Natale 2012


Mia madre, alla vigilia, mi ha telefonato appositamente per ricordarmi di mettere, la mattina dopo, il bambinello nel presepe (presepe che lei ci aveva tenuto ad allestire personalmente)…

Mia zia mi ha portato una bella porzione di pasta al forno fondente…

Un’amica si era un po’ inquietata per la profezia dei maya, ma poi ha visto che non doveva temere (per quello)…

Ho ritrovato una vecchia conoscenza che però ho scoperto molto più triste di quanto immaginassi e sperassi. 😦 Ma farò di tutto per risollevarla… 🙂

Non ho fatto gli auguri quasi a nessuno (come mio solito). Se li ho ricevuti però ho contraccambiato…

A un’altra amica le cose vanno piuttosto bene. Meno male! Almeno lei!

Un mio amico è tutto preso con il suo nuovo trastullo… 😉

Un altro mio amico mi ha fatto gli auguri puntuale come un orologio!…

Una persona non mi contatta più perché ha paura (ma ben presto la tranquillizzerò)…

Poi c’è quella tipa che sta facendo tutto quello che le avevo profetato (hai visto che alla fine avevo ragione io? ;-)). Ogni tanto mi pensa e la cosa la sorprende assai…

Beh, sì. Anche quell’altra persona mi pensa quando ha il tempo di farlo. E io ne sono cosciente…

E lei? Lei che cosa starà facendo dal suo nascondiglio di ghiaccio? È sempre stata bravissima a nascondersi nelle ombre; ma se pensa che la sua magia sia più forte della mia si sbaglia di grosso… So che c’è, anche se non c’è…

Per fortuna le persone che mi odiano solitamente invece non mi pensano…

Ho attorno qualcuno che vive silenziosamente, proprio come me…

…Mentre dei vicini rumorosi si fanno notare per la loro insulsa presenza (penso che presto sperimenterò i tappi per le orecchie e ho modo di fantasticare che scoprirò un magnifico paradiso di pace)…

Però qualcuno che è lievemente risentito con me c’è sempre… Se tali persone sapessero, non lo sarebbero più…

Alemanno ha messo per Roma qualche punto sparso con il “uai-fai-fre” e così pensa di essere rivotato (povero @a$$on£ spalaneve, avrei un posto da suggerirti per la pala)…

Se ripenso a come stavo un anno fa di questi tempi, mi sento un miracolato. Ma io non ci voglio pensare per niente a come stavo…

Del 2012 salvo solo tre avvenimenti: i miei due libri, e il ritrovamento di una vecchia amicizia (concretizzatasi per di più sul filo di lana). Per il resto, il 2012 è stato un annus horribilis! Ma io, certo, non mollo…

Vado a mangiare la mela…

Sogno #17: Azrael col lungo coltello


Io e Azrael eravamo tornati pressoché che ventenni. A quell’epoca anche i nostri genitori erano pertanto più giovani e io li prendevo come punto di riferimento e protezione verso i problemi che rischiavano di schiantarmi. E uno di questi problemi, il peggiore, era che Azrael non solo era impazzito, ebbro di quella sua paranoia accesa che lo rendeva violento e seriamente pericoloso per chiunque gli fosse accanto, ma riteneva pure che io fossi il ricettacolo di quelle sue assurde teorie paranoiche. Per questo si era messo in testa di dovermi ammazzare. E a partire da un certo punto me lo aveva detto chiaramente, afferrando un lungo coltellaccio da cucina e cercando di infilarmelo nel cuore.

Il mio povero fratello aveva oramai totalmente perso il senno e a me non rimaneva che fuggirlo portandolo all’aperto, sperando che in pubblico si calmasse. Cosa che effettivamente avveniva ma che con il trascorrere del tempo aveva sempre meno potere di inibirlo. Cosicché venne il momento che anche in presenza dei miei genitori poteva prendere a inseguirmi con quel coltello che brandiva dal manico, dall’alto verso il basso, impugnatura sintomatica della fine che mi aveva ascritto.

Dunque io tornavo bambino e cercavo protezione nei miei genitori, i quali mi dissero che erano perfettamente informati della sboccata aggressività di Azrael e che vi avrebbero senz’altro posto rimedio. Ma senza però che lui lo avesse scoperto. Altrimenti Azrael, oltre a sfuggire alle loro azioni, sarebbe diventato davvero un cane rabbioso in grado di ammazzare chiunque gli attraversasse la strada. Mentre, finché rimaneva concentrato su di me, dissero, il pericolo che egli rappresentava sarebbe rimasto circoscritto, e in più loro avrebbero potuto agire senza impedimenti di sorta, ottenendo il risultato più auspicabile.

Mi dissero che avevano già studiato un piano per bloccarlo. Gli avrebbero messo dei potenti psicofarmaci anestetici nell’acqua o nel cibo, cosicché quella sera Azrael se ne sarebbe andato a dormire di filato senza affondarmi alcuna lama nel petto.

Sulla carta il loro piano era uno splendore, ma io mi interrogai: e se sbagliano la dose? Che ne sanno loro di questa materia così delicata? E se poi Azrael non ha l’impulso di dormire quanto loro spererebbero? E se poi una coltellata me la affonda ugualmente appena gli volto le spalle? Tra l’altro mi sovvenne che c’era anche il rischio opposto: che cioè, volendo esser sicuri di placarlo, gli potessero allungare una dose così massiccia da farlo rimanere secco… La loro strategia non mi convinceva affatto e io non avevo ricavato pace da quelle loro parole.

Poi, quei due, erano delle mezze frane e non mi davano la minima affidabilità. Difatti finirono per mettere l’anestetico nell’acqua che tutti avremmo bevuto. Quando fummo soli e sollevai la questione con mia madre, lei mi disse inconcepibilmente che comunque un po’ di serenità non avrebbe fatto male neppure a noi, e tutti avremmo dormito meglio quella sera. Ma ciò invece mi inquietò oltremodo. Infatti, se pure io avessi dormito come un sasso, questo mi avrebbe esposto ancora di più ai repentini attacchi di Azrael, ai quali quindi non avrei neppure avuto la forza di oppormi, qualora per una qualche ragione lui fosse rimasto più desto di me…

Tutto ciò era una follia e io temevo troppo di morire. Così abbandonai la stanza di albergo e trascorsi tutte quelle ore delle notte vagando senza meta, con il timore che appena mi fossi addormentato da qualche parte Azrael sarebbe sbucato da un anfratto per assestarmi una coltellata fatale.

Il giorno dopo mi ripresentai in famiglia per vedere se la situazione aveva subito qualche considerevole sviluppo. Ma era tutto immutato. E, appena Azrael mi vide, mi promise ancora che al più presto mi avrebbe ammazzato, appena mamma e papà non avrebbero visto, disse. Mi fece scorgere quel coltellaccio orribile che si portava sempre dietro… Tremai di paura. Quell’incubo non sarebbe mai terminato finché Azrael fosse rimasto in vita, o perlomeno non fosse rinsavito rivedendomi per quel che ero: il suo unico fratello, e spesso l’unico amico che avesse intorno che ancora sopportasse le sue esondanti fisime.

Azrael rimase abbastanza calmo per gran parte della giornata. Ma io sapevo che la sua era una finta per far abbassare il livello di guardia nei nostri genitori, che infatti gli credevano e pensavano che fosse rinsavito. Io sapevo che non era così. Lo ricavavo da quella sua aria di fastidio e sopportazione con la quale mi guardava di sguincio, che gli veniva anche quando io aprivo bocca. In quei momenti i suoi occhi, per quanto lo volesse celare, gli bruciavano di un odio avvolgente e genuino. Un odio che sarebbe scaturito in quel suo proposito che mi aveva ormai promesso più e più volte.

E quella notte successe ancora una volta che mi attaccò. Appena mamma e papà ci lasciarono soli, lui prese il coltellaccio da sotto il cuscino e lo brandì minacciosamente cominciando a inseguirmi nella stanza. Per fortuna riuscii a eluderlo e, dato che ci muovevamo alla stessa velocità, non poté mai raggiungermi poiché non smisi più di correre…

Alla fine ci ritrovammo in strada, con lui che mi era dietro alle costole, folle, con anche i miei genitori che una buona volta avevano compreso la sua pericolosità, e con i passanti che chiamarono la polizia. Polizia che intervenne di lì a poco, per fortuna, traendomi fuori dagli impacci.

Azrael, ormai sbarazzatosi dalla sua maschera da bravo ragazzo, non si tratteneva più e anche di fronte alle divise mi inseguì finché alcuni di essi non lo bloccarono, togliendogli il coltello e mettendogli le manette. Lo portarono via stravolto, rosso in volto, che ancora si dimenava inveendo contro di me le sue farneticazioni insensate, dicendo che io rappresentavo l’apogeo delle tristi vicende che gli toccava di vivere, colui il quale per primo nell’ombra tramava contro di lui, la prima mente del complotto che voleva il suo annientamento. Ai suoi occhi ero il più vile e bastardo di tutti, perché mi fingevo invece un buon fratello accorato che si interessava della sua sorte…

Ma la cosa in assoluto che mi dava più pena, un tormento tale da non poter esser sanato, era che egli davvero in quei momenti provava per me un livore acutissimo che non si sarebbe estinto neppure se fossi andato da lui e, offrendogli il petto, gli avessi detto: «Fratello mio! Se davvero è questo che vuoi, se davvero credi che cogliendo la mia vita tutti i tuoi problemi finiranno, allora su! Dai, fallo pure! Prendimi il cuore e ritrova quella pace che non sembri più essere capace di sperimentare!». E in tal caso, lui, come una belva assetata di sangue, non si sarebbe fermato e avrebbe affondato la sua lama nel mio torace ospitale…

Passò un anno prima che Azrael poté tornare in libertà.

{Le avventure completamente inedite di Nemesis si possono trovare ne La teoria del complotto I}

Il vetusto fascista


Era un tipo abietto e dapprincipio non mi spiegai come fosse potuto capitare a lavorare là, tenendo sopratutto conto che le sue doti erano assai inferiori a quelle previste per svolgere quell’attività, la quale attività tra l’altro effettuava con svogliatezza e disgusto, delle volte quasi con un’acredine cieca verso coloro che lo andavano a disturbare dal suo non voler fare nulla.

A pelle mi era antipatico. Mi bastava scorgere la sua espressione caparbia e sospettosa per contrariarmi.

So bene tuttavia che qualche volta le apparenze ingannano… Ma questo non era certo il suo caso! No, lui era pessimo proprio come me lo figuravo. Anzi, anche un po’ di più (a somma dimostrazione che spesso si tende a pensare molto più bene di quanto non sia; questo perché siamo noi a essere delle brave persone).

Lo scontroso ometto (che si vedeva che si tratteneva, altrimenti sarebbe stato pure peggio), solitamente era di un umore nero. Qualche volta si compiaceva assai di aver assestato qualche mezza fregatura a chi si serviva di lui, come l’aver respinto all’entrata un povero extracomunitario non padrone della lingua o delle usanze del luogo, o (chissà) anche di aver sofisticato il registro nel quale scriveva, per fare un favore a uno o un dispiacere a qualche altro (e io sicuramente dovetti appartenere alla lista di questi ultimi poiché non mi poteva sopportare).

Ma l’apice della sua insulsaggine si poteva tranquillamente osservare allorché gli toccasse il compito di accendere tutti i computer nella sala grande (proprio a lui che era pressoché un troglodita in materia, l’uomo più scarsamente avvezzo alla tecnologia che fosse mai esistito). Allora si sedeva di postazione in postazione e li accendeva… Fino a lì tutto okay. Quello non era stato difficile impararlo… Poi, con colpevole ritardo, dopo essersene andato via, ripassava nella sala come a farti un grande favore. Doveva inserire la password. E allora nuovamente latitava di sedia in sedia sbattendo con violenza le mani sulla tastiera, come dovesse servirsi di una macchina per scrivere assai vecchia la quale necessitasse di molta insistenza poiché difettosa.

Sovente accadeva che sbagliasse a inserire quella benedetta password… Ed ebbene pronunciava ad alta voce una frase assurda circa la quale non ho mai compreso se credesse davvero, oppure se essa fosse solo un suo ennesimo mero modo di prenderci in giro. Diceva: «È ancora freddo. Si deve “scaldare” un po’… Ci riprovo dopo…» (come se un computer fosse assimilabile a una vecchia automobile!, quando ormai neppure le automobili le facevano più così!).

Ma forse ci credeva davvero… Tanto più che la ripeteva senza vergogna, di continuo e altisonantemente, quando tutti lo potevano ascoltare; anche i suoi colleghi più preparati che, immagino, rimanessero basiti a sentirgli affermare tali irragionevoli panzane.

Gli vidi infine gettare la maschera, per regalarmi uno squarcio inverecondo sulla sua reale propensione alla meschinità, quel giorno in cui si lasciò andare contro i progressisti, citando episodi inattendibili e luoghi comuni populisti, rivelando da ultimo di essere un impenitente retrogrado fascista di merda. Quella volta parlava con una tipa la cui sudorazione esacerbata conoscevamo tutti in quel luogo. La ragazza, un po’ per viltà e un po’ perché anche lei doveva essere piuttosto ignorante su argomenti socioculturali, non volle contraddirlo, asserendo invece che la pensava su tutto proprio come lui…

A quella scena indegna avrei potuto sottrarmi andandomene via sdegnato per la mescolanza alla loro compagnia. Ma ciò avrebbe tuttavia significato per me dargliela vinta, poiché ero io ad abbandonare quel luogo: mentre sarebbero dovuti essere loro che anzi non avrebbero più dovuto avere la faccia tosta di ripresentarvisi dopo aver scoperchiato le loro arie da approssimativi gradassi antidemocratici.

Oppure avrei potuto replicar loro alzandomi in piedi e intrattenendo con quei due una vera e propria contesa dialettica… Ma a cosa avrebbe portato la mia rimostranza? A niente di niente. Infatti non si può cavare sangue dalle rape, che rape restano anche se subiscono una trasfusione.

Così riuscii a governarmi, e non reagii ai loro discorsi deliranti. Ma da allora li guardai come li dovevo guardare: con dispregio.

Infine mi spiegai come, un tipo ipodotato come quello, fosse riuscito a ottenere un impiego in quel luogo pubblico (il quale impiego doveva essere assai richiesto): era ovvio che avesse avuto la “raccomandazione” di qualche direttore fascista che in quel periodo presiedeva la città…

Qualche anno dopo, recandomi ancora in quel posto, fui certo che egli non lavorasse più là. E amo pensare che fu mandato via poiché venne fuori tutta la sua incompetenza, piuttosto che pensare che la medesima masnada che gli aveva trovato quel posto, gliene aveva adesso fornito un altro di maggiore pregio…

È la corruzione il Male della società che opprime i giusti.

{Le avventure completamente inedite di Nemesis si possono trovare ne La teoria del complotto I}

I segreti della pescivendola


Era una vecchia molto robusta in fondo. Sul suo volto rughe pesantissime sembravano aver intagliato la sua pelle come cuoio. Era abbastanza brutta (e bella non doveva mai essere stata in ultima istanza, neppure da giovane). Curiosamente aveva un’espressione similare a ciò che aveva sempre venduto: pesce. Sembrava una specie di mostro della laguna; aveva pure la stessa altezza. E con un po’ di fantasia anche le sue mani potevano apparire artigliate e palmate.

Ormai era molto in là con l’età. Si era ritirata dalla sua passata attività commerciale al mercato. Era in pensione. La vedevo sovente ciondolare sotto casa con quella sua andatura traballante, che sembrava sempre che fosse lì lì per stramazzare; ma nonostante più volte mi sembrò ci andasse assai vicina, devo dire che purtroppo non mi diede mai il piacere di esultare in tal senso.

Un giorno la incontrai come al solito nei pressi di casa mia. Era ferma davanti alle scale. Attendeva qualcuno che l’aiutasse a portare su un carrello con il quale si accompagnava.

Mi adocchiò intercettando il mio sguardo. Così non potei rifiutarmi di farle quel favore quando me lo chiese. Si affrettò a coprire bene l’apertura del carrello della spesa (che da vicino sembrava davvero stracarico di roba) e me lo lasciò in custodia. Poi mi osservò appoggiandosi alla ringhiera delle scale.

Notai che era attentissima circa come mi sarei industriato. Posi una mano alla maniglia del carrello e cominciai a trascinarlo. Era pesantissimo. In modo anormale. Che cosa ci poteva essere dentro di così pesante? Non solo degli approvvigionamenti di cibo. No, c’era qualcos’altro. Qualcosa di molto più pesante. La guardai un attimo smarrito. Non poteva certo pretendere che mi caricassi sulle spalle tutti quei chili solo per farle un favore. Quel carrello poteva arrivare a pesare anche come me, pensai.

Visto che non potevo utilizzare la forza bruta per tirarlo su, usai dunque il cervello. Mi servii delle grandi ruote per scalare i vari gradini. La donna parve infastidirsi che risolvessi la questione così (eppure il contenuto del carrello non poteva costituirsi di cose troppo fragili). Fui talmente rapido ed efficace che certo non poté avanzare alcuna balzana protesta che a lei non andasse bene che avessi svolto quell’incarico così confortevolmente… I suoi occhi parvero risentirsi per il mio escamotage.

Quando fui in cima alla prima rampa di scale mi accorsi che il contenuto del carrello si era scoperchiato. Allora feci per riassettarlo e ci detti una sbirciata dentro. Feci così a tempo ad accorgermi che in esso c’era un involto che era stato imballato numerose volte (e saldamente) con delle buste di plastica.

La pescivendola nel frattempo mi raggiunse e, vedendo che mi interessavo di quel misterioso contenuto, mi volle subito licenziare. «Va bene. Grazie. Adesso faccio da sola…», mi disse frettolosamente ponendo la sua mano tarchiata con efelidi tra i miei occhi e il coperchio del carrello. E io me ne andai.

Ma quel giorno continuai a lungo a interrogarmi circa il contenuto di quel carrello. C’erano stati dei sassi? Ma quale utilità avrebbero potuto avere dei comuni sassi per una persona? Nessuna. Allora pensai a dell’oro. Forse la pescivendola ne aveva rubato da qualche villa lì vicino… Infine pensai che in quel carrello avrebbe benissimo potuto starci anche… il corpo di un uomo di corporatura media, diligentemente fatto a pezzi. La pescivendola, seppur claudicante, sarebbe stata abbastanza forte per farlo. E così si sarebbero spiegate anche tutte quelle buste che avvolgevano quel misterioso contenuto… Ma perché trascinarsi in casa un cadavere fatto a pezzi? Di solito non ci si vuol disfare di un cadavere, per allontanare il più possibile le prove di un omicidio?

{Le avventure completamente inedite di Nemesis si possono trovare ne La teoria del complotto I}


Klimt: paesaggi


Tra le innumerevoli anime di Klimt, a conti fatti, la più prolifica fu forse quella che lo vide nei panni del paesaggista. Infatti, quando Klimt non era impegnato in qualche lavoro serio, quando non disegnava, usciva fuori dalla sua villetta immersa nella vegetazione e si dedicava a riempire il suo tempo libero realizzando quadri in cui l’unica protagonista incontrastata era una natura selvaggia e bellissima, raffigurata a pennellate ampie un po’ simili, se si vuole, a quelle di Van Gogh. In questi quadri l’uomo non compariva mai e al massimo poteva materializzarsi qualche animale da cortile. E pure le case, se erano ritratte, sembravano incastonarsi anch’esse nella meravigliosa cornice bucolica, appartenere al paesaggio naturalistico più che stagliarsi come dissonanti e artificiose costruzioni umane.

E questo fu il sorprendente e stupendo risultato (riporto solo alcuni quadri ma ognuno di essi meriterebbe di essere osservato e goduto)…

E qui termina il mio speciale su Klimt…

Amen.


 

La teoria del complotto I: dalla quarta di copertina


In cui Nemesis apprende dell’esistenza di un’oscura congiura compiuta ai suoi danni, la quale non avrebbe alcun motivo di sussistere.

In cui Nemesis ricorda che un destino similare era stato ascritto anche a suo fratello, ormai impazzito e disperso.

In cui Nemesis compie il primo passo per opporsi alla congiura.

In cui Nemesis subisce la privazione della libertà.

In cui qualcuno cerca di convincerlo di essere un altro.

In cui il suo unico amico è un pazzo conclamato totalmente inaffidabile.

In cui Nemesis dipende da una persona molto incapace, assai presuntuosa e vanitosa.

In cui Nemesis un giorno si risveglia e tutto gli appare assai lontano e irreale.

In cui Nemesis riannoda i fili del suo passato e propone una possibile interpretazione dei fatti.

In cui Nemesis si avvicina alla verità. In cui si confondono sogni con allucinazioni e allucinazioni con realtà.

In cui, se si deve cadere, Nemesis capisce che non bisogna opporvisi. Perché, da ultimo, quello è l’unico modo per poi rialzarsi.

{Le avventure completamente inedite di Nemesis si possono trovare ne La teoria del complotto I}

Tolkien: Lo hobbit


Delizioso libro favolistico di Tolkien che fa da antefatto all’epica e ben più cupa saga de “Il signore degli anelli”. Frodo ancora non esiste e il protagonista assoluto è un giovane Bilbo (che non è affatto il padre di Frodo!, come qualche pessimo giornalista ha scritto!)…

Erano tempi più semplici e spensierati, quelli, tempi in cui pareva che tutto sommato quell’anello servisse solo per diventare invisibili…

Quando l’ho letto mi sono detto che, qualora un giorno avessi avuto un bambino, sicuramente gliene avrei fatto dono…

🙂

Giocattoli pericolosi, Consumatori contro Ue “Bambini non tutelati”

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Le bufale di Berlusconi anche su Twitter.

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De Magistris: “Ingroia è l’uomo giusto. Ci vogliono persone come lui”

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attiva con la ‘sedazione terminale’

Banda larga, Landini: “La rete deve essere pubblica per tutti”

Filippine, dopo 13 anni di ostruzionismo
Parlamento vara legge su contraccezione

Carbone entro 10 anni principale fonte
energetica mondiale prima del petrolio”

Tu come stai?


«Tu come stai?», mi chiese la donna con i capelli tinti di rosso, come se, la sua, fosse una normale interrogazione di uso comune, quasi un consueto intercalare tra colleghi di lavoro. Quando lo fece però ebbi modo di osservare i suoi occhi scrutanti puntare diritti dentro i miei per tentare di sfrondarmi nell’anima. Da ciò ne dedussi che lei sapeva. Sapeva della mia crisi ormai conclamata. Sapeva che non mi potevo più fidare di nessuno (compresa lei). E sopratutto sapeva che un oscuro cerchio mi si stava sempre più stringendo intorno, un cerchio che già mi impediva di respirare a pieni polmoni: il cerchio di quell’astrusa congiura che mi voleva come martire di uno sconclusionato raggiro.

Le risposi che andava tutto bene e lei allentò la presa sui miei occhi. Forse si chiese se le avevo mentito o piuttosto ancora non ero pianamente presago di ciò che mi stava accadendo…

Come potevo stare? Mi sentivo sottosopra, come avessi perso l’orientamento. E non sapevo dove dirigermi, che fare e a che santo appellarmi…

{Le avventure completamente inedite di Nemesis si possono trovare neLa teoria del complotto I}


 

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Il fiore mio


Splende il sole

scorre il rio

quanto è bello

il fiore mio.

Scalda il sole

tutti i fiori

come pure

il fiore mio.

Bagna l’acqua

tutti i fiori

come pure

il fiore mio.

Poi un giorno…

Brucia il sole!

Brucia il sole!

Brucia il sole

il fiore mio!

Troppo sole

troppo sole!

Troppo sole

al fiore mio.

Meno sole

meno sole.

Sta un po’ meglio

il fiore mio…

Poi appresso…

Troppa acqua

troppa acqua!

Senza sole

marcia l’acqua

il fiore mio.

Meno acqua

meno acqua!

Marcia l’acqua

il fiore mio.

Meno sole

e meno acqua

è un po’ chino

ma sta meglio

il fiore mio…

A sera…

Splende luna.

Luna ama.

Luna bacia

il fiore mio.

Troppo sole

troppo sole!

Meno sole

al fiore mio.

Troppa acqua

troppa acqua!

Meno acqua

al fiore mio.

Chino chino

sta abbattuto

ma sta meglio

il fiore mio…

Ama luna,

ama fiore.

Luna ama

il fiore mio.

Come è bello

il fiore mio.

Meno sole

meno acqua,

sta appassendo

il fiore mio.

Luna ama

il fiore strano.

Sempre bello

il fiore mio.

Niente sole,

niente acqua.

S’è disteso

il fiore mio.

Luna bella,

bella luna,

luna ama

il fiore mio.

Niente sole.

Niente acqua.

È spirato

il fiore

mio.

Luna bianca

luna guarda

come è bello

il fiore mio.