Mi chiamo Guglielmo. Ho otto anni. Sto andando in macchina a una specie di gita con qualche parente. Siamo tre macchine sull’autostrada. La mia è la seconda e con me ci sono mamma, papà e mio fratello. La prima è la macchina della zia F., con anche zio H. e i loro figli, che poi sarebbero i miei cuginetti (con i quali però non vado molto d’accordo e infatti non parlo quasi mai). La terza è la macchina dell’altra zia, di quella zia che non ricordo, che è venuta con il fidanzato di questo periodo. Non so neppure come si chiama; così la chiamerò solo zia. Stiamo andando al loro paese d’origine, dove mio padre, assieme alle sue sorelle, crebbero.
Non so perché a un certo punto è saltata fuori questa “nuova” zia. Mia madre non è contenta, l’ho capito, ma non so perché. Non so perché ora mi dicono che questa zia l’avevo già vista quando ero piccolo. Io non me la ricordo. Non so perché non fanno altro che chiedermi se me la ricordo. Se dico che non me la ricordo, non me la ricordo. Avevo quattro anni, no?, quando la frequentavo. Allora è comprensibile che non me la ricordi. Cioè di lei, quando l’ho vista brevemente in macchina, ricordavo solo che era effettivamente alta (per i miei standard), e aveva dei lunghi capelli neri, lisci. Solo quello mi sono ricordato di lei quando per un attimo la sua auto quasi stava per superarci, ma poi è tornata dietro, dopo averci salutato con la mano, in particolare me, che stavo dietro.
Arrivati al paese scendiamo dalle automobili. Siamo in una piazzetta. Sono tutti felici. Tutti felici di rivedersi dopo un bel po’. Se non ho capito male comunque è solo la zia che tutti non vedevano da un po’, mentre gli altri si frequentano abbastanza. Tutti sorridono, parlano di cose da grandi, di aria di montagna, di baite, di alcolici, di dove andare a mangiare, di panorama, eccetera. Mio fratello, al solito, vuole le attenzioni di tutti. Così se ne esce con i suoi numeri da parata. Parla sempre coi grandi come se lo fosse anche lui, grande. Vuole che gli si dica che è vivace sennò non è contento. Mio fratello va meglio di me a scuola, che mi distraggo sempre. Mio fratello viene considerato più bello di me, ma secondo me non è vero e io sono meglio. Mio fratello è più intelligente di me, questo glielo concedo, ma tanto l’intelligenza non è la cosa più importante, c’è anche altro, come la simpatia, in cui non per vantarmi ma io eccello – o forse si dice “eccedo”? Comunque ogni volta che stiamo con qualcuno lui vuole sempre mettersi al centro dell’attenzione: vuole rubarmi le attenzioni e anche gli amici. E così sta facendo adesso con la zia. Sembra che lui davvero non l’abbia mai vista – non come me che l’ho vista ma non me la ricordo perché ero troppo piccolo. Allora mio fratello fa la ruota come fosse il pavone. Si piazza davanti a lei e cerca di farsi dire quanto è bello, o intelligente, o spigliato, insomma cerca di attirare la sua attenzione. Ma la zia quasi non lo guarda, e questo mi fa molto piacere. La zia a dire il vero guarda solo me. Infatti ha già detto quanto sono cresciuto e anche lei mi ha chiesto se mi ricordo di lei, ma io ho dovuto fare di no con la testa. Così mio fratello infine abbandona il campo frustrato. Stavolta il suo fascino da bellimbusto non ha funzionato. Sono molto contento che la zia preferisca di gran lunga me a lui. Adesso mi ha messo anche una mano sulla spalla. E a me sembra di ricordare che quello era un gesto per noi consueto, quando ero piccolo.
Comincio a ricordare qualcosa… Da piccolo, quando non andavo a scuola, anzi, pure prima, dovevo ancora cominciare l’asilo… venivo portato a casa della nonna, dove dormiva ancora la zia. Sarebbe stata la nonna poi ad accudirmi durante il giorno mentre poi la zia sarebbe andata al lavoro. Però la mattina, prima che la zia se ne andasse, venivo sempre parcheggiato in camera con lei e potevo vedere quando si svegliava…
Camminiamo per i vicoli del paese. Ci sono un sacco di salite ripide. Io e la zia siamo per mano. Sono contento. Perché la zia mi fa sentire speciale…
La zia dormiva mezza nuda, cioè con solo le mutandine. Me ne potevo accorgere quando scoperchiava le coperte festante vedendomi. Allora si accorgeva che la guardavo e una volta mi chiese se avevo mai visto una donna nuda. Io dissi di no. Quella volta mi chiese se non avessi visto neppure la mamma nuda. E io le confermai di no. Allora, quella volta, si tolse anche le mutandine e mi fece vedere come era fatta “per davvero una donna”. Era stranissima ma anche bellissima. Ero molto attratto da lei, anche se non sapevo come mai…
Senza accorgercene ci ritroviamo a essere gli ultimi della fila. La zia a un certo punto mi fa l’occhiolino; mi sussurra di venire con lei. Ti fidi di me vero Guglielmo?, mi dice. Io le dico di sì, perché sento che è molto buona e mi vuole tanto bene…
Quella volta avvicinò molto il suo bacino al mio viso – in quel momento ero seduto – e mi disse di annusare. Io annusai. Fui molto sorpreso di sentire un odore che non avevo mai sentito. Sembrava come sudore, ma era diverso. Era forte. La zia mi chiese se lo sentivo. Le dissi di sì. Mi chiese se mi piaceva. Ci riflettei a lungo, poi decisi che, dato che non mi faceva schifo, mi piaceva. La zia, a quella notizia, fu molto contenta. Ma poi venne la nonna e la zia andò in bagno a farsi la doccia, per vestirsi e poi uscire. Ma la nostra “lezione” proseguì durante le altre volte che fui lasciato solo con lei…
Gli altri li abbiamo seminati. La zia mi porta davanti la serranda abbassata di un locale. Lei ha le chiavi per aprire e lo fa. Dentro scopro che è un bar. Allora mi ricordo che era proprio lì che la vedevo quando papà e mamma mi portavano da lei durante il giorno. Adesso me la rivedo dietro il bancone, sorridente, ogni volta che le facevamo visita… La zia mi dice se mi ricordo di essere già stato lì e io le dico che mi sembra di sì. La zia è felice. Mi dice che lavorava lì prima, ma oggi il bar è chiuso perché hanno fallito. Però ci sono ancora un sacco di merendine e altro da mangiare e bere…
Un giorno poi la zia mi disse che quella cosa che aveva in mezzo alle gambe, tutta pelosa, che mi aveva fatto annusare quella volta, si chiamava “patata”, o patatina se era piccola (per esempio le bambine avevano la patatina, però loro non ce l’avevano pelosa perché doveva ancora crescere, mi disse). Una volta mi chiese se volevo vederla dentro. Io non mi aspettavo che si potesse fare. Le dissi di sì. Così me l’aprì tutta davanti e io vidi che era davvero sorprendente, come un fiore. Era tutta rossa rossa che quasi sembrava insanguinata. Era anche bagnata come di rugiada. La zia mi disse di avvicinarmi per vederla meglio. Poi si dette una smucinatina con la mano, come le prudesse. Sembrò venirgli un po’ di affanno. Quando smise, mi disse se volevo sentire di che sapore sapeva. Io non ci trovai niente di male e le dissi di sì. Allora mi disse di leccargliela, che la patata veniva sempre leccata, anche se io ancora non lo sapevo. Così gliela leccai finché me lo disse lei. Mentre lo facevo sentivo come una grande eccitazione montarmi dentro, e il pistolino mi divenne molto duro, che quasi mi faceva male. Allora cominciai a intuire che quello era l’amore che facevano gli adulti, o perlomeno ci andava vicino.
Ho fame. La zia mi dà una merendina alla fragola e dice che mi prepara un tè deteinato. Io dico che va bene…
La volta ancora dopo la zia mi disse che effettivamente noi due ci amavamo e io ero diventato il suo fidanzato segreto – segreto perché i grandi amori come il nostro dovevano rimanere tali, sennò sarebbe venuto qualcuno a rovinarci i piani e ci avrebbero diviso…
La zia mi guarda fissa sorridendo. Mi fa emozionare. Divento rosso. È così concentrata tutta su di me. È la sola persona al mondo che si interessa così tanto di me. Sei cresciuto, mi fa. Mi spiace che non ci abbiano fatto vedere ultimamente, dice: te l’avevo detto che non dovevi dire niente, sennò ci avrebbero ostacolato. Avrebbero ostacolato il nostro amore… Io però non mi ricordo di quando avrei detto questa cosa che dice lei. Allora mi sento in difficoltà. Lei se ne accorge. Non ti preoccupare, non fa niente; non è stata colpa tua; di questo ne sono certa, puoi star tranquillo; beh, forse è meglio che sei cresciuto un po’; scommetto che ora potremo divertirci ancora meglio, dice.
Mi comincio a sentire accaldato. Queste parole, il modo in cui mi guarda, fanno quasi tremare. Non so perché mi sento così. Adesso ricordo che la zia mi faceva questo effetto ogni volta che pensavo a lei. Ricordo che a un certo punto avevo sempre la febbre. Allora la mamma fece venire a casa il dottore che mi visitò e mi trovò strano. Poi chiese a mamma di parlarle da solo, così io non seppi mai quel che le disse.
Poi ci fu quel giorno che stavano tutti in salotto, papà, mamma, il dottore e una signora con una cartellina in mano e la penna. Mi guardavano tutti. Io volevo scappare ma poi rimasi solo con la signora con la penna, nella mia stanza. La quale era gentilissima e calmissima, così non ebbi più paura di lei. Mi fece parlare molto, tanto che a un certo punto mi chiesi che voleva e perché non se ne andasse. Lei però mi aveva fatto capire che dovevo per forza parlare con lei. Mi fece fare anche dei disegni, e volle che le mostrassi quelli che avevo fatto ultimamente, quelli che mamma chiamava “orrendi” e che papà si era accigliato quando li aveva visti e mi aveva chiesto dove avessi visto quelle cose. E io gli avevo risposto che avevo disegnato solo i giochi che facevo con la zia…
La zia comincia ad accarezzarmi la testa. Oddio, che sensazione forte che provo, ho tanta angoscia, anche se la zia mi ama, lo so, mi ama più di ogni altro essere umano sulla faccia della terra, anche più della mamma. Vorrei sottrarmi a quelle carezze sempre più insistenti che mi fa la zia mentre si apre la camicetta… ma non posso, non ci riesco, non sono in grado. Che poi io amo la zia però… Però… Mi verrebbe lo stesso di correre via, perché per me è troppo, troppo forte quello che la zia mi fa provare. La mia mente rischia di esplodere in mille pezzi se non la smette… rischia…
Poi… come un senso di vuoto. Galleggio in aria. Osservo la zia che continua a spogliarsi portandomi la testa ai seni. Io sono come immobilizzato di sotto. Cioè riesco a guardarmi mentre sto sotto con la zia. Cioè, è difficile da dire ma io in realtà è come se fossi sopra che fluttuo, non tra le braccia amorevoli della zia…
Sento un gran rumore. La saracinesca che la zia aveva richiuso dopo che eravamo entrati nel bar si apre tutto all’improvviso. Entrano papà e mamma, e anche l’altra zia e lo zio. Mio fratello invece non c’è. Sono sicuro che sta dalla nonna. Si scagliano tutti verso me e la zia.
La mamma è quella che urla di più. Mi strappa con violenza dalle braccia della zia, che è mezza nuda. Mio padre allontana la mamma dalla zia, sennò potrebbe anche aggredirla. Poi però è lui che la prende per i capelli e comincia a picchiarla.
Non voglio che le faccia del male! Perché la zia è la persona al mondo che mi ama di più! Non le fate niente! Anche se mi stava facendo male con tutto quell’amore, io so che sotto sotto mi ama, non come voi! Lasciatela stare!, vorrei urlare, ma sono sempre come imbambolato. La mamma mi porta via, fuori. Il papà e gli altri portano la zia lontano, lungo la strada.
Lei, che ha sempre i capelli stretti nella mano del babbo, mi guarda per un’ultima volta. Sta piangendo. Mi guarda ed è come se mi dicesse di aspettarla, che prima o poi tornerà da me ancora una volta, e forse allora fuggiremo via lontano da tutti così ci potremo finalmente amare e lei mi potrà preparare tutti i giorni la merenda.
Sì, io amo la zia. È la persona al mondo che mi vuole più bene. Ed è anche bellissima. La zia mi fa esplodere dentro e fuori. Però immaginare che prima o poi la rivedrò mi procura lo stesso un’emozione insostenibile capace di farmi tremare il cuore. Ecco che svengo…