Mina e le showgirl di qualche tempo fa

Quando ero piccolo amavo alla follia Raffaella Carrà e la trovavo bellissima. Crescendo ho cominciato a cambiare opinione su di lei. Ho capito perché l’amavo e oggi non l’amo più. Se vedete i vecchi filmati (in bianco e nero sopratutto) in cui era giovane e ballava o conduceva un programma o semplicemente guardava in camera, vi accorgerete del suo modo di sorridere sempre estremamente ammaliante. Ecco, era per quello che da bambino mi ero innamorato di lei. Di lei che, con tutti quei sorrisi e quelle moine, voleva oltremodo conquistarti. La Carrà da giovane aveva una grandissima voglia di affermarsi e sfoderava tutte le sue armi pur di arrivare al suo obiettivo. E si sa i giovani quanto possano essere ossessivi se hanno un’idea fissa in testa. Spesso le facevano anche cantare delle canzoni assurde con più o meno velate connotazioni sessuali. Lei eseguiva gli ordini presumo senza fiatare. Così la Carrà era una specie di demoniaca santarellina…
Forse non è il caso di fargliene una colpa, per l’immagine che le avevano cucito addosso, però quel modo di porsi estremamente allettante, per piacere, è da considerarsi quasi immorale visto le conseguenze che produceva, in me, come immagino in altri.
Quella che forse ho amato più di tutte però è Loretta Goggi, una donna straordinaria, capace di fare praticamente tutto: cantava, conduceva, faceva pure le imitazioni, insieme a un’altra miriade di cose. E risultava sempre estremamente professionale e… simpatica. E questo la gente lo capiva, per questo era così amata.
Mi dispiace solo vedere come oggi sia invecchiata forse non troppo bene. Nel senso che ho come l’impressione che sia diventata una persona un po’ troppo egocentrica, desiderosa di consenso a più non posso…
Poi c’era Heather Parisi, ai tempi di Fantastico. Ricordo che era sulla bocca di tutti, quella ragazza americana che parlava un italiano maccheronico, bionda e bella, naturalmente giovane, che si muoveva con tutto quello charme mentre eseguiva i suoi balletti. Quella ragazza con quei denti bianchissimi, con la bocca larga, i capelli biondissimi, che… altro che spaccata! Lei riusciva, apparentemente senza fatica, a tirarsi una gamba su, in verticale, a centottanta gradi dall’altra! Roba che forse avrebbe pure potuto continuare a farla girare quella gamba, se solo avesse voluto, fino a ottenere un angolo di trecentosessanta gradi!
Tutti la guardavano all’epoca. Tutti rimanevano senza parole. E lei sembrava la ragazza più bella dell’universo. Nessuno vedeva che era piuttosto bassa (non che sia un difetto). Non si notava per niente. Quel particolare passava in cavalleria.
Alle elementari c’era nella mia classe un bambino effeminato che l’aveva come mito. Conosceva tutte le sue canzoni a memoria e le cantava incessantemente anche se gli dicevano che era “frocio”.
Insomma, per un verso o per l’altro, tutta Italia era perlomeno invaghita di lei. Però io, anche se allora non capivo come mai, in lei coglievo qualcosa che mi dava fastidio. Quando la facevano parlare, finiva sempre che mi comunicava quella sensazione di fastidio. Infatti lei, quando rispondeva a domande o doveva fornire un’opinione, mi sembrava per certi versi evasiva, elusiva. Quasi fosse in imbarazzo e non volesse mai dire più di quelle due parole di fila, forse perché era timida, o perché si sentiva solo ballerina, o forse perché la lingua l’intimoriva e non voleva farsi beccare in castagna mentre le usciva di bocca qualche castroneria.
Oggi posso dire che quel suo atteggiamento era simile a quello che aveva Tiziano Ferro quando andava da fazio prima che facesse outing: aveva sempre timore di tradirsi in qualche maniera o che qualcuno scoprisse il suo segreto.
Nel caso di Heather non so dire il motivo del suo atteggiamento. Forse era semplicemente timida, come detto sopra. Fattostà che ancora oggi Heather Parisi mi sta antipatica per questo motivo.


Poi, per ultima, mi sono tenuto quella che secondo me potrebbe essere la migliore fra tutte queste. O meglio lo è senz’altro per la maniera in cui si poneva sullo schermo quando ancora faceva tv: Mina.
Che dire di Mina? Anche per lei posso affermare che mi ha sempre colpito la sua grande spontaneità, pur dovendo sottostare a copioni prestabiliti, che in Rai all’epoca erano un docet. Ma ancor di più lasciava il segno la sua serenità. Sul palco era davvero a suo agio. E quando cantava diventava una dea. Sembrava nata per quello. Sembrava che la vita fosse espressa tutta in lei che cantava le sue canzoni. Sembrava la donna più bella del mondo, anche se tecnicamente non lo era. Non lo era eppure lo era quando cantava. Perché quando cantava esisteva solo lei, la sua perfezione stilistica, la sua grande voce capace di vocalizzi virtuosissimi: la sua felicità di poter cantare. Lei era una dea quando cantava. Per questo è stata la più grande di tutte.
Forse avevo già parlato di lei qui in questi termini. Fa lo stesso. Merita che lo abbia eventualmente rifatto. 🙂

It Follows (film)

Film horror suggestivo, seppur molto minimale circa l’idea di base e sopratutto lo sviluppo della trama. Comunque, pur nella sua semplicità, ben fatto e ben girato. Terrò d’occhio il regista…
Una ragazza fa sesso con uno. Poi questi la lega a una sedia e le racconta una storia inquietante che sembra frutto delle farneticazioni di un pazzo. Le dice che, avendo fatto l’amore con lei, le ha appena passato una maledizione. Da quel momento un’entità che assume sempre connotati umani – o meglio umanoidi – diversi non farà altro che darle la caccia finché non riuscirà a metterle le mani addosso e ammazzarla.
Il ragazzo le dice che l’unico modo per liberarsi di questa maledizione è passarla a un altro facendoci sesso, come lui ha fatto con lei.
La ragazza vedrà sempre questa entità camminare diritta verso lei, lentamente, senza dire mai una parola, e solo lei, o coloro entrati nel cerchio della maledizione, potranno vederla…

it-follows

Risvegli (film)

Film mediocre che avrebbe potuto essere fatto molto meglio, tenendo presente l’interessante libro di Sacks da cui è tratto, oltre che una coppia di ottimi interpreti sui quali contare, Robin Williams e Robert De Niro.
Una delle cose che rendeva attraente il libro erano le molteplici storie umane che stavano dietro i malati e come ognuno di essi rappresentasse un caso clinico a parte, seppur facente parte di una stessa sintomatologia. Invece nel film è stato tutto appiattito, tutti quegli spunti che avrebbero potuto essere interessanti sono stati cancellati preferendo soffermarsi praticamente sulla sola storia di un uomo assistito dalla madre anziana. Così, a forza di standardizzare, togliere, semplificare, potare qua e là, non rimane molto, se non la prova volenterosa dei due grandi attori portanti della storia, la quale però non riesce a salvare il film rendendolo degno di rimanere nella storia del cinema.
Occasione persa. Alla grande.

trasferimento (12)

Dei gruppi su feisbuc (seconda parte)

L’ultima esperienza negativa che ho fatto in un gruppo su feisbuc merita di essere approfondita. È avvenuta in un gruppo di cinefili di film d’autore. Fin da subito mi sono accorto che nel gruppo era in corso una faida accesissima su cosa fosse lecito postare e cosa non… C’era il gruppo dei “puristi” che ritenevano sostanzialmente che si dovessero postare solo contributi inerenti strettamente dati film. Questi erano in fondo ormai una minoranza, ma facevano molto casino ed erano molto incazzati ritenendosi gli antesignani protettori del gruppo incarnati. Si trattava di gente molto triste dentro (e fuori) che in particolare ce l’aveva con il cinema comico e anche con Fantozzi, da loro non riconosciuto come un personaggio capolavoro ideale per descrivere questa italietta servile fatta di privilegi e assenteismi, e anche la misera natura dell’essere umano.
Poi c’era tutto il resto del mondo, la maggioranza, che semplicemente amavano il cinema e basta, in tutte le sue forme, senza preclusioni di sorta, che semplicemente riteneva che se un film piaceva a loro sarebbe stato corretto postarlo. Io sicuramente non ero dalla parte dei puristi.
Spesso veniva tirato in ballo anche l’amministratore del gruppo, il quale in genere non si intrometteva, ma una volta per calmare gli animi dovette intervenire e dire la sua. E l’amministratore parlò come fosse Gesù risorto per noi. E disse che era molto contento di tutti e che per lui tutti noi eravamo “splenditi”. Il suo intervento fu chiaro nella sostanza, ma non evidentissimo nella forma.
In pratica aveva affermato che anche se il gruppo era ispirato al cinema d’autore, a quello orientale e sperimentale (cioè al cinema che ha un po’ meno visibilità), lui non poteva che amare tutto il cinema, esattamente come il gruppo dei non puristi – in seguito scoprii che esisteva anche un moderatore il quale era sulle stesse identiche posizioni dell’amministratore. Però l’amministratore, forse perché legato da rapporti più stretti con i puristi che non con gli altri componenti del gruppo, non volle dire chiaramente che i puristi oltranzisti talebani avessero torto marcio. Così questi capirono l’antifona, furono forse un po’ delusi dal suo intervento e da allora furono meno duri, ma a ogni modo non rinunciarono alle loro proteste in toto, solo le mitigarono.
Vi faccio un esempio. Una volta postai la foto di un’attrice seduta, a piedi nudi, e dissi qualcosa del tipo che la trovavo molto attraente, però trovavo la sorella ancora più bella, inoltre facevo anche una battuta sui suoi bei piedi. Ora, qualsiasi persona normale dotata di un minimo di intelligenza e buonsenso avrebbe compreso il senso del post, anche un bambino delle elementari; ma ci fu qualcuno che ebbe da ridire sul mio post dicendo che era fuori tema perché parlavo di piedi(!). E anche di piedi si parlò – difatti l’attrice aveva il “piede greco” e questo favorì un dibattito anche in tal senso. Comunque era evidente che se uno voleva lasciare un commento poteva parlare della bellezza di questa attrice, magari citare un’attrice per lui più bella, oppure parlare del suo film preferito con lei, di quella volta che gli era piaciuta in quel film e di quell’altra in cui invece era stato deluso dalla sua recitazione. Esistevano infinite possibilità di argomentazioni. Ognuno poteva scegliere quella che voleva. Ma ci fu quello, e anche altri che gli andarono dietro, che ebbero la faccia tosta di dire che… avevo parlato di piedi e dunque il mio post era fuori tema! Roba che potrei anche querelarli per questo!
Insomma non ve la sto a menare troppo: le liti in quel posto erano sempre le stesse e gli sgarbati o i presuntuosi si sprecavano. Così io, che effettivamente mi interrogavo ogni giorno se fosse il caso di abbandonare quel gruppo così pieno di gente saccente, ma al contempo non volevo dargliela vinta, cominciai a postare come risposte immagini ironiche di noti film. Così ero perfettamente in tema, nessuno avrebbe potuto dire il contrario, in più mi prendevo una rivincita incommensurabile perché loro poi non sapevano cosa rispondermi e quindi non gli restava che rosicare. Per esempio potevo postare l’immagine di Gassman ne “Il sorpasso” in cui fa le corna. Ma anche roba più sofisticata che annichiliva i miei oppositori i quali smisero di stuzzicarmi perché compresero che io ero di un livello superiore e che con me avrebbero sempre perso.
La cosa incredibile, di cui comunque non riuscivo e non riuscirò mai a capacitarmi, era inerente i gusti. Si sa che sono variabili e ognuno ha i suoi, ma beccavi sempre uno (ma anche più di uno) che se ne usciva che quel certo film cagata, che tutto il mondo considera tale o non riuscito – anche il regista stesso che l’ha fatto e lo ripudia –, e quello diceva che era il miglior film di quel regista! E i “capolavori” associati a delle gran cagate si sprecavano sempre.
La vicenda finì nel seguente modo. Ci furono un paio di giorni in cui pubblicai due post di seguito che sapevo avrebbero fatto infuriare qualcuno. Risultato: fui segnalato a feisbuc! Cioè, dato che non potevano estromettermi dal gruppo perché non esistevano i presupposti pratici per farlo e l’amministratore non lo avrebbe mai fatto, arrivarono a questi mezzi biechi da fascistucoli per affossarmi. Per chi non sapesse cosa vuol dire “segnalato”, vuol dire che devi spedire a fesibuk la copia della carta d’identità dimostrando che ti chiami come hai dichiarato, sennò ti chiudono il profilo. Ora, io avevo scelto come nome il mio nome d’arte. Quindi non avrei mai potuto spedire la mia carta d’identità a feisbuc! E neppure se ne parlava di rivelare, dopo anni e anni di onorata carriera, il mio nome e cognome reali. Immaginate Elena Ferrante a cui feisbuc intima di dichiarare il suo vero nome…
Così quel profilo è stato chiuso. E la persona che mi ha segnalato ha avuto finalmente la sua godereccia rivincita su di me, nei suoi piani. Anche se ora che non frequento più quelle persone rivoltanti ho capito che avrei dovuto cancellarmi da quel gruppo da tempo.
Ora mi sono aperto un nuovo profilo e sto lontano da quel gruppo pieno di gente malsana e presuntuosa.

giphy (1)

Dei gruppi su feisbuc

Ho scoperto recentemente la faccenda dei gruppi su feisbuc. Cosa sono? Semplice: delle comunità in cui delle persone condividono interessi comuni. Ce ne sono, capirete facilmente, di tutti i tipi. Ed è anche un buon metodo per parlare con qualcuno se uno si annoia un po’ con gli amici che ha (non è il mio caso).
La mia prima esperienza con un gruppo però è stata traumatica. Avevo chiesto l’amicizia a una tipa intrigante, con un profilo schizzato da bad-girl. La tipa, la prima cosa che ha fatto, è stata quella di inserirmi coattivamente in un gruppo. Probabilmente aveva interesse a farlo, un interesse concreto intendo, forse perché più un gruppo ha membri e più prende dei soldi per la pubblicità (?); comunque io questo ancora non lo sapevo.
Insomma mi sono ritrovato in questo gruppo in cui c’era un sacco di gente simpatica che pubblicava un sacco di cose simpatiche. E c’era pure gente che ti salutava dandoti il buongiorno e la buonasera, anche se non ti conosceva.
Presto scoprii che c’erano un mucchio di persone desiderose di consenso. Per questo pubblicavano tutte quelle cose e mettevano i “mi piace” a quello che tu rispondevi…
Fattostà che mi faccio sedurre da questo discorso del gruppo, per me totalmente nuovo. È stato come ereditare dal nulla un sacco di amici propensi a essere bendisposti verso me. Inoltre, ribadisco, questo era un gruppo in cui si scherzava parecchio…
Sennonché un giorno faccio un commentino un poco sopra le righe proprio alla tipa che mi aveva inserito nel gruppo, che nel gruppo spadroneggiava, come fosse una boss – penso che conoscesse bene gli amministratori di questo gruppo, come si capirà andando avanti. Chiariamo: il commento non era per nulla offensivo, però non era totalmente appecorato sbrodolante voglia erotica di accoppiarsi con la tipa; diciamo che era esattamente sulla stessa lunghezza d’onda dei messaggi un po’ spregiudicati della tipa. E che… tu li puoi scrivere e fai la parte della gran figa bella e maledetta… e io no?
Questa incassa il mio commento, mi mette mi piace e non aggiunge altro. Il giorno dopo mi accorgo di essere stato estromesso dal meraviglioso mondo del gruppo. Non ve n’è più traccia nel mio profilo. Ora, dato che in quel momento mi accorgo che era collegata online proprio la tipa che mi ci aveva infilato, le scrivo se lei sapeva come mai non mi compariva più il gruppo e se per caso esso era stato cancellato – che ingenuo che sono, eh?! Lei dice che non era stato cancellato, ma lo ero stato solo io tra i suoi membri, perché non avevo i “requisiti”. Accampa una scusa che non riporto, ma capirò che è solo una scusa bella e buona. E siamo già a una bugia che mi ha detto, e l’avevo appena conosciuta!
In realtà lei era appostata lì come una iena in aspettativa della sua preda. Questa è l’idea che mi son fatto. Sapeva che mi collegavo a una data ora e lei a quell’ora si è fatta trovare… Difatti, coglie la palla al balzo per chiedermi se può farmi una domanda. Io naturalmente accetto. Mi chiede come mai ho così pochi amici. Io in quel momento sto facendo un’altra cosa e non le rispondo subito. Ma lei comincia a incalzarmi e mi manda altri messaggi in cui mi dice arrabbiata: come mai non rispondi?!
Le dico di calmarsi, che avevo da fare. Poi le aggiungo che la mia scelta è quella di avere pochi amici. Ma lei mette in dubbio le mie motivazioni, dicendo che è facile farsi tanti amici su fb. Basta inviare delle richieste, e almeno due su dieci accetteranno la tua proposta. Le ribadisco quale sia la mia politica: ma è inutile. Lei non mi crede, si è già inalberata e non accenna a calmarsi, anzi diventa sempre più aggressiva, che quasi comincia a minacciarmi.
Mi dice con scortesia di rispondergli la verità, ma io gliel’ho già detta! Che cosa cazzo vuole da me?! Siamo a un punto morto e se lei potesse azzannarmi lo farebbe. La mia colpa? Nessuna. Comunque ho capito che il suo rancore per me ha qualcosa di anomalo, è chiaro che sia così. Così spingo affinché parli chiaramente e mi dica perché non mi crede e perché è così prevenuta nei miei confronti non avendole mai dato modo di pensar male.
Insisto un po’. Poi alla fine sputa il rospo e capisco la faccenda. Si è convinta che possa essere un suo ex. Questo spiegherebbe il suo odio assoluto e insensato nei miei confronti da far drizzare i peli. Ma al contempo è come se lei adesso desideri che sia davvero lui, quel coglione che un tempo doveva essere stato con lei – che per forza un coglione doveva essere, per stare con questa squilibrata. Lei vorrebbe che io sia lui, lo percepisco, anche se non mi è chiaro se per rimettersi con lui perché alla fine della fiera lo ama ancora, oppure per mandarmi definitivamente affanculo e non pensare più a me. Ma io che posso fare? Cerco di farla ragionare.
Dopo averle assicurato per l’ennesima volta che non sono quello, le do un consiglio assolutamente di buonsenso: le dico che presto si accorgerà che io non posso essere lui, perché mi esprimo in maniera diversa, ho sicuramente interessi diversi da lui. Deve solo attendere un poco e questo le apparirà finalmente stentoreo e si chiederà come abbia fatto a confondermi con quel coglione. Ma lei non vuol sentire la voce della ragione. Lei ha questo enorme problema con me e non vuole correre il rischio che poi quel che le ho detto non si verifichi. Così insiste ancora una volta affinché le confessi che sono quello.
Ma io non sono quello. Vaglio anche l’ipotesi di dirle che sono quello, per farla contenta, ma prima o poi scoprirebbe che non lo sono e si incazzerebbe lo stesso! Dunque mentirle non servirebbe a niente.
Così lei mi dice che mi bloccherà. E così fa. E quella è la prima volta che qualcuno mi blocca su fb, almeno per quanto ne so. E mi rimane una sensazione di amarezza allo stomaco che mi porterò appresso per giorni, anche se in realtà non ho mai conosciuto davvero quella ragazza.
Stare a contatto con il suo mondo paranoico mi ha terrorizzato e schifato. E ogni tanto penso ancora a quella ragazza e mi chiedo chissà come se la passa, chissà se poi è riuscita a gestire la sua rabbia…
Questa è stata la mia prima esperienza negativa con i gruppi, anche se con il gruppo in questione nello specifico era stata positiva, prima di allora.
Per questo poi sono andato a cercarmi altri gruppi, ma per un motivo o per l’altro non ho avuto molta fortuna.
Ho aderito a gruppi sfigati in cui nessuno posta niente e gli amministratori incitano la gente a farsi viva, salvo poi decidere di abbandonare tutto o suicidarsi, informaticamente parlando.
Per provare, ho aderito a gruppi che in teoria dovevano essere un po’ hot ma che in realtà o non lo erano affatto oppure la gente sfigata (nel senso anche di “senza figa”) che parlava tra loro alla fine doveva specificare che era etero e non gay, sennò si creava qualche equivoco 😀
Alcuni di questi gruppi sono stati segnalati a fb, che tollera tutto il ciarpame fascista ma per qualche oscura ragione non ammette scene di nudo – neppure talvolta di quadri od opere d’arte! –, né tanto meno di sesso, sul loro social media. E, dopo esser stati segnalati, questi davvero sono spariti nel nulla come non fossero mai esistiti.
Un’altra volta sono stato buttato fuori da un gruppo perché evidentemente le mie battute, pur riscuotendo grandi consensi, e non avendo nulla di osceno – neppure per i criteri medievali di fb –, secondo qualcuno sono state giudicate eccessive, o non so cosa altro.
FINE PRIMA PARTE

giphy

Lo sguardo

Seduto nell’aula, la osservavo sostenere l’esame. Ufficialmente ero lì per dare un’occhiata, per ascoltare le domande che venivano poste. In realtà non mi fregava niente di niente, se non di lei. Ero lì solo per vederla. E anche per starle accanto durante quell’esame da lei così temuto.
Quel giorno aveva indossato una giacca. Non l’avevo mai vista così conciata. L’aveva messa apposta per l’esame, per darsi un tono. In verità trovavo che le stesse male. Lei era bellissima vestita normalmente, con quei jeans che non le celavano le belle, anche se generose, forme dei fianchi. Quella giacca invece, oltre a nasconderle il sedere, finiva per renderla meno armonica perché sopra la faceva sembrare troppo stretta e sotto larga.
Seduta al tavolino della professoressa, non potevo credere che stesse sostenendo l’esame. Non so, c’era qualcosa di strano… Lei, lì, che veniva interrogata proprio come gli altri studenti normali. Lei che era la più speciale di tutte. Quella visione strideva con quello che provavo nel mio cuore.
Ero teso, anzi tesissimo. Sentivo la tensione come fossi stato io l’interrogato. Intorno a me c’erano altre persone che la conoscevano, ma sembrava che a loro non importasse nulla di lei. Loro sghignazzavano e si facevano gli affari loro. Non sapevano quanto fosse importante per lei quell’esame e quanto si sentisse insicura. Possibile che solo io lo percepissi? Eppure era così.
Era lì ormai da un’interminabile mezz’ora e le cose non è che le andavano troppo bene. Si paventava l’eventualità tanto temuta: la bocciatura. Tuttavia io, a dire la verità, non credevo che andasse così male, perché, tutto concentrato su di lei, quasi non sentivo le parole che venivano pronunciate, sia da lei che dalla professoressa. La quale delle volte sembrava accanirsi su di lei con particolare ferocia, ma non per questioni di studio. Sembrava che ce l’avesse con lei perché era giovane e formosa – e piena di amanti –, mentre per la professoressa quei momenti erano ormai morti e sepolti da tempo. E dire che invece quando avrebbe interrogato me, due settimane dopo, sarebbe stata molto materna e buona – pur non accordandomi nessun trattamento di favore –, evidentemente perché le piacevo.
A un certo punto la professoressa si dedicò all’altro studente che stava torturando in contemporanea. Così Diva poté evadere un attimo da quel supplizio per riservarmi uno sguardo che mi gettò nello sgomento. Perché in esso c’erano evidenti segnali di pena, e cedimento. Percepii chiaramente che stava per mettersi a piangere.
Si era girata e non aveva cercato nessun altro al di fuori di me, come avesse saputo che per tutto quel tempo ero stato l’unico con l’attenzione fissa su di lei, impossibilitato a lasciarla sola.
Quel suo sguardo però fu così intenso e pieno di disperazione che mi scombussolò le viscere. Fu talmente insostenibile che dovetti abbassare gli occhi, perché se non avessi interrotto il nostro legame visivo sarebbe finita che lei si sarebbe messa a piangere ritirandosi dall’esame, per l’appunto in lacrime, mentre io… io le sarei andato appresso.
Di li a poco perlomeno lo strazio terminò. Bocciata. Che per lei, per lei che ci teneva tanto ad avere la media alta, sia perché era assai materiale, sia perché voleva riuscire bene avendo già sbattuto il grugno sul duro mondo del lavoro, fu una vera onta.
Appena l’amaro responso fu emendato, Diva si alzò apparentemente serafica, uscì fuori dall’aula guardandomi afflitta, anche se meno di prima. Io la seguii per non lasciarla sola nel momento della desolazione. Appena ci fummo chiusi la porta alle spalle, si lasciò andare sciogliendosi. E per la prima e unica volta in vita mia la vidi piangere. Lei che non piangeva mai. Lei che mi avrebbe detto che non piangeva mai – ma che poi quel giorno avrebbe pianto al telefono con me. Pianse per essere stata bocciata a quell’esame difficile che temeva molto. Le sue lacrime mi apparvero enormemente grosse. Sembravano enormi goccioloni di pioggia. Così come trovavo grossi i suoi capelli, che quando li paragonavo con i miei, questi ultimi mi sembravano sempre estremamente sottili e fragili, come sottile e fragile ero io paragonato alla sua scorza di femmina che da tempo stava al mondo e ballava, ballava i suoi balli e si lasciava ballare dalla musica della vita. Quelle lacrime sapevo che erano calde. Calde come lei, nonostante la sua apparenza di freddezza. Calde come me quando pensavo a lei.
In quel momento avrei tanto voluto abbracciarla e offrirle il mio conforto. Ma non ne avevo il coraggio. Non avevo il coraggio di rivelare a tutti coloro che avessero potuto scorgerci, come pure a lei e anche a me, che le volevo bene e che, se lei soffriva, allora di rimando soffrivo anche io. Anche perché, se in quel momento davvero l’avessi abbracciata, anche io avrei finito per piangere. Si sarebbero rotti i miei argini, e poi l’avrei anche baciata, l’avrei amata davanti a tutti, e tutti avrebbero saputo che ero cotto di quella ragazza chiacchierata e promiscua che in quel periodo si stava sforzando di non sottostare troppo alle sue pulsioni più immediate e primordiali – ma da lì a poco avrebbe smesso totalmente di tenersi e allora, allora sarebbe andata incontro al suo destino, e con lei io, e con me tutti gli altri che suo malgrado si trascinava appresso…
Dunque esitai. Lei mi mostrò la sua faccia più vera, e io non le diedi quello che lei voleva da me in quel momento. Sennonché, imprevedibilmente, fu un altro a darglielo. Infatti in quel mentre, con un tempismo perfetto, passò di lì colui il quale più di altri le faceva il filo da mesi, sottotraccia – e io ancora non lo sapevo. Lui, sì, si dimostrò pronto. L’abbracciò e le porse un fazzolettino. Che lei utilizzò per intero asciugandosi le sue grosse lacrime calde. E poi se la portò al bar per “tirarla su”. Mi chiesero se volevo accompagnarli; ma lui era stato più bravo di me, e in tre… qualcuno sarebbe stato di troppo. Rinunciai.
Tuttavia l’attrazione per lei era tale che pochi minuti dopo mi contraddii clamorosamente volendomi recare anche io a quello stesso bar, forse per farmi male, per vederli assieme, forse per rendermi conto di come si faceva, ma soprattutto per vedere se si era ripresa. E lei, consumando un cappuccino, mi sorrise da lontano. Come a dirmi: tutto okay, il momento brutto è passato; ma tu comunque hai perso la tua occasione, non ci sei stato quando ti volevo; devi imparare a darmi quel che voglio, altrimenti il nostro rapporto rimarrà sempre solo potenziale, ed entrambi non arriveremo mai a soddisfare i nostri desideri; sei tu l’uomo e, in certe occasioni, devi fare l’uomo, io non mi umilierò mai per te, farò sempre finta che non era vero; mi riserverò sempre una via d’uscita qualora le cose diventino troppo pericolose per me; e, oltre te, ne avrò sempre almeno uno di riserva, per rifarmi qualora con te le cose vadano male…

sguardo