«Sai, stanotte ti ho pensata, saponetta.»
«È stato un bel pensiero?», mi dice subito incuriosita.
«Certo, come sempre. Solo bei pensieri con te. <3»
Poi mi passa per la mente quella cosa. Lei capisce. Le si appanna leggermente lo sguardo.
«In ogni caso, sai che ti amo», mi affretto ad aggiungere.
«Sì, sì, questo lo so», dice raccolta.
Così va meglio.
«Sei arrabbiata con me?», dico con sottile ironia, cambiando argomento.
«Per quella cosa? Che ho intuito, ma ancora non compreso?»
«Sì, per quella.»
«No, dai. Non so. O almeno non ancora. Forse dovrei?», chiede.
«Assolutamente no! La devi vedere per quel che è… Un omaggio a te! <3»
Sorride. Che bello vederla sorridere.
«Le parole…», riprendo, «Le parole non devi prenderle alla lettera… Cioè, se ti offendono, se hai l’impressione che quella canzone sporchi il nostro rapporto… È la musica che in questo caso conta di più! Da quando te l’ho dedicata, sai, mi rintrona nella testa! Ed è un’eco bellissima! Questo è rock, bambina! ;-)»
«Ah! Mi piace quella musica! D’accordo, non mi arrabbierò. :-*», dice con la sua voce da ragazza che sta diventando donna, mentre lei donna lo sarebbe già, giovane ma pur sempre donna.
«Senti come sale prima del ritornello? Senti il basso che pompa poi?»
«Certo quelle parole però…», dice maliziosa per prendermi in giro.
«Lascia stare, pensa a quello che provo per te!»
«Lo penso. Mi va bene. Ne sono contenta. :-)»
«E poi quelle parole (audaci)… Potresti prenderle come un complimento, non credi?», oso.
«Umm, ci devo pensare», fa la furbetta possibilista.
«Ti racconto una storia…»
«Sì! Dai!», si esalta.
«Tanto tempo fa… Conobbi una bella bambina…», comincio.
«È autobiografica? Non sono io sotto forma di metafora, quella bambina?», chiede.
«No, non sei tu stavolta. E si tratta di una bambina vera. È una storia vera… Questa bambina era molto sensibile. Aveva avuto un’infanzia non bella. Senza il padre. E, peggio ancora, la madre l’aveva come ripudiata.»
«Perché l’aveva ripudiata, poverina?», è subito dalla sua parte.
«Penso a causa del padre. Lo odiava talmente tanto che, considerando la figlia una diretta propagazione di esso, ricusava pure lei.»
«Che ingiustizia…», si intristisce immedesimandosi col dolore della bambina.
«Però questa ragazzina era davvero speciale. Per certi versi sembrava più grande. Con lei si poteva parlare in tranquillità, quasi di tutto. E lei voleva parlare con gli adulti, oltre che con i ragazzini della sua età. E c’era moltissima empatia tra noi…»
«Quanti anni aveva?»
«All’incirca dodici. Compì gli anni proprio nel periodo che la frequentavo.»
«E le facesti qualche regalo?»
«A dire il vero no. Non ci pensai proprio. Forse perché lei me lo disse con noncuranza che era il suo compleanno, quel giorno. A ripensarci avrei potuto inventarmi qualcosa, uno come me… Comunque era una bambina davvero speciale. Le volevo molto bene… Un giorno però dovetti smettere di vederla.»
«Per quale motivo?»
«Diciamo questioni di lavoro. E il mio rammarico fu che non potei dirle addio come si deve. Avrei potuto farle una chiamata. Ma per pudore non lo feci.»
«Lo rimpiansi in seguito?»
«Moltissimo. E quando provai a contattarla non ci riuscii. Aveva cambiato numero!»
«Ohh. Che disdetta. Delle volte non siamo preparati ad affrontare alcune cose e allora non facciamo niente, e poi la paghiamo. Pensi che lo avesse fatto per colpa tua, di cambiare numero?»
«Può anche essere. Oddio spero proprio di no. Se fosse così vorrebbe dire che rimase enormemente delusa da me… Insomma, io negli anni ho continuato a cercarla, con sempre maggiore ostinazione. Alcune volte sono anche stato fortemente tentato di recarmi nuovamente nella zona dove abitava a farmi un giro, o addirittura chiedere in giro. Ma non sono mai arrivato a tanto. Poi un giorno… un giorno – è incredibile – mi rendo conto che una certa ragazza che compare spesso in tv… potrebbe essere lei! E non me n’ero mai accorto!»
«Come?! Non te n’eri mai accorto?»
«Il nome è lo stesso. L’età che deve avere adesso pure. Il giorno del compleanno cadeva nello stesso periodo di questa ragazza della tv. E anche il cognome, che non ricordavo con nitidezza, potrebbe essere quello, me ne sono convinto!»
«Quindi pensi di averla ritrovata… Ma sei sicuro che sia lei?»
«No. Però in alcuni momenti ne sono quasi certo, al novanta per cento.»
«E negli altri?»
«Negli altri casi al cinquanta per cento, se devo vedere la faccenda in maniera oggettiva non drogandola dalle mie speranze…»
«E come mai prima non l’avevi riconosciuta, sempre se è lei?»
«Perché è molto cambiata! La voce proprio è diversa. Figurati, prima aveva una vocetta tenue tenue… Adesso la sua voce è un po’ nasale… Era una bambina piatta; adesso è una ragazza con le curve, con un trucco molto pronunciato sul viso. Però mi sembra che quegli occhi scuri siano proprio i suoi… Questo mi fa ben sperare…»
«E adesso che farai? La contatterai?»
«Le ho scritto. 🙂 Potere dei social!, che oggi permettono di fare cose un tempo impensabili.»
«E lei? Ti ha risposto?»
«No. Lei neppure ha letto il messaggio, purtroppo. 😦 Potrebbe anche non leggerlo mai, perché quel profilo non lo aggiorna da un anno…»
«Capito. Finita la storia?»
«Sì. Finita. Ti è piaciuta? Ti ha regalato delle suggestioni?»
«Sì. Entrambe le cose. :-)»
«Adesso ti racconto subito un’altra storia. È la tua storia, la vuoi sentire?»
«Solo se è bella, e togli le parti brutte.»
«Le tolgo il più possibile, te lo prometto. C’era una volta una bellissima ragazza…»
«Non esagerare…», si schernisce.
«Per me sei bellissima, dentro e fuori.»
«Ma se…»
«Zitta. La storia è mia e qui comando io. Fatti una storia tua, se vuoi, ma qui la storia la decido io!», faccio il finto prepotente.
«Okay. Allora sono bellissima… :-)))», si gasa.
«Questa bellissima ragazza era molto intelligente…»
«Eh-eh! Intelligente, sono… Molto!», sghignazza.
«…Aveva un’intelligenza vispa. Con lei era uno scambio continuo…»
«Perché era intelligente o perché era in sintonia con te?»
«Entrambe le cose.»
«Come la bambina che conoscesti…»
«Proprio. Dunque era bellissima, molto sveglia, e anche molto sensibile, forse la più sensibile di tutte.»
Rimane in silenzio come pietrificata. Cerca di bloccare le emozioni, quel profluvio di emozioni che scaturirebbero se lei non vi ponesse un freno.
«Così sensibile che io… che io avevo paura a toccarla. Avevo paura che stringendola forte avrei potuto farle del male, a lei che era così sensibile. Così non potevo stringerla a me quanto invece avrei voluto. Ma solo per evitare di farle del male… Lei era una ragazza farfalla. Era leggerissima, minutissima, delicatissima, e con due grandi ali variopinte. Bellissime, con le quali poteva volarsene dove voleva…»
«Ma solo quando il vento non era troppo forte…», puntualizza lei, «Avrebbe potuto volare ovunque, ma non ci riusciva… Aveva paura di imbattersi nel vento cattivo che le voleva far del male…»
«Sì, solo quando il vento cattivo non era troppo forte, volava… Per questo la ragazza farfalla non andava troppo fuori. Perché, se fosse uscita quando il vento era troppo forte, sarebbe stata persa.»
Mi contempla con attenzione, come rapita. Proseguo.
«Allora se ne volava bassa, rasoterra. Insomma teneva un profilo basso. E io la volevo baciare, ma non potevo, perché lei era troppo delicata. Allora ho pensato che io non potevo baciarla però lei poteva. Quando io le porgevo il dito, lei infatti vi si posava subito e poi me lo baciava come fossi stato un fiore con del polline buonissimo da mangiare. E mentre mi baciava, muoveva le ali in quel modo particolare, che si vedeva che si era chinata e mi stava baciando. Fine.»
«Mi è piaciuta la tua favola. Sì, sono io quella farfalla! Adesso ti racconto io una storia… C’era una volta uno stregone, uno che faceva magie…»
«Stregone?»
«Sì, però non era un vecchio decrepito. Era giovane. E pure bello. Diciamo che era un mago, che è meglio, così va bene?»
«Così va bene. Ma meglio adulto. I giovani sono così poco saggi…»
«Adulto, certo, mica giovane di vent’anni. Sui quaranta.»
«Sui quaranta… Perfetto.»
«…E questo stregone-mago faceva delle magie. E anche a me ne faceva alcune, per rendermi più felice. E ci riusciva…»
Quella canzone mi suona ancora nella testa. È una canzone di gioia.
