Run

Film che parte in quinta e non ti molla più fino alla fine. Una cavalcata nel terrore che, seppure si protrae solo per un’ora e venti minuti, sembra molto di più e lascia alla fine emotivamente provati.

Sarah Paulson, che ho imparato a conoscere e apprezzare attraverso alcune serie tv, qui anche regista (se non erro), si ritaglia un ruolo cucito su misura per sé, in una storia paranoica in cui assistiamo a questo forte legame tra una madre e la figlia in sedia a rotelle, afflitta da molte patologie invalidanti.

Questa giovane ha fatto domanda per esser presa in certi college prestigiosi e sta attendendo con impazienza le risposte per posta – già qui intuiamo che forse sotto sotto non veda l’ora di squagliarsela dalla casa materna, ma non ne conosciamo il motivo. Poi di lì a poco scopre una cosa che le instilla un terribile dubbio: quella madre così attenta a lei e totalmente focalizzata sulla sua vita… forse non le sta dando le medicine giuste? E se è così, come mai?

La storia di un amore folle, patologico e malato. Una storia terribile, ispirata a una vicenda vera.

Un ottimo prodotto, nel suo genere.

Il giardino dei limoni

Un importante politico israeliano si trasferisce ad abitare in un territorio di confine. La sua vicina è una matura vedova che ormai vive solo per il suo bel giardino di limoni, tra l’altro sua unica fonte di sostentamento. Il politico però pensa che quel giardino possa rappresentare un problema per lui, dato che da li potrebbero giunger pericoli concreti di attentati alla propria persona. Così stabilisce arbitrariamente che il limoneto, per questioni di Stato (dunque superiori a ogni altra possibile ragione), vada distrutto e la donna risarcita economicamente per quella sua perdita. Ma la donna non vuol rinunciare a quella che per anni è stata la sua unica ragione di vita. Decide quindi di ricorrere a un tribunale per dipanare la disputa ed ottenere giustizia…

Ecco dunque un film sul mostro Golia-Stato contro il piccolo Davide-cittadino…

Massimo Varchetta + Antonella Tomaselli: 25 grammi di felicità

È la storia di un veterinario di bovini a cui un giorno si intenerisce il cuore trovando un piccolo riccio moribondo.

È la storia di tutto il suo percorso – i ricci sono animali molto particolari che necessitano di competenze speciali – che lo porterà poi ad aprire un suo rifugio per questi adorabili e timidi animaletti ormai a rischio estinzione, particolarmente fragili, di cui pochi si interessano.

Se avete un cuore, vi commuoverete. Se amate gli animali, questo libro lo adorerete.

Se per caso trovate un riccio da qualche parte, sappiate che il cibo per gatti è compatibile col loro e lasciandoglielo gli farete cosa gradita.

Il centro che ha aperto si trova su facebook. Basta cercare:

Centro Recupero Ricci La Ninna

25 grammi di felicità

Marco Tagliapietra: Orientalia

I disegni e l’arte di Tagliapietra al servizio di questa storia con tante storie dentro che riesuma antiche leggende inerenti Venezia e in particolare il rapporto che questa città mercantile ebbe nei secoli coi turchi/ottomani.

È sempre un piacere incontrare questo artista. Tuttavia la storia (di chiaro intento didascalico) forse poteva essere un poco più approfondita. Invece così, a lettura ultimata, non è che resti molto, a meno che siate proprio appassionati della storia di Venezia.

Insomma i bravi autori ci hanno provato. Ma come “fumetto di qualità” gli manca qualcosa.

L’insulto

È la storia di un alterco tra un libanese e un palestinese che si ingigantirà sempre più, finendo in tribunale, coinvolgendo anche intere fazioni politiche (pro Palestina o contro).

Il film è una perfetta metafora del casino del Medio Oriente. Dove ormai se ne sono combinate di così grosse, e da entrambe le parti, che non ha più alcun senso continuare a farsi la guerra (questa la facile morale che si trae dal film). Perché la guerra non è in grado di risolvere alcuna disputa: al contrario, serve solo ad autoalimentarla.

È un film ottimamente orchestrato che tutti dovremmo vedere, tanto più in questo periodo in cui c’è una costante escalation di violenze belliche in Medio Oriente e non solo.

The Master (film di P. T. Anderson)

Freddie è un reduce della guerra che sviluppa una sindrome post traumatica.

Tornando dal fronte, prova a vivere pacificamente in società, come fotografo; ma non ci riesce: ha scatti di violenza immotivati.

Finisce tra le grinfie di un santone paraculone che vorrebbe dire a tutti come vivere – tal personaggio è ispirato al fondatore di Scientology. Di certo il tipo ha charme da vendere e usa svariate tecniche psicologiche per assoggettare le menti. Così, tra questi due personaggi molto diversi tra loro, si sviluppa bene o male un forte legame. Tuttavia, anche se Freddie trae qualche modesto beneficio da tale rapporto (perché, in definitiva, qualcuno sembra interessarsi di lui), in realtà non è che compia veri passi avanti per risolvere realmente la propria condizione di disagio mentale…

Un bel film su di un argomento interessante e niente affatto banale, che personalmente trovo anche un po’ disturbante: ovvero il mondo delle sette e la manipolazione psichica.

L’ora legale

Come forse saprete, apprezzo particolarmente Ficarra e Picone e trovo la loro comicità sempre caratteristica e gradevole.

Questo film, come altri loro, è molto divertente. Stavolta la storia è tutta incentrata sulla nostra italietta corrotta ormai abituata al ladrocinio, non più in grado culturalmente di venirne fuori, destinata all’inevitabile sprofondamento morale ed etico.

In un paesino del sud (ma la storia avrebbe potuto tranquillamente ambientarsi in qualsiasi altra parte d’italia) finalmente, dopo un grosso scandalo, viene deposto il corrottissimo sindaco. Ne subentra subito uno nuovo che davvero ha voglia di cambiare le cose facendo rispettare le leggi e i meriti. Ma i cambiamenti che egli apporterà, col tempo, finiranno per scontentar tutti, compresi coloro i quali lo avevano votato…

Si ride parecchio, si fa satira sociale, e c’è il marchio comico di questi due. Per questo dico che è un film molto riuscito.

Kathy Reichs: Ceneri

Kathy Reichs, l’autrice, è realmente (come il personaggio creato) un’antropologa forense che si intende parecchio di medicina legale. Per cui tutto quello che scrive è realizzato con profonda cognizione di causa. Se ci aggiungiamo poi che è anche sufficientemente brava a scrivere e sa plasmare aspettative e sentimenti in chi la legge, capirete che si può tranquillamente affermare che il libro sia riuscito.

Il mio unico cruccio è rappresentato dal fatto che questo non è proprio il mio genere. Dunque codesti libri li posso leggere solo per svaccarmi tra un romanzo e l’altro, per staccare, o come passatempo. Per il resto non mi interessano minimamente. Ma se qualcuno di voi ama il genere (tipo CSI), sicuramente non rimarrà deluso.

La storia. La protagonista si imbatte in uno strano mistero. Vengono trovate ossa di orso accatastate da qualche parte. Viene trovato il corpo carbonizzato di un neonato. Vengono trovati arti mozzati. Vengono trovate piume di uccelli esotici bruciate insieme a della droga. Come combinare queste cose tutte assieme?

Ci sono molti personaggi coinvolti (questo rappresenta un piccolo inconveniente per la storia, perché talvolta si fatica a distinguerli, anche se la si riesce a seguire lo stesso). L’indagine è intramezzata da ampie pagine della vita relazionale della protagonista.

Il soggetto della storia purtroppo è drammaticamente realistico e attuale: si parla sopratutto di bracconaggio e traffico di animali (o parti di essi) brutalizzati. Uno dei mercati più redditizi assieme a quello della droga.

LA MORTE DEL CAIMANO: PERCHÉ LA SUA VENUTA È STATA UNA TRAGEDIA DALLA QUALE L’ITALIA NON SI RIPRENDERÀ PIÙ

Sì, b ha cambiato davvero la storia d’italia. E lo ha fatto in peggio, ovviamente.

La sua venuta ha cambiato per sempre la cultura italiana facendola regredire di decenni. Come ci è riuscito? Ovvio: la risposta già la sapete. E il bello è che si sapeva fin dall’inizio che ci sarebbe riuscito in quel modo.

b era un solo uomo, dirà qualcuno, e un solo uomo non può cambiare il destino di un intero paese. Okay, ma lui in realtà non era mica solo. A parte che partì col favore della mafia… Ma poi lui ha sempre potuto contare su un intero esercito di gente senza scrupoli morali al suo soldo, che lavorava per lui e infatti lo sponsorizzava a ogni occasione: le televisioni e i giornali. Semplice.

Le televisioni. Quella cosa che (ma solo a parole) preoccupava tanto la sinistra, all’inizio, che infatti voleva fare una legge sul conflitto di interessi, ve lo ricordate? Solo che poi si sono accordati sottobanco per non togliergliele mai, quelle televisioni. Questa è storia.

Con le televisioni i dibattiti politici sono diventati gli stessi che si vedevano a Uomini e Donne: gente che urla, che si parla sopra. Gente che dice cazzate a destra e manca, senza alcuna vergogna. Gente che utilizza puri strumenti retorici più vicini allo stomaco che alla testa. In una parola: ecco il populismo!

Vi ricordate come erano una volta i dibattiti politici? Due o più politici su posizioni diverse parlavano educatamente uno alla volta, non interrompendosi quasi mai nonostante la vedessero all’opposto. Da allora le cose sono molto cambiate, non trovate? Oggi la regola è proprio quella di applicare il “protocollo Uomini e Donne”: parlarsi sopra, urlare, affermare colossali castronerie. Non conta dire la verità, conta sembrare persone decise che sanno quel che dicono.

Oggi i programmi politici fanno finta di informare mentre invece fanno solo disinformazione. Oggi chi ha torto è uguale a quello che pure potrebbe avere teoricamente ragione.

Lo vediamo bene come e in che misura la rai sia stata prima occupata e poi smantellata da b. Oggi l’informazione della rai fa schifo quanto, e delle volte anche più, di quella mediaset. Oggi ci fanno parlare e discutere di quello che vogliono loro (oggi molto più di ieri) censurando notizie e distorcendo continuamente la realtà.

Questo ha fatto b. Ha cambiato la cultura di un intero paese facendolo retrocedere di decenni (forse secoli?).

E non ci rialzeremo mai da questo sprofondo d’ignoranza in cui siamo precipitati. Ormai è troppo tardi.

Il popolo ha già dimostrato che gli si può fare di tutto. Non si ribellerà mai. Sia per ignoranza che per viltà.

Fine.

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ITDIDEU: Donne seviziate 3/8

Mentre sorseggio il thè bollente cercando di non ustionarmi la lingua, Aisha mi parla del suo ragazzo, di quello che conobbe realmente solo dopo che accettò di fidanzarsi con lui: quando lui cambiò diametralmente rivelando di essere la persona meschina che era. Lui non era davvero gentile, mi dice. Aveva sempre solo finto di esserlo, per potersi meglio avvicinare a lei. Finalmente viene fuori il nome del tipo, che però a ogni modo chiamerò Yusef, che non è il suo vero nome.

Yusef era assai possessivo e manesco. Con il passare del tempo Aisha cominciò a capire che la sua ragnatela si era stretta ormai così tanto attorno a lei che già la soffocava. Un mese dopo il loro fidanzamento, lui la picchiò per la prima volta perché lei gli aveva detto che l’avrebbe chiamato e invece lei non l’aveva fatto.

Due settimane dopo, appena i lividi furono scomparsi, lui riprese a picchiarla appigliandosi a delle inezie. Le diceva che era una donnaccia, che lei lo tradiva (o comunque tentava costantemente di farlo): non lo riveriva a sufficienza, dato che lui era colui il quale presto sarebbe diventato a tutti gli effetti suo marito.

Anche il sesso con lui divenne sempre più violento, distaccato dai sentimenti e bestiale. Dice proprio così. Dunque nasconde il volto guardando fuori dalla finestra. L’argomento la imbarazza. Comunque a me non interessano i dettagli. Non le chiederò di riportare nulla che non le va di dirmi.

Per quelle botte si consultò con i genitori e, seppure suo padre le disse semiserio, quasi spalleggiando il suo boia, che “non era male battere una donna una volta ogni tanto”, alla fine anche lui cedette concedendole il suo beneplacito a lasciarlo e a cercare di trovarsi al più presto un altro marito. D’altronde l’età media dei matrimoni si è molto alzata ultimamente nel paese di Aisha, per cui lei era ed è ancora oggi sufficientemente giovane per non essere considerata una “zitella che nessuno più vuole” (espressione del padre).