Elizabeth: Piedi


Sui suoi piedi si soffermò più del previsto. Bikal aveva sempre trovato un’affinità tra le estremità delle mani e quelle dei piedi, e spesso si divertiva a immaginarsi se una donna dotata di incantevoli dita delle mani avesse delle altrettanto seducenti dita dei piedi. In linea generale Bikal trovava che esistesse una corrispondenza tra la bellezza delle une e quella degli altri. Tante volte si era stuzzicato a dedurre la forma dei piedi di una donna partendo dalle sue mani. Purtroppo non sempre le donne permettevano agli uomini di far loro scorgere i piedini (i quali a volte tenevano inspiegabilmente fasciati e oltremisura nascosti) e Bikal se ne rammaricava molto. Non capivano, le donne, che ci avrebbero guadagnato assai fornendo un ulteriore stimolo visivo all’uomo?

 

Philip Roth: Il seno


Un giorno un distinto professore si sveglia trasformato in un… seno!

Vi ricorda qualcosa? Ma certo. Davvero impossibile non pensare al racconto capolavoro incentrato sulla solitudine dell’essere umano de La metamorfosi di Kafka. Solo che qui Roth affronta l’argomento dal punto di vista estremamente razionale dell’uomo moderno, utilizzando in più il suo tocco spregiudicato. Dunque non più insettoidi, ma parti anatomiche, e che parti!: un seno di donna di settanta chili… Il professore scoprirà così di poter fare praticamente solo una cosa: sesso! Ma in una maniera molto differente da quella spermatica a cui era abituato… E poi cercherà di rifugiarsi nei sogni e perfino nella pazzia. Qualunque cosa pur di non ammettere di esser diventato solamente, senza alcuna ragione fisica conosciuta fino allora, un mero, gigantesco seno femminile…

Speravo in un finale con colpo di scena. Ma purtroppo Roth non tira fuori alcun coniglio dal cilindro. Così il confronto con il capolavoro di Kafka appare impietosissimo. E ho pensato che questo racconto, il pur bravissimo Roth, avrebbe potuto risparmiarselo.

6:15


Mi sveglio nel modo peggiore. Dalla finestra entra una forte puzza di bruciato. Era da un po’ che non si sentiva al mattino, mentre la sera accade spesso, nell’indifferenza generale.

Fuggo letteralmente da casa prima di sentirmi male. Scendo in strada. Qui è ancora più forte. E se non sbaglio l’aria sembra fumosa anche alla vista, anche se non capisco da dove provenga il fumo.

Comincio a camminare verso la metro, dove il fumo sembra diradarsi.

Quando respiro meglio, chiamo il 113.

Denuncio la situazione e l’operatore mi inoltra la chiamata alla polizia municipale. Già mi è successo. Spero che non accada quello accaduto la volta scorsa…

…Invece anche stavolta la linea dopo molti squilli cade!

A questo punto vado sul sito della polizia municipale di Roma e mando loro una bella email in cui parlo di queste puzze di bruciato che avverto di continuo, da anni.

Vediamo come va a finire…

PS: in realtà, il mio intento di scrivere l’email alla polizia municipale rimarrà solo un intento perché quel giorno me ne dimenticherò. Di cosa accadrà nel momento in cui proverò a spedire quella email, parlo più tardi…

Umani e subumani


Ci sono errori inammissibili, talmente gravi che, se compiuti una volta, è già troppo. Chi commette un errore imperdonabile non sarà mai in grado di redimersi completamente. Parliamo di errori come lanciare un sasso da un cavalcavia; aderire alla P2 o alla mafia; usare una grande violenza contro qualcuno senza che vi sia stato un motivo valido per farlo; ecc.

Tali misfatti hanno però il potere di mostrare a tutti quanto sia enorme e incolmabile la differenza tra chi li compie e quelli che invece non lo farebbero mai. Tali misfatti fanno capire che si è in presenza non di esseri umani normali, ma di subumani, i quali, di conseguenza, non essendo umani, debbono perdere di fatto ogni diritto spettante agli esseri umani, e vanno dunque declassati e trattati con maggiore severità.

Comunque la vediate, per nessuno motivo al mondo dovrà essere concesso a questi subumani di commettere nuovamente un altro misfatto intollerabile.

 

ECO-VILLAGGI e PERMACULTURA


Ho recentemente scoperto l’esistenza dei cosiddetti ecovillaggi, cioè villaggi che pretenderebbero di essere ecologici, i quali in genere si fondano sui principi della permacultura, che a sua volta mirerebbe a creare un habitat agricolo in più possibile autosufficiente in armonia con l’ambiente…

Stupendo!, direte voi; dove sono?; ci vado subito!… È quello che ho pensato anche io, ma poi ho scoperto che spesso, in questi villaggi che si sono autodefiniti ecologici, si arde legna in abbondanza, per riscaldarsi o per altri motivi. E solo un idiota incolto al giorno d’oggi non sa che il fumo prodotto dalla combustione di legna è sia tossico che cancerogeno, come intuivano a meraviglia anche i trogloditi uomini delle caverne… Loro lo sapevano pur non avendo alcun strumento scientifico per permettesse di attestarlo…

Come è possibile che, nel 2015, ci siano degli idioti che osino definire ecologico bruciare il legname?!? E per quale motivo lo sarebbe?! Perché la legna è stata prodotta dalla natura?!? Allora, seguendo questo ragionamento dissennato, si potrebbe allo stesso modo affermare che anche il carbone e il petrolio sono ecologici! Capite che assurdità?!?

Ecologici sono il metano, l’energia eolica, quella solare e quella tratta dal movimento dell’acqua. Perché, ottusi abitanti degli ecovillaggi, non riempite i vostri villaggi di pannelli solari e usate quelli per ottenere energia? Perché?

Sembra ormai che in questi nostri sciagurati tempi le parole abbiano perso ogni minimo significato. E renzi continua a dire che è di sinistra… Infatti, guardate tutte le cose di sinistra che continua a fare…

Philip Roth: Zuckerman scatenato


Ennesima storia con protagonista uno degli alter ego scrittori di Roth. È un romanzo che si vede sia stato scritto prevalentemente per divertimento, per questo l’ho gradito abbastanza. Anche se l’autore… figuratevi se non ci ficcava dentro almeno qualche morto! Beh, è uno dei marchi di fabbrica di Roth, in fondo… 😉

La storia narra di un ancora giovane Nathan Zuckerman appena diventato scrittore affermato, alle prese con una popolarità epidemica, ancora non resosi conto di ciò che implichi questo fatto. Zuckerman vive come faceva prima, modestamente, anche se potrebbe permettersi molto di più. Esce poco, prende l’autobus. Si è isolato da tutto e il successo acuisce questa sua predisposizione già precedente.

Si dibatte tra il dramma di trovare un nuovo soggetto dopo il libro molto importante appena terminato (che gli ha cambiato la vita per sempre), l’essere identificato costantemente con il libertino protagonista del suo libro, il fuggire dai suoi fan, il come investire i suoi denari, il rimpianto di un matrimonio fallito alle spalle, gli approcci con un’altra donna eccezionale e bellissima anche lei molto famosa, e poi un certo fantomatico maniaco che lo perseguita telefonicamente minacciando sua madre…

L’ultimo malinconico capitolo è dedicato ai ricordi familiari e a come quel suo libro maledetto abbia distrutto gran parte dei legami con i suoi congiunti.

PS: i continui accenni agli ebrei ammetto che comincino a stancarmi (da notare che avrei detto la stessa cosa anche si fosse trattato della religione cattolica)

SEMPRE #MAFIAMERDA


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Trivelle in Veneto: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei

 

Insieme


Fatima non capiva perché suo marito Luis volesse sempre stare con lei. Anche quando si recavano a fare la spesa, invece di dividersi, per fare più in fretta, dovevano perennemente rimanere appiccicati, perlomeno a mezzo metro di distanza. Ma già quello era troppo. E se accadeva che si trovassero a una tale distanza, Luis le faceva gli occhi tristi da cane abbandonato e subito si adoperava per diminuire quel modesto divario nel più breve tempo possibile.

Fatima proprio non lo capiva… I primi tempi si era convinta che il marito fosse follemente innamorato di lei, cosa che, effettivamente, era indiscutibilmente vera. Ma poi, con il passare degli anni, quella scappatoia non era più bastata e lei aveva cominciato a pensare che nel suo caro maritino ci fosse qualcosa di grave, di patologico, che non andasse… Perché si comportava così? Perché era così possessivo?

Ma era davvero quello il punto? Le capitò di metterlo alla prova per saggiare la sua gelosia. Si industriò nel parlare con altri uomini smargiassi, attraenti e seduttori. Ma il suo Luis, in quelle occasioni, non manifestò alcun fastidio; anzi rimase assolutamente calmo e pacato, proprio come lo aveva conosciuto da fidanzato. Dunque, il suo, non era tanto un problema di gelosia. Doveva essere qualcos’altro. E allora lei aveva tentato di investigare… Ma alla fine si era stufata poiché presto aveva capito di non essere in grado di venirne a capo.

Non le era rimasto che chiederlo direttamente a lui. E lui, interrogato su quella faccenda, le aveva risposto come fosse la cosa più normale del mondo e, con disarmante loquela, le aveva esposto che il motivo era solo che… lui l’amava e non voleva stare separato da lei neppure per un secondo. Il che in realtà l’aveva inorgoglita molto, ma anche allarmata, perché il comportamento di Luis, si ripeteva senza sosta lei, era irragionevole e anormale. E proprio questo aggettivo, “anormale”, era quello su cui il suo cervello premeva maggiormente preannunziandole disastri o scompensi futuri. Sennonché, in fin dei conti, non poteva imputare niente di niente a Luis, se non quell’assurda ossessione che pareva non scomparire mai, che rappresentava invero l’unico neo di Luis…

Ma poi successe dell’altro. E Fatima si arrabbiò davvero quel giorno che se lo vide comparire in ufficio all’ora di pranzo. Luis entrò nella sua stanza, salutò garbatamente le sue colleghe e poi le si rivolse con candore dicendole che le aveva fatto una sorpresa: aveva cambiato impiego; da quel giorno avrebbero lavorato nella stessa azienda; questo, per starle ancora più vicino in ogni singolo momento della giornata, le disse.

Da lì, il passo successivo fu agevole, cioè essere trasferito direttamente nella sua stanza, dato che lui aveva espresso quel desiderio fin dal primo giorno. Lo aveva ribadito con petulanza talmente implorante al capoufficio che questi non aveva potuto opporsi. Anche perché esso tra l’altro non aveva avuto alcun motivo plausibile per negargli quel piccolo favore, che anzi era più che comprensibile, per quanto quel desiderio gli era stato formulato un po’ troppo di frequente. E quando fu Fatima ad andarsi a lamentare dal capoufficio per quella seccante dislocazione che non “la lasciava respirare”, il capoufficio le disse che ormai era troppo tardi per ricambiare tutto.

Da allora Luis divenne davvero l’ombra di sua moglie e non passò molto che cominciò a seguirla anche quando lei… si recava al bagno! Quando Fatima se ne accorse diede in escandescenza. Possibile che devi seguirmi anche qui?!, gli disse una volta con acredine. E lui, vedendo che lei glielo rimproverava, imparò a inventarsi delle scuse sempre più fantasiose e colorite: mi scappava anche a me, le disse una mattina; oppure… dovevo chiederti una cosa; oppure… credo che tra di noi si sia creato uno di quei legami che talvolta si riscontrano nei gemelli siamesi, che quando uno a esempio ha fame allora anche l’altro ce l’ha… Solo che, se quel legame sussisteva sul serio, ed era palese che non fosse così, si manifestava però sempre e solo da parte sua, elucubrò lei…

In ufficio chiaramente la vicenda non passò inosservata e presto quasi tutti presero a scherzare sull’asfissiante ambizione di Luis di rimanere sempre con la moglie. E lei allora tornò a interrogarlo… Ma perché fai così? temi forse che non sappia cavarmela da sola? è questo che credi? Ma lui scrollava la testa e le ripeteva per l’ennesima volta: no, io voglio solo stare più tempo possibile con te, poiché ti amo…

Quel sabato si ritrovarono al solito supermercato a fare la spesa… Fatima era stanca perché aveva lavorato troppo; inoltre la massiccia presenza del marito nella sua vita aveva l’impressione che le allontanasse tutte le altre eventuali amicizie che avrebbe potuto farsi, il che la iniziava a esacerbare…

Luis invece era convulsamente incollato a lei, premuroso e amorevole come al consueto, anche se sua moglie non lo guardava negli occhi e, se lo faceva, gli gettava degli sguardi molto simili a distillati di odio puro piuttosto che altro. Ma lui non voleva farci caso, poiché per lui la cosa più importante di tutte era quella di rimanere avvinto a lei.

Quel giorno Fatima si era imposta di essere categorica: non si sarebbe fatta impietosire (come usualmente avveniva) dai suoi lamenti e dai suoi occhi lacrimosi. Lo avrebbe scacciato e si sarebbe presa quei cinque minuti di riposo da lui, godendoseli al massimo. Così gli ordinò di andare nel reparto surgelati a prendere le sogliole senza di lei, e il suo era un ordine perentorio che non ammetteva repliche di sorta.

Luis provò svariate volte a opporvisi, d’altronde, in una maniera o nell’altra, era sempre riuscito ad ammorbidirla alla fine. Ma quella volta non ci fu nulla da fare, e quando lei gli fece il gesto di andare, con l’indice dritto, come fosse un cane, Luis assimilò che la sua adorata mogliettina lo stava esiliando e non avrebbe ammesso moine o rimandi o scuse. Dovette quindi obbedirle pur sentendosi oltremodo avvilito.

In fondo si sarebbero rivisti alla cassa tra pochi minuti. Che problema poteva rappresentare quello? Fatima si sentì finalmente una donna di polso. Respirò profondamente e si trovò più serena. Ciononostante, all’improvviso… sperimentò una stranissima sensazione mai provata prima: si percepì incredibilmente sola in un mondo sconfinato!

Si era abituata ad avere sempre l’ingombrante figura di Luis intorno e ora non le sembrava che le cose andassero bene. Il cuore le accelerò e le mancò il fiato. Le venne un attacco di panico. Così, lasciò stare il carrello della spesa e cominciò a eseguire lunghi respiri rilassanti i quali, dopo qualche secondo, la fecero stare indubbiamente meglio.

Quando si fu del tutto ripresa, stabilì che doveva essere innegabilmente colpa di Luis se le era accaduta una (balzana!) cosa. In vita sua non aveva mai sofferto di quel tipo di patimenti prima.

Completò l’acquisto dei prodotti nella lista della spesa e poi si recò decisa alla cassa. Attese Luis con un’aria saccente e orgogliosa.

Mentre lo attendeva avvenne invero un altro fenomeno strano e… tutta quella gente che prima le pareva così straordinaria (poiché distante?) e piena di vita, foriera di indicibili delizie e simpatie, le iniziò invece ad apparire scialba e di nessun interesse. Ma non volle darci molto peso.

Fatima aspettò paziente alla cassa. Osservò tutte le persone scavalcarla e andare via alla chetichella contente con le loro buste della spesa.

In men che non si dica rimase la sola donna visibile nel supermercato. Anche le cassiere si volatilizzarono. D’un tratto comprese che il supermercato stava chiudendo: con lei dentro. E non capì come, una cosa del genere, potesse essersi verificata sotto i suoi occhi (ma dove aveva avuto la testa fino ad allora?). Incolpò dell’accaduto ancora una volta Luis. Quando lo avrebbe rivisto gliene avrebbe cantate quattro.

Le prime luci cominciarono a spegnersi. Decise di abbandonare la cassa per andare a cercare Luis nel reparto surgelati. Spingendosi in quei corridoi carichi di prodotti, li trovò sempre più formali e freddi. Quando giunse al reparto surgelati, ormai le uniche luci ancora accese erano quelle dei freezer che contenevano i surgelati stessi. Di Luis nessuna traccia. Anche lui si era volatilizzato, come del resto tutto il resto del mondo. E un po’, doveva ammetterlo, il suo maritino gli mancava.

Anche le luci interne dei freezer cominciarono a spegnersi: poté ascoltare i refrigeratori smettere d’esser in funzione. Il che era stranissimo poiché, qualora i supermercati avessero attuato davvero quella stramba politica di conservazione della merce, alla mattina non avrebbero fatto altro che raccogliere dei gocciolanti prodotti ormai scongelatisi e invendibili.

Fatima era sempre più sbalordita. Non capiva cosa stava accadendo e come fosse finita in quella situazione. Cominciò a sentir freddo. E allora il suo cervello si disse: ecco perché spengono i frigoriferi, perché tanto la temperatura cala fino allo zero. Ma anche quello, a ben vedere, era una stranezza inesplicabile, perché allora ci sarebbero stati altri prodotti che avrebbero finito per rovinarsi, seppure alcuni sarebbero riusciti a conservarsi perfettamente integri.

Senza luci, procedeva a tentoni e ogni tanto sbatteva addosso ai comparti laterali del supermercato. Però avanzava. Tentava di raggiungere l’uscita. Luis mi aspetterà fuori; evidentemente non ci siamo incrociati, forse perché io devo aver avuto una specie di “blackout mentale” e devo aver perso la cognizione del tempo; forse è già notte fonda qui fuori, pensò.

Mano a mano che procedeva però anche l’ingombro di andare a sbattere contro gli scaffali si fece progressivamente meno presente. Così, infine, poté camminare sciolta, sentendosi sicura di non andare a cozzare contro nulla. Ciò le fece perdere il senso di ogni minima posizione. Anche questo non aveva una spiegazione razionale, ma lei si limitò a trarne le conseguenze.

Senza luce e senza nulla intorno, l’unica sensazione che Fatima sperimentava fu quella di continuare a sentire il freddo aumentare. Ma per qualche ragione non le dava proprio fastidio, solo la invogliava a fermarsi e a rannicchiarsi. Decise dunque di arrestarsi per distendersi un attimo. Si raggomitolò sentendosi nuda (ma in quel contesto quel pensiero non le cagionò alcun fastidio perché quella circostanza non aveva alcuna importanza).

Con le braccia che circondavano le gambe, Fatima pensò a Luis. Oh Luis!, quanto mi manchi adesso!… adesso finalmente capisco quella tua mania di voler sempre restare forzatamente con me… adesso capisco tutto, amore mio!, pensò addolorata mentre si addormentava pesantemente e quella fu la sua ultima riflessione assennata.

È morta, disse il dottore a Luis che la stava guardando al capo del letto. Purtroppo le avevo detto che questo coma non permetteva di nutrire speranze in eterno, signor Luis. sua moglie Fatima avrebbe potuto spegnersi da un momento all’altro; in verità non mi spiego come essa abbia potuto resistere per mesi interi nelle condizioni in cui versava…

Luis si mise le mani sul volto e pianse. Aveva sempre cercato di tenerle la mano. Ma quella sera si era addormentato e aveva lasciato la presa. E lei, proprio quella sera, era morta.

 

Inutili chiamate al 113


Ancora il discorso della salute pubblica (che la costituzione italiana dichiara espressamente di tutelare)…

Prima chiamata al 113.

Innanzitutto mi sorprende il numero di volte che fanno squillare il telefono prima di rispondere. Saranno almeno una decina di squilli, se non addirittura venti…

Espongo il problema. I miei vicini di sotto mi stanno affumicando con una forte puzza di bruciato. Infatti si debbono esser convinti che si possa fare la brace (quella brace che darebbe comunque fastidio anche all’aperto!) nel chiuso di una casa. Chiuso si fa per dire perché ovviamente tengono le finestre aperte e la puzza sale su da me non facendomi respirare…

Dopo un lungo scambio di battute tra me e l’operatore che è incerto se mandarmi i vigili, alla fine decide di inoltrarmi la chiamata alla polizia municipale. Perché secondo lui è più di loro competenza. Mi dice di non attaccare che mi metterà in comunicazione con loro direttamente lui. Seguono una serie infinita di squilli e poi… la linea cade!

Riprovo a chiamare il 113.

Stavolta emerge il solito problema che frena sempre l’intervento diretto. Secondo l’operatore lo dovrei dire all’amministratore di condominio (e neppure mi ha chiesto se vivo in un condominio, fra parentesi). E io me l’aspettavo, purtroppo. Gli faccio notare che se gli avessi detto che avevano lo stereo alto sarebbero arrivati, mentre per un problema di salute ben peggiore e immediato non intervengono. Mi risponde: è la procedura.

Ora voi direte: ma perché non hai chiamato l’amministratore di condominio? L’ho fatto mesi fa, ma a parte che anche lui tendeva a posticipare la sua azione il più possibile (mi ha detto di presentarmi a una riunione condominiale a esporre il mio problema e poi la gente avrebbe votato sulla mia questione… Votato sulla mia questione?! Ma che c’è da votare?! E che vorrebbe dire questo?! Che se votano per non far niente non si fa niente?!), una volta che mi sono presentato con la denuncia appena fatta al commissariato di zona, mi ha detto che in fondo lui non può far niente!…

Capite l’Italia che paese è?

PS: mentre ero in strada e contattavo il 113, a tratti sentivo folate di altri fumi di bruciato provenienti chissà da dove, a tristissima testimonianza che questa pratica dei roghi sia ampiamente diffusa, così diffusa che ormai la gente stupida vi si è ormai abituata…