Memorie dell’Ipertubo e dell'[omissis]


Il Bart-Man la settimana prima se ne era uscito con quella storia dell’Ipertubo, quella nuova tecnologia che avrebbe cambiato il mondo, a sua detta, ma anche a detta di tutti coloro tra noi ne erano stati indottrinati. Tuttavia, una settimana dopo già il suo entusiasmo si era lievemente affievolito perché, disse tra le righe, era stato scoperto qualcosa di ancora più potente, inimmaginabilmente più potente, i cui confini neppure potevano essere concepiti (beh, questo lo aveva detto anche per l’Ipertubo).

Ma cos’era questo Ipertubo? Ero l’unico tra noi che non lo sapeva perché quella volta ero mancato alla lezione (non era colpa mia se mi ero beccato l’influenza in anticipo di un mese!). Così lo chiesi al Bart-Man durante la sua lezione.

«Hai presente un tubo?», iniziò a rispondere, «Un tubo è un condotto dentro cui scorre un liquido. Un liquido o qualsiasi altra cosa, se vogliamo. Metaforicamente parlando, tutto può essere ricondotto a un sistema tubolare…», esordì essendo subito tentato di digredire; ma quella strada lo avrebbe portato troppo lontano e lui, che ormai da tempo mi detestava, non voleva perdere troppo tempo a rispondere a una mia domanda, anche solo per principio, «Adesso immagina un “Ipertubo”, cioè un tubo che contiene altri tubi…»

Non resistetti dall’interromperlo.

«Ma un tubo che contiene altri tubi, non cambia la sostanza delle cose, no? Cioè metti che ci sono dei tubi in cui passa dell’acqua, se li mettiamo dentro un altro mega tubo che cosa cambia? Ci saranno sempre tubi contenuti in un tubo, che fungerà da mera struttura di contenimento…»

«Eh…», sorrise cattivo, «No, no… Tu hai voluto subito cogliere il concetto più prosaico, come immaginavo invero che un tipo come te avrebbe fatto, ma non era questo che ti volevo suscitare. Cioè immagina invece un tubo in cui scorre qualcosa, che a sua volta scorre in un altro tubo. Adesso ti stai avvicinando al concetto di accelerazione che si potrebbe trarre? Adesso sì, eh? Sennò ti dico la neonata definizione scientifica di un Ipertubo. Un tubo è un tubo nelle tre dimensioni che conosciamo. Un Ipertubo è un tubo nello spazio enne-dimensionale…»

Eccola là che veniva buttato tutto nell’immateria ipotetica, che era sempre una disciplina che avevo odiato perché tendevo a farmi sfuggire gli aspetti concreti della questione, forse perché, come diceva il Bart-Man io ero “troppo prosaico”. Ma se il tempo era la quarta dimensione, e fino a lì ci sarei pure potuto arrivare, immaginarmi un tubo dentro cui scorre qualcosa, che a sua volta scorre in un altro tubo, che a sua volta scorre in un altro tubo… confesso che era un concetto che mi faceva venire il mal di testa. Ma ci avrei lavorato sopra, come facevo sempre per annettere un nuovo concetto in me, e dopo c’era da giurarci che sarei stato quello tra noi in grado di sciorinarlo meglio.

Il Bart-Man, anche per rispiegare bene i concetti cardine dell’Ipertubo alla classe, che già qualcuno dei miei compagni si stava facendo sfuggire per via della complessità della trattazione, decise di catechizzarci tramite un video che era servito a lui stesso per comprendere questo nuovo concetto. Allora inserì il dischetto nel lettore video e lo avviò. Il video esordiva con un ragazzo biondo innaturalmente alto tre metri il quale affermava che era grazie all’Ipertubo se lui, fino a ieri un ragazzo normale di un metro e settantotto, era diventato quel marcantonio che vedevamo adesso, l’uomo più alto del mondo.

Il gigante biondo, che impugnava una scimitarra perché da allora era diventato, diceva lui, un “guerriero della Verità”, ci cominciava a fare un fottio di esempi sull’utilizzo dell’Ipertubo. Manco a farlo apposta ci illuminò sui molteplici ambiti bellici in cui sarebbe potuto essere utilizzato rivoluzionando del tutto il metodo in cui si conducevano le guerre fino a oggi. Ci disse che si sarebbero potute costruire delle bombe capaci di materializzarsi ovunque nel globo, bombe che così avrebbero ucciso solo i “veri cattivi”, bombe chirurgiche che non avrebbero più ucciso quindi alcun civile. Ma io sapevo bene che era una balla propagandistica. Era da una vita che si ripeteva sempre quella solfa. Lo avevano detto pure per i droni, ma poi alla fine della fiera le stragi non erano cessate. I civili erano il 98% delle vittime che cadevano sul campo. La verità era che servivano delle vittime innocenti per dare più voce alla propria battaglia, delle vittime che potessero essere utilizzate come arma di ricatto tra governi. Io lo sapevo bene e ne rimanevo disgustato. Come al solito, i primi impieghi delle tecnologie finivano per sfociare sempre negli usi bellici. Il turpe Capitalismo muoveva le sorti del pianeta e sarebbe stato sempre così finché la gente non vi si sarebbe opposta.

Il gigante biondo ci diceva poi che con l’Ipertubo si sarebbero potuti costruire pure teoricamente grattacieli infiniti in grado di contenere tutta la popolazione mondiale, così nessuno sarebbe rimasto più senza casa. Ma io diffidavo di quel “teoricamente”, o meglio sapevo che per arrivare a quel punto qualcuno ci avrebbe dovuto guadagnare davvero molto, sennò non ci avrebbe mai accordato un tale immane privilegio. Poi seguivano una serie di usi dell’Ipertubo sempre più strampalati. Ma a metà video il Bart-Man si fece dapprima esitante e poi decise di sospendere la visione del video, di punto in bianco.

Era come se si fosse ricordato di qualcosa. Da ciò ne trassi che per qualche motivo non voleva che venissimo a conoscenza di concetti che avrebbe preferito rimanessero larvati in noi. Allora, senza alcun preannuncio, ci disse che ci avrebbe portato in laboratorio per introdurci a un concetto ancora più rivoluzionario dell’Ipertubo. Quel nuovissimo concetto stava all’Ipertubo come un angelo sta a dei pulcini, disse proprio così. I miei compagni zombi come al solito si bevvero tutte le sue parole come egli fosse un messia, solo io volli fargli una domanda in merito.

«E come si chiama questo nuovo concetto, di grazia, Iper-mega-super-ultra-tubotubuloso?»

Seguì qualche scarna risata da parte dei miei compagni. Il Bart-Man mi rispose indisposto.

«No. Si chiama [omissis].»

[Nota: non è che non voglia riportare come si chiama, solo che ho scoperto che per qualche diavolo di machiavellico macchinismo mnemonico mi è impossibile riportarne il nome. Cioè, se ne parlo con qualcuno, riesco perfettamente a pronunciare quel nome però, se solo provo a scriverne, non ci riesco più. Per questo non posso far altro che riferirmi a lui in questo modo: [omissis]. Non mi accusate di omissivismo, a me che invece sono qui per riportare tutta la verità e per diffonderla ai combattenti della libertà dell’Ipertubo e l'[omissis] stesso.]

Mi attardai a fare lo zainetto e subito mi resi conto che la classe mi aveva lasciato indietro. Adesso non sapevo dove si trovassero. L’istituto comprendeva dieci piani e in quasi ognuno di essi potevano esserci anche due o tre laboratori. Fuori dall’aula mi parve di cogliere la tosse del mio amico Leo in lontananza. Veniva dalle aule in fondo al piano, dove anche lì c’erano laboratori. Decisi di provare a cercarli là. Entrai nei corridoi bui.

Nella prima stanza c’era un insegnante che guardava da solo un filmato. La seconda stanza era in smantellamento. Nella terza stanza vidi dove era stato accantonato il mio vecchio professore di Openminding. Ormai i concetti che insegnava lui erano considerati obsoleti e tutti li sapevano, per questo lo avevano dirottato nell’aula in assoluto più modesta dell’istituto, che sembrava ormai uno sgabuzzino. Non era presente nessuno fuorché lui lì. Volli fargli un saluto perché nutrivo molto affetto per lui, che era stato il primo che mi aveva fatto conoscere le potenzialità della mia mente. Ma lui mi percepì appena e non mi rispose propriamente. Faceva pena. Si sedette sulla sua poltrona imbottita come un sacco di patate e poi parlò tra se e se. Disse quelle frasi sconclusionate e profondamente depresse, sintomo innegabile del suo stato prostrato.

«Non servo più… Non servo più… L’Openminding è un concetto ormai superato per questa società evoluta… Mi vogliono buttare via come un oggetto vetusto, ma fui io a fondare questa scuola, fui io! E loro adesso se lo vogliono scordare… L’Ipertubo è fumo negli occhi… Pensano di aver trovato la vacca alle cui mammelle poter suggere latte infinito, ma è solo un abbaglio. Non potrà mai esistere un programma in grado di scriversi tutto da solo! Tutto ha un prezzo che esige di esser pagato, e più si vanno a stuzzicare leggi che non dovrebbero essere toccate e più tutto collasserà risucchiando tutto come un buco nero… La Fisica non è un optional…»

Era il colmo. Il mio primo professore sembrava un “conservatore”!. Lui! Lui che aveva contribuito al progresso di questa società. Capii il grande allarme che stava lanciando a tutti…

«E poi quell'[omissis], quello è anche peggio… Quello neppure l’ho capito!, ma non può essere nulla di buono se non sono in grado di dire nulla su di esso. Mi sembra tutto un’eresia, mi sembra di essere stato lanciato con un cannone in un futuro che non posso comprendere…»

E poi tacque continuando a guardare il vuoto, non alzando neppure un attimo lo sguardo dal pavimento, di fatto non percependomi più. Ma io non potevo vederlo in quello stato così trasandato, così provai a spronarlo portandolo dalla mia parte. Lo volevo stimolare dandogli uno scopo.

«Professore, combattiamo assieme la logica nefasta dell’Ipertubo e dell'[omissis]… Insieme ce la possiamo fare…»

Ma lui, ancora, neppure mi rispose. Fu come se non gli avessi detto nulla. Allora lo abbandonai lì come un malato per cui non si potesse fare più nulla. Per la cronaca, tutti si dimenticarono di lui e un mese dopo avrei sentito per caso una voce che riportava che si era lasciato morire di fame e di sete, proprio in quella poltrona dalla quale non si era più mosso e da cui nessuno lo era andato più a scomodare. E mi sentii molto colpevole per non aver fatto nulla per lui quando avrei potuto. Ma cosa avrei potuto fare?, mi chiedo adesso…

Dopo la stanza del professore dell’Openminding c’era un laboratorio. Lì ritrovai tutta la scolaresca e il Bart-Man. Quando entrai nella stanza, feci un sorrisino mentre il Bart-Man mi guardò storto. Non mi sopportava più. Non sopportava che fossi l’unico a criticarlo e a destabilizzarlo. Pensava che fosse una questione personale, mentre per me era una questione di principio, ma ormai non importava più nulla. Il nostro dissidio era insanabile. Cercava un appiglio per cacciarmi via, tuttavia non ne aveva trovato nessuno. Poi da quando c’era la storia dell’Ipertubo e dell'[omissis] tutto stava perdendo valore ai suoi occhi di ghiaccio.

Mi sedetti vicino al mio amico Leo. Sembrava che mi fossi perso ancora una volta la spiegazione fondamentale di qualcosa. Un rappresentante delle industrie che avrebbero diffuso l'[omissis], un burocrate retorico che certo era più imbonitore che scienziato, aveva terminato una prima trattazione e aveva già proposto un test per farci capire in cosa consistesse l'[omissis].

Per ogni tavolino di tre o quattro persone era stato distribuito una specie di bambolotto di circa quaranta centimetri, costruito, diceva, con l'[omissis]. Adesso ci invitava a infilzarlo con un bastoncino annesso al bambolotto, come fosse stato Dracula e avessimo dovuto infilargli un paletto di frassino nel cuore.

Ciò che avvenne fu stupefacente e al di fuori di ogni logica consueta. Assistetti con i miei stessi occhi al primo tentativo. Cola, nel tavolino avanti al mio, provò a infilzare il bambolotto, ma questi accluse in sé il bastoncino ma poi lo fece scivolare attraverso il proprio corpo. Un altro tentativo lo fece Tota ma non fece altro che produrre una specie di moto perpetuo nel bambolotto che, girando su se stesso, volteggiò a mezz’aria vagando nella stanza come fosse stato riempito di elio. Ci volle provare anche il mio amico Leo ma lui invece spezzò il bastoncino.

I bambolotti fatti di [omissis] si comportavano tutti in maniera diversa e me ne chiesi il motivo. Chiesi spiegazioni in merito al rappresentate delle industrie dell'[omissis] ma lui mi disse che tutti i bambolotti erano realizzati esattamente nella stessa maniera. Mentre il Bart-Man diceva «Straordinario!», decantando le lodi di qualcosa che neppure capiva, e dopo che avevano provato praticamente tutti a infilzare il bambolotto con il legnetto ottenendo delle volte risultati risibili, volli provare anche io, e dato che ero l’ultimo che vi si cimentava, per un istante tutti gli occhi si focalizzarono su di me.

Dato che la forza bruta sembrava non sortire effetto, decisi di usare la moderazione e la precisione. Così posi il legnetto sul torace del bambolotto come fosse una candelina su una torta e poi, lentamente, mentre il legnetto ondeggiava per quasi esserne respinto, riuscii delicatamente a farlo scivolare all’interno del petto del bambolotto, riuscendo di fatto a compiere l’impresa. Mi sentii come fossi riuscito a estrarre Excalibur dalla famosa roccia.

Tutti fecero “ohhhh!”. Il Bart-Man rimase di sasso mentre l’incaricato delle industrie dell'[omissis] si mostrò molto sorpreso ma decise di cambiare le carte in tavola e disse, anche se precedentemente aveva affermato il contrario che:

«Avete visto? Come vedete solo uno di voi è riuscito, e per puro caso!, in questo compito che vi avevo dato… In tutti gli altri casi tutti quanti voi avete fallito, come era corretto che fosse, perché in questo caso l’anomalia è stato il vostro amico… Credo che abbia pescato il jolly realizzando questa cosa che ha fatto…»

Poi andò avanti con altre definizioni da venditore d’aria fritta. Ma era tutta roba talmente vaga che non sarebbe potuta essere confutata e ciò mi infastidiva assai. Verso il finale dell’ora, quando chiese se c’erano delle domande, alzai la mano e gliene feci.

«Sì, ho due domande. La prima: ci può essere un nesso tra l’Ipertubo e l'[omissis]? Cioè dall’uno si può generare l’altro? La seconda: [della seconda mi accorgo solo adesso che non trovo traccia nella mia memoria e credo dunque che mi sia stata cancellata, per non rivelare al mondo qualcosa di tremendo e potenzialmente annichilente.]

Il rappresentate delle industrie dell'[omissis] di fatto non riuscì a rispondere a nessuna di esse. Sulla seconda fu molto generico e con un giro di parole provò a fare il misterioso dicendo che era presto per affrontare tali tematiche, che nessuno ancora poteva comprendere. Sulla prima, dove fu anche aiutato a rispondere dal Bart-Man, disse che per ora l’Ipertubo e l'[omissis] non erano direttamente correlati, ma dato che tramite l'[omissis] si poteva costituire qualsiasi cosa, era lecito pensare che anche un Ipertubo potesse essere generato tramite l'[omissis].

Al che si intromise il Bart-Man che, intrigato dalla questione posta, parlando a voce alta disse:

«Un Ipertubo che genera un [omissis]? Chissà. In realtà questo è un quesito irrisolvibile per come stanno adesso le cose, cioè per le conoscenze di adesso circa entrambi gli aspetti. Mentre un [omissis] effettivamente dovrebbe essere in grado di generare un Ipertubo, anche se così facendo sarebbe come se da un raggio di sole potesse nascere un ruscello d’acqua…», disse beandosi della propria intelligenza.

«E che cosa succederebbe se si costruisse un Ipertubo di un [omissis]? È possibile farlo?», chiesi di getto.

Qui il Bart-Man e il rappresentante delle industrie dell'[omissis] si guardarono tra loro. Il ciarlatano retorico decise di lasciar decadere la questione, ma il Bart-Man volle comunque cimentarvisi come si trovasse davanti una partita a scacchi tanto complicata quanto stimolante da vincere.

«Beh, questa è davvero la questione delle questioni… Un Ipertubo di un [omissis]? Ne verrebbero fuori tutti i multiversi possibili e anche di più. Teoricamente sarebbe possibile innestare l’uno sull’altro, ma verrebbe fuori l’ira di dio, un tale intrico di energie inerziali che… si potrebbe distruggere il mondo… Beh, forse sto esagerando. Esagerando affermando che si possa fare, intendo… Queste teorie vanno vagliate attentamente su basi scientifiche e sperimentali, sennò non hanno alcun valore… Comunque prima o poi qualcuno penserà a questo quesito e allora sarebbe divertente stabilire che cosa ne verrà fuori…»

Di lì in poi cambiò tutto. Il giorno dopo l’istituto fu aperto alla cittadinanza, divenne pubblico, e il cortile divenne una spezie di bazar multicolore a cielo aperto in cui in ogni angolo si mostrava un disparato utilizzo dell'[omissis]. Quelli delle industrie dell'[omissis] allestirono numerosi stand dimostrativi e commerciali. In uno si vendevano quei bambolotti realizzati con l'[omissis]. Il venditore ci invitava a tentare di farli parlare, o comunque a fargli compiere una qualsiasi azione. Infatti l'[omissis], ci disse, era senziente e cosciente di sé e del mondo. Allora tutti andavano lì e toccavano un bambolotto. C’era chi gli alzava un braccio, chi lo pregava di muoversi. Chi lo metteva in terra e lo incitava a camminare.

Era quello il volto tenero dell'[omissis], il volto di un bambolotto. Ma ne aveva innumerevoli altri, alcuni per niente carini, avremmo scoperto. Come il fatto che fosse altamente radioattivo. Si poteva leggere per esempio un cartello appeso alla meno peggio nello stand in cui si invitava a non toccare i bambolotti di [omissis], ma nessuno lo rispettava e neppure il venditore lo faceva, cioè il primo che avrebbe dovuto farlo. Quindi tutti presero quell’accortezza come qualcosa che non si doveva fare non per mere questioni di salute, ma per creanza, perché sennò sarebbero rimaste troppo ditate sul pupazzetto di [omissis]. Anche io lo toccai da ultimo, infatti nell'[omissis] c’era qualcosa di lucente, o forse dovrei dire vivo, che invitava a toccarlo. E al tatto l'[omissis] non era caldo ma neppure freddo come avrebbe potuto essere la plastica. Si avvertiva che dentro qualcosa scorresse. Eppure ero sicuro che non fosse sangue…

Dopo che anche io fallii nel tentativo di farlo muovere, mentre mi chiedevo per quale motivo il giorno prima l’imbonitore ci avesse invitato a infilzarlo se davvero l'[omissis] era vivo, il venditore ci fece vedere come farlo muovere. Bisognava acquistare un telecomando che veniva caricato con le azioni da fargli fare. Sul visore compariva la lista e a quel punto non si doveva far altro che scegliere un’azione. Il venditore scelse “camminare” e l'[omissis] si animò davanti ai nostri occhi muovendosi come un bambino. E i suoi occhi sembravano vivi come quelli di una persona, però in essi vi si abbacinava una luce mai vista, con qualcosa di inusitato e spaventoso eppur intrigante e mai visto.

Il venditore ci disse da ultimo che per ora non era stato ancora inventato un metodo per comunicare con l'[omissis] a voce. Però gli si poteva dare degli ordini con quello stratagemma, giovandosi dell’interfaccia del telecomando. Io allora gli chiesi se poteva chiarirmi se l'[omissis] fosse davvero vivo o piuttosto una specie di automa che si limitava semplicemente a rispondere agli stimoli. E lui disse scandalizzato che, no!, l'[omissis] era vivo senz’altro! Allora gli chiesi come mai l'[omissis] eseguisse sempre i nostri ordini se era senziente e libero di scegliere e lui ci pensò un po’ e poi disse che l'[omissis] aveva scelto di fare tutto quello che gli chiedevamo: era una sua libera scelta, su questo non aveva dubbi.

Poco più in là si vendevano dei semi di [omissis], da mangiare. La cosa mi lasciò sconvolto, anche se nessuno sembrava domandarsi che cosa realmente potesse ingerire. C’era un avventore il quale aveva acquistato un sacchetto di semi di [omissis] e li trangugiava a manciate, come fossero popcorn. Il suo sguardo si era fatto vitreo e a me sembrava che i suoi occhi fossero sempre più simili a quelli del bambolotto di [omissis], con un qualcosa di distaccato e innaturale dentro. Mi avvicinai al banco e chiesi all’inserviente di cosa sapessero i semi di [omissis]. Quella mi guardò con un sorriso largo come una casa e mi disse che potevano essere come bruscolini, fagioli, mais oppure avere anche il gusto del tabasco se lo si desiderava, perché sarebbe bastato concentrarsi sul sapore che si desiderava per sentirselo nella bocca.

Ero davvero tentato di assaggiarne uno, non stavo in me dalla voglia di provare a mangiarne e c’era quella che mi incitava. Dai, mangiane uno!, dai, è buonissimo!, vedrai che non te ne pentirai…, mi diceva la sua voce seducente. Tuttavia non volli farlo. Stava per cedere allora la mia amica Viola, che era al mio fianco. Aveva allungato la mano dopo che l’inserviente le aveva detto che il primo seme di [omissis] glielo avrebbe offerto lei, ma io all’ultimo momento le scostai la mano impedendole di assaggiarlo. E quando lei mi guardò dubitativa le dissi: «Non sappiamo neppure che proprietà ha!»

La commessa sorridente ci disse che l'[omissis] ci avrebbe ripulito da eventuali fattori patogeni negativi incubati dentro noi, avrebbe migliorato le funzioni di ogni nostro organo e per di più, quando avremmo defecato od orinato, avremmo potuto vedere che la materia che espellevamo sarebbe stata di un bel colore argento vivo, e avrebbe avuto una consistenza semisolida, come fosse stato mercurio. Mercurio! Avremmo pisciato e cagato mercurio!

Chiesi all’inserviente di che natura fosse quel seme di [omissis] commestibile che vendeva, cioè se fosse di origine animale, vegetale, o minerale, o anche altro. Lei capì che la mia domanda era insidiosa. Allora mi disse che sicuramente era di origine vegetale perché i semi di [omissis] contenevano importanti vitamine. Io tirai fuori il mio analizzatore portatile. Lo misi sulla tacca “alimenti” e provai a esaminare l'[omissis], ma lo strumento mi segnalò errore. Allora lo misi sulla tacca minerale ma lo strumento mi disse che si era in presenza di radioattività, tuttavia non riuscì a tirarmi fuori la lista degli elementi presenti. L’inserviente si apprestò ad aggiungere che ci dovevano essere anche tanti minerali utili al benessere di ogni corpo umano, ma poi la guardai male e mi ammise che non sapeva cosa c’era dentro esattamente però sapeva che era molto buono e che faceva bene, perché altrimenti non le avrebbero mai permesso di vederlo.

Chiesi al tipo che come una marionetta si stava ingozzando di semi di [omissis] di cosa sapessero e lui rimase imperturbabile e non mi rispose. Sembrava che gli interessasse solo continuare a trangugiare quella schifezza traslucida. Si intromise la venditrice la quale mi disse che lui stava assaggiando l'[omissis] al naturale, senza alcun aroma aggiunto. Allora gli ripetei la domanda chiedendogli di cosa sapesse ma quello anche stavolta non mi rispose, come non mi avesse neppure udito.

Presi la mano di Viola e la portati dietro una postazione non occupata, dietro una tenda rossa. Lì saremmo stati momentaneamente liberi dagli occhi di tutti. Provai una gran voglia di fare l’amore con lei. Ma non cedetti. Seppi controllarmi e le chiesi:

«Anche tu ti senti eccitata come me?»

Lei ammise di sì con un sospiro. E avrebbe voluto farlo lì, a due metri da tutta la gente che transitava di continuo tra i banchi di [omissis]. Ma io mi opposi.

«Credo che sia tutto questo [omissis] ovunque che ci fa questo effetto. Ma non capisco se… Cioè, forse è perché il nostro istinto vitale sente la morte provenire dall'[omissis]. E allora quando la morte è molto vicina, scatta l’istinto alla riproduzione…»

Avrei voluto attardarmi con lei a discutere di quella mia intuizione, ma sentii la venditrice di semi di [omissis] che faceva un annuncio all’altoparlante piuttosto strano:

«Che cosa state facendo voi due lì nascosti? Uscite allo scoperto, non siete in un laboratorio della scuola in cui potete confabulare come e quanto volete…»

E noi uscimmo con l’idea di dileguarci presto nella folla. La trovammo che ci sorrideva rea. Non sapevo chi le avesse detto del laboratorio. Non sapevo come avesse potuto conoscerci. Non aveva senso. Mentre tornammo negli edifici dell’istituto dissi a Viola:

«Ci controllano. In più siamo tutti già contaminati. E credo che tramite l'[omissis] si possano leggere i pensieri degli altri. Tutti noi abbiamo toccato l'[omissis] e prima o poi ne pagheremo le conseguenze. Dobbiamo organizzare qualcosa per ribellarci finché ancora ne siamo in grado…»

Viola assentì.

«Ci avvelenano con l'[omissis]. Con la radioattività, con le onde che emana. Cristo!, credo che quei bambolotti di [omissis] riescano a captare i nostri pensieri! Ne sono certo! E poi adesso ci stanno entrando dentro anche col cibo! Col cibo! Ci stanno avvelenando anche nei pensieri, lo sento!»

Un paio d’ore dopo ero con Leo e Tota che salivo le scale per recarci in un’aula dove avremmo messo a punto un piano per confrontarci con l’inarrestabile ascesa dell'[omissis] nella società. A un certo punto Leo cominciò a fischiettare un motivetto. Al che io dissi:

«Forte! È da tempo che ce l’avevo nella testa! Ma che canzone è? Bach? Classica o moderna? Dove l’ho già sentita? Non riesco a ricordarlo…»

Leo sorrise.

«Anche io ce l’ho nella mente da ieri. E adesso sono riuscito a metterlo assieme… Vuoi sapere da dove l’ho preso, eh?»

«Sì, anche per me è uguale, lo debbo aver sentito alla televisione…», disse Tota in simbiosi con me.

«No, non l’avete sentito alla televisione, e neppure alla radio», disse Leo, «Volete sapere dove l’avete sentito? L’avete sentito dall'[omissis]! È emanato dall'[omissis], ne sono certo… E sento il bisogno insopprimibile di scrivere la sua melodia…»

«Allora senti qua…», gli dissi, «“Le nover s’affacciano sui fianchi d’averni”…»

«Stupenda! Cos’è? E che vuol dire “nover”?»

«È un verso che mi frulla nella testa da un po’. E “nover” non so cosa sia, ma sento che questa parola ci debba essere, e debba essere lì…»

Così, come era per il motivetto di Leo, i miei compagni e io comprendemmo che parlavamo di [omissis]: per questo tutti lo comprendevano, magari anche se solo a un livello inconscio. Perché il suo potere di impetrare il venefico era irrinunciabile.

Entrammo in un’aula deserta e Leo ricominciò a fischiettare quel motivetto ossessivamente. Io lo ascoltavo e ne volevo sempre di più. Per cui lo scongiuravo di riportare alla luce tutta la melodia completa. Leo si sedette e cominciò a scrivere rotoli interi di musica. Alla fine ne avrebbe scritti svariati e una volta che avrei sentito tutta la melodia gli avrei detto che era esattamente quella che sentivo nella mia testa e gliene sarei stato grato perché era stato in grado di spiegarmela così esaustivamente.

Nel frattempo quella melodia ispirò anche alcuni concetti scientifici in Tota, il quale cominciò a scrivere le leggi della Termodinamica (di cui non era mai stato ferrato), per poi spingersi sempre più oltre, arrivando a superare il programma scolastico in modo che sia io che Leo non comprendemmo più che cosa stesse scrivendo. Lui ci disse solo:

«Sto arrivando alla vera natura dell'[omissis]. Tra un mese ci sarò giunto. Ma per allora non so se sarò ancora qui oppure mi sarò consumato del tutto. Perché la vera natura dell'[omissis] corrode l’anima ancor prima che il corpo…», ci disse enigmaticamente.

Io terminai la mia poesia e la intitolai: Ode all'[omissis] annientante.

Dell’Ipertubo nessuno parlò più, come non fosse mai esistito.

 

30 giorni di illegalità a Roma

30 giorni di aria illegale a Roma.

30 giorni in cui non sono stati capaci di risolvere il problema. Oppure non lo hanno voluto risolvere.

In ogni caso 30 giorni in cui la gente ha respirato, grazie a loro, aria irrespirabile, che nuoce gravemente alla salute.

30 giorni per rendervi conto chi sono. E che, da ultimo, non gliene frega un cazzo né del popolo né della legalità.

Oliver Sacks: Su una gamba sola


Un giorno Oliver si va a fare una bella passeggiata in montagna. Ci va da solo, d’altronde si sente giovane e forte e in salute e non teme niente. Sennonché gli capita di fare una brutta caduta la quale finisce per rompergli una gamba. E se rimane in quel luogo, morirà certamente perché la notte la temperatura finirà sotto zero. Allora, attingendo al suo smisurato istinto di conservazione, comincia a trascinarsi a valle utilizzando gli altri arti che ancora gli funzionano nonostante il dolore lancinante.

Si salva per un pelo. Ma da lì inizia il suo vero calvario emozionale perché si ritroverà in possesso di una gamba che non sentirà più come sua, percepirà come un corpo totalmente estraneo. E il fatto di non essere minimamente ascoltato o assecondato dai medici circa quella questione lo porterà al limite della depressione gettandolo nelle sue paure peggiori…

Così il dottor Oliver Sacks si scontrerà contro la profonda inadeguatezza del sistema sanitario e per una volta lui stesso ne farà amaramente le spese.

La gamba gli tornerà normale naturalmente, per puro caso, senza l’intervento di alcun medico.

Un libro in cui si fissa il confine tra Neurologia e Neuropsicologia.

Illuminante, per chi non conosce queste tematiche.

Illegale è brutto

Illegale e sommerso. Ecco l’altro Pil che vola

Il Vespino dei Boskerville

Stefano Cucchi, la Procura: “Violentissimo pestaggio”

Carceri, “ti picchio col collega”

audio choc di un detenuto

Anonymous, Trolling Day contro l’Isis

Amianto, Boeri: “In Italia 32 milioni di tonnellate
Per bonifica servono 85 anni”

Morti da inquinamento. Italia, record:

In 1 anno 84mila decessi per smog”

Inquinamento, 84mila decessi non punibili

Macello degli orrori, no ad altri casi Italcarni

Dentro gli allevamenti di conigli:

Gabbie micro e cuccioli lasciati morire fra le feci

Macello degli orrori, Lorenzin dispone
controlli negli stabilimenti del Bresciano

Video esclusivo – Funghi e infezioni
Così vengono allevati i conigli da carne

Uccidere animali e uccidere uomini, che differenza c’è?

Jobs act, via articolo 18 pure per gli statali.

Governo ha mentito sapendo di mentire”

Il regolamento Agcom è fuori legge, parola della Consulta

Coloro i quali vanno a cercar cazzi

La portavoce e le carriere dei prefetti:

Le chiamate svelano il sistema delle nomine

 

B. ricattò Salvini e Maroni:
“Vi scateno contro i giornali”

Benzina, Codacons:

Prezzi restano più alti del 20% rispetto a media Ue
Anche se petrolio è ai minimi da 2009?

Il sondaggio è mobile

Polizia, chi denuncia paga:

segnala il rischio amianto, trasferito

Verdura alla diossina:

i nuovi mercati generali di Firenze sotto l’inceneritore

Pedofilia, prete arrestato
Il vescovo sapeva: “Non parlare con i carabinieri”

Clima, “obiettivi troppo timidi e niente sanzioni
Risultato storico? No, l’intesa non funzionerà”

Siria, Amnesty: “Centinaia di civili uccisi in raid russi.
Usate bombe a grappolo”

Atac, boom di donazioni sangue a Capodanno:

l’ombra del sabotaggio contro gli straordinari

Impennata di morti nel 2015 (come durante la guerra)

Renzi: “Sconfiggere il terrorismo con la cultura”.

Gli faremo crollare addosso i muri di Pompei


Il lato positivo (film)


Un tipo un po’ bizzarro ritorna a casa dopo un periodo di esaurimento nervoso. È tutto orientato a riguadagnarsi la fiducia di sua moglie, però certo lei non lo lascerà avvicinarsi se prima lui non le avrà dimostrato di essere guarito…

Non passa molto che il tipo si imbatte in una donna anche lei un po’ strana, molto chiacchierata, che si dice che sia una facile. Le loro eccentricità finiscono bene o male per incastrarsi…

Un film a cui non avrei dato molto credito e invece alla fine si può dire che mi sia piaciuto.

Renato zero: Non va!


Niente. Non va…

Ho provato ad approfondire l’ascolto delle canzoni di Renato Zero. Ma mi sono accorto che sostanzialmente mi piacciono sempre e solo quelle che mi piacevano prima, che conoscevo già.

Renato Zero non fa per me. Non mi piace. Non lo trovo troppo interessante o bravo. Rimango ancorato a quella sua decina di canzoni, le più belle di sempre, ma le altre non mi dicono nulla…