L’attore porno


Era carino, giovane e con una gran voglia di scopare e conoscere ragazze. Per questo fu molto contento quando fu preso per fare l’attore porno.

Era già alla sua terza esperienza. La prima volta si era fatto una scopata da dio e ne era rimasto veramente soddisfatto. La seconda volta era stato coinvolto in un’orgia. Era stata la sua prima orgia e l’aveva trovata molto eccitante. Anche se, col senno di poi, più ci ripensava e più si accorgeva che tutto sommato non è che fosse stata tutta questa gran cosa. Era stato solo un crogiolo bollente di carni penitenti che si accoppiavano tra loro. Comunque la prossima volta avrebbe valutato meglio la situazione, questo era certo.

Poi venne la terza volta che fu chiamato. E lui era molto contento perché gli avevano fatto vedere le foto della ragazza col piercing proprio lì e lui l’aveva trovata molto, molto bella, davvero: incantevole, una ragazza da sogno. Poi le aveva anche parlato per telefono e lei gli era sembrata molto calma e tranquilla. E la sua voce l’aveva trovata corrispondente alle foto che gli avevano fatto vedere. Insomma lui si era già quasi innamorato. Peccato che quando nella conversazione era uscito lievemente dal seminato si era dimostrata evasiva. Le aveva chiesto se aveva un altro lavoro o se studiava e lei non aveva voluto rispondergli. Gli aveva dato anzi una risposta a cazzo che ce lo aveva fatto rimanere piuttosto male. Una di quelle risposte del tipo: e che importanza può avere? a te che ti frega?

Dunque in finale avevano parlato brevemente solo di lavoro e igiene. Lei sembrava un po’ fissata. Gli aveva chiesto quando si era fatto l’ultimo controllo per l’HIV e lui le aveva detto che lo aveva eseguito, per scrupolo, appena sei mesi fa, anche se non sarebbe stato necessario perché aveva sempre scopato col preservativo fin da piccolo. E lei si era manifestata soddisfatta e gli aveva chiesto allora se gli sanguinavano mai le gengive (che poi era la stessa identica domanda che aveva trovato sul test quando aveva fatto domanda per diventare attore porno). E lui l’aveva tranquillizzata anche lì. Le aveva detto che il dentista era molto orgoglioso di lui. Pensava di averle detto una bella battuta divertente ma lei, indolentemente, lo aveva liquidato dandogli appuntamento sul luogo di lavoro.

Si era dunque affrettato a cercarsi sulla rete qualche filmato in cui la sua nuova partner si dava da fare. Lei era nel circuito da più tempo di lui, un anno e mezzo, e aveva realizzato diversi filmati, per lo più ordinari. Lui invece era nel circuito appena da tre mesi e si poteva dire che fosse ancora in prova, per quanto lui aveva offerto ai produttori tutta la sua disponibilità quasi incondizionata a fare tutto purché non ci si fosse fatti del male e non avesse dovuto avere rapporti (diretti) con uomini. Si era anche posto il dilemma esistenziale dell’ano: in fondo è solo un buco: di maschio o di femmina che differenza farebbe?

Nel filmato che visionò la trovò più timida di quanto si aspettasse. Però ciò doveva essersi verificato perché era uno dei suoi primi lavori. La ragazza era proprio bella, pensò. Un bel corpo tonico e fresco, dei bellissimi capelli e sopratutto un visino di cui si era innamorato all’istante (decise che le avrebbe chiesto di uscire perché voleva provare ad avere una relazione con lei. Sarebbero stati perfetti assieme). Giusto di seno era un po’ scarica. Ma tanto non faceva niente. Non era fondamentale avere delle supertettone…

Si accese talmente tanto che quella notte la sognò. Sognò che si erano messi assieme e che da li in poi avrebbero fatto tutti i film assieme. Sarebbero diventati delle istituzioni nel settore come coppia…

Venne il giorno di girare. Lui si presentò mezz’ora prima. Salutò il regista con il quale aveva lavorato la volta precedente: era un tipo simpatico che non si sarebbe mai detto facesse quel lavoro. Per lui, quello, era solo lavoro. Neppure si eccitava più, gli aveva detto la volta prima. Doveva essere stato il regista a mettere una buona parola con il produttore per richiamarlo. L’attore porno ne era contento.

Cominciò a spogliarsi e il regista gli chiese se si sentisse in forma. Lui disse di sì, che non aveva quasi mai quel problema. Cioè solo quando si sentiva stanco avrebbe potuto far cilecca, altrimenti era certo che sarebbe andato tutto bene. Il regista gli disse, come gli aveva ricordato la volta precedente, che comunque, se serviva, c’erano interi flaconi della pillolina azzurra. L’attore porno gli disse che non era “un vecchiaccio” e sperava che nei prossimi cinquant’anni non ci avrebbe mai dovuto ricorrere.

Ma dov’è la Diva?, gli chiese (e Diva era il nome d’arte della ragazza). Lei?, rispose distaccato il regista, non ti preoccupare: lei viene sempre all’ultimo momento, per ottimizzare il tempo, dice. ha sempre un mucchio di cose da fare quella…

Diva si presentò ai suoi occhi appena cinque minuti prima dell’orario stabilito, quando tutta la troupe era già pronta a partire. Aveva un vestitino leggero che avrebbe impiegato pochi secondi a togliersi. Salutò freddamente quasi tutti tranne il regista. A lui fece un sorriso più compiaciuto al quale il regista rispose debolmente. L’attore porno si sentì dispiaciuto che si fosse dimenticata di lui.

Cominciarono finalmente le riprese… Stavolta dovevano risultare molto normali. Difatti neppure c’era un copione. Il regista diceva che dovevano fare questo, fare quest’altro. Li guidava a bacchetta. Lei si fece fare tutto quello che diceva il regista (le classiche tre variazioni sul tema). Lui le sorrideva e le diceva che era bella, ma lei non reagiva minimamente. Giusto quando il regista diceva di sorridergli lei lo faceva. Però così non piaceva all’attore porno perché lei gli sembrava falsa…

A un certo punto lui si accorse che le riprese stavano per finire. Allora tentò di prendere un’iniziativa che trovava non ci sarebbe stato nulla di male a prendere. Tentò di baciarla. Proprio non si aspettava che lei allora lo allontanasse. Io non bacio sulla bocca!, gli disse respingendolo ma con garbo perché erano ancora sul set. Posso darti tutto il mio corpo mentre giriamo, ma non chiedermi pure di baciarti, gli disse. E l’attore porno ci rimase molto male. Non capiva quale fosse il problema. Non accettava la sua lingua ma il suo membro sì? Lui era un tipo pulito e apposto in tutto. Inoltre, se non la baciava, non poteva neppure fingere che stessero assieme: quella fantasia andava completamente a morire. E non aveva più senso per lui stare lì con lei. Neppure il denaro gli interessava più perché lui faceva quel lavoro per passione e conoscere gente. Voleva fidanzarsi con qualcuna e si era già innamorato di lei.

Le riprese si conclusero. Lei andò subito di là a lavarsi. Anche gli altri della troupe riposero le loro cose, ma con maggior quiete. Loro perlomeno parlavano e scherzavano, erano persone senza la puzza sotto il naso.

L’attore porno si rese conto che alla fine non provava nessuna sensazione di appagamento. Che senso poteva avere essersi scopato quella ragazza che gli piaceva tanto se neppure poteva sognare di averla, di starci assieme?

Diva uscì dal bagno dieci minuti dopo, tutta vestita e profumata. Non salutò nessuno, se non il regista, che non le rispose. L’attore porno era ancora lì nudo sulla poltrona. Gli venne voglia di appagarsi alla solita maniera, da solo. Ma in quel momento proprio non gli andava e sentiva che stavolta non avrebbe funzionato.

 

Andrea De Carlo: Nel momento


È curioso come i libri di questo autore mi facciano riflettere su date questioni che mi sto ponendo proprio in quel momento…

E adesso che l’ho letto mi sto facendo un’idea più precisa anche sul suo libro letto in precedenza (Due di due) e su di lui e il suo stile…

Un uomo imprigionato in una vita ordinaria un giorno ha un incidente (cade da cavallo). In qualche modo quel trauma lo farà accorgere di quanto sia infelice e disperato. Allora, dibattendosi tra i pro e i contro di una vita del tutto nuova senza alcuna certezza, si attaccherà alla sottana di una donna un po’ stramba conosciuta casualmente… E da quel momento la storia non avrà alcuna sicurezza e potrebbe interrompersi bruscamente da un momento all’altro…

La precarietà è uno dei temi di questo libro, quello narrato più tra le righe. Ce ne sono molti altri.

Drappeggio sul luculliano


Entrò nell’ampio e affollato androne e la vidi. Era in compagnia di quello nuovo. Ecco con chi preferiva passare il suo tempo invece che con me… Un moto di sdegno mi avvolse. Allora mi imposi: non avvampare di rabbia, non farlo! non darle pure questa soddisfazione… non scappare via, anche se in questo momento faresti di tutto per evitare il confronto… devi farle capire che non può farti nulla… nulla! che sei più forte di lei!…

Mi imposi di non imporporarmi e di non fare la faccia arrabbiata. Sentii qualcosa dentro me che si lamentava, scricchiolava, veniva compresso e infine ridotto all’impotenza. Impedii al respiro di accelerare. E capii che potevo governarmi davvero. Era la prima volta che ci riuscivo. Capii che era così che si imparava a fingere, per necessità, e che da quel momento avrei forse potuto ripeterlo per il resto della mia vita in sua presenza.

Lei mi notò e la sua espressione si fece sofferente. Ero lì da solo. Fermo. Sembrava non attendessi altro che il suo passaggio. Per spiarla. Il suo passaggio per poterla additare pubblicamente di lascivia e promiscuità. Si sentì così in colpa che venne spontaneamente verso me. Non la temevo più perché sentivo di esser riuscito a non mostrarle il mio reale umore. Il vulcano dentro me era stato turato con la forza, e quel tappo avrebbe resistito.

Doveva pensare qualcosa del tipo: beh, alla fine mi ha beccata. d’altronde prima o poi sarebbe dovuto succedere frequentando sempre gli stessi posti entrambi. prima o poi doveva per forza succedere che lo vedesse con chi passo le giornate e cosa faccio quando sparisco…

Ma forse mi sbagliavo. Infatti, qualora davvero non avesse voluto farmelo vedere, quel tale, sarebbe bastato frequentarlo di nascosto, in quegli anfratti dove sempre si andava a imboscare per poter essere libera di baciare senza sentirsi giudicata (quei posti in cui alla fine avrebbe condotto anche me, ma quando ormai sarebbe stato troppo tardi per tutto, anche solo per un bacio di addio). No. Probabilmente aveva scelto volontariamente di portarlo là. Lo aveva portato appositamente per procurarmi fastidio, per farmi capire che se non facevo il bravo lei ne poteva subito trovare quanti voleva (e quello era solo l’ultimo delle sue conquiste). Inoltre doveva pure consolarsi della triste vicenda con me, no?

Tuttavia, adesso che il suo piano di atroce vendetta si era compiuto, la sua vigliaccheria riveniva a galla e lei aveva paura. Sì, aveva paura di aver compiuto il passo più lungo della gamba, che così facendo non mi avrebbe solo bastonato, ma avrebbe anche posto una pietra tombale su tutto il nostro rapporto, per sempre, inesorabilmente. Per sempre. Non mi avrebbe più recuperato. Solo adesso lo comprendeva con patimento…

Si avvicinò portandosi appresso per inerzia il suo nuovo giocattolino. Mi imposi di non soffermarvi sul viso di lui altrimenti sarei potuto cadere in fallo rivelando i sentimenti che mi albergavano, maligni e tempestosi, nel cuore. Una volta approssimatasi, mi baciò come fosse la cosa più normale del mondo. Quel bacio voleva dire che comunque mi riconosceva un ruolo significativo nella sua vita, anche se era da giorni che mi aveva ricusato. Solo pochissime persone lei baciava (in pubblico) e io forse in quel periodo ero l’unico, oltre il suo storico “amico” che sempre le ronzava intorno sia con la pioggia che con il vento, perché quel poveraccio non sapeva come fare a meno di lei, anche se lei gli spaccava il cuore di continuo.

Ma quel bacio stava anche a significare che non era come pensavo, che quello nuovo era solo “di passaggio”: io ero sempre importante per lei. Dunque quel bacio era avvenuto per chieder pietà e clemenza per la situazione imbarazzante che si era venuta a creare…

Mi chiese che cosa facessi lì, immobile. Effettivamente sembrava proprio mi fossi appostato poiché qualcuno mi aveva fatto la soffiata che presto sarebbe passata con il suo nuovo amante. Risposti sbrigativamente, lasciando intendere a entrambi che non ero propenso ad avere con loro alcun dialogo, e che mi rodeva, anche se non potevano esser certi se fosse a causa loro o meno.

Rimase colpita dall’asprezza delle mie parole. Accusò il colpo. Le avevo detto che attendevo semplicemente un amico. Chissà perché non mi credeva. Ma forse, più che le mie parole, dovette essere il mio atteggiamento freddo e respingente a ferirla. Infatti, già quando mi aveva baciato, non l’avevo contraccambiata, cosicché fu solo lei che aveva posto le sue labbra traditrici su di me.

Era il momento adatto per dare un’occhiata al suo compagno. In realtà, a guardare solo lui, sarebbe stato impossibile infuriarmi. Perché il suo atteggiamento non era per nulla conflittuale. Sorrideva beato. E non era un riso né di scherno né di doppiezza. Sorrideva teneramente, sia perché era al settimo cielo potendo stare con lei, e sia perché mi riconosceva. Mi riconosceva come suo simile. Come persona sensibile; e come suo altro amante. Perché lei doveva avergli detto che avevamo delle cose in comune. Quindi non mi vedeva come un concorrente e non sembrava temesse gli soffiassi la ragazza. Sembrava pensasse ecumenicamente che ci fosse spazio un po’ per tutti, perché lei era generosa con tutti e aveva smisurati appetiti amorosi, smisurati: una smisurata voglia di essere amata. E voleva dare molto e ricevere ancora di più: tutto. Aveva sempre bisogno di essere amata…

Me lo presentò appena lo sfiorai con gli occhi. Credo non le risposi nulla; oppure fui assai parsimonioso di parole e manifestazioni sociali.

Il mio silenzio la mise così in imbarazzo che non se la sentì di rimanere oltre a prendersi quelle tacite accuse con cui le stavo inzaccherando l’anima. Mi salutò dicendomi che l’avrei trovata di sopra, se volevo rivederla, come mi fosse stata agevolmente fruibile. E quelle parole suonarono nella mia testa come una specie di enorme presa per i fondelli… Ah! Giorni prima mi aveva praticamente scacciato… E ora, ora che stava con quello, ora che ero il terzo o il quarto ma magari voleva tornassi a essere il primo perché accusava la mia mancanza, ora sarei stato nuovamente tollerato! Ma era scema?!? Come avrei mai potuto accettare le sue ambigue profferte?! Uno orgoglioso come me, con un alto amor proprio, non avrebbe mai accettato. Detestavo essere il suo zerbino sempre pronto a colmare tutti i suoi improvvisi vuoti. Rifiutavo il ruolo di tappabuchi che lei finiva per assegnare a tutti coloro le sbavavano dietro.

Se ne andarono. Li seguii con lo sguardo mentre erano di spalle. A un tratto colsi un particolare di cui la mentecatta natura mi fu subito palese. Si prese il brandello finale della camicia che portava fuori dai pantaloni e gli diede una stirata al volo, come a volerlo ridisporre al massimo della sua ampiezza, per coprirsi il fondoschiena, di cui aveva sempre avuto il complesso fosse troppo prosperoso e la rendesse sgraziata.

E io dentro di me ne risi. Anche se erano risate amare, quelle. Dunque, in quel momento acuto di separazione tra noi, lei si poneva il problema che guardandola da dietro avrei potuto trovarla brutta. Era scema. Matta! Fuori dalla realtà… A parte che adoravo tutto di lei, compreso quel sedere che aveva, che ritenevo bellissimo. Ma poi, sopratutto, quello avrebbe dovuto essere l’ultimo motivo di preoccupazione in lei. C’era infatti la nostra situazione che si faceva sempre più intricata, sempre meno risolvibile positivamente, sempre più ineluttabile a richiedere tutte le sue più solerti attenzioni. Era ormai impossibile liberarci di quella ragnatela che ci invischiava entrambi impedendoci quasi ogni movimento. Per farlo, avremmo dovuto assestare grossi scossoni. Con tutta la nostra forza. E non sarebbe stato affatto semplice, né indolore. E nessuno dei due aveva mai avuto tutta quella forza. Eravamo entrambi sconfitti e ancora non lo sapevamo.

 

Come divenni bestemmiatore


Per iniziare, sono sempre stato un bravo bambino. Ero uno di quelli che a scuola venivano presi a esempio dalla maestra per dimostrare agli altri alunni come ci si dovesse comportare. Alla scuole elementari non dicevo mai parolacce, al contrario delle simpatiche canagliette che avevo sempre accanto.

Alle scuole medie iniziai a dire qualche parolaccia e ogni volta la cosa ingenerava risa feconde da parte dei miei amichetti, poiché da me proprio non se le aspettavano. Anche a catechismo ero su quella lunghezza d’onda (ma lì non pronunciavo mai parolacce!) e spesso spiccavo per l’attenzione tenuta mentre ascoltavo gli edotti personaggi che mi introducevano a Dio.

Pensavo proprio che, essendo un bravo bambino, Dio non potesse non amarmi e che mi preferisse sicuramente a molti altri per via della mia incontaminata bontà d’animo.

Un giorno chiesi a Dio di dimostrarmi senza ombra di dubbio la sua esistenza. Ero bloccato a casa per una malattia e mi ero messo in finestra. Chiesi a Dio di far passare, in quel momento preciso, una persona che conoscevo bene. Con mio grande stupore, quella persona passò immediatamente sotto i miei occhi.

Ne rimasi stordito. Ma subito chiesi a Dio un ulteriore dimostrazione. Se avesse fatto pure questo, sarei stato realmente convinto. Gli chiesi di mandar via la luce. Ma la luce non andò via. Allora lo supplicai, esortandolo ancora e ancora per diversi minuti; ma Lui non volle accontentarmi!

Voi cosa avreste pensato? Io continuai a credere in Dio e mi dissi che lui non poteva stare certo a dimostrare a tutti, di continuo, la sua esistenza (anche se magari per me, che ero il bambino più buono dell’universo, uno strappo alla regola avrebbe potuto farlo).

Comunque, da un punto di vista prettamente statistico, il “miracolo” avvenuto si poteva spiegare argomentando che avevo semplicemente chiesto una cosa possibile, anche se fu molto curioso che quella cosa avvenne proprio in quel momento…

In seguito chiesi a Dio altri piccoli favori, in particolare lo subissai di richieste per… farmi mettere assieme a una ragazza, dato che ero troppo timido per prendere l’iniziativa. Ma non successe nulla e ciò incrinò un po’ la mia fede dogmatica in Lui.

Passai alle scuole superiori, che sembravano più un carcere minorile piuttosto che luoghi preposti alla diffusione di valori culturali. Ovviamente in quegli ambienti dissoluti dovetti adeguarmi in pieno al gergo vigente e iniziai a frequentare le parolacce con maggiore assiduità. E, seppure col tempo presi a non credere più in Dio (ormai, molto distaccato dalla religione, consideravo sciocco e infantile credere), la bestemmia era ancora un tabù per me: difatti la praticavano solo i ragazzacci, quelli davvero scoglionati.

Passarono gli anni e ora frequentavo l’università. Vidi il vecchio film di Benigni “Ti voglio bene Berlinguer”. La pellicola mi colpì molto. Il Benigni di allora era molto diverso da quello convertito di oggi. Era ancora un “cattivo” ragazzo. Non leggeva Dante pubblicamente (almeno non in quel modo), non proclamava la bellezza dell’amore e di Dio a oltranza, e non era stato invitato a leggere la Bibbia (come fosse stata la Divina Commedia). In particolare, nel film in questione, mi colpì la scena in cui lui, pensando che gli fosse morta la madre, avviava una lunga passeggiata per le campagne toscane condendola con oscenità, imprecazioni e bestemmie di tutti i generi, e pure piuttosto di cattivo gusto, pensai.

Quella cosa mi rimase dentro e, sommata ad altre esperienze, mi fece capire che i toscani quando bestemmiano, in realtà, non lo fanno tanto contro Dio ma contro la Chiesa, che sono due cose ben distinte; e inconciliabili, aggiungerei…

Un giorno nella mia famiglia accadde un evento piuttosto traumatico e io mi ritrovai in strada con un mio amico ad ascoltarmi bestemmiare per due o tre volte di seguito senza neanche accorgermene. Fu quella la prima volta che bestemmiai.

Recentemente mi si è accesa una luce e da tempo sono tornato a credere in Dio; ma non nelle religioni. Ho anche rielaborato il mio ragionamento sulla bestemmia… Supponiamo che Dio non esista. Se Dio non esiste allora la bestemmia è un semplice e inutile dar fiato alla bocca. Ne più ne meno. Quindi si può bestemmiare.

Facciamo pure l’altro caso: Dio esiste. Ma se Dio esiste, non gli dovrebbe interessare nulla se io dico qualcosa contro di lui. Sarebbe come se sapere che una formica parla male di me mi provocasse una qualche reazione! Che me ne potrebbe mai fregare? Infatti la bestemmia non è mai in realtà contro Dio, ma piuttosto contro la malasorte, o addirittura contro la persona stessa che la sta pronunciando, che in quel momento rinnega tutti i suoi principi… Quindi, anche in questo caso… si può bestemmiare.

Ma, appurato che in ogni caso si possa bestemmiare, per quale motivo si dovrebbe farlo? Io ho sposato la strada dei toscani: per condannare la Chiesa Cattolica per i suoi numerosi falli (sopratutto quelli rivolti contro i bambini)…

Un tempo avvertivo la bestemmia come un fastidio quasi fisico e credevo che chi vi si abbandonasse fosse il peggiore essere umano possibile. Ma poi sono cresciuto. E un giorno passai da bestemmiatore occasionale a bestemmiatore di ruolo. E da allora ho conosciuto o sentito di uomini che pur non bestemmiando si sono macchiati dei peggiori peccati di questo mondo. Così per me bestemmiare non è più un peccato e non penso niente di particolare di coloro che lo fanno: cioè, questo, non rappresenta più per me uno di quegli elementi discriminanti che ognuno di noi utilizza per giudicare gli altri.

Forse tra qualche tempo non bestemmierò più, chi lo sa. A ogni modo invito a riflettere coloro che sono giunti alla fine di questo brano circa la reale essenza della bestemmia, che è sostanzialmente solamente un’imprecazione personale. Per questo motivo trovo assolutamente inappropriato chi si indigna per una singola parola di bestemmia e non lo fa in misura molto ma molto superiore per cose di una consistenza ben maggiore (come piduisti o mafiosi al governo invece che in galera, per esempio).

Uno dei tanti esempi di ipocrisia circa bestemmia: da non molto è stata introdotta una regola nel calcio che dice che chi viene beccato a bestemmiare viene automaticamente squalificato per una giornata. Mentre chi magari spezza volontariamente la gamba di un avversario potrebbe anche farla franca se l’arbitro ritenesse opportuno non infliggergli alcuna penuria. Non vi sembra una grossa, insensata cazzata? Stesso dicasi per gli sputi, che però almeno in quel caso corrispondono praticamente a un insulto…

Non vi invito a bestemmiare come me. Ma sappiate che, se vi indignate con me quando lo faccio, alla stessa misura potrei indignarmi io con voi per la vostra (per me insensata) indignazione, o chissà per cos’altro. Chiaro?

Frasi captate casualmente per la strada: Bastoni e denari


Un uomo e una donna in strada…

L’uomo (con una voce da bullo strafottente che conosce il mondo assai bene e lo schifa perché lui, anche se è una merda totale, si sente comunque molto meglio di tutti): «Ma tu te ne esci sempre a denari?! Mai a bastoni, a coppe, a spade… Come mai? Sempre a denari…»

La donna (con una voce dapprima pacata che però, dall’alto delle sue ragioni, trova forza cammin facendo): «Se me ne esco a bastoni so’ cazzi tua!» (come a lasciargli intendere che, anche se lui sta facendo la parte dell’uomo forte che comanda e che le fa sempre un favore, è esattamente il contrario, perché se un giorno lei si stuferà davvero di lui e della merda che è, chiederà il divorzio e lui rimarrà solo come meriterebbe di stare, perché solo una pia donna come lei può ancora tentare di non mandare tutto al diavolo con lui perché si sforza di volergli ancora un po’ di bene, nonostante tutto)…

L’uomo, frastornato dalla reazione violenta emersa dalle parole della donna, di quella donna mite da cui non si aspettava alcuna reazione, non parla più, il macho.