Avevo decisamente perso il controllo di quella voce che turbinava su me e Pizia. Così ormai tutta la scuola ne discuteva animatamente, in particolare la mia classe e quella di Pizia. Tutti mi prendevano in giro ma allo stesso tempo sbrodolavano consigli di ogni tipo affinché la nostra storia andasse in porto.
Pizia era felice che le facessi la corte morendole dietro, ma allo stesso tempo non le interessavo granché – perché era una ragazza davvero poco seria! Però la intrigava la fama che le avevo regalato, che non avrebbe mai avuto fosse stato un qualsiasi altro studente a farle la corte.
Diciamo che era come se fossimo stati assieme, solo che lei faceva sempre la difficile, quella da conquistare, perennemente arrabbiata con me e mi rendeva la vita molto dura. In pratica non voleva mettersi con me ma allo stesso tempo voleva darmi l’illusione che in fondo lo volesse…
Così si giunse a fine anno, a quel momento fatidico, in cui si sarebbero svolti quei due grandi eventi in contemporanea. Da un lato ci sarebbe stato il ballo della scuola a cui normalmente mi sarei precipitato, perché sarebbero stati il luogo e il tempo ideali per mettermi una volta per tutte con Pizia – o almeno così pensavo. Dall’altro però si concretizzò all’ultimo momento una manifestazione ludica a cui tenevo molto: il torneo retrò di ISS PRO (leggi vecchio gioco del calcio della Playstation) in cui mi sentivo un vero asso e volevo assolutamente vincere.
Infine sembrava che dovessi partecipare al secondo, mentre avrei lasciato perdere il primo. Già avevo incaricato il professore di iscrivermi al torneo, e lui lo aveva fatto. Così mi perdevo nelle fantasie circa quale squadra nazionale avrei dovuto scegliere… Certo, la maggior parte dei partecipanti al torneo avrebbe scelto il Brasile, perché era una della più forti negli undici, ma sopratutto perché aveva il giocatore in assoluto più forte: Ronaldo – “il fenomeno”, quello vero e primo. In seconda istanza però mi ero trovato sempre bene anche con l’Inghilterra (per la quale avevo un debole), che certo era un po’ più legnosa del Brasile però poteva contare su un altro giocatore in attacco molto forte e veloce, anche se non come Ronaldo, e cioè Owen. Ma a dire il vero, la squadra a cui ero legato sentimentalmente di più era l’Argentina, che era proprio una signora squadra!, piena di ottimi giocatori sopratutto in attacco. E poi aveva Ortega, che nella mie mani diventava un dribblomane di prima categoria praticamente immarcabile, incisivo almeno se non più dello stesso Ronaldo…
La grande sera dei due eventi incrociati mi ritrovai all’ingresso di scuola, dove si sarebbero tenuti entrambi. Fuori c’erano un sacco di automobili coi fari accesi che fendevano il buio, tanto che quasi non si riusciva a passare. C’era un gran caos, e molto rumore. A ogni modo riuscii a introdurmi nel gremitissimo corridoio d’ingresso. A questo punto mi stavo per recare dalla parte dove si sarebbe tenuto il torneo di calcio… quando mi ritrovai però risucchiato a parlare della mia storia-non storia con Pizia con i tipi un po’ esagitati della classe di Pizia. In particolare c’era quel certo Marco che mi diceva con veemenza “tu devi fare questo, tu devi fare quest’altro!”, mentre in realtà dai suoi occhi sprizzava un odio viscerale per me di cui non mi capacitavo. Non capivo perché se la prendesse tanto a cuore. Dietro a lui compariva anche l’inseparabile Antonio, suo amico per la pelle, che tutti conoscevano perché era un mezzo delinquente che più volte era rimasto implicato in risse anche molto brutte con gente finita all’ospedale per davvero. Anche lui mi guardava molto male perorando allo sfinimento le teorie di Marco, quasi minacciandomi con la sua presenza fisica.
Sentivo che rischiavo le botte. Per questo volli cercare di conciliare il più possibile con Marco (che era il capo dei due, quindi sarebbe bastato convincere lui per evitare che Antonio mi pestasse). Allora, sfoderando la mia migliore amabilità empatica, cercai di manifestarmi realmente disposto a capire le loro rimostranze circa i miei presunti comportamenti sbagliati, per migliorare e riuscire a portare finalmente a compimento questa sofferta storia alla quale loro curiosamente si erano così appassionati, per motivi che non riuscivo ad afferrare.
Quindi pregavo Marco di dirmi dove sbagliavo e cosa dovevo fare. Ma lui, infastiditosi, a un certo punto faceva il ritroso: sembrava quasi avesse compreso che tanto non sarei stato mai all’altezza di riportarmi sulla “giusta via”. Ma io insistevo, insistevo, insistevo, perché sapevo che se lo lasciavo andare via infuriato Antonio era probabile che poi me le avrebbe suonate. Così infine gli scroccavo un mezzo consiglio a labbra semichiuse a fessura, in cui Marco mi diceva che dovevo essere più “deciso”, che dovevo dimostrare a tutti che davvero l’amavo, Pizia, se tenevo a conquistare quella ragazza.
Lo salutai ringraziandolo molto per il suo “preziosissimo” consiglio. In realtà non mi aveva detto assolutamente un cazzo ma volli manifestarmi appecorato per lasciargli intendere che avrei fatto come desiderava, così si sarebbe calmato un po’. Ci lasciammo con una mezza promessa da parte sua che in seguito avrebbe potuto darmi altri consigli più ficcanti.
Fui molto sollevato che le nostre strade si divisero. Purtroppo però non me la sentivo più di andare a giocare al torneo di calcio virtuale a cui ero destinato; eppure quanto mi sarebbe piaciuto. Immaginavo le luci accese – non come dove stavo, in cui le luci erano soffuse, con un’atmosfera da discoteca perenne – a cui rinunciavo. Immaginai che avrei potuto scegliere la strategia di prendere sempre la stessa squadra dell’avversario che mi affrontava – difatti era consentita quell’opzione, cioè se ad esempio uno mi sfidava con l’Italia, anche io avrei potuto prenderla –, così da dimostrare a tutti che ero il più forte e mi sapevo adattare a ogni situazione… Immaginai le vittorie che avrei potuto conseguire e le esultanze che avrei fatto dopo ogni gol. Immaginai il nome della mia squadra che avanzava sempre più nel tabellone durante il torneo arrivando alla finale vincendola. Immaginai gli onori di aver conseguito quel titolo, dopo centinaia di ore spese a giocare a quel gioco a casa mia, in solitaria o con gli amici…
Ma niente. Ormai non potevo più dedicarmi a quel che era divenuto la mia reale inclinazione e dovetti rassegnarmi a rimanere nella parte buia del palazzo dove si sarebbero tenuti i festeggiamenti di fine anno e alla fine il ballo.
Cominciai a spizzicare svogliatamente stuzzichini qui e là parlando sempre del medesimo argomento con tutti, cioè della mia storia difettosa con Pizia. Finché un paio d’ore dopo mi ritrovai con una bevanda dolciastra in mano ad assistere a una scena curiosa: Marco che parlava con Lilli, facendo molto l’amicone. Adesso non aveva più quell’atteggiamento da mezzo gangster adottato con me, segno che ci teneva proprio a risultare quel bravo ragazzo che non era, che poteva però esser creduto, ma solo da chi non lo conosceva abbastanza; e Lilli evidentemente non lo conosceva ancora.
Cercai istintivamente quel brutto ceffo di Antonio nei paraggi ma non lo vidi. Eppure era stranissimo, perché quei due non si dividevano mai. Allora lo cercai visivamente a maggior raggio, finché non lo scovai a circa venti metri da lì, in un angoletto nascosto, con gli occhi fissi su Lilli e Marco. La cosa mi sembrò molto insolita, ma ancora non capivo cosa stesse succedendo.
Mi soffermai poi su Lilli, che era la mia ex. Ci eravamo lasciati all’inizio dell’anno. In principio era stata dura. Poi avevo incontrato Pizia che mi aveva perlomeno alleggerito l’amarezza per aver perso Lilli, con la quale in definitiva era finita perché… Non sapevo bene perché era finita. La tensione tra di noi a un certo punto era salita così tanto che ci eravamo lasciati la prima volta che avevamo litigato per davvero. Da allora non ci eravamo più rimessi assieme, convinti entrambi che sarebbe stato l’altro a dover compiere il passo decisivo di perdono e riavvicinamento. Solo che, dato che eravamo entrambi alle prime esperienze, fummo incapaci di reagire. E infine accettammo la fine della nostra storia con apparente discernimento, seppur anche lei avevo scoperto per un periodo ci era rimasta molto male. Ma oggi sembrava essersi buttata completamente alle spalle quei dolori, e i rapporti che intratteneva con me erano buoni, cordiali, da vecchi amici, anche se cercavamo di non passare troppo tempo assieme e sopratutto da soli, per non essere in imbarazzo…
A un certo punto fui abbastanza vicino per sentire cosa si dicessero. Eh, sì, Marco ci stava proprio provando. Sfoderava quei suoi sorrisi falsi che non sopportavo, e lei, Lilli, si beveva tutto. Non lo conosceva affatto, la poverina. Non sapeva riconoscere l’impostura in quegli sguardi. Marco aveva i capelli lunghi come me, era di bell’aspetto, ma era il mio opposto, perché io ero buono mentre lui cattivo, molto cattivo.
Cominciai a intuire come stessero le cose anche se dovette accadere dell’altro per farmi arrivare all’illuminazione. Ascoltai Marco che le diceva: allora ce la prendiamo questa cioccolata di sotto, così parliamo di quella cosa? E lei che gli rispondeva, inavvedutamente tranquilla: okay, lo vuoi prendere adesso? per me va bene. Dunque si diressero verso la scalinata che portava ai sotterranei, perché lì si trovava la macchinetta per il caffè, oltre che i bagni. Marco allora guardò fugacemente verso Antonio, facendogli un cenno quasi impercettibile, al quale Antonio rispose lesto facendo sì con la testa, per poi subito cominciare a spostasi anche lui verso altre scale che però anch’esse conducevano ai sotterranei.
Finalmente compresi cosa cazzo stava accadendo… Una cosa molto brutta! Antonio e Marco si erano messi d’accordo per tendere una trappola a Lilli. La volevano attirare in quel luogo isolato, di sotto, per poi fare il loro porco comodo. Ma certo: per questo Antonio s’era tenuto distante; perché loro sapevano che Lilli conosceva la fama di Antonio – chi non la conosceva a scuola? – e se l’avesse visto con Marco allora la trappola non sarebbe mai potuto scattare… Ed era per questo che Marco e Antonio volevano spingermi verso Pizia: per non avermi più tra i piedi!, perché sapevano che comunque tra me e Lilli qualcosa di molto solido era rimasto, e forse temevano che nella festa il nostro sentimento sarebbe potuto risaltar fuori se non avessi avuto la testa impigliata in Pizia…
Presi la decisione più importante della mia vita. Non mi importava delle conseguenze, cioè se mi sarei fatto due nemici pericolosissimi. Sapevo solo che dovevo salvare Lilli dalle grinfie di quei due lestofanti. Allora urlai, nel baccano generale, mentre Lilli e Marco si stavano dirigendo presso le scale. Gridai: Lilli!
Si fece come un attimo di silenzio assoluto tutto intorno: sembrò come se tutto il mondo fosse in attesa delle importantissime parole che avrei detto a lei. Lilli sentì la mia voce, mi riconobbe. Le passò come un brivido per la schiena, mentre gli occhi di Marco divennero di fuoco…
Le dissi sorridendo: posso venire anche io a prendere una cioccolata con voi?
Lei ci pensò su un attimo, stupita che fossi al corrente di quell’appuntamento. Poi disse: certo, andiamo.
A quel punto l’espressione di Marco sprigionò odio puro. Digrignò i denti. Sarebbe voluto venire da me a prendermi a pugni mentre io lo guardavo ora con un’aria di aperta sfida. No, non mi faceva più paura, e non avrei permesso che violentasse Lilli, che certo mi aveva fatto soffrire come un cane alcuni mesi prima ma non si meritava quello che lui e il suo compare avevano in serbo per lei quella sera, solo perché il suo bel faccino carino aveva attirato le loro sudice voglie. Inoltre mi accorsi in quel momento che io l’amavo ancora, Lilli!
Marco la prese per mano inducendola quasi a correre verso i sotterranei. Le disse qualcosa del tipo: non ti preoccupare di lui, ci raggiungerà di sotto, andiamo di fretta che devo farti vedere una cosa… E lei, seppure meravigliata da quell’atteggiamento, non riuscì ad opporsi.
Proprio in quel mentre una fiumana viva di persone si stava spostando non so bene per cosa, forse perché si era sparsa la voce che qualcuno aveva messo degli alcolici nelle bevande. Allora mi trovai addosso una muraglia umana che mi impedì di correre appresso a Lilli e Marco. Tuttavia ero intenzionato a far saltare quel suo fosco piano di usarle violenza e non mi sarei fermato per nulla al mondo.
Così, un po’ attardato, giunsi comunque al secondo livello di scale il quale si biforcava in due. Ma se avessi preso la prima rampa non avrei mai potuto giunger per tempo e Marco e Antonio se la sarebbero potuta agilmente portare in qualche stanza diroccata… Allora dovevo prendere la seconda rampa, che era una specie di scorciatoia, ma questa era molto più stretta, sconnessa e pericolosa. Guardai in basso ed ebbi una vertigine, non potevo calarmi di lì perché era rotta, senza corrimano: se fossi inciampato, mi sarei fatto un volo di forse venti metri.
In quel momento venne un mio amico, che anche lui voleva servirsi di quella scala per andare in bagno – ringraziai Dio che lo avesse fatto incontinente! Gli dissi che quella scala mi dava le vertigini e non potevo scenderla. Lui mi disse che il segreto era rimanere incollato alla parete. Ma per me rimaneva comunque impraticabile. Lui, che pure era un fifone, mi disse che, per via delle sue frequenti crisi di minzione, si era abituato a farla in velocità senza rompersi l’osso del collo, e lo avrebbe fatto anche stavolta. Mi invitò dunque a seguirlo e fare quello che faceva lui, ma io gli dissi che non ce la potevo fare in quel momento, perché ero troppo agitato. Lo incaricai dunque di un importante compito. Gli dissi: senti, quando sei giù al distributore, dopo esser andato in bagno – l’azione gli avrebbe portato via pochissimi secondi, già lo sapevo – incollati a Lilli e digli di non muoversi da lì per nessun motivo al mondo, in attesa che veniamo anche io e tutta la classe dalle altre scale, anche se Marco e Antonio dovessero spingerla a spostarsi da lì. Lui non capì le mie strane parole ma mi giurò che avrebbe rispettato le consegne.
Così, quando giunsi sotto anche io, trovai il mio amico e Lilli. Marco e Antonio se l’erano svignata, dopo che il mio amico era spuntato all’improvviso da un corridoio promulgando in pompa magna quell’annuncio. Ed erano sembrati entrambi molto incazzati dell’intromissione del mio amico, tanto che se ne erano andati bestemmiando e senza dir nulla a Lilli circa il perché lo facessero. Questo aveva scioccato Lilli, in particolare per il rapido cambiamento di atteggiamento avvenuto in Marco. Io invece ero raggiante di aver sventato i loro piani e di aver salvato quella ragazza che ora coglievo in tutta la sua purezza. A cui lanciavo occhiate estatiche.
Risalimmo rapidamente. Da quel momento in poi Lilli rimase con me per tutto il resto del tempo. Si interrogò parecchio su quel che era successo, di cui non le volevo fornire ulteriori spiegazioni, come pure si interrogò circa le espressioni amorevoli che le avevo lanciato in quelle ore. Finché, una volta che ci ritrovammo a fine festa, in metropolitana, da soli, finalmente comprese senza aiuto cosa aveva schivato per un pelo. Perché lei era molto intelligente…
Allora mi fece uno di quei suoi grandi sguardi di riconoscenza che avevo quasi dimenticato e mi disse, mentre si stava già commuovendo: tu… stasera mi hai salvata, non è vero? Quei due volevano farmi del male! Per questo se ne sono andati così… Oh, mio Dio, che ingenua sono stata… Mi hai salvato… Mi hai salvato…
Le sue ultime frasi si persero in un sussurro. E ora avevo i suoi grandi occhi riconoscenti fissi su di me che mi guardavano, guardavano me e solo me, non vedevano altro. Capivo che mi amava. Sì, Lilli mi amava adesso. Le nebbie sul nostro rapporto erano ormai del tutto diradate, non esistevano più. Mi chiesi come avessero potuto mai essersi addensate. Lilli mi amava come mi aveva sempre amato.
Lilli, se continui a guardarmi così mi metterai in forte imbarazzo, mi farai pensare cose strane…, le dissi.
Lei sapeva cosa intendevo, ma non per questo smise di guardarmi a quel modo. Allora gettai la maschera e anche io le rivelai che l’avevo sempre amata, anche nel periodo in cui mi ero fatto confondere la testa da quella stronza di Pizia. Così lei mi avvolse le braccia al collo e mi baciò sulle labbra.
E io pensai che le favole qualche volta si avveravano, e delle volte per davvero il principe azzurro salva la sua amata principessa dalle spire del periglioso drago malvagio.
