo so che era al chiuso ma il concetto è valido lo stesso. Non puoi mai sapere se in giro c’è qualcuno che vi si troverà in mezzo). E poi lo sai che ci sono anziani che se respirano del fumo si possono sentire male e morire, eh testa di cazzo?! Non lo sai questo, eh?! E se qualche anziano proprio quella notte, per via della tua bravata del cazzo, ci ha rimesso la pelle, eh?! Come lo risarcisci quell’anziano, eh?! Me lo vuoi dire?! Il fuoco si usa solo per cuocere le pietanze, babbeo troglodita che non sei altro! E per niente altro!

Sappi che una cazzata del genere è consentita una sola volta nella vita di un individuo perbene. Sempre ammesso che tu lo sia sul serio, perbene. Dunque, se davvero non sei la merda che sembri, d’ora in poi dovrai dimostrarlo con i fatti. Per primo, non facendo più cazzate simili. E poi trascorrendo tutto il resto della tua (per ora) inutile vita riabilitandoti nei confronti della collettività. Solo così potrai sperare un giorno di dimostrare al mondo che il piatto della bilancia pende dalla parte di quel che di buono hai fatto e non il contrario…»

Poi, da quel momento in poi, certo mi partirebbero più facilmente gli sganassoni e i calcioni nel culo educativi, appena il ragazzo dovesse tendere a comportamenti sbagliati, comportamenti che comunque da quel momento in poi sorveglierei con molta più attenzione del passato.

Poi, se non vuol studiare o non riesce a scuola, benissimo!, subito a lavorare!, così vediamo se per caso il lavoro gli fa improvvisamente venire voglia di intraprendere un percorso formativo migliore di quanto non sia stato il suo fino adesso. E niente più privilegi. Niente più considerarlo come una persona adulta che sa quello che fa. Niente automobile o motorino. Niente sbronze (nessun giorno della settimana). Niente ore piccole. Niente vacanze offerte da me. Niente viaggi gratis e niente paghetta. Vediamo poi con che denaro compra le taniche di benzina…

Questo se fossi io il padre di uno dei piromani del Socrate (che già sarebbe una forzatura perché a me un figlio piromane è impossibile che un giorno possa nascere). Ma suppongo che i padri in questione non si comporteranno così avrei fatto io e presumibilmente si limiteranno il più possibile a tentare di sminuire la cosa, o a insabbiarla difendendoli a oltranza. E poi un giorno, a quei figli viziati che hanno allevato, che hanno allevato proprio loro e infatti sono venuti su esattamente come loro, riserveranno una raccomandazione o un posto di favore da qualche parte dove non occorra fatica per arrivare, un posto adatto per uno della loro razza…

Fuga dalla vittoria

 


Quegli esercenti che vedono ogni giorno come la gente si riduce con il gioco d’azzardo per via delle loro sudicie slot machine, quegli esercenti sono colpevoli anche loro, sono correi insieme alla mafia che ha voluto quelle slot e i politici compiacenti che hanno permesso il loro proliferare.

Siete colpevoli e io vi condanno. Un giorno anche voi dovrete fare i conti con la Giustizia. Non sperate di farla franca.