I quattro giovani scelsero con cura la zona. Individuarono il covo nel quale avrebbero potuto trasformarsi in supercriminali (perché loro avevano sempre detestato Batman). Sotto delle impalcature abbandonate sembrava l’ideale. Complice pure la notte, sarebbero stati nascosti dagli occhi di tutti. Poi si trattava solo di aspettare…
Poco dopo scoprirono una coppietta in macchina che si era appartata. Ecco le vittime perfette. Andarono nel loro nascondiglio, si tirarono su i cappucci e presero le mazze: divennero supercriminali. Si diressero come bestie feroci sulla vettura, due per parte. I piccioncini non avevano messo la sicura alle portiere. Fu un gioco da ragazzi per gli incappucciati aprirle e minacciarli coi coltelli sotto la gola. Dateci tutto quello che avete, se non volete che vi ammazziamo!, dissero con crudeltà. Ma la rapina era solo una scusa. Una vile scusa per fare i cattivi. Perché a loro piaceva stare dalla parte dei cattivi, perché erano delle merde fasciste…
Infatti, dopo aver incamerato soldi e cellulari, il ragazzo fu trascinato di peso fuori dall’auto, accerchiato e cominciarono le botte. Poi presumibilmente sarebbe toccato alla ragazza, che prima sarebbe stata stuprata…
Tuttavia i fari di un auto di transito sconsigliarono loro di continuare. Fuggirono, come i conigli fascisti che erano.
I fidanzatini se l’erano scampata bella e tutto sommato neppure avevano ricavato troppi danni. Spaventati, si recarono subito alla polizia per denunciare i fatti.
Ma i quattro fascistucoli non erano contenti non avendo finito il gioco che avevano scelto di fare. L’adrenalina che scorreva a fiumi li aveva inebriati e ne volevano ancora, ancora. Volevano godere del male fatto a un innocente. Avessero potuto trucidare e sgozzare un cane da sacrificare a satana, in quel momento lo avrebbero fatto. Prima di tornare a casa, volevano andare fino in fondo almeno una volta con qualcuno.
Mezz’ora dopo erano ancora per le vie a cercarsi un’altra vittima. Trovarono un ragazzo che tutto solo si avviava verso la stazione della metro. Si ritrasformarono in supercriminali e gli si gettarono addosso con le mazze. Stavolta neppure la scusa della rapina… Menarono ovunque: alle gambe, alle braccia, al torace e alla testa. Poi il sangue macchiò l’asfalto. Il ragazzo era ormai da un pezzo che neppure si muoveva più. E loro non si erano fermati.
Non era più così divertente per i quattro fascisti incappucciati. Allora se ne andarono via, ognuno alle rispettive casette di appartenenza, con gli amorevoli genitori che li aspettavano. E quando uno di loro rincasò, il padre lo incrociò sull’uscio e gli fece una domanda, anche se non gliene faceva quasi mai circa la sua vita notturna. Come va, vi siete divertiti?, gli chiese con tedio. E il ragazzo con un mezzo sorriso rispose: abbastanza.
Il giorno dopo la polizia riuscì a rintracciarli, dato che gli spietati quattro incappucciati erano stati così furbi da non accorgersi di essere ripresi da una telecamera, che li aveva immortalati mentre si trasformavano in supercriminali (che coglioni! Beh, i fascisti lo sono sempre).
I quattro vennero condotti in caserma dove si sciolsero all’istante piangendo come vitellini al macello. Confessarono tutto, d’altronde le prove erano schiaccianti. E quando gli agenti che li interrogavano chiesero il motivo delle loro turpi e vigliacche azioni gratuite, i ragazzi risposero che, il loro, voleva essere solo un gioco, volevano vedere cosa si provava a stare dalla parte malvagia. Ma sicuramente non ci sarebbero più stati da quella parte, perché loro in fondo erano buoni, aggiunsero. Non volevano ammazzare nessuno. Solo ridurre qualcuno in fin di vita.
Due di loro finirono in carcere. Gli altri due, curiosamente, no (mi chiedo se sia il caso di scrivere un secondo raccontino per approfondire questa tematica. Davvero volete che lo faccia? Mi vengono in mente solo motivazioni inconsistenti e truffaldine)…
Così, quattro giovani ragazzi incappucciati avevano compiuto la violenza peggiore di tutte: una violenza gratuita contro qualcuno che neppure conoscevano. Cioè, capirete bene che qualora magari fossero vissuti in un paese senza libertà e quella violenza l’avessero indirizzata verso il dittatore che li opprimeva, tutto sarebbe stato molto, molto diverso, perché quella violenza sarebbe stata sacrosanta. Anche qualora avessero aggredito qualcuno che stava semplicemente loro sulle palle, tutto sommato le cose sarebbero state diverse, anche se analogamente non giustificabili. E invece no. Loro avevano voluto pestare degli sconosciuti, perché volevano fare i cattivi, per il gusto di perpetrare della violenza fine a se stessa. E così facendo, si erano macchiati del peggior reato possibile immaginabile: il dispregio per la vita e il dolore altrui.
E quale pena avrebbe potuto lavare una colpa così considerevole, una colpa che se compiuta una volta nella vita, già sarebbe stata una volta di troppo?
Solo dedicando il resto delle loro vite ad aiutare il prossimo avrebbero potuto forse, e sottolineo forse, espiare le loro gravissime colpe. Sennò una giusta condanna per essi sarebbe potuta essere quella di staccar innanzitutto loro gambe e braccia, in modo da essere sicuri che per nessun motivo al mondo avrebbero potuto ripetere quei loro gesti dissennati; e poi di essere angariati a loro volta da gente come loro. Questa sarebbe stata una giusta condanna. Ma, certo, un paese “civile”, non gliel’avrebbe mai accordata.
Dunque, comunque la si veda, i quattro fascistucoli l’avrebbero fatta franca: avrebbero scontato una pena molto inferiore al dovuto, sempre se tale pena davvero sarebbe stata loro combinata, che era il minimo che si imponesse.
E poi che cosa vogliamo dire delle famiglie dei quattro fascistucoli? Tutti loro dissero che non sapevano quanto i loro figli fossero sulla cattiva strada. Molti di loro dissero che non sapevano proprio cosa potevano aver sbagliato nell’educazione dei loro cari figliuoli fascistucoli. Qualcuno addirittura li difendeva, difendeva l’indifendibile, perché nella loro ottica le cose loro erano sempre più importanti delle cose altrui: il proprio orticello contava, mentre quello degli altri no (faccio notare che questa è un’ottica prettamente mafiosa). Invece di dare un calcio nel culo ai loro figli degeneri, se davvero erano stati dei figli che non gli somigliavano, li difendevano insensatamente. Fino a negare l’evidenza.
Non si parlava di malati di mente non responsabili delle loro azioni. Ma solo di ributtante feccia fascista che con le loro azioni mostravano ancora una volta quanto disprezzo avessero per la vita e la civiltà. Mostravano al mondo quanto fosse intollerabile tollerare la loro nefasta esistenza su questa terra.
E finché li tollererete (perché siete voialtri che li tollerate, che permettete loro di esistere, voi che vi dite “società civile”), ci sarà bisogno di qualcuno come me che ci scriva sopra un racconto.
