Tamara di baci


Ti vedo, sai? Vedo quel tuo senso di inadeguatezza. Ci provi a ridere e scherzare come gli altri. Ma dentro di te tremi di paura. E temi che qualcuno quella paura la possa percepire. Perché, se pure vorresti esserlo, tu non sei come gli altri. Hai troppo patito per esserlo. E ora ti senti rotta.

Non è servito a nulla lambirti di gente bonaria e intelligente, gente che difficilmente ti avrebbe fatto del male e che per questo hai fatto entrare nella tua cerchia. Gente che forse rappresenta la proiezione di come ti vedi, o vorresti essere, o vorresti che gli altri ti cogliessero. Dunque una tipa assai tranquilla, simpatica e anche un po’ bruttina.

Eh sì perché sono tutti un po’ bruttini coloro i quali ti stanno intorno, e tu lo sai. Forse anche tu dunque ti credi bruttina. Ma non voler stare con i belli non vuol dire essere brutti…

C’è quel tipo che ti fa sempre da sostegno. Un perfetto compagno di lavoro, gentile e preparato. Ti piace molto. E sarebbe da sposare se sposato non lo fosse già con un’altra (che reputi molto fortunata). Quando guardi la sua fede risaltargli al dito non puoi che soffrirne nel segreto del tuo cuore…

Ha grandi occhiali spessi, proprio come i tuoi. Ma i tuoi ti servono per nasconderti dallo sguardo del mondo, mentre i suoi non credo che abbiano quella funzione.

Poi c’è quell’altro tuo collaboratore. Ancora un po’ più brutto (lui brutto lo è davvero, non è solo “un tipo”). Quello scaltro e mordace. Quello che qualche avance te la fa ogni tanto poiché egli è libero come te. Si crede che tu sia il suo tipo e non si capacità dei tuoi rifiuti. Ma tu non lo sei il suo tipo, io lo so. Ci vuole molto di più per te. E non basta essere uno sfigato intellettuale che tende inesorabilmente al cinismo per affascinarti.

Tuttavia sovente ti domandi come mai sei ancora sola. Come mai tutti sembrano aver trovato qualcuno mentre tu no? Ma la risposta la sai. Un po’ è colpa tua che sei troppo pretenziosa. Ma in una maniera che ritieni abbia un valido motivo di sussistite. E questo ti fa onore. Ti fa onore sacrificare una possibile vita di coppia piatta per un alto desiderio di eccellenza, o perlomeno di veridico amore.

Poi sei un po’ timida. Così, quando incontri qualcuno che potrebbe davvero piacerti (ammesso che non sia stato già preso da gente ben più svelta di te), ti blocchi. O commetti qualche errore pacchiano e ti trasformi in chi non sei. Gli dai cioè un’immagine del tutto traviata di te. Più stupida. Più ottusa. Più cretina…

Ma ora nella tua vita è giunta quella importante svolta lavorativa. Sei stata nominata per quella rilevante carica di primo piano. E quando te l’hanno detto dapprima te la sei fatta addosso (e credevi di svenire) ma poi ho visto come ti sei lasciata intervistare (con i capelli slegati i quali ravvivavi deliziosamente ogni tanto con un dito) e come hai risposto compita, precisa, ineguagliabile. Sei stata davvero un successo. Sei stata bravissima.

Chissà cosa avrai pensato quando alla sera tutti parlavano di te e ti sei ritrovata da sola davanti lo specchio. Ma io so che hai pianto di gioia-sofferenza e il primo pensiero è andato a quel padre che non c’è più, che ti manca tanto, che rappresenta da sempre lo snodo principale della tua vita. Colui il quale, non volendolo, con la sua terribile scomparsa, l’ha improntata con un evento incancellabile che ti ha causato un dolore infinito il quale stai ancora tentando di dimenticare…

Ma la strada è ancora lunga, piccola mia. Per questo molte volte pensi che alla fine non ce la farai, stramazzerai al suolo e non vorrai più vivere, perché una vita colma di dolore è la cosa più logorante che ci sia. Ma tu, piccola mia, devi pensare però che il dolore si batte con la costanza, giorno dopo giorno, con un piccolo passettino alla volta. E poi non devi commettere peccato di superbia a credere che sei colei al mondo che soffre (ingiustamente) più di tutti. Perché al mondo ce ne è tanta di gente come te. Gente rotta che si è rincollata ed è ripartita, che ogni giorno lotta per rimettere a posto un altro piccolo pezzettino di sé che aveva perduto. E poi c’è anche tanta gente con la quale condividere possibili letizie future. Non lo dimenticare mai.

Sei andata da tua madre che, quando ti ha visto, appresa la notizia, si è commossa. Così ti sei lasciata abbracciare. Ma con lei non hai pianto, anche se avresti potuto farlo. Forse perché innanzi a lei vuoi dimostrarti più grande e forte. Non le vuoi far capire che la morte cruenta di tuo padre, che ha ispirato la tua vita come nessuno altro potrà mai fare, ti ha distrutto forse anche più di lei. Perché lei almeno, quando è stata raggiunta dalla tragedia, era già una donna formata, mentre tu eri solo una bambina senza difese.

Ti vedo alla televisione, con i tuoi occhi neri, inarcare gli spessi sopraccigli come fossi una bambina. Per me sei bellissima. Mi sei piaciuta da subito. E sono contento per te.

Da piccolo andai in campo-scuola con la classe. Un giorno ci ritrovammo tutti quanti in una grande camerata. Dovevamo ballare. Ma nessuno faceva il primo passo per via dell’imbarazzo, dato che nessuno sapeva già come approcciare con l’altro sesso, nemmeno in maniera del tutto morigerata. A un tratto, per invogliare i bambini che giacevano impalati come stoccafissi e per dare il buon esempio, una delle istitutrici mi trascinò in mezzo allo stanzone e mi fece piroettare con lei per alcuni secondi. Si chiamava Tamara. E io la giudicavo molto bella…

Un bambino con la barchetta rossa


 

Nacque con qualche peletto rosso sulla testa. Ma crescendo si palesò biondo cenere (in seguito sarebbe divenuto dapprima castano e poi di fatto moro).

Non aveva molto appetito e la madre perdeva molto tempo a imboccarlo. Inoltre la televisione aveva il grande potere di incantarlo. Quando la guardava non aveva voglia di fare niente altro.

Ma fu proprio davanti alla televisione, un giorno, mentre si vestiva, che avrebbe compreso la (prima) verità più importante della sua vita: e cioè che non era giusto obbligare le persone a fare le cose (nel suo caso ad andare all’asilo).

Giocava spesso con una bambina molto più grande di lui (tre anni di differenza a quell’età erano davvero tanti) la quale, sentendosi forse una piccola donna, lo accudiva con abnegazione e pazienza (sorvolando se il bimbetto le rubava, per mero desiderio di possesso, non perché ne abbisognasse, qualche giocattolo). Il bambinetto amava molto quella bambina.

Quando imparò a parlare, mostrò al principio qualche comprensibile difetto di pronuncia per certe consonanti quali a esempio la zeta e la erre. Ma in più, lui, si rivelò presto anche balbuziente.

Il piccoletto infatti, quando voleva parlare, era come sommerso dalle idee che, sommergendolo, finivano per ingolfarglisi nella bocca, originando per l’appunto il tartagliamento.

Ma un giorno sua nonna (che pure era una santa donna molto premurosa), esasperata da quel suo difetto, gli disse con astio: «Ma perché farfugli?! Pronuncia una parola alla volta e vedrai che parlerai bene!».

E lui se la prese un po’ (poiché mai lei era stata così cattiva con lui). Ma seguì il suo consiglio. E proprio pochi istanti dopo quel suggerimento scontroso, radunò i pensieri e pronunciò la frase che voleva dire. Senza balbettare. Da quel giorno quel problema si può dire che non si espresse praticamente più.

A due anni e mezzo il bambinetto scoprì che sua madre stava diventando spropositatamente “panzona”. Così cominciò a sfotterla. Per scoprire appresso che nella pancia ella nascondeva il suo fratellino che sarebbe nato di lì a poco.

Il bambino era molto grazioso e aveva numerosi fan (tra i parenti, ma non solo). Inoltre, vestito da piccolo uomo, faceva davvero tenerezza.

Una volta fu fotografato mentre, con fare da dandy, teneva una manina in tasca camminando spedito e convinto verso il giardino. Quella posa lo rese davvero irresistibilmente buffo.

Ma lui in genere era più per il vestire sportivo, preferendo la comodità all’eleganza. E d’estate indossava una bella magliettina bianca con stampigliata sopra una buffa nave rossa la quale pareva procedere simpaticamente verso un mondo semplice e benevolo. Anche le bretelle erano sue compagne fedeli…

Il bambino non ne era tanto consapevole, ma già adorava gli animali. Infatti si divertiva a socializzare con un gatto semirandagio bianco e nero verso il quale si dice che non fosse molto delicato (tuttavia, quando tentò di calciarlo, non lo prese mai). Da grande, immemore di tali esperienze, avrebbe pure avuto un lungo periodo nel quale invece ogni animale gli avrebbe infuso timore. Tale parentesi venne arrestata nel momento in cui un piccolo coniglietto nano venne introdotto in casa sua. E dopo toccò anche a un cagnolino.

Un giorno i nonni che risiedevano in città (all’epoca lui viveva ancora in provincia) vennero a trovarlo per vedere quanto era bello e come stava. Così, mentre uno zio videoamatore lo immortalava con la cinepresa, lui giocò a pallone con il nonno. Prendeva la rincorsa e poi, con tutta la forza, calciava col piede sinistro il supertele. Ma non riusciva a segnargli mai. Il nonno era troppo alto e sicuro di sé. Quel giorno il suo cuoricino batté impetuoso per diversi minuti e lui se lo sentì ruggirgli nel petto. Quel filmato in cui lui gioca a pallone col nonno esiste ancora.

Il bel bambino si legò molto a una cuginetta che aveva un anno più di lui. Si erano molto simpatici e lei (già presaga della donna che avrebbe incarnato) gli faceva fare tutto quello che voleva. Entrambi davano per scontato che da grandi si sarebbero sposati (poiché innamorati già lo erano abbastanza anche allora).

Un brutto giorno avvenne un fatto terribile che avrebbe potuto cambiare per sempre (in negativo) il destino del bambino. Nella sua casa scoppiò un incendio. Per la precisione esplose il televisore che era nella camera da letto, presumibilmente perché non era stato spento a dovere.

Ma il bambino fu molto fortunato, perché in quel momento si trovava con la nonna in giardino. E dunque, per pochi minuti, schivò quell’incendio che avrebbe potuto essergli fatale. Di quel giorno il bambino ricorda solo un po’ di fumo e null’altro.

Però per qualche tempo (prima che la casa fosse ripulita) ne dovette accusare le conseguenze, e si stabilì a dormire dalla zia (cioè dalla madre della cuginetta di cui era innamorato).

Si invaghì dell’idea (castissima, per carità!) di poter dormire con lei. Sarebbe stato bellissimo, pensava. Ma poi finì in tutt’altra maniera e gli toccò di dividere lo scomodo divano letto con il padre, in estenuanti e afosissime nottate d’estate che non passavano mai…

A cinque anni il bambino si trasferì con tutta la famiglia nella città dalla quale ad oggi non si è più mosso. Però è chiaramente cresciuto e non è più tanto piccolo.

Quel bambino ero io.

Il dubbio (film)


Ho una specie di repulsione fisica per Meryl Streep, ma non posso certo sostenere che non sia un’attrice molto brava… Come lo è anche in questo film in cui dà vita a un personaggio per molti versi odioso: una suora molto rude e intransigente, convinta che “ci si allontani da Dio allorché si combatte col Maligno” (che tradotto vuol dire che per alti fini si può agire in modo eticamente discutibile); la quale però è l’unica che, per via di quei suoi assurdi principi, sia disposta a perseguire strade tanto impervie quanto istintive.

Il film tratta della vicenda di un prete che si sospetta possa aver abusato di un ragazzino di colore. Ma più che altro della lotta per la verità nel tentativo di accertare tale fatto. Acquisizione che non avverrà con evidenza e che lascerà lo spettatore a interrogarsi sulla storia, se sia realmente avvenuta o meno.

Un film filosofico, sulla pedofilia, sull’istinto, sulla verità, sulle insinuazioni, sull’intransigenza e sulla convenienza.

Spropositata pubblicità alla RAI


Sollecito un’interrogazione parlamentare affinché qualcuno ci riferisca come mai la RAI si senta abilitata a trasmettere molta più pubblicità del solito durante gli avvenimenti sportivi concernenti gli Europei di calcio.

Quello che fanno è illegale, oltre che immorale. E qualcuno ne deve rispondere.

Piccoli passettini verso l’insurrezione popolare…


Topazio insiste ‘Segnalata da politico’. E spunta il soft porno

Terremoto in Emilia, smantellato campo regalato da Gianni Alemanno

Asili nido, il paese del Family day lascia a casa 9mila bambini

Il calcioscommesse degli altri: in Cina pene esemplari, in Turchia è farsa

Gabanelli: ‘Liberare la Rai dagli incompetenti più che dai partiti’

Diaz: il massacro e la vergogna

Trattativa, pressioni dal Quirinale

Ecco i testi delle intercettazioni

Lega-Pdl: taglio deputati? Non è priorità

E in Aula si discute di Senato federale

L’ex del Parma Bravo: “Ci fu combine con la Juve”

Sole cattivo


C’è qualcosa di profondamente innaturale, perverso in questo sole che secca le fauci, aspirandoci l’anima respiro affannoso dopo respiro affannoso… Come se la Natura volesse prendersi da ultimo la sua giusta rivincita contro la razza umana (ma anche tutto il Creato) poiché questa l’ha insultata per secoli di invereconda immoralità, e ora ne deve pagare le conseguenze. Perché alla fine tutti devono pagare per gli errori che commettono. E spesso a pagare sono anche coloro che non c’entrano niente con gli scempi compiuti, coloro i quali non hanno fatto niente, sia per indolenza, che per mera ignoranza. Ma si sa, l’ignoranza non è ammessa a questo mondo. Così, se gli elefanti avvertono che l’intensità del sole si è fatta sproposita e neppure loro sono più in grado di sopportarla (e per questo impazziscono), deve essere anche un po’ colpa loro, se hanno lasciato compiere agli uomini quelle devastazioni che ora si ripercuotono su loro stessi. Avrebbero dovuto estinguerli allorché essi erano semplici primati che a malapena si alzavano su due gambe – segnale, quello, che qualcosa di intimamente discorde e malvagio li infiammava, perché sempre la malvagità aspira a ergersi sugli altri e anela il dominio…

id: IBszC40uvdQ

Rodney King


Il simbolo degli abusi della polizia statunitense. Quando i suoi aggressori vennero assolti da una giuria bianca, si scatenò l’inferno per le strade.

G8 di Genova. Laddove la violenza subita da Rodney King fu elevata all’ennesima potenza. Quando sentenze risibili condannarono solo qualche poliziotto, lasciando immacolati quei vertici che dovevano aver dato gli ordini, nessuna violenza si è scatenata nelle strade d’Italia.

Io, che sono un essere umano, non posso tollerare nessun ripugnante abuso della polizia, da parte di coloro che dovrebbero proteggermi e che invece talvolta mortificano, torturano e uccidono proprio come quei criminali ai quali dovrebbero dare la caccia.

Violenza idrofoba


So che scagliare un cazzotto a qualcuno potrebbe significare ammazzare quel qualcuno. Per cui non ho mai dato un cazzotto a nessuno per primo, limitandomi all’autodifesa (anche se ce ne sarebbe di gente da prendere meritevolmente a sganassoni).

Non ho mai tirato molotov in vita. Perché ho sempre tenuto ben presente che una molotov è pur sempre una bomba la quale può inavvertitamente fare del male a persone, animali, cose che non dovrebbero rimanerne coinvolti.

Sono molto fiero di questa cosa. Dunque io sono meglio di qualche autoproclamatosi leader di qualche scriteriato e truffaldino schieramento politico.

Sono molto fiero di questa cosa anche se, anche qui, non è detto che ci siano state occasioni nelle quali magari non sarebbe stato sbagliato gettare una molotov…

Ci fu un periodo nella mia vita in cui percepivo intorno a me un’accerchiante violenza fascista. E ritenevo che prima o poi ci sarei finito proprio in mezzo (e avrei avuto ovviamente la peggio, perché i fascisti sono una razza vile come poche e attaccano in branco).

Così, per un po’, presi a girare con un coltello nascosto negli stivali (sì, all’epoca indossavo stivali da cowboy!). Ma sapere di avere con me quel coltello, in definitiva, non mi aiutò per niente in nessun frangente. Infatti ero sempre all’erta e pronto a rispondere per le rime a eventuali facinorosi che avrei incontrato sulla mia strada. Il che, anzi, avrebbe potuto rivelarsi un vero dramma. Perché, se non avessi avuto con me quel dannato coltello, probabilmente in presenza di uno scontro sarei scappato senza starci troppo a pensare, salvandomi la vita. Mentre invece, col coltello appresso, era assai verosimile che avrei finito perlomeno per rompermi le ossa, o essere accoltellato a mia volta.

Un giorno mi resi conto di tutto ciò e del livore che mi montava incontrollato quando tenevo con me quel coltello. Così, da allora, scelsi di non portarmelo più appresso. Ne guadagnai assai in serenità.

Oscar Calavia: Le bottiglie del signor Klein


Serie di racconti che uniti assieme dovrebbero realizzare una complicata storia a base di: pornografia (ma niente di che, non temano i casti), sadomasochismo, cannibalismo, violenza, amore, umorismo, tatuaggi, intrighi inspiegabili, argomentazioni fantastiche tanto ispirate quanto impossibili, segreti dietro le sacre scritture, eccetera…

In realtà un lettore medio non si accorgerà dei collegamenti (io non me ne sono accorto). Tuttavia la forza della narrazione non sta tanto nell’affresco sfaccettato che ne viene o ne dovrebbe scaturire, quanto proprio nello stile del romanzo, colto, raffinato, ironico, eccessivo, inverosimile… che l’autore è davvero un maestro a professare… Per darvi un’idea, è un po’ come quello che io sto facendo con i racconti di Nemesis, solo che nel mio caso questi racconti vanno in realtà a integrare vicende già sviluppate altrove; mentre nel caso di Calavia, lui vorrebbe che la storia venisse desunta dalla narrazione bislacca e casuale di tali brani.

Ben scritto. L’autore è indubbiamente provvisto di talento. Se avesse centrato meglio il bersaglio, forse ne sarebbe venuta fuori un’opera d’arte. Invece così, il suo, è solamente un bel libro inusuale.

Governi, Polverini, Banche, Grecia…


L’utilità dei governi

Una volta mi è capitato di lavorare in un certo luogo nel quale avevano uno strano concetto di work in progress… La loro attività esisteva ormai da lustri, ed esistevano già delle strutture preposte, da ausilio, per svolgere tale attività. Eppure, nel loro modo di intendere le cose, secondo loro sarebbe stato corretto stare sempre lì a modificare, rifare, ampliare, correggere, per forse dopo ritornare a come le cose erano al principio. Io cercai di far capire loro che non era così che si portavano avanti delle attività: si sviluppava fino a un certo punto, poi, una volta arrivati a dove si doveva arrivare, si lasciavano le cose invariate, almeno fin quando le attività da gestire sarebbero state sempre quelle. Se doveste costruire un ponte, come vi comportereste? Continuereste a modificare il progetto oppure un bel giorno lo realizzereste e non ci pensereste più?

Il loro modo di pensare era molto simile a quello che i nostri politici vorrebbero farci credere sia necessario: cioè avere sempre nuove leggi da riscrivere, cambiare, cassare, ripristinare, storpiare, così… fino alla fine del mondo. Questo perché altrimenti loro, loro politici, non avrebbero alcun motivo di sussistere e di proliferare sulle nostre spalle.

Stanno sempre a modificare la legge elettorale (che loro hanno fatto), stanno sempre a cambiare le tasse, stanno sempre a tagliare la spesa sociale… Siamo nel 2012, per chi non lo sapesse. E se essi ancora non hanno trovato un sistema giusto al quale affidarsi, può voler dire solamente due cose: che non sono capaci a risolvere i problemi, oppure che non vogliono risolverli (le cose non cambiano così rapidamente e radicalmente che il loro intervento sia giustificato). In ogni caso le conclusioni che si traggono sono le medesime: devono essere allontanati e gli si deve esser impedito di continuare a fare le porcate che fanno.

Per risolvere il “problema politico” suggerisco l’ergastolo.

Inchiesta sulla trattativa Stato-mafia

Imbarazzo e misteri al Quirinale

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Polverini

La Polverini credo che sia la personalità politica in assoluto più presente (a livelli mondiali) qualora si tratti di intervenire a inaugurazioni, feste patronali, o quant’altro, come se il suo lavoro consistesse solo in quello!

È forse afflitta da “ballo di san Vito”, tanto che non può star seduta alla scrivania di competenza a decidere di questioni ben più importanti di quelle alle quali si presta?! Ecco una che non è “attaccata alla poltrona”, diciamo così và (almeno in quel senso)…

Gasparri: “Toglietemi le multe. Io non ho tempo per queste cose”

Eurodeputati italiani: la classifica di assenteisti e presenti

Malpensa, Sea condannata a pagare 8 milioni per la morte di 100mila piante

Sprechi e poltrone: la casta non è in crisi

I nostri soldi buttati nell’era del “rigore”

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L’utilità delle banche

Le banche hanno motivo di esistere sostanzialmente per espletare un’unica funzione: quella di prestare denaro a persone e aziende in maniera da favorire il “proliferare della ricchezza”: aiutare dunque la società da un punto di vista economico.

Se però non vogliono svolgere questa funzione, non solo non servono a nulla, ma diventano organizzazioni illegali.

Sisma L’Aquila, 5 milioni di aiuti via sms finiscono alle banche, non ai terremotati

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Grecia, parametri e euro-stronzate

La Grecia ha votato per non uscire dall’Euro.

Bene. Peccato che la Grecia non ha mai avuto i parametri adatti per entrarvi. Infatti è ormai risaputo che abbia falsificato i conti per rientrarvi!

Dunque, come ci si può aspettare che un giorno sia in grado di avere quei parametri che non aveva neppure quando la sua economia non era al collasso?!