Sogno #34: Madri tralignate

 


Mia madre era impazzita. Un bel giorno non aveva più retto alle incessanti pressioni della vita e si era trasformata in una megera brontolona perennemente scontenta di tutti, in particolare degli uomini e di me. Io e Azrael, rimasti ammutoliti dal triste sviluppo, provavamo a farla ragionare, ma era del tutto inutile.

Cosicché un giorno lei si lamentava con noi perché non facevamo niente a casa, così ci disse, come si trattasse di una casalinga repressa; ma quando ci demmo da fare, si manifestò allora ancora più irosa.

Io mi ero arrischiato a cucinare per tutta la famiglia. Avevo messo in una grande padella qualcosa a friggere, ma quando lei lo scoprì, cominciò talmente tanto ad adirarsi con me, che presto rinunciai anche a difendermi, perché ormai avevo capito che era superfluo, che le sue critiche erano pretestuose e malvagie.

Pure la faccia le era mutata. E quel viso, solitamente calmo, si era ora piegato in una perenne smorfia di acredine nella quale frequente digrignava i denti e la bocca era sempre o storta o aperta.

Quella specie di ubbia, per qualche strano caso, scoprii che colse non molto tempo dopo anche la madre di un mio amico d’infanzia. Un giorno ci trovammo a parlare e compresi subito il maceramento della situazione che viveva.

Dovevamo accordarci per un lavoro e avremmo dovuto discutere parecchio. Per questo sarebbe stato naturale portarsi nella sua abitazione poiché era sempre lì che affrontavamo tali mandati. Ma quella volta il mio amico era refrattario ad acconsentire. Un attimo si faceva possibilista; poi diventava apatico, gli si velava il volto di mestizia, si ammutoliva e cambiava idea e diceva che non se ne faceva più niente.

Non ebbe il coraggio di confessarmi esplicitamente ciò che lo addolorava. Ma io lo sapevo ugualmente perché nel quartiere tutti sapevano tutto di tutti. Così sapevo bene che un giorno anche la sua cara mammina aveva preso a trattarlo a male parole come fosse stato un cattivo figliolo. Cattivo figliolo che lui invero non era mai stato.

Dunque anche lui provava quello che avevo sperimentato io pochi mesi prima. Con la differenza che lui ancora non sapeva accettarlo, mentre io ormai mi ero abituato ad avere una madre sconsiderata, pazza, tralignata e che non mi amasse e anzi mi avrebbe odiato a prescindere…

Kladiachol s’è convertita

 


Era una donna di indubbio fascino e charme. Bella, formosa, mora. Nivea carnagione. Apparentemente sicurissima di sé. Aveva esordito (o almeno quella fu la prima volta che sentii parlare di lei) con quel filmetto soft-porno, di quel regista famoso per essere un gran maialone, quel regista che aveva cominciato col cinema d’autore ma che poi era sempre più scivolato nelle sue laide ossessioni sessiste da posteriore, posteriore di cui infatti si dichiarava un sommo patito…

E difatti, nella mia memoria, la seconda immagine che ho di lei è proprio quella di lei ripresa da dietro, con quel suo bellissimo sedere da donna sbattuto in bella evidenza… Mentre la prima immagine invece è quella di un suo primo piano, con lei pallida come uno spettro, immortalata in un trucco da vamp, con del grigio-nero intorno agli occhi, in maniera da renderglieli incredibilmente ammaliatori, quegli occhi, con infine un’acconciatura a onda un po’ retrò ma che su di lei stava benissimo. Ah, dimenticavo… E poi c’era quella sua bocca così sensuale, con la dentatura superiore leggermente più pronunciata, e quelle labbra rosa sottili, mentre rideva di un riso che guardava lontano, sognante e sensuale assieme… Poi, a completare la rievocazione, la terza immagine sarebbe quella del suo abbondante seno matriarcale, con i suoi capezzoli così marroni e scuri… Così me la ricordo agli inizi.

Le sue grazie ovviamente non furono notate solo da me, ma anche da molte altre bieche e modeste persone. Così Kladiachol divenne un’icona sexy, una venere erotica di cui parlare e sopratutto mostrare. Da allora infatti ricevette molte proposte lavorative e qualcuna la accettò pure, anche se non si capiva bene se poi quelle proposte rappresentassero un miglioramento rispetto ai suoi inizi, o addirittura potessero annoverarsi tra dei decadimenti… Ma lei doveva pur fare qualcosa, no? Sarebbe stato un peccato dissipare tutta quella visibilità senza combinare nulla, solo per via di quelle sue alte aspirazioni recitative insite in lei che neppure era certa che un giorno si sarebbero concretizzate. Kladiachol doveva battere il ferro finché era caldo…

Così accettò di partecipare alle prime trasmissioni televisive che la reclamavano, che fecero divulgare il suo mito. Fu invitata insieme a un’altra bellona, però bionda, che in quel momento era in rampa di lancio, proprio come lei. Anzi, le due sembravano essere state accostate appositamente per far stabilire all’insindacabile giudizio della suprema razza maschile se una buona volta fossero da preferirsi le frivole ma sempre piacenti bionde, oppure le maliziose e forse più torbidette more… Mi fa ridere la gente che propina l’aggettivo volgare a destra e manca, in presenza di un seno nudo o di una parolaccia, ed è incapace di cogliere la volgarità implicita di moltissime situazioni che nella maggior parte dei casi si attuano nelle trasmissioni televisive… Ma torniamo a quella comparsata…


La maniera in cui la bellona bionda e Kladiachol si posero in mostra in quella occasione fu diametralmente opposta, pure se entrambe erano donne additate dal machismo come ricorrente sogno erotico del momento. Non ricordo bene se in quel periodo la bionda e Kladiachol avessero già lavorato assieme in un film (come mi parrebbe di ricordare) o comunque erano destinate a farlo in futuro, fattostà che, se la bionda si mostrava aperta e a suo modo sincera e appariva quella ragazza acqua e sapone che in fondo doveva essere anche per via della sua età molto giovane, e quindi di fatto si toglieva di dosso quella verniciatura di erotismo patinato che le era stata (per molti versi) ingiustamente affibbiata (a lei che comunque per sfondare si era rifatta le tette in modo da poterle sfoggiare in quel mentre perlomeno in una quarta misura che gliele faceva stare tutte belle su, ritte come fossero scolpite…), dall’altro lato, Kladiachol, con la sua gioiosa e arciconvinta adesione all’erotismo più acclarato si dichiarava assolutamente persuasa che la cosa più bella del mondo fosse fare l’amore e dedicarsi alle burbanzose blandizie del sesso… Le fecero proprio la domanda diretta, e lei rispose proprio così, facendo dunque pensare che ci fosse stata una certa lineare consequenzialità tra i ruoli che interpretava sul piccolo schermo e come fosse nel suo intimo nella vita privata. Ma quelle rivelazioni dovettero risultare alla bellona tettuta bionda così insopportabili e inammissibili ch’essa a un certo punto si sentì di prenderne palesemente le distanze, ponendole quella domanda con la quale sanciva che lei non c’entrava nulla con quello che Kladiachol (e il gioco che stava imbastendo) voleva lasciare intendere ai beoti spettatori sbavanti di lussuriose fantasie di carni femminili. «Non esci mai dal personaggio?», le disse turbata e risentita, la tettona bionda. E Kladiachol le rispose sempre sicurissima ribadendo che non stava affatto recitando e che non c’era nulla di male a dire la verità…

Ma era poi davvero quella la verità alla quale Kladiachol credeva realmente in quel momento? È mia opinione affermare che in definitiva nessuno potrebbe attestarlo con certezza senza timore di essere smentito, fors’anche la stessa Kladiachol. Infatti la mia ipotesi è che essa, in quel momento, avesse deciso di calzare una maschera pari ai personaggi spregiudicati che interpretava, maschera che era la sola protezione capace di preservarla dalla spietata e spropositata cattiveria del mondo, la quale sicuramente si sarebbe accanita su di lei additandola facilmente come pubblica cagna se lei, Kladiachol, non vi avesse anteposto un’illusione incantata, a sommo baluardo difensivo, illusione che, facendo credere a tutti quanto essa l’amore lo facesse per passione più che per prostituzione, le avrebbe conferito perlomeno una patente di autenticità e dunque, tramite quella, perlomeno avrebbe potuto salvarsi o acquisire credibilità anche in coloro i quali si massacravano in ripetuti onanismi viziosi… sul suo calendario.

Dunque secondo me Kladiachol, senza neppure accorgersene, aveva fatto aderire quella maschera protettiva alla sua persona, fino a realizzare una fusione completa tra il suo corpo intero e la maschera stessa…

In seguito, dopo il successo indubbio di quella trasmissione, alla stessa Kladiachol venne affidata una sua trasmissione di intrattenimento nella quale poteva permettersi il lusso di porre qualsiasi tipo di domanda a chicchessia (infatti, una volta che si dà per scontato che si possa parlare apertamente di sesso anche in maniera disinibita e diretta, quale altro argomento potrebbe rappresentare tabù per la pubblica opinione? Nessuno). Comunque non mi sembra che lei abusò mai della sua libertà… Cioè si sapeva che prima o poi avrebbe potuto domandare al malcapitato quale fosse la sua posizione del kamasutra preferita o se avesse mai provato gusto a tradire il partner, però lei lo faceva sempre con… garbo (così si dice).


Rammento però il mio imbarazzo… Perché mi capitava di chiedermi come avrei reagito se quelle domande fossero state poste a me e non ai suoi interlocutori… Come avrei potuto uscire illeso da una domanda spinta proferita da quella che all’epoca, a torto devo dire, consideravo immeritatamente (ribadisco) quasi una pornostar (a mia discolpa si tenga presente che ero un giovinetto che ancora non conosceva approfonditamente il mondo, né ero in grado di confrontarmi con gran parte di esso, e quindi alcune mie deduzioni erano più il frutto dell’inesperienza che frutto di bigottismo o stoltezza)? Ogni volta che ci pensavo non ne uscivo vivo… Sarei avvampato di rossore e mi sarei bloccato, probabilmente. Sennò avrei farfugliato invano, molto imbarazzato, delle ovvietà talmente insipide da farmi passare per un idiota o un mentitore incallito… Ma per fortuna non dovetti mai superare il fuoco di fila delle sue domande ardite…

Nel tempo la fama di Kladiachol continuò a crescere… A un certo punto fu anche invitata a fare la valletta in un famoso programma canoro, guarda caso sempre con la bellona bionda come compagna. Di quel festival non si ricorda molto e meno che mai ci si ricorda di lei la quale, rispetto alla tettuta vichinga, perse di molto il confronto, perché quella si dimostrò loquace e spiritosa, mentre lei fu tutto il tempo impegnata a dimostrare al mondo che non era solo un’insaziabile donna sensuale ninfomane scatenata e che anche lei sapeva essere normale e ordinaria… Così Kladiachol fu così ordinaria, ma così ordinaria, ma così ordinaria… da passare in secondo piano e fare tappezzeria…

Ma qualcosa stava cambiando in Kladiachol, qualcosa si agitava nel profondo del suo animo imprevedibile di donna sovraesposta… E Kladiachol si stava un po’ stancando di essere percepita in quel modo con il quale aveva esordito, ruolo impegnativo che non le lasciava spazio per altro, ruolo che non la lasciava respirare liberamente. Ma non affrettiamo troppo i tempi anticipando quel cambiamento che sarebbe maturato nella sua interezza solo molto dopo…

In seguito ritroviamo Kladiachol come ospite recitante di un programma di infimo livello (ma molto di successo) che spadroneggiò nel nostro paese per moltissimi anni. Era un bieco programma nel quale si facevano gli scherzi alla gente. Il suo ruolo in quell’occasione fu quello di fingere di innamorarsi di un tale e cercare di sedurlo… E ricordo come la giudicai molto male, Kladiachol, in quell’occasione perché pensai che quella di fingersi innamorati di qualcuno è una delle cose peggiori che si possano combinare a quel qualcuno, roba da essere condannati nell’inferno di Dante! Ricordo il suo modo di sporgere avanti la testa, di strizzare gli occhi e sorridere… Dunque era quella la maniera nella quale lei seduceva nella realtà un uomo? Un miscuglio tra audacia e falsa innocenza… Ma a ripensarci oggi comunque mi chiedo… era davvero vero quel programma? Oppure si fingeva solamente che quei crudeli scherzi fossero tali? Chissà… In tal caso la mia Kladiachol sarebbe stata ancora una volta del tutto innocente…


Quando sembrava ormai avviata a una strada con ruoli tutti dello stesso tipo, e quindi marchiata come donna fatale semiputtana e solo quello, ecco che finalmente giunse la sua occasione, e secondo me lei si impegnò con tutte le sue forze per farla succedere… Uno spettacolo teatrale! E anche serissimo! Non so, doveva essere qualcosa del tipo “I sassi diventano polvere col trascorre dei secoli lenti, una segmentazione causica sulla morale etica del medioevo tardesco in pompa magna eloquentemente commentata da Kladiachol”… Insomma qualcosa di molto pesante e serissimo, alla Williamscepsir!

Finalmente la mia Kladiachol ritrovò quel sorriso che ultimamente si era cominciato ad adombrare. E allora andava in giro per il mondo e le televisioni a dire, con la faccia serissima e meno trucco del solito e i capelli raccorti dietro da un cerchietto o addirittura da una retina, che lei faceva teatro! Teatro! Teatro! Teatro! Mica filmetti così! No, proprio teatro! Cioè la massima aspirazione degli attori seri! Perché, gli attori seri, ripudiano in realtà il cinema e la televisione e nel loro animo amano a dismisura il teatro! E sempre meglio svilirsi in centinaia di repliche in teatri semivuoti che ottenere un facile successo commerciale in uno di quei filmetti di natale-capodanno!… Lei, Kladiachol, faceva teatro! E finalmente poteva tornare a camminare a testa alta per le strade senza vergognarsi del suo incomodo passato… E se il macellaio le diceva “A claudiacò, ma quannè che fai n’artro calendario co’ le poppe ‘er culo de fora?, che quello vecchio mio ormai è tutto pieno de chiazze bianche! Warf! Warf!”, lei poteva sempre rispondergli “Orbene signore, io faccio teatro e sono un’attrice seria, ora! Non farò mai più alcun calendario e non mi faccia più pensare a queste cose per me alquanto indegne…” per poi andarsene via avvolta nel suo foulard verde esangue come fosse una povera contadina russa dei primi del ‘900…

Quella del teatro fu la svolta della sua carriera. Kladiachol aveva visto bene con quella mossa… Così, ben presto dimostrò a tutti che sapeva recitare ed era pure brava. Dunque un’attrice brava e bella e pure eclettica e adattabile a tutti i ruoli. La crema della crema!

E presto Kladiachol non fu più quella che aveva mostrato er culo in quel filmetto softporno di quel regista maialone, e divenne l’onesta donna che aveva avuto duri inizi e si era fatta il mazzo diventando progressivamente un’attrice completa e apprezzata ovunque… E quella fu proprio una bella soddisfazione per Kladiachol, che era da decenni che aspirava proprio a quello!

Tuttavia, per cancellare una volta per tutte il suo chiacchierato passato, le mancava ancora qualcosa, qualcosa che doveva renderla l’attrice più amata da tutte le famiglie del paese… Kladiachol ci rimuginò su un bel po’ e poi decise di buttarsi in un’altra ennesima avventura che le avrebbe fornito quell’ultimo tassello che l’avrebbe fatta sentire davvero un’attrice ideale… Accettò di recitare in una fiction, o serie tv che dir si voglia, sul canale nazionale…

In quel periodo il cinema stava vivendo una crisi conclamata e molti rigidi attori che avevano giurato di non piegarsi mai alle bieche logiche commerciali delle televisioni, stavano di fatto rivedendo i loro ideali offrendosi al migliore offerente. Insomma per gli attori era un periodaccio e molti avrebbero fatto carte false pur di continuare a recitare (seppure in quei più o meno deludenti adattamenti televisivi) e a essere sulla bocca del popolo. Alla luce di queste considerazioni, il fatto che Kladiachol riuscisse a essere presa in quella fiction, lei e non un’altra attrice, assumeva ancora una rilevanza maggiore… E nondimeno ci fu qualcuna delle attrici disoccupate che maledì la nostra Kladiachol non ritenendola abbastanza pura per avere quel ruolo… Ma questo stava nelle regole del gioco e Kladiachol non si lamentò più di tanto impegnandosi al massimo delle sue possibilità per far vedere a tutti che lei aveva delle doti che nessuno poteva mettere in discussione… Ma torniamo alla fiction nello specifico…


All’epoca un’attrice che recitasse in una fiction che si rispettava, da protagonista, poteva prodigarsi esclusivamente in un numero molto limitato di ruoli: la dottoressa, la poliziotta, una santa. Escludendo il terzo ruolo (che sarebbe stato inadatto per lei per ancora molti anni seppure ella fosse indubitabilmente sulla strada giusta), le rimanevano le altre due possibilità. E c’è il caso che Kladiachol le abbia prese entrambi queste possibilità, nel senso che sulla dottoressa ho un baluginio di ricordi ma non ci giurerei, mentre sulla poliziotta sono sicuro ed è proprio di questo che andrò a parlare…

Dunque fu una poliziotta affiancata da un padre ex brigadiere, in pensione, molto impiccione e col fiuto per i guai, che spesso le dava la dritta giusta per risolvere i casi più difficili. Nel ruolo dell’anziano padre fu scelto invero un attore molto noto e un po’ scorbutico che si racconta che la fece penare non poco durante le riprese. L’anziano attore si dimostrò molto dispotico e forse le disse anche delle paroline non troppo lusinghiere che avevano qualche attinenza circa i suoi primi inizi. Ma Kladiachol strinse i denti e completò la serie (alla quale seguirono poi altri episodi inediti con gli stessi protagonisti). E quando fu intervistata, in proposito alla sua difficile convivenza con il grande attore, Kladiachol fu molto diplomatica e professionale e disse che per lei era stata una grande occasione e un grande onore recitare accanto a un così insigne attore che aveva pure fatto la scuola di recitazione (mentre il grande attore non fu parimente prudente e tra una parola e l’altra le assestò in varie occasioni diverse stilettate).

Ma ciò che più conta fu che, con quella fiction che passò sul canale nazionale ed ebbe pure molto successo, Kladiachol era diventata l’attrice numero uno e anche la più apprezzata da tutta la famiglia. Dunque a cosa altro poteva aspirare di più la nostra amata Kladiachol? Lei… ce l’aveva fatta.

Eppure qualcosa continuava a roderla dentro e non doveva essere solo qualcosa attinente il successo o la notorietà. Perché non era soddisfatta, anche se teoricamente avrebbe dovuto esserlo? Che cosa le mancava?

Kladiachol era ormai divenuta una di quelle attrici da convocare nei programmi per celebrarne il mito. Un ospite da intervistare di cui la gente voleva saper tutto. Così Kladiachol si concesse a qualche intervista a cuore aperto pure sulla carta stampata e vennero fuori alcune interessanti verità mai accennate prima… In particolare emerse la sua profonda infelicità del periodo nel quale stava girando il suo primo film, quello che le regalò popolarità, quello con il regista porcone… Kladiachol affermò che ogni sera piangeva e che solo con grandissima fatica e abnegazione riuscì a terminare le riprese di quel filmaccio spinto il quale l’aveva fatta tanto stare male.

E noi ancora una volta ci domandiamo: perché lo disse? Solo per riabilitare il suo controverso passato, oppure perché era vero? Io giurerei su quest’ultima ipotesi. A ogni modo, per la cronaca, in seguito, quando il regista porcone venne informato di ciò che Kladiachol aveva riferito, si sorprese molto perché, a sua detta, lei si presentava sul set sempre impeccabile, felice di recitare e disponibile a farlo, era insomma serenissima…

Ma chi era veramente quella misteriosa femmina rispondente al nome di Kladiachol? Credo che lo scoprii davvero solamente quella volta nella quale in tv si mostrò un vecchissimo filmato di lei bambina… Kladiachol da piccina mi fece una notevole tenerezza. Ai miei occhi appariva come una bimba con un gran carattere e con spiccate doti di umanità e femminilità… Ne rimasi incantato…


Fu li che forse iniziò la parabola discendente di Kladiachol, perlomeno sotto il profilo della fama. Infatti le sue comparsate andarono sempre più diminuendo… Fino al giorno in cui la sua anima fragile e sensibile cadde in un tranello il quale la fece rispondere a un richiamo mistificatorio (e io fui molto severo con lei in quell’occasione). Kladiachol aiutò un politico! Lo so, fu un atto infamante che andrebbe espiato col carcere… ma a sua scusante posso dire che lei si prodigò in quel gesto solo e solo per puro spirito comunitario di pietà e fratellanza umana, e dunque fu assolutamente in buonafede, ella! Non sapeva come fosse mal riposto quel suo atto misericordioso…

A dire il vero non era la prima volta che Kladiachol si faceva pizzicare in uno scivolone simile nel volgare e cialtronesco mondo degli opportunisti (cioè dei politicanti). E una volta aveva per esempio affermato quanto fosse attratta da un certo funambolo con il baffetto. Tuttavia ancora una volta mi posso ergere a suo difensore dicendo che in quel periodo egli dava a bere a molti di essere sia preparato che giusto, per cui il suo peccato di donzella suggestionabile a mio parere le va anche stavolta condonato…

Ma tornando al trabocchetto, un giorno Kladiachol si imbatté in una politicante che faceva lo sciopero della fame per qualcosa, e allora si impietosì e si sentì in dovere di andare in un bar e pagargli tramezzini, cornetti e caffellatte vari, i quali la politica accettò con favore ponendo fine damblè al suo sciopero della fame!

Ma io dico, mia cara Kladiachol, ma non lo sapevi che tutti i politicanti i soldi ce li hanno e spesso si pappano pure troppo togliendolo ai più bisognosi? Mannaggia a te, Kladiachol! Quella volta ti facesti fregare per troppa pietà umana, concedendola a chi non se la meritava…

Poi di Kladiachol si persero progressivamente le traccie… Che faceva? Dov’era? Perché non c’erano notizie che la riguardassero? Un giorno però questo stillicidio di silenzio sulla sua persona fu parzialmente sospeso e quel giorno scoprii che la povera Kladiachol soffriva pure di un disturbo della nutrizione piuttosto serio… Allora la compatii e provai ancora più propensione verso di lei…

Ma poi, davvero, più niente. Si vaporizzò. Scomparve. Come non fosse più esistita. Dove portasti le tue bianche membra Kladiachol, in quel periodo nel quale abbandonasti il mondo lucente delle starlette e delle paillette riunite? Con chi eri? Chi frequentavi e perché? Da cosa ti nascondevi? Perché tu ti nascondevi da qualcuno o qualcosa, non è forse vero mia cara Kladiachol? Domande, domande, domande… Molte delle quali rimarranno per sempre avvolte nel mistero…

Senonché quando non me lo aspettavo più, un giorno, finalmente, Kladiachol ricomparve. Solo che non era più la Kladiachol che conoscevo io (e ciò mi fece assai impressione)… Struccatissima, con acconciatura e abiti monastici, era quasi irriconoscibile… Sembrava essere passata attraverso una terribile crisi che l’avesse segnata non poco. Aveva sul volto una perenne espressione dolente di grande pena e raccoglimento. Camminava spesso a occhi bassi. Appariva minuta e forse svilita. Era ecumenichissima e umilissima. E cosa faceva, Kladiachol? Leggeva la bibbia in chiesa! Pubblicamente! Davanti alle telecamere! Kladiachol s’era convertita!

Da quel giorno Kladiachol cambiò tutto della sua vita e, pure se non poté farsi suora di clausura, immagino intraprese molti viaggi di conversione e aiuto nei sud del mondo, nei paesi disagiati… Aprì associazioni di volontariato e onlus a suo nome, prodigandosi in particolare per i deboli e gli svantaggiati. E del mito d’un tempo di Kladiachol non rimase più nulla… Se non qualche stanca e pigra replica su qualche rete televisiva di secondo piano, a notte fonda, in cui venivano passate per l’ennesima volte quelle pellicole adatte a flaccidi onanisti incalliti che non vogliono crescere, e mai lo faranno…

Addio, Kladiachol! Tutti quanti noi, tuoi fan, ti abbiamo amato sinceramente e sempre continueremo a farlo!


{Questo racconto trae spunto da un personaggio realmente esistente che esercitò sempre su me un fascino notevole. È un racconto semiumoristico, ma va inteso come un omaggio alla donna che me l’ha ispirato. I fatti che ho citato talvolta sono da considerarsi veri, talvolta no. Perché questo è e rimane un racconto di fantasia. Non è il resoconto della vita di una donna che comunque non ho mai conosciuto dal vero. E spero che non la offenda e che, tra un’ironia e l’altra, traspaia per l’appunto il mio genuino affetto per lei.}

Dichiarazione di non voto o meglio…


Alle prossime elezioni non voterò per mafiosi, p2isti, pedofili, corrotti. O amici di essi.


Ma non voterò neppure per chi dice di essere contro tali categorie eppure puntualmente si spartisce il potere con essi, perché evidentemente sono anche loro solo dei corrotti.


Non voterò per nessuna feccia di destra, o xenofoba, o razzista (con o senza banane), o fascista, o omofoba.

Non voterò per nessun partito di centro “onesto e competente”, perché non esiste alcun partito di centro che possa essere sia onesto che competente (e neppure solo separatamente).

Non voterò per partiti che si dicono di sinistra eppure si comportano come fossero di destra, o stringono alleanze con altri partiti che si dicono di sinistra ma non lo sono.

Non voterò per chi si fa pescare al telefono in atteggiamenti amichevoli con coloro che invece dovrebbe strenuamente avversare!

Non voterò con chi legittima i corrotti (in tutte le loro forme).

Non voterò per chi dice “oh, mi sono sbagliato!” e così facendo vorrebbe cancellare anni, decenni di orribili errori (ma non ti viene in mente che, nella migliore delle ipotesi, non ci capisci un cazzo e che quindi sei invotabile?).

Non voterò per tutti quei partiti che cambiano alleanze a seconda di come pensano convenga loro.

Non voterò per tutti quelli che fanno i furbi.

Non voterò per chi dice di non concedere interviste (sennò devi essere espulso dal movimento) salvo poi rimangiarsi tutto e andare da Vespa, dico Vespa!, no Santoro!, Vespa!, per cercare di far breccia nell’elettorato dei vecchi mentecatti.

Non voterò per chi è peggio di me. Quindi, non c’è scampo, stavolta non voto sul serio. Non mi turo più il naso. Sono stanco di sforzarmi di trovare le minuscole differenze tra i peggio in assoluto e quelli che mirano a diventarlo in un futuro prossimo. Quelli come me NON devono votare. Solo adesso l’ho capito. Perché io sono troppo diverso da chi vorrebbe il mio voto. Che votassero gli altri. Chi è così stupido da non sapere, e chi è guasto come quelli che vota.

Il Sistema è corrotto. E i politici non mi possono dare a bere che in questi anni in cui ho votato non sono riusciti a cambiarlo, se davvero lo volevano e ne erano capaci.


Li maledico.

E a questa consultazione voterò scheda nulla. Perché non sopporto che qualcuno si appropri illegalmente del mio voto. Perché so come vanno le cose e non mi fido. Perché anche se possono comunque imbrogliare, voglio render loro la vita più difficile.


Chi indovina la frase che utilizzerò per annullare la mia scheda vince un bacio in bocca.


V for Vendetta, simbolismo e insurrezione

 



Alan Moore scrisse il fumetto “V for Vendetta” a puntate, a partire dall’estate del 1981 (la pubblicazione fu piuttosto travagliata per questioni editoriali). In quel periodo in Inghilterra imperava la famosa lady di ferro, Margaret Thatcher, e Alan, anche per quel motivo, era molto pessimista circa il futuro del mondo (e dell’Inghilterra). Da qui nacque V, la cui maschera si ispira a Guy Fawkes, un personaggio appartenente al passato della terra di Albione il quale cercò vanamente di compiere un attentato alle istituzioni dell’epoca finendo impiccato, un personaggio che all’inizio aveva un significato negativo, ma che poi venne in gran parte riabilitato divenendo per l’appunto l’emblema di chi si ribella al Potere opprimente, emblema che per proprietà transitiva è di conseguenza passato a V.

Il personaggio di V, molto famoso nell’ambito dei fumetti, ovviamente divenne ancor più celebre nel momento in cui dalla sua storia fu tratto un (buon) film il quale progressivamente ha contribuito a far sorgere il mito di V in tutto il mondo.

Così oggi V è un vessillo universalmente conosciuto, un vessillo di giusta ribellione contro il Potere. Un vessillo anche di Anarchia. Un vessillo di grande forza. Una forza così grande che non credo che quei furboni che passano il suo film di continuino siano in grado di comprenderne la portata.

V è il simbolo della paura che devono avere i corrotti della rabbia dei giusti e degli onesti.

Infine vorrei spendere due parole sul fatto che V possa essere considerato un terrorista. Cioè, sono certo che se per caso questo personaggio non fosse stato creato dall’inglese Alan Moore ma fosse stato creato per caso da uno come me, o da un italiano, qualche dementoide nostrano avrebbe subito accusato il suo autore di essere immorale o fascista o comunque di andare contro le istituzioni. E magari qualcuno lo avrebbe denunciato sul serio quell’autore, che avrebbe quindi dovuto subire un processo, un processo vero!

Ora… V mette le bombe, questo è vero. Però, a parte il fatto che è solo un personaggio di fantasia, a parte il fatto che comunque non vedo perché non si possa raccontare la storia di uno che decide di mettere le bombe, a parte questo, le bombe di V non mi risulta abbiano mai ammazzato alcun innocente. Per questo la nomea che gli potrebbe essere affibbiata, che è un terrorista, nel senso di uno che per perseguire i suoi scopi non si cura degli innocenti che potrebbero incappare lungo il suo cammino di distruzione, sarebbe del tutto erronea.

V ammazza le persone, sì, ma solo quelle che lui ritiene malvagie. Esattamente come Che Guevara. Perché è lecito ammazzare le persone, in alcuni casi. Come per esempio per legittima difesa.

Ricapitolando: sì, i corrotti se la devo fare addosso ogni volta che vedono una maschera da V da qualche parte, in una manifestazione, o alla televisione, o su un manifesto…

https://www.youtube.com/watch?v=MaeZxoCWiAE


L’occhio capovolto è un sorriso

 

L’occhio capovolto è un sorriso

*

Il silenzio può essere bello o tetro.

Dovrò sbrigarmi a ricopiar questi miei versi

Prima che l’alchimo non più reagisca.

Ora lo vedo e per me ha un significato;

Domani, chissà, mi sarà privato.

Sempre, nel tempo, pittori e altri

Si cullaron con la doppia visione

Di nascondere in un sorriso altro.

L’occhio capovolto è un sorriso.

*

Ora sono esausto e prego Dio

Di risparmiar questa seconda mia vista.

Metto paraocchi di mediocrità

E cotone unto nelle orecchie.

Torno normale e vile, per un po’.

Lo so, è questa la strada che conduce alla follia.

E ormai quel sorriso è un’ossessione…

Venti giorni (romanzo)

Venti giorni sono tanti o sono pochi? Dipende. Dal luogo, dalla compagnia e da cosa si ha da fare.
Questa è la storia di venti giorni trascorsi all’interno di un ospedale.
Belosh è un uomo di circa quarant’anni che un giorno si sente male e si ritrova ricoverato in un reparto per malati gravi.
Nella sua camerata sono quasi tutti vecchi mezzo moribondi. C’è solo una persona con la quale potrebbe parlare. Però quella persona gli è davvero molto, molto antipatica. È una ragazza mora che fin dal principio gli dà l’idea di essere molto indisponente e altezzosa.
Ma è davvero così? E perché essa è ricoverata lì dentro se sembra passarsela molto meglio di chiunque altro, compreso lui?
Belosh avrà modo di conoscerne approfonditamente l’essenza e di scoprire il suo segreto…
Venti giorni sono tanti se uno sta male. Sono pochi se invece si è felici. Perché, quando quella felicità ci abbandonerà, solo un grande, malinconico vuoto potrà allora subentrare…

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