Italo Svevo: La coscienza di Zeno

È un libro che amo molto. Devo dire che non è scritto benissimo (altrimenti ci troveremmo a parlare di un capolavoro) e che si fatica un po’ a leggerlo: la narrazione non è scorrevole… Però… Per la miseria! È un’opera talmente potente! La cosa che più di tutte mi piace è la sua estrema sincerità, cosicché si capisca benissimo che la maggior parte dei fatti narrati hanno delle più che solide fondamenta nella realtà dell’autore…
Il libro è insolitamente diviso per argomenti… Ma in verità, a ben vedere, trovo comprensibile che sia stato realizzato in questo modo: infatti, se voi foste uno che ha un sacco di avvenimenti da spiegare (i quali avvenimenti si accavallano uno sull’altro e non si diramano che in moltissimo tempo) e non foste dotati di una tecnica espositiva che vi permetta di esibirli in una maniera chiara e comprensibile, che cosa fareste? Logicamente li organizzereste per temi, poiché così almeno avreste diviso il problema più grande in tanti più piccoli…
Ed infatti questo libro faticò non poco a trovare un editore disposto a pubblicarlo e fu necessario riscriverlo diverse volte per renderlo più presentabile (non oso pensare che cosa fosse all’inizio! Forse qualcosa di sintatticamente intricato come lo stile di Virginia Wolf, che però almeno sembra apparentemente fluidissima, ma poi invece comincia ad aprire discorsi dentro discorsi, in modo che son si capisca più chi è il soggetto della frase, e rende illeggibile quello che scrive…).
Ricordo ancora le sezioni nelle quali è suddiviso il libro: l’interminabile lotta contro la dipendenza da sigarette (che poi è il capitolo più famoso – ma non il migliore secondo me! – , probabilmente perché è il primo! Cioè, non credo che tutti quelli che millantano di aver letto la Coscienza di Zeno lo abbiano davvero letto tutto quanto, e anzi ho modo di pensare che, riscontrandolo assai ostico, si siano arrestati alla prima fermata); il sofferto ma intensissimo legame con l’amato padre (e la sua morte, che rappresentò per il protagonista il primo vero trauma della sua vita); il divertente e grottesco racconto di come Zeno finì per sposare sua moglie (che da un lato ama sinceramente, ma che poi non riuscirà a non tradire ignobilmente); le storie dei suoi vili tradimenti (vili, in quanto consumati bassamente tramite una serie di sotterfugi, falsi complimenti, trappole lusingatorie, ma anche facendosi forte del potere ricattatorio che da sempre forniscono i soldi, e quindi approfittando dell’indigenza delle sue povere vittime); e poi la storia del disastro commerciale della sua ditta e lo sfaccettato rapporto con un suo parente impegnato nella faccenda…

È un libro che rimane dentro. Una volta letto non ti abbandonerà più. È anche grazie a questo libro se ho preso a scrivere racconti che (dal punto di vista del narratore) sono molto schietti…

I mali dei deboli

Ci sono dei giorni che sono diversi dagli altri. Sentiamo un senso di spossatezza improvvisa, oppure si fatica a respirare: magari la temperatura è salita o scesa troppo in fretta ed il nostro organismo ha difficoltà ad abituarvisi; magari poi avvertiamo una malevola percezione che si propaga dall’umidità dell’aria (insolitamente spropositata). E se per caso il giorno prima, per un qualsiasi motivo, abbiamo fatto una sfacchinata, o abbiamo dormito poco o male, o anche abbiamo fatto l’amore, avremo la sfortuna di provare quei nefasti effetti sulla nostra salute anche più degli altri…
Ed è proprio in quei giorni, in cui la gente malata e debole, magari quella che già non stava troppo bene prima, quella più sensibile, va davvero in crisi e spesso muore. In quei giorni la gente debilitata ha i picchi di mortalità. E mentre noi sentiamo che c’è qualcosa che non va nell’aria, e a modo nostro arranchiamo, ci sono persone (le più fragili) che combattono la loro spietata guerra col destino e spesso la perdono, perché non hanno la forza di vincerla.
Ed è da chissà quanto tempo che qualcuno si è accorto che in certi periodi si muoia statisticamente di più e, come se infuriasse una specie di terribile rappresaglia della natura nei nostri confronti, viene scatenata una sorta di estrema lotta alla sopravvivenza in cui solo i più forti sopravviveranno. Così il vento porterà, oltre alla sua brezza, anche le convocazioni a centinaia di persone per il loro funerale…
E nessuno fa niente per questi fatti e li si prende come normali e naturali. I governi tacciono. Loro, anzi, sono contenti di dover pagare meno pensioni… Ma noi non siamo mica animali. Noi non dobbiamo sottostare alla legge del più forte, del forte che mangia il debole, il quale soccombe. Noi siamo esseri umani e dovremmo essere al di sopra di queste cose ed occuparci sopratutto di quelli che ne hanno più bisogno.

Assaggi e consigli #2 [Consigli…]

Il giorno dopo ho un matrimonio. Si sposa Enrichetta. Mi vesto come un pagliaccio e vado (da solo, ma questa sarà la mia ultima volta, quanto è vero Iddio!). Durante la funzione accade qualcosa di molto comico e grottesco. Il prete ad un certo punto (con la compiaciuta complicità di metà degli occupanti della chiesa) si disinteressa delle nozze da celebrare e incomincia a fare allusioni verso lo scapolato di Bob. Bob è un tipo assai fico. Abbiamo fatto le scuole assieme (ed a dire la verità allora nessuno se lo intruppava). È sempre stato un belloccio, ma solo da davanti (dico sempre io). Infatti Bob è dotato di un profilo greco, con un naso talmente schiacciato che la punta non gli indica davanti, ma più che altro le sue scarpe. Ed io l’ho sempre preso in giro per questo…
Bob si trasformò da invisibile sfigato qualsiasi a macho super sexy da dover necessariamente accalappiare (per una donna) nel momento in cui divenne un chirurgo sempre più rinomato e famoso e ricco, e quando contemporaneamente gli si cominciarono prematuramente ad ingrigire i capelli, che gli donarono quel tanto decantato fascino del brizzolato di cui si sente tanto parlare. Da allora tutte le persone di sesso femminile che conosco e che erano libere hanno tentato almeno una volta di allacciare una relazione con lui (e pure quelle già impegnate nondimeno non si sono private di flirtarci come stupide ochette depravate).
Cosicché, Bob, (prima per tutti) per togliersi di torno quel nugolo di falene fatali, ha dovuto prendere in seria considerazione l’idea di accasarsi anche lui. E dopo molto cercare in giro, ed in luoghi sia conosciuti che sconosciuti, devo dire che la sua scelta finale è caduta su una donna incredibilmente valente, che forse meglio non poteva essere. Sto parlando di Caterina. Caterina è la donna più donna che io abbia mai conosciuto. Bellissima. Se indossa un abito lungo sembra fatta per sfilare. Se si camuffa da casalinga invece somiglia alla madre attenta e premurosa che tutti quanti noi avremmo sempre voluto avere. Sarà che è una grandissima attrice (ma su certe cose non si può mica bluffare; o se le hanno, certe qualità, oppure no), ma è l’unica donna al mondo che testimoni che (teoricamente) possa esistere una donna sensualissima e perfetta sotto ogni profilo possibile. Caterina è l’attrice migliore che io abbia mai veduto recitare. Quando potei scorgerla a teatro rimasi così folgorato che, se non avessi saputo che aveva già intrecciato una qualche relazione con Bob, mi sarei sicuramente fatto avanti (e anzi, ero già mezzo infatuato).
Anche se poi tutta questa perfezione, come se si dovesse comunque pagare un qualche scotto alla felicità, si è rivelata non esser tale (non almeno in quella misura spropositata che credevo io). Infatti Caterina, almeno una volta l’anno, ha un crollo nervoso, e allora si deve ricoverare. Ed io non ci volevo credere quando l’ho saputo. Lei, così sicura, vitale, robusta, sempre adatta per ogni situazione, capace di fronteggiare anche le asperità più bastarde della vita, anche lei ha dei momenti di fragilità nei quali potrebbe spezzarsi per sempre… Mi fa una pena… Ma da quando lo so mi è anche più simpatica…
Tornando al rito, il prete allude al prossimo matrimonio di Bob, e tutti i fedeli gli vanno appresso sghignazzando e si girano verso il malcapitato (che non ha portato con sé Caterina, prevedendo che altrimenti avrebbe attirato le illazioni come api sul miele) facendogli sberleffi e strizzatine d’occhio di ogni sorta (accompagnandoli pure con gesti oltraggiosi). Bob si schernisce e si volta indietro fingendo di discutere con un amico posizionato nella panca precedente la sua. Ma tutti sorridono e fanno cenni di intesa ancora peggiori, ribadendo che lo scapolone finalmente si ammoglierà…
Anche Enrichetta ed il suo sposo guardano verso Bob sorridendo indulgenti… Robe dell’altro mondo! Dunque il matrimonio va praticamente a puttane e sembra che tutti parlino dei fatti loro come se si trovassero in un enorme salotto, o ad una fiera di paese. Ormai la funzione è bloccata e non ho idea di quando riprenderà. Mi viene un’idea folle: perché non vado a chiedere consiglio a Bob circa la mia complessa situazione sentimentale? Uno come lui, che come me, ha atteso molto prima di cadere preda del prossimo sposalizio, potrà darmi un consiglio d’oro e di sicuro competenza!
Mi sposto e cerco di andare a parlargli. Ma altri hanno avuto un’idea simile (ma ritengo mossa da avvisaglie molto più frivole delle mie) e mi intralciano. Inoltre è lo stesso Bob a fuggire da tutti avvicinandosi all’uscita della chiesa. Faccio in tempo solo a enunciargli «Scusa, Bob! Volevo chiederti una cosa…», ma lui, che mi percepisce appena in quel marasma di gente trotterellante, e che pensa che gli debba anche io chiedere un prestito o qualcosa del genere, si limita a dirmi «Scusa te! Sto andando via…», ed esce.
Mi ritrovo fuori, avendo seguito il flusso della corrente che mi ha portato ad accodarmisi (ed ignoro come e se proceda la liturgia all’interno della chiesa, perché ormai gran parte degli invitati sono fuoriusciti come uno spumante appena stappato). Ravviso Domenico, un tipo bizzarro ma autentico: è direttore di orchestra e da anni è sposato con la sua sgallettata mogliettina. È sempre sorridente, lui e il suo pizzetto da moschettiere, i suoi capelli lunghi e quegli occhietti scuri da felice beota. Ma sì! Lo chiedo a lui il consiglio… Uno come lui, che è sposato da tanti anni (e fin da quando era giovine), un’opinione me la saprà pur dare se preferire Morena o Letizia, no?
Ma, quando mi avvicino abbastanza da lambirlo e gli comincio la storia, capisco che invece lui non sarà mai in grado di comprendermi sul serio… Che ne può sapere lui delle tentazioni della carne, di come stabilire quale sia la donna migliore per viverci, uno che ha rinunciato alle passioni più vere (o che almeno le ha confinate al solo ambito musicale)?
Lo saluto e me ne vado sul vialetto della basilica, dove però avvisto un altro amico al quale poter fare la stessa domanda. Si tratta di Dino il giardiniere. Non ci vediamo da anni ma ricordo quanto gli piacesse discutere di problemi filosofici e di sofismi vari, e anche in una maniera caratteristica e scevra dai comuni pregiudizi. Ci feci un sacco di chiacchierate interessanti con lui, quando frequentavamo entrambi quel certo cinema…
Perché no? Il suo giudizio mi diventerà fondamentale, basilare. Lo voglio avere. Sono certo che lui possa squarciare il velo della verità ed indirizzarmi laddove è la mia giusta via… Gli faccio la posta, lo aggancio, lo adulo e cerco di fargli un riassunto concentrato della mia vicenda, compreso il mio persistente titubare quando devo decidere con chi stare.
Lui mi lascia parlare per cinque minuti filati ascoltando tutto con abnegazione e abbassando gli occhi alcune volte per meglio focalizzare gli argomenti che gli sottopongo. Ma poi mi mette una mano sul braccio e mi dice di fermarmi (chissà perché avevo intuito che potesse finire così: ad un certo punto Dino sembrava quasi scuotere la testa disapprovando il mio resoconto).
«Fermati, Giuseppe! Per chi mi hai preso? Per l’oracolo di Delfi? Ma che vuoi che ne sappia io se per te è meglio la donna focosa ma traditrice, o quella delicatuccia ma permalosetta? Scusa se sono così brutale, eh! Però non ti voglio e non ti posso dare false speranze… Mi fa piacere che lo hai chiesto a me, però su queste cose gli sbagli si fanno da soli… E se ti dicessi qualcosa che indirizzasse la tua scelta solo affidandomi a mie pleonastiche fisime mentali? Eh? Come la metteremmo in tal caso? Mi renderesti per sempre complice di un tuo ipotetico fallimento, sempre ammesso che di fallimento si tratti, mentre io, ti ripeto, non voglio sul groppone alcuna responsabilità del genere, tanto più che non ho conosciuto personalmente né l’una né altra, ed il mio sarebbe un doppio salto mortale nel vuoto e senza paracadute…»
“Ne l’una né l’altra”… Mi rimane in testa. Beh, il suo ragionamento non fa una piega. Ha dannatamente ragione (però, che cavolo! Almeno un suggerimentino me lo poteva dare…). Ed io ho rifatto la figura dell’idiota con lui per l’ennesima volta (ma ormai una in più o in meno…). Se non mi ritrovassi con l’acqua alla gola e non dovessi decidere il destino della mia vita in così poco tempo, non avrei mai fatto questa castroneria…
Mi rendo conto di essere molto più disperato di quanto mi immaginassi. Ma poi ho un colpo di genio: ma certo! Dino non poteva esprimere alcun giudizio, dato che non le conosceva: però si da il caso che esista un mio caro amico che le conosca (e molto bene tutte e due). Corro a casa a chiamare Paco.
Paco è sposato da dieci anni con Lambra. La conobbe quando eravamo ragazzi e io gli dissi subito che lei era la ragazza adatta a lui. Quindi mi deve un favore per certi versi, ed è venuto il momento di sdebitarsi. Faccio il numero e mi risponde lui. Quanto tempo che non ci sentiamo, bla, bla, bla, come va il lavoro?, io bene, e il bimbo?… Cerco di pragmatizzare il più possibile il tempo perché mi dichiara che stava cambiando il pannolino al bambino e che non lo può tenere e sederino scoperto per troppo tempo, che poi gli si raffredda…
«Hai visto il mio sito? Ci ho scritto dell’ultimo dilemma che attanaglia la mia vita recentemente…»
È da lustri che tengo aggiornato un blog-diario nel quale, firmandomi con uno pseudonimo, discorro spudoratamente di cose personalissime della mia esistenza. Lui è uno dei pochi che è a conoscenza della mia vera identità…
«Veramente non ho mai tempo di visitarlo… L’ultima volta ci sarò andato a natale, quando parlavi del tuo cane…»
Del mio cane?! Ma saranno da due anni che non parlo del mio cane… Ma a quale natale si riferisce?! Accelerando la velocità di esposizione, gli snocciolo i fatti salienti in meno di cento parole. E lui attacca a rispondermi:
«Beh, io non ti so dire quale delle due sia meglio per te. E, a dire il vero, mi sorprende anche che, proprio tu, abbia scelto infine di cedere e di diventare un tipo normale come me e come tutti… Tu che hai sempre detto che non ti saresti mai accasato e che, per essere coerente, neppure ti mettevi mai con una ragazza…». Lo esorto all’ordine e ad attenersi scrupolosamente alla materia del contendere. «Okay, okay. Ci arrivo… Poi ti posso dire che a me non piace nessuna delle due» (e questa non è una novità. Pur essendo di bocca buona le ha sempre schifate) «e non capisco perché abbia ristretto il campo proprio a queste due, tra tutte quelle che ti sei lasciato dietro e di cui ti sei innamorato, spesso anche solo per uno sguardo…», mi assesta una stilettata.
«Non esagerare adesso! Comunque le ho scelte sostanzialmente per due motivi: provo ancora molto per loro (e loro per me); e loro non mi hanno ripudiato, odiandomi e facendomi una croce sopra come se io non esistessi più, o realizzando delle bamboline voodù con le mie fattezze nelle quali infilare spilloni acuminati (e specificatamente all’altezza del pube)…»
«Capisco… Beh, vediamo un po’ che ti posso dire spassionatamente… Morena, sì, è carina, a me piace fisicamente,» almeno lo ammette… «ma come puoi fidarti di una come lei? Non ti ricordi di quella volta che si era messa con quell’altro e che non ti aveva detto nulla?».
Eccome se me lo ricordo.
«Certo. Ma quello era il passato, e la nostra situazione non era ben definita. Si spera che quando staremo assieme sul serio la pianti di fare la coccinella e che si contenti di me, anche perché io la farò innamorare alla follia di me!…», chissà perché non credo neppure io alle mie parole…
«Se sta bene a te! Fa un po’ come ti pare! Io non ci riuscirei mai… E poi è talmente stronza quando ci si mette! E pensa pure di essere intelligente, mentre invece è una di quelle donne stupide che continuano a ripeterti una cosa anche se tu le hai appena dimostrato che è erronea…». Mi rammento solo allora che lui e lei una volta litigarono di brutto, e lei lo prese così per il culo che lui non trovò niente di meglio da fare che abbandonare la festa alla quale era con la coda tra le gambe. Da allora l’ha sempre evitata…
«Ma passiamo all’altra, che è meglio… Ecco, Letizia, all’apparenza sarebbe nettamente migliore di Morena, almeno psicologicamente… Anche se fisicamente paga pegno… Innanzi tutto è bassa…» e da quando in qua sarebbe un difetto?, penso, «Poi non è che sia così perfetta a livello di portamento e di struttura…»
«…Ossea. Lo so. Ma che vuol dire? Anche Morena ha le gambe piuttosto inarcate. Tu non gliele hai mai viste perché lei ne è consapevole e se le nasconde bene, ma io che l’ho vista nuda te lo posso certificare… E poi non mi interessa del fisico! Parlami piuttosto del carattere, che è più importante!», lo azzitto.
«Beh, il carattere di Letizia, dicevo, sembra migliore di quello di Morena. Però non ne sarei così sicuro in fondo. Infatti Letizia è tutta carina finché le cose le vanno bene, c’è il sole in cielo, non ha problemi di soldi, né di salute, eccetera… Ma basta anche solo che il suo capoufficio la tratti leggermente male… che lei somatizza tutto e magari è capace di ammusolirsi per settimane…»
«Poverina… È perché è tanto sensibile!…», provo a difenderla.
«Macché! La verità è che è un’individualista persa che non vuol mai vedere oltre il suo naso! È tutta concentrata su di sé, e se un giorno tu avrai bisogno di lei, pensi davvero che potresti contarci?», mi instilla un terribile dubbio.
«Sì. Se mi ama, sì. Nella buona e nella cattive sorte. In salute ed in malattia…», recito.
«See! Te lo sogni! Ti volterà le spalle senza neppure darti una spiegazione!», esprime caustico odio ad ogni parola. Ma non gli piaceva di più Letizia?
Poi sento un vagito stridulo e sua moglie lo irregimenta ad occuparsi del bebè (pure Paco non deve passarsela benissimo, visto il modo in cui lei lo comanda a bacchetta). Ed infatti mi attacca praticamente in faccia il telefono dicendomi caoticamente: «Scusa!… Devo andare che il bambino sbraita… Sentiamoci con comodo il prossimo week end… Ciao!».
Il prossimo week end? E chi ci arriva al prossimo week end vivo?! Per quella data la mia vita sarà tutta già decisa e pianificata. Devo decidere entro ventiquattro ore!
Il giorno innanzi sarei tentato pure di non andare a lavoro e di prendermi una giornata di ferie, così da spaccarmi la testa e aggravarmi di questa diavolo di decisione che mi sta avvelenando l’anima. Però poi, avendo invece la netta sensazione che da solo non ce la farei mai, avallo di recarmi ugualmente al lavoro e di chiedere magari a chi incontrerò lungo la via. Prendo la borsa e parto.
Ma sono già in ritardo ancor prima di uscire. Ho dormito troppo (poco) ed è equo che quindi mi sono svegliato molto dopo del solito e sono ancora piuttosto rincitrullito.
Salgo sul primo autobus che capita. Sarà quello buono? Quello che mi depositerà proprio davanti la sede della mia azienda? Non lo so. Però a quella fermata c’è solo un autobus che mi porterebbe da tutta un’altra parte. C’è solo da fare attenzione se svolta subito per una salita oppure se va dritto. Nel secondo caso, al massimo mi dovrò fare un pezzo a piedi, sempre se riesco a capire che autobus ho preso.
Mi sposto concitatamente sul mezzo affollato cercando di trovare un qualche segno identificativo. Ma niente! Non c’è, oppure non riesco a vederlo dalla posizione murata nella quale mi trovo. Dovrei chiedere a qualcuno ma non ne ho voglia. Sembrano tutti così presi a bestemmiare, telefonare o farsi il sangue amaro verso l’autista (che a sua volta smadonna) che non ho il coraggio di farlo.
Ma proprio nella voce dell’autista ravviso un tono insperatamente amico: si tratta infatti di Giorgio, detto il “gorgo umano”, per il suo modo di aspirare le sigarette… Assesto un paio di gomitate nelle gengive da latte ad alcuni innocenti bambini chiassosi ed ad una donna incinta (ma che secondo me è solo obesa) e riesco a farmi largo verso di lui.
Giorgio tra l’altro conosce Morena, dato che alcune volte ho preso questo stesso mezzo con lei e quindi gliel’ho presentata. Lo metto al corrente della mia spada di Damocle, del mostruoso responso che dovrò emendare entro un giorno, prima di perdere per sempre le uniche due donne che ancora sono sul filo del rasoio per me. E lui mi parla schiettamente.
«Giuseppe mio! Ti vedo messo molto male, sai! E pensare che ti avevo sempre creduto un tipo che sapeva godersi la vita e schivava i pericoli come se avesse il senso di ragno…»
«Lo so, però, vedi Giorgio… I tempi cambiano… E delle volte ho l’impressione che tutti si siano mossi prima di me e che già abbiano occupato i posti migliori… E non ci sono ancora molti posti liberi per andare laddove voglio recarmi…»
Apprezza la parabola viaggiatrice e me lo fa capire voltandosi dalla mia parte e rischiando per un attimo di prendere in pieno un motorino che gli taglia la strada da destra. Frena bruscamente e tre centenarie che fanno parte dei passeggeri perdono le prese e finiscono diritte diritte a terra come se si tuffassero sul loro letto di casa. E poi un dito di uno finisce nell’occhio di un altro e qualcuno ne approfitta per tastare tutto quello che può ad una ragazza scollacciata.
Piovono insulti da tutte le parti e Giorgio risponde a tutti con la giusta flemma inglese (urlando anche le parolacce che ha appreso in giro per il mondo, perché a lui è sempre piaciuto imparare le lingue); nel frattempo riesce a tenere il filo del discorso con me (il mio amico Giorgio mostra di avere delle qualità non da tutti… Si dice che Giulio Cesare era uno che riusciva a fare diverse cose contemporaneamente. Beh, Giorgio conduce pure un autobus in viottoli congestionati da persone, altri mezzi e cani, e non teme le macchine in doppia fila…).
«Giuseppe, se te lo devo proprio dire… A me quella Morena non è che piacesse più di tanto… Cioè, era bella, non c’è che dire, e magari sarà pure brava a letto, ma a me è sempre stata antipatica… Insomma, è una donna inaffidabile. E tu proprio lei ti vorresti impalare? Ma che ti sei impazzito?! E poi con tutta questa fretta…»
Risponde ad un altro paio di ingiurie circa sua madre e suo nonno in cariola e poi mi tocca di scendere alla mia fermata. La conversazione con lui mi ha piuttosto depresso. Per ora non ne ho incontrato uno che mi abbia incoraggiato… Eppure loro sono tutta gente sistemata, ammogliata, spesso con figli, con amanti, e con persone a carico… Strano che tutti mi dicano di non fare passi avventati, quando la maggior parte di loro si è fregata con le loro stesse mani e trascorrerà il resto della loro vita ad avere a che fare, litigare e cercare di ritagliarsi degli spazi sempre più infinitesimali di solitudine con le persone con le quali, volenti o nolenti, si sono circondati.
Quasi a farlo apposta incontro nello stesso tratto di strada che percorro un altro mio amico: questo è un collega. Si tratta di Carlo. Carlo è sposato da circa sei o sette anni, ha due bambini piccoli, quindi è ancora abbastanza giovane e ha circa la mia età. So che ha anche avuto una storia extra coniugale con una tipa con le zinne tutte di fuori, una talmente intrisa di volgarità che non avrei mai creduto che uno serio come lui ci si potesse invischiare (e di brutto, tanto che una volta mi confidò che stava pure per fare l’errore più grande della sua vita, cioè lasciare la moglie. E poi per cosa? Dico io, per una zoccoletta come tante!…); la sua storia clandestina è durata appena un mese, giusto il tempo di ripassarsela un paio di volte. Poi si è rotta l’amalgama che c’era. Cioè, lei ha capito che lui era uno povero in canna e che con lui non avrebbe mai potuto imprimere una svolta decisiva al corso della sua vita di mantenuta (e quindi se ne è presto trovato un altro); e lui ha capito che lei, più delle sue tette ed un certo buchetto, non poteva proprio dargli nulla, poiché non ne era dotata… Era troppo “mentalmente dimessa”, come diceva Carlo…
Sottopongo anche a lui il mio dilemma. Ma lui neppure mi sente… Fa un verso strano a uno che passa con il camion. Io gli chiedo che cosa ha detto a quel tipo e lui mi dice che quel camionista, che io non ho visto, mi ha preso in giro lasciando intendere che somiglio a Che Guevara (ma dove li trovano?!).
«Magari fosse vero…», dico io. E lui mi attacca un pistolotto sul linguaggio simbolico della società di oggi, non mi lascia parlare e poi mi abbandona bellamente quando le nostre strade si dividono. Ed io mi ritrovo ancora più scoraggiato di prima.
Ma quando Carlo non c’è più, quell’immenso camion che prima era passato, torna ad importunarmi. Ma stavolta suona quelle cappero di trombe bitonali che si ritrova (come se fosse un battello che sta per partire)… Ed è allora che ravviso finalmente il volto del camionista, che è una mia vecchia conoscenza… Si tratta di Nada, una che ai tempi dell’università mi faceva il filo senza, purtroppo per lei, concludere nulla. Eravamo pure usciti assieme una volta, ma poi l’avevo dovuta repentinamente lasciare perché quel giorno mio padre si era sentito male. Ma lei questo non l’ha mai saputo e ha sempre pensato che andassi da una mia presunta amante più piacente di lei… Da allora mi detesta e ha deciso di farmela pagare… E questa è la sua occasione di farlo mettendomi sotto con le poderose ed enormi ruote del suo camion (che ovviamente è un simbolo fallico), che più che altro sembra un enorme cingolato bellico in grado di travolgere qualsiasi cosa…
Corro come un pazzo verso una vietta laterale nella quale il suo bestione non potrà seguirmi. Faccio appena in tempo a salvarmi e sento lei che mi passa di lato, si affaccia dal finestrino e mi grida il suo sapido addio.
«…Finocchio!»
Certo. Per lei uno come me, uno che lei crede che l’ha rifiutata (mentre io stavo solo vagliando tutti i suoi pro e i suoi contro, per non illuderla o usarla come fanno tanti!) non può che essere un finocchio. Il suo ragionamento è molto femminile, penso… Ecco dunque di fronte a me un altra comprovata analisi dei nefasti influssi che si producano quando un uomo e una donna interagiscano tra loro…
Vedo passare un’anziana e tracagnotta signora con le buste della spesa: per via delle sue ginocchia non più solidissime ondeggia come un derelitto barcone dimenticato in mare. La fermo e (sembrandole uno squilibrato) pongo a lei quella domanda alla quale tutti sfuggono.
«Ma signora, io amo due donne contemporaneamente… Cioè, credo, ma non ne sono sicuro… Secondo lei, quale delle due dovrei sposarmi: quella focosa ma fedifraga, o quella mite ma segretamente spietata?»
L’anziana donna si ferma, mi squadra come se le avessi detto qualcosa che non ha alcun senso e mi regala il suo impagabile parere.
«Giovanotto, ma lo sa che lei è ridotto davvero male se lo chiede a me che non la conosco e che sono una che ormai è arrivata al capolinea?! Ce l’avessi io i suoi problemi, bello mio! Ma che sono problemi questi?! Come ritirare la pensione se le gambe non ti reggono più è un problema!… Che mangiarsi con questi pochi soldi è un problema!… Ma non mi faccia parlare! Non mi faccia parlare!», e se ne va tra l’indignato e lo scettico.
Proseguo il cammino, mi detergo il sudore e sbuco in una piazzetta che è uno dei centri nevralgici della città. Da qua ci passano ogni giorno tantissime automobili, mezzi di trasporto, gente in bicicletta o a piedi. Ed ad osservarli bene da vicino, sembrano tutti trafelati, con uno scopo preciso nella vita. Sembrerebbe che tutti sappiano esattamente quello che facciano, mentre io sono convinto che non lo sanno affatto. Solo che si lasciano coinvolgere, travolgere dalla corrente della società, di quella società che li vorrebbe troppo occupati a rincorrere il tempo per goderselo davvero, o troppo ingombrati ad ingannarlo per la paura che gli scorra davanti senza averlo afferrato, che lo abbiano sprecato. Ed è per questo che tutti quanti loro si sono precocemente accoppiati con altra gente similare a loro, ubriacandosi di un sogno di amore che è presto svanito come una bolla di sapone, e che ora è ridotto a mera consuetudine.
D’un tratto l’ho appreso come se fossi stato illuminato. Ed allora comprendo che quel miraggio che anelo è lo stesso che ha ingabbiato anche loro. Solo che io non voglio essere come loro. Provo disprezzo per questa gente fasulla. Io non sono così! Per cui… ‘fanculo Morena e Letizia! Siete tutte e due delle pazze scatenate e sareste entrambi delle pessime mogli complessate, chi per un motivo e chi per l’altro! Pazienza, se non troverò nessuna che vada bene: me ne rimarrò da solo tranquillamente come sempre sono stato con me… e amen. La libertà, quella vera, non ha prezzo. Ed anche essere nel giusto.

Assaggi e consigli #1 [Assaggi…]

Ho deciso. Ormai ho una certa età. Vedo tutti che mi superano, si fanno la famiglia ed invecchiano più o meno beatamente, mentre io resto al palo, come se non volessi abbandonare il tepore di quel consueto focolare domestico che mi ha sempre protetto e riverito, che mi ha permesso di conservarmi eterno ragazzo senza alcuna responsabilità (oltre le poche che per forza di cose mi son dovuto accollare).
Sì, perché io ho sempre fuggito le donne. Ho sempre atteso maniacalmente quella giusta che faticava ad arrivare, ho sempre pensato che quella dopo sarebbe stata meglio dell’attuale. Ho sempre storto la bocca brontolando: ma questa è troppo orgogliosa; questa è brutta e non provo alcuna attrazione fisica per lei; questa mi vorrebbe sposare subito; di quest’altra invece non mi fido perché ha avuto troppi amanti; questa guarda in un modo che si annusa che, se un giorno dovesse convincersi di odiarmi, allora non esiterebbe ad avvelenarmi, mentre mi accoltella, dopo avermi tramortito con un potente anestetico ed un bel colpo sulla capa…
Ma adesso basta. Ho deciso che finalmente prenderò questa decisione di decidere che decisione prendere. Ho due belle contendenti da scrutinare. Che sono le uniche che bene o male mi sono rimaste accanto, e so che mi amano e che è già da un po’ che mi attendono. Se dovessi esitare ancora, anche loro finirebbero per lasciarmi, piantarmi, giurarmi vendetta e silenzio eterno. Le dovrò assaggiare… Io che sono sempre stato così schifiltoso e che non ho mai voluto illudere alcuna, io che vado a letto solo con le donne di cui sono innamorato totale, io… farò una lieve eccezione alla mia regola, perché, devo ammetterlo, non sono proprio cotto delle mie pretendenti, forse un tempo – troppo breve – lo fui, ma adesso sono più infoiato che innamorato. Sarà che è pure primavera e che anche un cespuglio mosso dal vento potrebbe farmi montare la voglia di farmelo (se avessi l’impressione che si agita per provocarmi…). Ma tornando al punto, solo così, trombandomele, potrò capire quale delle due amo davvero e di più. Poi, l’altra, dovrò lasciarla per sempre e allora le dirò: mi dispiace, ma adesso so che non sei tu quella fatta apposta per me: amo un’altra ed entrambi lo dobbiamo accettare…
Così vado da Morena, che sarà la prima ad essere assaggiata. Lavoriamo assieme. Non dovrebbe essere difficile portarmela a letto. Ci sono dei giorni che stiamo gomito a gomito, respirando la stessa aria e mischiando i nostri odori (e ho imparato che aroma ha il suo sudore e lei avrà certamente appreso la medesima informazione circa il mio): ci potremmo quasi violentare a vicenda e qualsiasi giudice ci assolverebbe perché il fatto non costituisce reato, visto l’esasperata prossimità attigua dei due imputati…
Facciamo i restauratori e trascorriamo ore intere in luoghi fuori dallo sguardo di Dio, catapecchie con i sigilli di non accessibilità ai non addetti, posti dove nessuno ci disturberà. Ultimamente siamo allocati in una chiesa di un paesino di provincia che è tutto un rudere. Ci lavoriamo da mesi ma tra un altro mesetto qui avremmo finito: ormai abbiamo fatto la parte grossa del lavoro.
E Morena è un po’ sarcastica da un po’ di tempo. Mi tratta come uno schiavo e, quando accettiamo la commessa per un nuovo lavoro, lei, approfittando che io non voglia mai avere grane, fa sempre la parte del capo e a me fa fare invece il facchino, l’uomo di fatica, il mero esecutore che non ha studiato (quando invece abbiamo la stessa identica laurea ed abbiamo sostenuto gli stessi identici esami, negli stessi identici posti e con gli stessi identici professori giudicanti, ed il nostro voto finale differisce di soli due punti, anche se a favore suo).
Le prendo la mano e vedo che lei sta per partirmi con una delle sue battute demolitrici, qualcosa del tipo: Giuseppe ma che ti sei messo in testa oggi? Non vorrai mica provarci?! Ma io la anticipo e le offro uno sguardo assai diverso dalla solita espressione calma e lievemente sonnolenta che mi ritrovo. Per questo lei è sorpresa e ammutolisce. Ha indovinato che in me è affiorata la passione e, stupita, vuol vedere fin dove giungerò. Neppure si pone il problema del perché lo voglia fare (e proprio adesso, quando avrebbe potuto accadere comodamente qualche mese fa, quando lei lo voleva molto più di me ma io non ero sufficientemente convinto). La metto dapprima sullo scherzo e la sdraio in terra su un telone ancora vergine (non macchiato da nessuna vernice e non coperto di alcun calcinaccio). Ce la poso delicatamente come fosse una rosa. E lei acquisisce il mio garbo. Le sorrido. Lei contraccambia iniziando ad eccitarsi per la novità. I suoi occhi divengono complici e desiderosi. Di lì è semplice. La bacio e lei non si oppone. Mi getta le braccia al collo e quello mi da il via libera a tutto il resto: farà tutto quello che le chiederò. È un attimo a spogliarla e a cominciare a cavalcarla.
E dire che lei non è molto sensuale in abiti da lavoro. Indossa sempre quella sua veste macchiata di innumerevoli colori (che una volta era bianca, ma che adesso è una sorta di arlecchinata), con sopra pure quella tutina (da fattoria) con le bretelline che ho sempre desiderato aprirle, liberandole i corposi seni. Una volta denudata, ci soddisfiamo vicendevolmente due volte.
Poi lei rimane ad arricciarmi i capelli per lunghi minuti, mentre io dormicchio sul suo grembo accogliente. Quel giorno non lavoreremo per niente. Ma ne sarà valsa la pena. Perché così l’avrò assaggiata e saggiata, e saprò cosa vuol dire stare con lei.
Le prime sensazioni sono belle, devo dire. Ma mi chiedo, e dopo che sarà finita l’infatuazione delle languide delizie dell’amore? Dopo cosa accadrà? Andremo d’accordo? Uno dei motivi che mi ha sempre fatto rimanere con i piedi per terra con lei è che non mi fidavo abbastanza. Lei è sempre stata una donna approfittatrice, una che cambiava uomini come fossero abiti; e poi non ho mai sopportato le sua bugie ad oltranza, anche quando era palese che fossero tali: era capace di mentire così spudoratamente che delle volte mi faceva tenerezza e simpatia… Ma mai fidarsi delle donne menzognere!, mi diceva mio padre (più volte gabbato e cornuto)…
Ora che ho fatto l’amore con lei cosa mi resta? In fondo i dubbi che avevo su di lei non sono per nulla mutati: non è cambiato una virgola, direi. Però adesso so che espressione fa lei mentre e dopo che si è fatto l’amore, conosco quel suo modo carezzevole di chinare la testa con educazione che pare che mi dica: sapevo che eri un tipo speciale, e sapevo che infine avresti accettato di stare con me: non siamo forse nati per stare insieme noi due?
Ma io non sono sicuro quanto lei della questione. Però, dai!, devo ammettermi che è bello stare con un ragazza, essere ad un passo dal matrimonio ed immaginarsi una vita che non sarà più così solitaria come è stata fino ad ora. Ma sarà davvero così, o la mia è solo un’astrazione mentale?
Fattostà che congelo la situazione con lei. Nel senso che da quel momento non la vedo più. Mi spalleggia il lavoro. Vado ad occuparmi di un’altra attività, lontana da lei. Ma entrambi sappiamo che abbiamo qualcosa in sospeso, che riprenderemo il discorso quando tornerò. Non scappare via con un altro Morena, okay? Almeno aspetta che torno, e che ne discutiamo, va bene? E lei mi fa la stessa supplica.
So già che non accetterò di intrattenere altri contatti sessuali con lei (e neppure di prenderci un caffè, a ben vedere) prima di aver assaggiato Letizia. Letizia è abbastanza diversa da Morena. Morena è alta, magra, ha un bel seno, gambe lunghe ma storte, ed uno sguardo penetrante ed intrigante. Letizia invece è bassa, ma molto più formosa (ha due super poppe!…), è un po’ abbondante dappertutto (ma di quell’abbondanza che fa allegria, se non concupiscenza), e la conformazione delle sue ossa non la trovo troppo attraente: sarebbero un po’ grossette per i miei gusti. Ma si sa che se uno è innamorato non deve stare a sindacare circa questi insignificanti particolari.
Comunque, quando dicevo che sono diverse, mi riferivo invero al loro carattere. Morena è una donna forte, anche se ha (come tutti) i suoi momenti di depressione acuta (durante i quali non vuole vedere nessuno); è sardonica (sa essere affilata come una serpe), ma è anche capace di grandi genuini entusiasmi. Letizia invece è incline più che altro alla malinconia, di quel tipo che intriga perché ti viene voglia di soccorrerla ed aiutarla come se lei fosse una bambina piccola che si è sbucciata un ginocchio. Ma Letizia è anche molto orgogliosa. E forse questo è il suo difetto principale, che ci ha allontanati maggiormente negli ultimi anni. Una volta, per esempio, osai farle uno sbadiglio in faccia mentre eravamo in un tenero tete-a-tete. Credo che ci fosse l’atmosfera giusta per combinare qualcosa di buono, però io quella sera ero molto stanco e giuro che non mi sarebbe passato per la testa in nessun caso di farmela (neppure se si fosse spogliata nuda e mi avesse lusingato in ogni modo possibile… No, le avrei detto “no grazie”, ma solo in quell’occasione però, mentre in tutte le altre ne sarei stato felicissimo…). Insomma successe che ad un tratto si adombrò, e dunque mi disse lei che aveva sonno e che dovevo andarmene. E per mesi interi fu così arrabbiata con me che non ci fu modo di rivederla o di spiegarle che ero rincresciuto per quella mia mancanza (che pure non era certo stata volontaria, ma che era scaturita semplicemente da oggettivi fatti fisiologici)…
Ma dopo aver assaggiato Morena mi serve un momento di pausa per riflettere su quello che c’è stato: e non ho alcuna voglia di gettarmi subito nella seduzione di Letizia. Mi serve una sosta per riordinare bene le idee, ritrovare un equilibrio e rigovernarmi. Anche perché non sarebbe corretto approcciare Letizia quando ancora ho negli occhi il sesso di Morena, e forse finirei per sovrapporle… Io invece voglio fare le cose regolari e dare la medesima opportunità a tutte e due, senza favoritismi, o incasinamenti di sorta.
I giorni mi scorrono davanti senza che me ne renda conto. Mi accorgo che rimando sempre l’incontro con Letizia, anche perché so che lei potrebbe respingermi (ma non poteva forse anche Morena?). Diciamo che con Letizia dovrò essere più accorto perché lei, per via della sua tendenza indolente, potrebbe sfuggirmi appena dovesse intuire la motivazione delle mie azioni…
Così passano altri giorni e altri ancora, e ogni mattina mi dico che non è il giorno giusto per assaggiare anche Letizia, salvo poi la sera prendere l’impegno che domani sarà quello buono.
Un giorno do un’occhiata al calendario e allora trasalo… Cazzo! È passato quasi un mese da quando mi accoppiai con Morena. E da allora non l’ho più cercata, e quando lo ha fatto lei sono stato evasivo e le ho riservato solo qualche sparuto sms, che di certo era ben poca cosa rispetto ai suoi, così colmi di tenerezza. Anche ieri ad esempio non le ho risposto al messaggio… Se continuo così penserà che me la sia solo voluta scopare per togliermi lo sfizio, quando invece non è assolutamente così.
Dunque mi deciso e le scrivo che mi scuso se ultimamente sono stato poco reperibile e sfuggente, ma le garantisco che ci vedremo la prossima settima, quando ho intenzione di affrontare con lei un discorso realmente primario. Lo invio ma lei non mi risponde. Comunque credo che per ora si accontenti. Tra una settimana le dirò se ho scelto lei oppure Letizia come mia fidanzata ufficiale: ormai sono grande e mi voglio fare la famiglia.
Ma prima devo pensare a Letizia. Ho una settimana di tempo per assaggiare pure lei. Mi basterà? Se mi muovo bene sì. Ma lei è una un po’ difficile e indisponente. Mi ci dovrò impegnare con tutto me stesso per riuscirci.
Mi brucio quattro giorni inutilmente. In quel periodo i miei tentativi di approdo finiscono tutti miseramente. Ma, infine, il quinto giorno, riesco ad attraccare al suo porto (che faticaccia anche solo avere un appuntamento con lei, però!… Spero che, se dovessi scegliere lei, in futuro si rivelerà meno capricciosa, sennò sai che inferno diverrebbe la mia vita assieme a lei!).
La attiro nella mia tana come fossi un ragno e lei una mosca. Mi duole dovermi attenere a queste strategie calibrate al millimetro per lei, ma se non facessi così lei non mi permetterebbe mai di appurare quanto ci amiamo e quanto potremmo essere compatibili, e queste cose non me le posso inventare, né le posso affidare solamente al lucido scanner delle mie elucubrazioni: le devo testare! Non vi è alternativa!
Sto attento a non farle capire che la impegnerò fino alla sera. Sono perfetto in tutto quello che le dico e come glielo dico. Lei, dopo anni, torna a guardarmi come un possibile amante e non solo come un algido amico al quale non riservare nessuno spazio significativo del suo piccolo e palpitante cuoricino. Si fa così tardi che apparecchio la tavola per due, dando la cosa per scontata. «Beh, rimani a cena, che è tardi. Tra l’altro è già tutto pronto…». Lei soppesa l’onere delle mie asserzioni. Ma che male ci può mai essere a rimanere, dato pure che (incredibilmente) mi trovo così bene con lui dopo tanto tempo?, immagino che pensi. E poi le ho fatto trovare un sacco di prelibatezze che so che solletichino non poco il suo palato acuto (e lei è assai golosa).
Cena buonissima ed abbondante (sopratutto per lei, perché io cerco di trattenermi, in previsione di quello che si sarà dopo). Fiumi di vino rosso dolce e frizzante, di quello che va giù che è un piacere, ma che poi ti ritrovi ciucco senza rendertene conto, con la testa che ti gira piacevolmente e che non puoi fermarla. Ed infatti, mentre le gira la testa, finiamo casualmente sul lettone ad ascoltare la musica. Ma presto la bacio sulla fronte come la bimba che lei si crede di essere, e, invece di fermarmi, proseguo. Lei si commuove.
«È tutto così bello… Mi sembra di essere dentro una favola. E anche tu sei bello come lo eri una volta. Anzi, sei molto meglio… Oggi sei divenuto davvero un uomo irresistibile, Giuseppe|»
Comincia a piagnucolare, ma anche a parlare a profusione come so le capiti talvolta quando non si controlla più e allenta i robusti freni inibitori con i quali sempre si attanaglia per non cedere alle emozioni, che altrimenti la abbrancherebbero rendendola fragile e senza difese.
Le sigillo la bocca dicendole «Ti amo» ed occupandogliela materialmente con la mia morbida lingua. La denudo e le apro rapido il vestito lungo sui seni (madonna che spettacolo queste mammelle belle gonfie che si ritrova!). Poi subito su la gonna, e giù le mutandine. Anche con lei è la prima volta che facciamo l’amore e la scopro più appassionata di quanto mi immaginassi. Inoltre la nostra alchimia funziona rendendomi, stranamente (non so perché), più resistente ed accalorato del solito. Così le regalo la mia migliore prestazione di sempre (mio personale record mondiale), mentre lei non fa che versare profluvi di lacrime ed infine, quando ha di nuovo la bocca libera, mi dice «È stato magnifico! Ma come abbiamo potuto essere così idioti da stare lontani per tutto questo tempo?! Noi due ci amiamo così tanto!».
Io la penso pressappoco come lei, con la sola differenza che tuttavia c’è anche un’altra persona nella mia vita, e in un paio di giorni dovrò decidere se è lei che preferisco, oppure è l’altra con la quale sono più in sintonia… Questo proprio non ce la faccio a rivelarglielo… Chiamatemi pure vigliacco…
Ora ho tutti gli elementi a disposizione. Chi prediligo: la calda sensualità di Morena, o il timido candore di Letizia? A dir la verità fin da subito tutto mi appare ingarbugliato ed irrisolvibile! Ma come?! Proprio ora che devo decidere e che le ho assaggiate tutte e due, come si fa per i gusti del gelato! Cosa ti piace di più, Giuseppe, il pistacchio o il cioccolato? Non l’ho mai capito!
Sfoglio una vecchia agenda che non ho mai buttato via perché in essa ho vergato centinaia di poesie e pensieri vari sulle donne che ho avuto, ed allora rileggo quello che negli anni ho scritto su Morena e su Letizia… Sto tutto un pomeriggio a perdermi nei ricordi, nelle recriminazioni e nelle incazzature di allora… Mi tornano sott’occhio anche le riflessione più fresche su Morena (scritte appena dopo aver finalmente giaciuto con lei). La cosa divertente è che mi risultano così inedite!… Avevo completamente dimenticato di averle realizzate (eppure è stato quasi un mese fa)! E nella prima pagina che la riguarda c’è una specie di lunga dichiarazione in cui mi dico sicuro che lei sia la donna che ho sempre cercato e che finalmente ho trovato… Nella seconda c’è il disegno tutto colorato di un lungo occhio (che sarebbe inconfondibilmente il suo) e sotto c’è una poesia di amore sulla notte e sui piaceri che si ha sotto gli occhi ma che non si è capaci di apprezzare. Sul terzo foglio c’è l’abbozzo del suo busto (come fosse di marmo) ed il suo viso scultoreo…
Ma anche per Letizia collaudo emozioni che non mi sarei immaginato, riassaporando il gusto dolce-amaro di una delle mie memorabili e forse più belle poesie di tutti i tempi, risalente ovviamente al periodo di quando lei non mi parlava più. Nella accorata poesia trattavo del tema delle lontananze forzate o volute che uno si dava o subiva, e di come fossero tutte quante durissime da accettare, se uno era davvero innamorato di qualcuna…
Quanti ricordi, quante emozioni, quante lacrime versate (ma anche quante pippe mi sono fatto pensando a tutte queste donne che hanno attraversato la mia vita…). Ma ora è giusto il momento di restringere il campo finalmente a solo una: colei che mi accompagnerà per sempre nel percorso del resto della mia vita. Colei che sarà forse la madre dei miei figli…
Quando chiudo l’agenda mi ritrovo però al punto di partenza, senza avere la minima idea se preferire in fondo Morena o Letizia…

Notizie dalle bolge


A Bolzaneto ci fu TORTURA!

Le motivazioni della sentenza che ha confermato la colpevolezza degli agenti raccontano l’inferno della caserma:

«Insulti, percosse, uso di sostanze urticanti. E costrizione a pronunciare frasi inneggianti al nazismo e al fascismo. È il massimo del disonore di cui può macchiarsi la condotta di un pubblico ufficiale».

*

berluscopi: «Alle udienze c’erano sempre i miei giudici, pagati ovviamente da me».

*

Tettamanzi: Gli ingiusti non vogliono essere giudicati.

*

Napolitano: Ignobili i manifesti anti pm, offese le vittime delle Br.

*

La Cassazione: il ministro Romano andò con Cuffaro dal boss mafioso Siino.

Streamers (di Altman)

Bellissimo apologo antimilitaresco (sembra quasi un film di Kubrick). La storia (che si svolge praticamente tutta in una camerata, ed infatti è stata adattata senza alcun problema anche come testo teatrale) narra le vicende di tre paracadutisti (e di altre poche persone che ruotano loro attorno) che attendono di partire per il Vietnam, tra noia, scherzi, esaltazioni, conflitti razziali, culturali e sessuali (uno di loro è gay) e amici che in un attimo diventano nemici e viceversa.

All’inizio, vedendolo, mi è presa una sorta di nausea: primo, perché detesto realtà di costrizione di questo tipo, in cui è quasi naturale che la gente si comporti in maniera da far eruttare le parti peggiori di sé; per secondo, perché tutti i personaggi mi sono apparsi umanamente immaturi, inadeguati, mediocri o ipocriti (insomma, non ce ne era uno al quale potevo accordare la mia stima).
Andando avanti però tutti i protagonisti mostreranno anche porzioni di personalità più sensibili, fino alla (immancabile) tragedia finale. Quando solo il senso di inutilità della guerra resterà a farla da padrone…

Da vedere assolutamente.

Lenzuola stese!

Denuncio questo grave fatto di cronaca che mi vede (ahimè!) soccombere ai suoi turpi effetti nel ruolo di vittima (inconciliante)…
Abito in un condominio e, sopra di me, è stanziato un nucleo familiare composto da dico 3 persone (t-r-e). E, almeno un giorno sì ed uno no, succede che questi tipi (senza vergogna) si permettano il lusso di stendere le loro lunghe lenzuola ad asciugare (togliendomi gran parte del buon sole pomeridiano che altrimenti irradierebbe gioiosamente le mie accoglienti finestrelle)… E questa è un’indecenza (dico io!)! E allora mi chiedo: possibile che, essendo solo 3 (t-r-e), abbiano la necessità di detergere sempre le lenzuola con una tale (esagerata) frequenza?! Ma che la notte si pisciano sotto?!