Un’ambulanza è ferma sotto casa mia… Esco.
Sono uno spettro camaleontico e crepuscolare che si confonde con i contorni. Ma quest’oggi la luce che mi pervade è talmente abbagliante che divento manifesto a tutti coloro che normalmente non mi percepiscono (nessuna contraddizione).
Cammino per le strade come un essere superiore. Lo sono. Ancor più in questo periodo. Non ho freddo. Se non si ha freddo in inverno vuol dire: a) che non fa poi tanto freddo; b) l’adrenalina è in circolo e mi comanda; c) sono sotto l’influsso dell’amore.
Cammino per le strade come fossi presenza ultraterrena. La gente mi guarda esterrefatta. Le donne mi amano. Gli uomini mi invidiano. Come quella seduta sul muretto, che guarda proprio me, non mi inganno. Sei sola, piccola? La solitudine è uno dei mali del mondo, ma bisogna imparare ad affrontarla.
Mi guarda attratta, mi consuma con gli occhi. Non riesce a non guardarmi. Me ne sono accorto. Devo andare. Devo andare dal mio amore. La riguardo e lei è ancora lì fissa che sogna di avermi. Allora la lusingo con uno sguardo lungo, che non mi costa nulla. Ho capito, bella. Sì, ti ho capito. E contraccambio il favore. Anche io mi ti farei. Perché sono bendisposto verso il mondo, dato che sono innamorato. Sennò il mio istinto mi spingerebbe a chilometri da te, perché sotto sotto intravedo come non potrebbe mai funzionare, se non ci fossi io a compiere la magia… Ma capisco la tua attrazione per me. Capisco che mi vedi come Gesù sulla terra; ma questo mio stato di grazia è proprio perché c’è un’altra che amo. La saluto mentalmente. Magari quando ripasso da qua sarò single (questa frase non rende bene l’idea che ho in testa e si presterà a malintesi, ma pazienza). Magari in un’altra vita. Ma tu non mi aspetterai, vero? Una carezza, una carezza te la farei… Accontentati della mia predisposizione all’amore universale.
La città mi appartiene. E io cammino elevato mezzo metro da terra. Attraverso persone, vie, muri. Nessuno mi può fermare. Nessuno mi può toccare perché sto andando dal mio amore. E ci andrò facendo pure un bel pezzo di strada a piedi. Pensando per tutto il tempo a lei e solo lei.
Il ponte bianco si erge scultoreo. Così siamo in due oggi a ergerci sugli umani. Metropolitana. Un fottio di gente che si sposta per andare dalla fidanzata, dai parenti, per festeggiare il natale, alla partita, romanisti e laziali. Evasori fiscali che scappano alle Caiman (perché sono come il caimano). Gente mediocre con il bernoccolo della merda. Stupratori di anime quanto di corpi. Magari tra di voi si nasconde chi ha fatto del male al mio candido amore spedendolo all’inferno dei suoi sensi. Potessi saperlo, potessi… Cancri del mondo deambulanti. Vittime-carnefici di sé o di qualcun altro. Come può la vostra vita avere uno scopo?! Voi che neppure sapete cos’è l’amore?
Macché. Neppure mi ci impegno a deriderli o denigrarli. Sono in un altro piano fisico di realtà. Io ho uno scopo. Io esisto. Io mi muovo verso esso. Io vado da lei.
Aria. Aria fresca sulla faccia. Colori. Predomina il grigio. Sole. Oggi c’è un bel sole che racconta le sue bugie che va tutto bene. Ma per me è così. Per me è vero. Dunque a me non mente, il fottuto sole. Non gli permetto di mentirmi.
Un’ambulanza ferma anche qui in attesa di qualcuno che non verrà. Oggi nessuno.
Entro nella casa come avessi divelto la porta. Calore. Gente su gente, come maiali. Patatine fritte, noccioline, drink, odore di limoncello (ci scommetto). Ciao, ciao, sì, sì anche io qui, sì, sì, non sono morto, sì, sì, fanculo tua sorella puttana (che ancora conserva il sapore del mio @a$$o sulla sua lingua), sì, sì, che bello rivederti, come stai bene! Lo so, sto bene. E come sta lei? Lei chi?… Mi allontano indifferente sorridendo. Lei, quella lei non c’è più da tanto tempo. Perché ancora me ne chiedono conto? Avrà la sua vita da meretrice da qualche parte. E io ho la mia da beato altrove. Altrove.
Stringo mani, faccio sorrisi, tolgo cappotto (perché sovrariscaldano sempre gli ambienti ‘sti stronzi? D’inverno si usa la magliettina di lana per non aver freddo, idioti! E invece no!, loro si mettono quei piumini caldissimi realizzati in quel modo disumano e quando stanno al chiuso pretendono che ci siano almeno ventidue gradi! Sennò dicono che hanno freddo, gli stronzi. Che pena. Non sanno neppure come vestirsi. D’altronde in questa società guasta in cui per far finta di vivere si deve consumare…).
Introietto umani come fossero acque e io Mosè. Dividetevi al mio passaggio, fatemi passare, fatemi andare da lei. A questo punto diverrei nervoso se non la potessi vedere. Sono qui apposta per te, amore. Vedi cosa si fa per amore? Si attraversa l’inferno.
L’hai vista?, chiedo a F. Ma chi? Lei? Non so neppure se c’è…, mi fa strippare. Lo mando a cagare. Certo che c’è. Deve essere qui da qualche parte altrimenti vorrebbe dire che ha scelto di tradirmi alla fine, che non mi contemplerà più nella sua vita, che non mi crede più. Questo è un giorno perfetto e non andrà storto. È impossibile, decreto.
Riccardo è davvero mio amico invece. Lei? Sì, l’ho vista. Era lì in fondo, tutta triste. Adesso so perché, eh?, mi strizza l’occhio. Sì, è lei quella nuova. Grazie amico mio, vorrei parlare con te per ore e ore e dirti che mi dispiace per quella cosa disgraziata che ti è successa, ma ora devo andare da lei e tu capirai, perché sei una bellissima persona, e tra amici, si sa, non si ha bisogno di dircelo. Così saremo sempre tali, amici, anche se non ci vedremo più, addio amico mio che mi hai preceduto sempre in tutto. Un giorno avremo tutto il tempo per parlare.
Più giù, più scuro, più isolato, meno baccano, meno caldo, meno aria viziata. Eccola. Come è bella… Una canzone mi si spara nel cervello.
Seduta nell’ultima sedia possibile, alla soglia della stanza, vicino al balcone, anche se non fuori. Non ci si è messa sennò non l’avrei vista. E lei si voleva far trovare…
(adesso scusami, amore, devo andare a mangiare, ma continuerò questa storia dopo, nel pomeriggio, dopo la passeggiata nel parco illuminato dal sole, adesso torno amore, aspettami… e anche il romanzo attenderà)
…
(niente passeggiata. Il cielo s’è coperto e poi ha anche piovigginato, pensa. Così sono tornato più presto a te)
«Sei la persona più triste della festa», esordisco.
«L’ho fatto per te. Altrimenti come avresti fatto a riconoscermi?» (citazione?).
Subito le sue braccia al collo. Poi stringe forte. Le sono mancato. Ma anche lei mi mancava come l’aria pulita.
«Ti avrei trovato per via della tua anima nera. Nera per il troppo dolore.»
«Ma io so dipingerla di tanti colori, la mia anima…», mischia le carte come fa sempre.
«Lo so. Ma io so vedere i veri colori delle anime, anche della tua. Con me non hai speranze di apparire diversa… Mi sei mancata. Te lo dico perché so che ci tieni. Ed è pure vero.»
«Anche tu…» (bacio).
«Una volta ho detto una frase molto bella a una ragazza che mi piaceva» (lei si ingelosisce subito) «Le ho detto: dove sei stata per tutto questo tempo? Lasciando intendere che era tutta la vita che la cercavo…»
«Bellissima. Avrei voluto l’avessi detta a me.»
«Ma lei è niente ora. Mentre tu sei tutto.»
Sorride onorata. Mi ama. E il mio amore la confonde.
«E lei come reagì?» (pensa ancora a quella gattamorta).
«Lei sul momento rimase molto colpita ma capì che l’amavo…»
«E poi?»
«Mi ha fatto passare il natale più bello della mia vita. Bello perché ero convinto di aver trovato l’anima gemella… Ma poi, pochi giorni dopo, ha scordato tutto. Ha ritrattato. Non mi credeva più.»
«Che idiota. E povero te. Immagino il tuo tormento…»
«Non parliamo di lei. La senti questa canzone?» (un lento in sottofondo).
«Carina.»
«Balliamo.»
Così balliamo, anche se nella realtà non lo farei mai.
«È bellissimo essere innamorati a natale, non trovi amore?», dico.
Le passa nello sguardo il ricordo di un maggio di fuoco, ma mi vuol dare ragione.
«Sì, seppure maggio non è che sia tanto male…»
«Sì, però maggio è primavera. È tutto diverso, ci sono gli ormoni che frullano impazziti…»
«Frullano?! Eh! Eh!»
«Frullano e drogano le nostre reali percezioni. Invece d’inverno, amare è molto più romantico, e malinconico. E intimista. E soffuso. È un fuoco che arde incessante nella neve.»
«Mi hai convinto, amore», e mi bacia, «Sono stata così afflitta senza di te. Temevo che non saresti venuto. Sarei impazzita.»
«Perché voi donne, come dico sempre, siete delle senza-dio. Non sapete credere fino in fondo nelle persone.»
«È che abbiamo paura di perdere tutto. Se una donna punta tutto sul cavallo sbagliato, non le rimana nulla, neppure l’anima…»
«Neppure quell’anima che tu non avresti più, eh? No, finché esisterai avrai sempre un’anima bellissima in grado di far innamorare qualcuno di te… Piuttosto mi preoccupa il tuo sconfinato dolore…»
«E tu? Tu non provi uno sconfinato dolore? Non siamo uguali in questo? Se non ci fossi, non saprei cosa fare…»
«Scema. Io ci sono sempre. È questo che non vuoi capire. Sia quando sono presente fisicamente, che quando non ci sono. Quando lo capirai sarai meno schiava del dolore. Il dolore, è di questo che ti volevo parlare, amore. E ormai questo argomento è divenuto irrinunciabile…»
«Non voglio parlare del dolore… il dolore no… non me lo ricordare… Amami e basta. Fammi scordare di tutto…»
«Il dolore è nemico di tutti gli esseri umani.»
«Questo lo so.»
«Va combattuto.»
«Ci provo. Ma come? Solo stordendomi lo posso annebbiare…»
«No, non serve a molto stordirsi con dosi da cavallo di adrenalina, o qualcosa che ti faccia battere forte il cuore. È un fuoco fatuo.»
«C’è chi si ubriaca, chi si droga, chi si cerca disperatamente un amore…»
«Lo so. Tu vorresti un amore annebbiante quanto accecante, che cancelli il dolore, almeno per un po’. O meglio tu vorresti le sensazioni assolute dell’innamoramento, quella febbre che brucia e divora l’anima, quello struggersi nel piacere d’amare e d’essere amata, vero?»
«Sì…», confessa sincera.
«Ma non è quella la soluzione. Io invece vorrei darti l’amore, l’amore come sicurezza, come ulteriore ragione di vita, l’amore come verità, l’amore che dà certezza e infonde coraggio e forza. Non la febbre bruciante dell’ubriaco, del tossico che consuma la sua candela più in fretta, non le bugie della vanità… Il dolore, il dolore è il vero nemico e va combattuto, affrontato, non eluso. Devi pensare al dolore come a qualcosa di solido. Un uomo armato che vorrebbe farti fuori. E allora che fai? Lo fuggi e basta, quando sai che tornerà sempre a farsi sotto? No, lo devi contrastare, giorno per giorno, per tutto il tempo che ci vorrà. Implacabilmente. E vedrai che piano piano otterrai delle piccole vittorie. E piano piano queste vittorie diverranno più nette. E un giorno saranno piene. E allora ti diverranno sempre più facili, sempre di più. E poi un giorno, senza accorgertene, avrai trionfato, seppure la battaglia sarà stata così dura che quando ti guarderai indietro ti chiederai: come mai avrò fatto a venirne fuori? Eppure lo avrai fatto, amore mio…»
La stringo cullandomela dolcemente come una bimba carissima.
«Amore…», le sussurro pianissimo nell’orecchio, «Non l’ho mai detto a nessuno, ma la mia più grande sconfitta, la mia più grande caduta, avvenne il giorno in cui il dolore conseguì la sua più grande vittoria su di me… Così, mi ritrovai completamente solo, e non ebbi la forza di reagire. E la Nera Signora quasi arrivò a sfiorarmi…»
Piange, l’ho fatta piangere.
«Chi era lei? Chi era quella che ti spezzò il cuore?»
«Non era una brutta persona. Anzi, era bellissima. Per questo non potevo accettare il suo silenzio. E sarei pure morto per lei. Ma lei, questo non lo avrebbe mai saputo. Così la mia dipartita sarebbe stata del tutto inutile. Del tutto inutile a tutti…»
Smettiamo di sussurrare. Cambio tono e torno al discorso principale.
«Il dolore è il contraltare della gioia. Il dolore e la gioia… Solo chi conosce davvero l’uno può aver sperimentato a fondo anche l’altra. Sono sensazioni, emozioni sorelle. Il dolore e la gioia albergano vicinissime l’una all’altra. Per questo si può piangere di gioia come di dolore, come tu adesso piangi… Non piangere di dolore. Piangi di gioia, amore, come piango io pensando che ti ho conosciuta.»
«Credo che sia gioia, una gioia affogata nel dolore…», mi dice bagnandomi il petto volendo forzare la verità.
«Sia la gioia che il dolore sono sensazioni molto soggettive, solo in parte sarebbero oggettive. Ciò vuol dire che derivano dal nostro egocentrismo. Dunque possiamo in larga parte scegliere se essere felici o meno. E questa è una notizia molto buona. D’altronde la gioia è il non dolore. Un giorno capirai che se non avrai un gran dolore da piangere allora potrai essere felice… Il mondo è meraviglioso, amore. Non bisogna vedere tutto nero…»
Adesso che ci sono, può spostarsi sul balcone a respirare l’aria pungente della notte blu.
«Mi ami?», si volta e mi guarda dopo esser rimasta in silenzio ad osservare il panorama.
Annuisco.
«Anche se non conosci tutto di me? Come puoi amarmi?»
«Conosco la tua anima nera. E chi ti dice che non conosca davvero la tua anima solo perché in parte me l’hai occultata? Dal particolare si desume il complessivo.»
D’un tratto non sopporta più l’idea che esistano gli altri e diventa insofferente. Vuole andare in un mondo dove esistiamo solo io e lei. Basta con l’inferno.
«Portami fuori da qui… Liberami dal dolore…»
Decido che debba sorgere il sole per render il mio amore meno triste. Così dispongo e ci ritroviamo alle dieci di una bella mattina soleggiata, in un grande parco.
«Che bello. Non siamo mai stati assieme in un parco», nota lei.
«Passeggiamo. Qui potremo passeggiare all’infinito.»
Piange, assimilando il significato recondito delle mie parole. Piange perché sa.
«Non piangere, amore. Come te lo devo far capire che il nostro amore è vero e che non ti lascerà mai sola?»
Non riesce a parlare e io non riesco a trovare parole adatte a descrivere i suoi sentimenti femminili.
«Hai il mio amore. Che cosa potresti volere di più? Certo io una famiglia non te la posso dare. Non posso. Non potrei. Mi dispiace. Questo no. A nessuno. Ma hai il mio amore. Che è tutto quello che vale e tutto quello che posso darti.»
Camminiamo per minuti, lentamente. Intorno a noi la natura incontrastata.
«E poi io sono un immortale, amore. E il mio amore vale tantissimo. È più prezioso di quello di altri.»
«Immortale?», si incuriosisce.
«Certo. Immortale non è colui che vive in eterno (che poi sarebbe pure impossibile, perché anche gli universi muoiono). Immortale non è neppure chi vive fino a novanta anni. A meno che ciò che ha fatto gli sopravviverà e verrà sempre ricordato, come Mandela (che comunque era bello longevo di suo visto pure che è stato più di vent’anni in carcere)…»
«Chi è immortale allora?»
«Immortale è colui che… che scampa ripetutamente alla morte attraversando il suo inferno. Io sono immortale.»
Piange nuovamente. È inconsolabile.
«Mi dispiace», le dico, «Non era un racconto di questo tipo che volevo scrivere. Se tu sapessi amore… Stamattina avevo tutto chiaro nella testa e volevo scrivere un bel racconto d’amore in cui avrei detto tutte le cose importanti da sapere e tenere sempre a mente sull’amore. Solo alcune sono riuscito a dirle. Ma poi, dopo la pausa…»
«L’ispirazione si è modificata. E ne è venuta fuori questa babele…»
«Esattamente! Eppure oggi sono stato molto bravo, sai amore. Sono molto fiero di me. Ho fatto qualcosa che non riuscivo a fare da molto.»
«Che cosa hai fatto?»
«Per iniziare ho fatto la spesa…»
«La spesa?», spernacchia un sorriso.
«Sì, la spesa. Ti fa ridere, eh?»
«Ma… che c’è di tanto eccezionale?»
«Niente. Ma di solito faccio solo una cosa alla volta, io…»
«E poi è domenica…»
«Sì, ma mezza giornata sono aperti. Non è meraviglioso? Così se uno vuole fare una festicciola… Tra l’altro ho comprato tutte cose sfiziosette, da festicciola. Gelato, snack, acqua minerale naturale…»
«Acqua?»
«Sì! Ne ho trovata una che va bene per me! Non è meraviglioso? Una che non ti spacca niente, ma ha i minerali giusti. E nemmeno ti infiacchisce come le oligominerali (nessuno dice mai questa cosa e mi fanno molto incazzare! Plin plin un cazzo!).»
«Insomma hai fatto la spesa. Ma che bravo!»
«…Che poi la cassiera mi guarda sempre incazzata in casi come questi…»
«Perché ti guarda incazzata?»
«Perché c’è stato un tempo che credeva che si potesse concludere qualcosa con me… Io che ci penso così tante volte sopra… che poi mi lasciano tutte furiose… e odiandomi assai!»
«Che stupida. Come me.»
«Per te è diverso, lo sai. Comunque, crede sempre che mi sia messo con un’altra e che l’abbia rifiutata. Quindi mi odia! Tanto per cambiare! Perché a me le donne che ce le ho fatte credere (in realtà io non ho mai imbrogliato nessuno in vita mia) mi odiano tutte, capito amore?! Divertente, no?»
«Molto. E poi che cosa hai fatto?»
«Poi, tornato a casa, mi son detto: quasi quasi vado pure al parco. Ma sì! Facciamo questa follia! Di solito non faccio mai troppe cose una dopo l’altra. Ma stavolta sentivo che si poteva fare.»
«Che si poteva fare…», si commuove.
«Sì. Poi sono tornato a casa a scrivere questo racconto, come sai.»
«Come so… Senti, a proposito: si potrebbe fare qualcosa per il mio personaggio? Non fa che lacrimare, cazzo…» (lo dice piangendo) «E a me non piace per niente piangere… No, no… Vorrei che spiccasse maggiormente la mia personalità. Quella personalità stupenda da femmina adulta e consapevole, e intrigantissima e intelligentissima, che tu sai bene…»
«Ma certo, ce lo so» (nota: volevo scrivere “che lo so” ma era talmente divertente che l’ho lasciato così!) «Tuttavia, in questo racconto dovrai accontentarti di quello che ho fatto. D’altronde ti garantisco che tutti i maschi che leggeranno la storia si innamoreranno alla follia di te! Garantito!»
«Se è garantito, allora…»
«E le donne si identificheranno. Che è sempre meglio averle amiche che nemiche le donne, sei d’accordo?»
«D’accordissima.»
«Dove ero rimasto?»
«La spesa, il parco, il racconto…»
«Sì, pensa. Oggi ho fatto tutte queste cose e poi, non contento di tutto ciò…»
«Sei venuto da me…»
«Ho attraversato la città. Ho preso pure l’odiata metropolitana (nella realtà non la prendo quasi più ormai), ho camminato delle ore e sono giunto da te, amore.»
«Sono emozionata… Tutto questo per me…»
«Sai, una volta ho dedicato a una ragazza una canzone, ma non feci in tempo a dirle di quale si trattasse perché i nostri rapporti si interruppero molto bruscamente. E oggi penso che quella ragazza non si meritasse quella bellissima canzone. Te la meriti tu, amore. E io te la dono…»
«È bellissima. Ti amo.»
«Anche io. D’altronde sarebbe grave se non potessi averti neppure nei miei racconti…», ammicco.
«E chi mai sarebbe in grado di impedirtelo! I tuoi racconti, i tuoi sogni… Sono importanti per te.»
«Sono fondamentali. Sono tutto quello che sono adesso. La gente non capisce.»
«Ma…», esita e quasi si pente di averlo detto.
«So cosa vuoi dire. Su, dillo.»
Glielo faccio dire.
«Ma i sogni non sono la realtà…»
«E per questo dovrebbero essere meno importanti? Ascolta, quando sogni, tu pensi che siano reali, no?»
«Indubbiamente.»
«Quindi provi emozioni, ami, odi, hai paura, sei felice, ti senti libera, frustrata, proprio come nella realtà. Vivi. È vita quella! E potresti pure morire.»
«Sì.»
«Dunque, se è proprio come nelle realtà, quella realtà onirica può assurgere al ruolo di realtà almeno quanto quello della realtà vera, scusa il bisticcio ma tanto hai capito (che sei intelligentissima).»
«Mi hai convinta. E tu quindi chi sei?», chiede come mi avesse posto una questione tanto primaria che enigmatica.
«Io sono Adrian. Io sono Nemesis. Io sono Ariel. E sono pure Belosh, Bikal. Kamaia e ancora Adrian (è un nome che all’inizio ho usato per più personaggi). Io sono tutti. Io trascendo, trasecolo, sublimo, travalico. Io sono. Gli altri non lo so. E tu sei il mio amore. Credici, amore. Credimi sempre, altrimenti verrà il giorno in cui non mi farai più esserci. E sarà un giorno molto, molto triste. Inutilmente triste. Tutto questo per dirti che l’unica cosa che voglio da te è che tu non dubiti mai del mio amore. Solo questo ti chiedo.»
Sembra poco ma sarebbe tantissimo. Il massimo che le posso chiedere.
«Va bene, lo farò», dice coinvolta.
Tuoni e fulmini e fiamme e tenebre squarciate da raggi di sole.
Sorride. Il mio amore sorride. Ho fatto sorridere il mio amore. Che bel sorriso che ha…
Così, questo racconto, non è più quella cosa stupenda che doveva essere all’inizio. Però penso che il risultato non sia malaccio, in definitiva.
Credici. Credi nel tuo amore, amore. Credi in me. Credi in te. E non dipendere da me. Io ti sono accanto, ci sarò sempre. Ma se non imparerai che ci sono anche quando fisicamente non ci sto, ne soffrirai. Non devi dipendente da nessuno. Nessuno. Niente. Nessuno. Neppure da me. E non devi permettere a chi ti ha mandata all’inferno di riverberarsi all’infinito nella tua vita come se dovesse esserci sempre, perché non è così. Perché lui è il passato che non tornerà e un giorno morirà e verrà cancellato e sarà come non fosse mai esistito. Anche la violenza muore. Adesso tu puoi volare con le tue ali. E comunque io sarò sempre con te. Sarà un bellissimo natale.