Adesso che era successa quella cosa che gli aveva spalancato gli occhi, adesso che quell’atmosfera strisciante di perenne falsità poteva notarla ovunque, adesso che aveva le prove che essa fosse reale (e non una sua ossessione), adesso che intorno a lui non era rimasta neppure una singola persona decente che non si fosse macchiata di gravi crimini, menzogne o colpevoli omissioni, adesso Nemesis avvertiva di sentirsi davvero nauseato e fuori posto. Per questo cominciò a pensare di cambiare aria sul serio, di trovarsi un altro posto di lavoro, poiché non sopportava più di condividere il suo spazio vitale con quelle bisce rivoltanti, le quali dalla mattina alla sera, oltre che compiere la loro sporca missione, lo calunniavano, lo umiliavano, gli parlavano alle spalle, lo criticavano, lo spiavano, lo mettevano in aderenza col delitto, in situazioni scomode dalle quali, come minimo, se non se ne fosse tolto di mezzo al più presto, anche lui avrebbe finito per rimanervi invischiato.
E l’ultima di esse si era verificata quando, un giorno, Mr Pera lo aveva fatto convocare nella propria stanza dicendogli che gli doveva chiedere se poteva realizzargli qualcosa di molto importante. Nemesis vi si era recato pronto a dare il meglio di sé, poiché sapeva quali fossero le doti di Mr Pera e che egli non fosse uno sprovveduto circa le questioni che gestiva e dominava (al contrario di tanti altri con i quali gli toccava di lavorare); non a caso Mr Pera era a capo di gran parte dell’azienda, se pure sopra di lui ci fossero molti altri controversi direttori la cui faccia Nemesis neppure conosceva, che però a livello fattivo non erano certo paragonabili con la dinamica efficienza del buon amministratore Mr Pera, il quale era davvero una persona che risolveva i problemi veri piuttosto che uno di quelli che prendevano sciagurate decisioni (in base a interessi del tutto personali e contingenziali) che poi sarebbero ricadute sulla massa inerme delle persone; deliberazioni che spesso non potevano quindi che essere le più sbagliate possibili per tutta la collettività.
Nemesis si incamminò tra corridoi e scantinati e ascensori e temette di perdersi poiché, per arrivare da Mr Pera, dovette passare per un percorso a ostacoli per il quale solitamente non transitava, dato che per dei lavori di ristrutturazione si era provveduto a chiudere un varco principale, oltre che un’intera camerata con molte persone all’interno. Per questo, degli operai lavoravano alacremente imprecando, mentre le persone chiuse dentro piangevano e li supplicavano di fare presto poiché avevano problemi alla vescica, si sentivano male, mancava loro l’aria ed avevano il calo degli zuccheri; ragioni che non facevano che esacerbare maggiormente gli interventisti, i quali erano abituati ad adoperarsi con i loro ritmi blandi, e dunque bestemmiavano con maggiore convinzione a ogni loro nuova lamentela.
Quando fu arrivato davanti l’ufficio di Mr Pera, Nemesis si schiarì la voce, controllò il suo aspetto in una vetrata specchiante (era ineccepibile, seppur pareva che nella sua espressione vi fosse qualcosa di eccessivamente agitato, di cui lui quasi si spaventò) e bussò alla porta del superiore. Mr Pera gli rispose subito «Avanti!».
Nemesis apprese immediatamente che, curiosamente, Mr Pera era al telefono con Occhi di Serpente, e non fece nulla per nasconderglielo. «Eccolo qua il nostro Nemesis!», disse affettuosamente rivolgendosi alla persona all’altro capo del filo. «È appena arrivato. Te lo rimando tra qualche minuto, non ti preoccupare. Se non lo vedi, sai che sta da me…».
Tuttavia Nemesis non avrebbe potuto essere sicuro che si trattasse proprio di lei (avrebbe potuto essere anche la Nana Timida) se, appena interrotta la comunicazione, Mr Pera non gli avesse garbatamente aggiunto la frase: «Mi scoccia sempre con il parcheggio, ahhh! Anche se stavolta non era per questo… Ma anche con te è così pressante delle volte?» e gli aveva sorriso facendo l’amicone. E Nemesis aveva risposto: «Delle volte», volendo tagliar corto poiché non gli interessava parlare di Occhi di Serpente (anche se comunque era strano che, appena si fosse mosso dalla sua postazione, lei, che spesso se ne rimaneva chiusa nella sua stanza a fumare, si fosse interrogata su dove potesse essersi portato), mentre molto di più gli premeva di appurare il motivo per il quale Mr Pera lo aveva chiamato.
Mr Pera fu un perfetto padrone di casa e lo mise più a suo agio possibile. Gli introdusse la faccenda e come essa gli si era manifestata lampante per la prima volta nella testa mentre era in bagno a farsi la barba. Dunque espresse i suoi ragionamenti inappuntabili che finivano per coinvolgere Nemesis, poiché lui aveva le competenze necessarie per risolvere quella questione nel migliore dei modi. E pertanto gli fece la domanda diretta, se poteva eseguirgli quell’attività, che considerava sia assai utile che proficua per tutti.
Ma Nemesis, che durante l’esposizione aveva dormito del sonno del saggio, che era stato attentissimo e che aveva ascoltato rimanendo quasi esclusivamente in silenzio, lo sorprese uscendosene con la frase che… quello che Mr Pera gli stava così affabilmente proponendo di fare non è che non si potesse realizzare (perché lui ne sarebbe stato perfettamente in grado), ciononostante era semplicemente illegale.
Nemesis si pentì quasi subito di aver pronunciato quella parolina che nell’azienda era oltremodo tabù. Mr Pera gli fece una faccia aggrottata e volle quasi subito censurarlo dicendogli:
«Che brutta parola che hai usato… Illegale!»
Tentò di sdrammatizzare dicendogli che quel procedere era pratica ormai comune ovunque e che presto neppure sarebbe stato così “formalmente disdicevole” come era ora, poiché gli era giunta voce certa che il Governo, non potendo più chiudere gli occhi sullo stato delle cose, avrebbe sicuramente finito per condonare le situazioni pregresse circa quella questione, e con un decreto presto l’avrebbe del tutto liberalizzata, facendo sì, per l’appunto, che nessuno si potesse sentir dire che cose similari erano “formalmente disdicevoli”. E allora esse sarebbero diventate solo una nuova condizione alla quale adattarsi nel modo più rapido possibile e alla quale tutti avrebbero dovuto soggiacere…
Ma Nemesis, che non ne era affatto convinto, gli rispose, da vero diavolo, che allora, quando il tutto sarebbe stato lecito, lui l’avrebbe fatto, ma non prima, perché la responsabilità oggettiva di quella cosa sarebbe ricaduta senz’altro su di lui e, se la Legge lo avesse sorpreso con le mani nel sacco, lui non avrebbe potuto difendersi dicendo che non sapeva che la tal cosa fosse illegale, poiché “la Legge non ammette ignoranza”!
La dissertazione di Nemesis fu così precisa e circostanziata che Mr Pera comprese che non ci sarebbe stato nulla da fare per smuoverlo minando le sue certezze. Così lo salutò repentinamente dicendogli però di pensarci bene, e Nemesis altrettanto scaltramente gli disse che lo avrebbe fatto; ma in cuor suo giù sapeva che non avrebbe mai cambiato idea, e non solo per il criterio della legge, ma perché, per lui, quello che Mr Pera gli chiedeva, era qualcosa di eticamente sbagliato che dunque Nemesis non avrebbe mai avallato con il suo lavoro, legittima o illegittima che fosse stata un domani la legge di competenza.
E quello era stato l’ultimo tassello, oltre alle solite violazioni sulla privacy dei dipendenti, che aveva scatenato le ire di Nemesis, il quale un giorno decise di cautelarsi e di andare a parlare con un avvocato del Sindacato che avrebbe dovuto essere esperto di questioni simili. Lo stabile del Sindacato era stranamente molto vicino alla sede dell’azienda nella quale Nemesis lavorava; così, la prima volta, Nemesis prese solo un permesso di una sola ora, prima di pranzo, per recarvisi e fare ritorno, per cercare di divenire ferrato su tale questione, o almeno sperare d’intuire come essa funzionasse.
All’ingresso, vicino la guardiola del portiere dello stabile del Sindacato, vi erano apposti dei cartelli, ma stranamente Nemesis li trovò assai confusi. Infatti recavano tutti indicazioni del tipo:
Ufficio ve te e SECONDO PIANO
ufficio reclami CHIEDERE AL PORTIERE
ufficio sinistri PIANO
uff. amm. Fott. Dott. Cul. TERZO PIANO
ufficio evacuazioni (sospeso)
ufficio cause QUINTO
I cartelli erano quasi tutti zoppicanti, malmessi e contenevano abrogazioni dovute probabilmente all’usura. Nemesis ritenne che l’ufficio delle vertenze fosse collocato al secondo piano. Ma per sicurezza chiese all’usciere. O almeno pensò di farlo. Ma in guardiola non era presente nessuno, se non un poliziotto piuttosto defilato che si nascondeva in un angolo davanti a un quotidiano. Nemesis bussò al vetro. Il poliziotto non diede segni di vita. Allora bussò con maggiore convinzione. Il poliziotto abbassò il giornale e gli fece vedere la sua faccia scocciata e oltremodo annoiata. Nemesis, ottenuta la sua attenzione, gli chiese se l’Ufficio Vertenze fosse al secondo piano. Il poliziotto rispose contrariato che c’erano i cartelli. Nemesis puntualizzò prima che quello potesse ritirare su il giornale che i cartelli erano incompleti. Allora il poliziotto disse che non lo sapeva, che doveva chiedere all’usciere. Nemesis gli chiese dove fosse l’usciere e il poliziotto rispose che non lo sapeva, ma che poteva cercarlo nell’edificio. Grazie al cazzo, pensò Nemesis portandosi verso l’ascensore.
Erano disponibili due ascensori. Uno aveva apposto sopra un cartello con su scritto FUORI SERVIZIO, l’altro no. Nemesis prenotò il secondo. Ma dopo pochi secondi, si accorse che la lucetta della prenotazione si spegneva da sola. Provò per altre due volte ma successe sempre la stessa cosa. Quando era ormai pronto a farsela a piedi, ricevette una voce dall’alto che se la prendeva con lui.
«La vogliamo finire di chiamare l’ascensore?!»
Nemesis alzò il capo e vide che qualche piano sopra c’era un uomo con la sigaretta in bocca che si era sporto dalla balaustra delle scale per protestare verso di lui.
«Perché? Non si può prenotare l’ascensore?», chiese Nemesis ancora garbato.
«No che non si può! Se me lo chiama, come faccio a caricare le cose?! Mi fa chiudere le porte!»
Al che Nemesis decise di non replicare e si incamminò lungo la scala. I gradini erano piuttosto ardui da scalare e anche una persona in ottima salute sarebbe stata in incomodo. Gli scalini, deformati dal tempo, erano piuttosto alti da valicare. Dopo una trentina di scalini Nemesis si ritrovò al primo piano. Mentre riprendeva fiato diede un’occhiata a qualche cartello ma non trovò molto se non una dicitura, che avrebbe potuto essere egizia, che diceva:
3<–
Incrociò una donna delle pulizie con l’alito pestilenziale, grassa e sfatta con la faccia adirata e sdegnata che lo guardò come fosse stato un barbone a un concorso di bellezza. La donna caricò sul carrello con lo spazzolone e il secchio una specie di pacco dal quale veniva emanata una puzza molto dolciastra, come si fosse trattato di marmellata andata a male, e poi con fare circospetto cercò di sparire nel più breve tempo possibile.
Nemesis si fece un giro nel piano ma lo trovò praticamente abbandonato. La cosa lo inquietò molto e si chiese come mai lo fosse. Ma alla fine di un corridoio, davanti all’ultima porta del piano, trovò un’indicazione:
PIANO PERICOLANTE – NON CAMMINARE
Allora si disse: ecco perché non c’è nessuno; ah, però allora la donna delle pulizie che cosa ci faceva qui? E poi si chiese ancora: ma se questo piano è pericolante, allora tutto l’edifico deve esserlo, no? allora perché non lo hanno ancora chiuso?
Con molti dubbi nella testa Nemesis arrivò al secondo piano. Qui vi trovò molta più “vita”. Davanti l’ascensore notò il tizio che prima lo aveva ripreso perché aveva chiamato l’ascensore, ancora indaffarato a caricare pacchi enormi sull’ascensore. Alla fine, per non farselo soffiare, aveva messo uno di quei pacchi davanti la chiusura delle porte, così che queste, quando provavano a chiudersi, incontrassero quell’ostacolo che le faceva riaprire.
A un certo punto, all’ennesimo pacco pesante caricato, l’ascensore cominciò ad emettere un segnale di avvertimento e all’interno di esso si verificò l’accensione di una spia luminosa rossa. Voleva dire che era stata superata la capienza massima di carico. L’operaio se ne accorse subito e parve perplesso. Un secondo operaio presto lo raggiunse dicendogli:
«Hai rotto anche questo?»
«Non l’ho rotto! L’ho solo caricato troppo…»
«E allora adesso che si fa?»
«Dobbiamo fare non più di quattro viaggi, per cui, non ci resta che provare a togliere qualcosa di un certo peso e metterci qualcos’altro di peso un po’ inferiore, in maniera che l’allarme non scatti più…»
«Va bene», disse l’altro rassegnato a farsi il culo…
Ora Nemesis poteva recarsi in due direzioni: a destra o a sinistra. Dato che non esistevano cartelli di sorta che potessero indirizzarlo, decise di prendere casualmente la via di destra. Trovò una lunga fila di persone di cui non si vedeva l’inizio. Ciò lo preoccupò. Decise di chiedere all’ultimo della fila:
«Scusi, siete tutti in fila per l’Ufficio Vertenze?»
Ma quel signore gli diede una risposta ambigua.
«No, io no.»
Nemesis rimase un attimo perplesso e poi dovette aggiungere:
«Ma è per di qui l’Ufficio Vertenze?»
«Non lo so», disse il tipo.
Allora Nemesis si rivolse alla signora immediatamente prima.
«Lei sa dirmi se è qui l’Ufficio Vertenze, signora?»
La donna si arieggiava con un ampio ventaglio.
«Qui si paga il ticket!»
«Il ticket? E per cosa?»
«Ah, se non lo sa lei! Non è che posso dirle per cosa lo pago io! Sono questioni private, sa giovanotto!»
Nemesis se ne stava per andare quando una signora avanti tre posti si intromise nella discussione.
«No, ciccino. Per le vertenze devi andare dall’altra parte del piano, davanti l’Ufficio Scostumatezze…»
Quell’ultima parola ingenerò buonumore in molti altri occupati a fare la fila i quali non si lasciarono sfuggire l’occasione di fare commenti di tutti i tipi.
«Adesso c’è anche un Ufficio Scostumatezze?! Ahahaha!»
«Eccome se c’è! Tu non vieni forse da lì? Ah! Ah!»
«Ma no, scemi, non capite che la signora lo sta solo prendendo in giro? Deve trovarlo molto carino, la signora… Beh, signora, se ha certe voglie perché non rivolge le sue attenzioni a qualcuno di noi che siamo nella stessa fila? Perché rivolgere delle attenzioni fugaci a uno sconosciuto che non è affatto detto che entri nella nostra fila, anzi, adesso che gli ha detto così, sono certo che non lo farà…»
Nemesis, nauseato da quelle ciarle, tornò verso l’ascensore dove si imbatté ancora nei due operai i quali avevano cambiato la dislocazione di molti pacchi e finalmente sembrava avessero trovato la quadratura del cerchio. Infatti erano riusciti a far entrare nell’ascensore un numero di pacchi che li soddisfaceva.
«Vedi che ce l’abbiamo fatta?», disse il capo dei due all’altro che annuì. «Adesso non ci resta che entrare noi e…», ma quando entrò, ancora una volta si accese la spia di sovraccarico dell’ascensore.
«Cazzo!», disse il capo.
«Dovevi calcolare anche tu! Non solo i pacchi!», disse l’altro.
«Cazzo… Beh, io quanto peserò, porca puttana?»
«Non sai quanto pesi?»
«No che non lo so! Non sto mica sempre a misurarmi come quella donnicciola cellulitica di mia moglie!»
«Dovrebbe fare la dieta…»
«La fa, la fa! Tu non ti preoccupare! Ma torniamo a noi…»
«Beh, secondo me tu non peserai più di me…», disse l’altro soppesandolo. I due omini avevano più o meno la stessa struttura fisica ridotta e non raggiungevano il metro e settantacinque.
«E tu quanto pesi?»
«Io? Poco. Ottanta, credo.»
Nemesis li lasciò portandosi oltre, dall’altra parte del piano, dove trovò varie porte con ognuna un cartello sopra, ma nessuno di questi riportava la dicitura che interessava a lui. Chiese alle numerose persone sedute sulle seggiole di attesa delle varie salette.
«Sapete se è qui l’Ufficio Vertenze?»
Alcuni lo guardarono come fosse stato un alieno non proferendo parola. Qualcuno però si degnò di rispondere.
«No, no, è lontano. Una volta era qui, ma l’hanno spostato…»
«E dove?», chiese Nemesis.
«Circa un anno fa era qui. Mi ricordo che sono venuto con mia sorella, che anche lei doveva fare una vertenza. Lei deve fare una vertenza…»
«Forse.»
«Non ne è ancora sicuro? Allora forse dovrebbe prima chiedere all’Ufficio Informazioni…»
«No, beh, sono quasi sicuro di farla. Però bisogna vedere che cosa mi dicono…»
«Capisco. Beh, io una capatina all’Ufficio Informazioni ce la farei ugualmente, fossi in lei…»
«Ma non credo che… Beh, e dove sarebbe questo Ufficio Informazioni?»
«Una volta era dall’altro lato del piano, ma poi ho saputo che l’hanno spostato all’ultimo piano…»
«All’ultimo piano? E perché mai avrebbero dovuto spostare un Ufficio Informazioni all’ultimo piano? Che utilità potrebbe avere in quella sistemazione?»
«Ah! Non lo capisce?»
«No. Proprio non ci arrivo…»
«Evidentemente non avevano altro posto per metterlo, no?»
«Avrebbero dovuto metterlo all’inizio, al pianterreno, o comunque al primo ufficio libero partendo da sotto e spostare quello che era lì al settimo piano…»
«Certo, avrebbero dovuto. Ma si dà il caso che l’alloggio del Direttore Generale di questa filiale sia proprio lì e che egli detesti fare le scale, sa, qui c’è sempre l’ascensore rotto…»
«Va bene adesso la saluto…», disse Nemesis per liberarsi di quella persona che in definitiva non gli era stata minimamente utile e gli aveva fatto perdere solo del tempo.
Tornò verso le scale e l’ascensore. Gli operai erano stati illuminati da un’idea.
«Ascolta! Adesso tu vai giù, okay?»
«Giù dove?»
«Al pianterreno! Dove sennò?!»
«E che ci vado a fare?»
«Adesso te lo dico, rincretinito! Tu stai lì e spetti l’ascensore. Io lo faccio partire, ma stai attento, lo faccio partire senza me dentro, spingo solo il tasto, okay?»
«Ah, ecco. Così capisco…»
«Su, vai!»
Nemesis arrivò al terzo piano. Lì trovò un vecchietto che appena lo vide guardarsi attorno gli chiese:
«Che deve fare?»
Nemesis sperò di essersi imbattuto in qualcuno che conosceva il fatto suo.
«Devo recarmi all’Ufficio Vertenze, sa dirmi dove è?»
«Deve scendere giù e fare il ticket…»
«Giù?! Ma ci vengo da giù, e mi hanno detto che l’hanno spostato da un’altra parte! E poi perché dovrei fare il ticket, si può sapere? Non dovrebbe essere gratuito?!»
«Signore, se uno deve andare all’Ufficio Demenze deve pagare un contributo allo Stato per la visita psichiatrica, non trova? Non l’ho fatta io la legge, non se la prenda con me…»
«Un attimo, un attimo! Io ho detto l’Ufficio Vertenze, non Demenze!»
«Ah, vertenze, avevo capito demenze. Perché per le demenze ci vuole il ticket…»
«Non sa dove è questo ufficio?»
«Prima deve fare il ticket. Dopo le dirò dov’è l’Ufficio Demenze…»
«No! No! Vertenze! Vertenze!», si incaponì Nemesis comprendendo di star parlando o con un duro d’orecchi o con un folle.
«Ah, no, questo non lo so, deve chiedere all’usciere…», alzò le mani l’uomo.
«Ma l’usciere non è al suo posto sennò glielo avrei già chiesto!»
Al che si intromise un vecchierello con un bastone seduto su una seggiola davanti a una porta con sopra il disegno di una croce rossa, come si fosse trattato di uno studio medico.
«Chi dice che l’usciere non è al suo posto?»
«Io lo dico!», disse Nemesis che si cominciava ad alterare.
«E come osa affermare il falso così impunemente?»
«Ma io non affermo il falso! Come si permette? Evidentemente dico che non c’è perché ci sono passato!»
«Dove sarebbe passato?!»
«Nell’ufficio dell’usciere! E lui non c’era!», alzò la voce Nemesis.
«Questo è impossibile! Potrei querelarla per una cosa del genere, lo sa?»
«Ma che sta dicendo?! Chieda al poliziotto se non ci crede!»
«Quale poliziotto?!»
«Quello al piano terra, quale sennò?»
«E perché dovrei chiederlo a lui?!»
«Perché condivide lo stesso locale dell’usciere assente, ecco perché!»
Ormai il tono dei due era molto concitato, tanto che sembrava che tra breve sarebbero passati alle mani…
«E invece no! Non può essere! Quel che dice è folle e illogico!»
«E perché mai lo sarebbe?!», disse Nemesis esasperato.
«Perché sono io l’usciere, ed è questo il mio posto! Quindi, come vede, mi trovo perfettamente in regola con le disposizioni!»
Nemesis rimase basito dallo sviluppo imprevisto, poi replicò a voce comunque alterata ma moderatamente meno esagitata.
«E allora perché diavolo il poliziotto non me l’ha detto?! E perché di sotto c’è un cartello che dice che l’usciere si trova là?»
«Non lo so! Forse perché non l’hanno avvertito della novità. È da un anno che mi hanno spostato qua. E il cartello… pure quello devono ancora cambiarlo, evidentemente…»
«Ma scusi, tutto ciò è dissennato. Lei è un anno che si reca a lavoro, che viene qui, che ogni giorno entra in quest’edificio e non le viene in mente che sia il caso di cambiare quel cartello all’entrata?», cercò di far chiarezza e di metterlo con le spalle al muro. Ma il vecchio non era disponibile ad accollarsi alcuna colpa.
«Giovanotto, ma io mica posso prendere questo tipo di decisioni! Queste cose le fa l’Ufficio Tecnico. È loro compito aggiornare la cartellonistica, non mio! Se mi pagassero, potrei farlo io, certo, ma dato che qui nessuno mi pagherebbe per fare il suo lavoro, che se ne andassero tutti al diavolo!»
Il vecchio sembrò stanco della disputa e, sfiatando come un pallone forato, si ributtò sulla sedia che aveva accolto precedentemente le sue stanche natiche ossute. Nemesis cambiò tono di voce e cercò di non essere oppressivo.
«Sto cercando l’Ufficio Vertenze, signor usciere. Sa dirmi dove è, o devo chiedere in Parlamento?»
L’usciere, sentendosi fiacco, rinunciò a battibeccare.
«È all’ultimo piano. Prima stanza a sinistra, in fondo al corridoio di destra…»
«Grazie», disse Nemesis con un tono uniforme, celando il suo risentimento. Poi guardò l’orologio e si rese conto che il suo tempo era scaduto. Decise quindi che sarebbe tornato un’altra volta…