Proseguiamo il ciclo delle canzoni belle ma con testo “strampalato”. Stavolta è il turno di questa, di Lucio Dalla.
Non si capisce bene cosa vogliano significare queste lune. Forse sono solo lo scorrere del tempo. Forse rappresentano la molteciplità delle forme dell’esistenza umana. La quale difatti sembra essere il fulcro della narrazione. Vengono narrate esistenze talvolta inutili, spesso violente. E sullo sfondo ci sono Dio e angeli, che osservano. Probabilmente anche loro centrifugati nei vortici della ferocia della vita…
La settima luna era quella del luna-park lo scimmione si aggirava dalla giostra al bar mentre l’angelo di Dio bestemmiava facendo sforzi di petto grandi muscoli e poca carne povero angelo benedetto.
La sesta luna era il cuore di un disgraziato che, maledetto il giorno che era nato, ma rideva sempre da anni non vedeva le lenzuola con le mani, con le mani sporche di carbone toccava il culo a una signora e rideva e toccava sembrava lui il padrone.
La quinta luna fece paura a tutti era la testa di un signore che con la morte vicino giocava a biliardino era pelato ed elegante né giovane né vecchio forse malato sicuramente era malato perché perdeva sangue da un orecchio.
La quarta luna era una fila di prigionieri che camminando seguivano le rotaie del treno avevano i piedi insanguinati e le mani, e le mani, e le mani senza guanti ma non preoccupatevi il cielo è sereno oggi non ce ne sono più tanti.
La terza luna uscirono tutti per guardarla era così grande che più di uno pensò al Padre Eterno sospesero i giochi e si spensero le luci cominciò l’inferno la gente corse a casa perché per quella notte ritornò l’inverno.
La seconda luna portò la disperazione tra gli zingari qualcuno addirittura si amputò un dito andarono in banca a fare qualche operazione ma che confusione la maggior parte prese cani e figli e corse alla stazione.
L’ultima luna la vide solo un bimbo appena nato, aveva occhi tondi e neri e fondi e non piangeva con grandi ali prese la luna tra le mani, tra le mani e volò via e volò via era l’uomo di domani e volò via e volò via era l’uomo di domani
Gabriele Muccino non è molto amato sui gruppi facebook che si occupano di cinema (almeno in quelli un po’ con la puzza sotto il naso). Anche perché è uno dei registi italiani che ha raggiunto presto fama all’estero (apparentemente non meritandosela). Eppure, se un regista sforna un bel film… Poi ne fa un altro… Poi un altro ancora… Solo un idiota potrebbe sostenere che quel regista non sia bravo. Così possiamo dire che il successo Muccino se l’è guadagnato col proprio lavoro, e pazienza se non tutti i suoi film sono da incorniciare. Per quanto mi riguarda, dopo questo film, metto Muccino nella short-list dei registi bravi.
Muccino con questo film dimostra di conoscere bene le radici culturali del cinema italiano, e anche di saper fare bellamente cinema, quando può avvalersi dei giusti fattori. Qui per esempio c’è una sceneggiatura che non sbafa mai; quattro attori nostrani molto bravi (Favino, Santamaria, Rossi Stuart, Ramazzotti) tra i più navigati, che hanno già dimostrato abbondantemente come loro rappresentino l’odierna generazione di attori; una regia perfetta per raccontare questa storia intensa che ti prende dall’inizio alla fine, una storia che rivisita componenti essenziali di ogni vita. Gli amori, l’amicizia, il tempo che passa, che ci cambia. I compromessi, la famiglia, i tradimenti. I pentimenti. Le crisi, le difficoltà economiche. Per questo motivo dico che questo è un film ispirato e assolutamente riuscitissimo.
Da segnalare infine due cose: omaggia “C’eravamo tanto amati” – ma secondo me i puristi non storceranno la bocca a visione ultimata, sia perché per l’appunto non è un rifacimento, sia perché il film in sé li avrà sufficientemente soddisfatti. E poi si avvale di un’eccellente colonna sonora, con celebri brani nostrani del passato – eh, sì, torno a dire: perché la musica del passato era molto meglio di quella di oggi… 😉
Proviamo a spiegare il testo de “La musica che gira intorno” di Ivano Fossati. Dai, che forse, se la analizziamo scientificamente tutti assieme, ce la faremo a svelarlo…
Per niente facili
uomini così poco allineati
li puoi chiamare ai numeri di ieri
se nella notte non li avranno cambiati
Beh, fin qui si capisce, no? Evidentemente si parla di uomini particolari, gente un pochino asociale che solitamente non è facile contattare… O almeno questo si evince dalle prime battute…
Per niente facili
uomini sempre allineati
li puoi pensare nelle strade di ieri
se non saranno rientrati
Ah, ma aspetta… ‘Sti uomini sono allineati oppure no? Ma sta parlando di altri uomini, o sempre di quelli (citando la teoria che gli opposti coincidono)? Forse si tratta di uomini allineati per certe cose e disallineati per altre… Beh, sicuramente i versi seguenti chiariranno la questione…
Sarà possibile sì
incontrarli in aereo
avranno mani e avranno faccia di chi
non fa per niente sul serio
Okay, questi uomini prendono l’aereo e sembra abbiano una faccia di chi “non fa sul serio”, qualsiasi cosa voglia dire…
Perché l’America così come Roma
gli fa paura
e il Medio Oriente qui da noi
non riscuote nessuna fortuna
A questi uomini fanno paura… i grandi paesi, le cose grosse, le responsabilità?! La cosa sul Medio Oriente non l’ho capita. Cioè che c’entra?! Ma forse è detta per arricchire il discorso…
Sarà la musica che gira intorno
quella che non ha futuro
sarà la musica che gira intorno
saremo noi che abbiamo nella testa
un maledetto muro
Dunque il nostro prova ad attribuire la colpa di tutto alla musica… Allora c’è della musica che gira, che non ha futuro, perché evidentemente si tratta di canzonette, musica usa e getta, usata esclusivamente per intrattenere?!… Poi fornisce un’altra possibile soluzione: è colpa nostra che abbiamo un muro nel cervello, che evidentemente ci impedisce di essere aperti circa certe questioni. Sì, okay, ma quale cazzo era il problema, non si capisce!?
Ma uno che tiene i suoi anni al guinzaglio
e che si ferma ancora ad ogni lampione
o fa una musica senza futuro
o non ha capito mai nessuna lezione
Ah, questo è tutto da decodificare, ma forse ci si può arrivare. Allora, vediamo, uno che tiene i suoi anni al guinzaglio… è uno che si sente ancora giovane (lasciam perdere che si ferma a ogni lampione, che forse vuol dire che cerca la verità nella luce, o forse che è ubriaco). Dunque quest’uomo che si mantiene giovane, dice, o fa una musica senza futuro (la musica di cui sopra) o non ha capito nessuna lezione… Ma perché?! Perché sarebbe obbligato a fare della musicaccia?! Perché?! Perché?!
Sarà che l’anima della gente
funziona dappertutto come qui
sarà che l’anima della gente
non ha imparato a dire ancora un solo sì
Ed ecco che riprova a fornire una spiegazione… Sì, ma quale cazzo è il problema, la questione, il dilemma di cui stiamo parlando?! Non si capisce! L’anima della gente funziona dappertutto nello stesso modo, okay… L’anima della gente non ha imparato ancora a dire un solo sì. Dunque si nota una certa chiusura mentale, e anche prima c’eravamo imbattuti in qualcosa di simile, me lo ricordo, sì… E dunque?!
Sarà la musica che gira intorno
quella che non ha futuro
sarà la musica che gira intorno
saremo noi che abbiamo nella testa
un maledetto muro
Insomma c’è sta musicaccia senza futuro e noi che abbiamo un muro… Ah, ma aspetta! Forse la musica non ha futuro non perché è usa e getta, ma perché la gente non la capisce?! Era questo il senso?!
Per niente facili
uomini così poco allineati
li puoi cercare ai numeri di ieri
se nella notte non li avranno cambiati
Sì, ma ‘sti uomini chi sono, i musicisti che fanno musica, che poi hanno paura ad andare in America, oppure sono la gente comune, la quale, essendo mediocre, non è capace ad apprezzare la musica vera e per questo la fa morire poco dopo, alla musica?!
Per niente facili
uomini poco affezionati
li puoi tenere tra i pensieri di ieri
se non ci avranno scordati
Vabbè, vabbè, capita l’antifona… Ma aspetta!… Tu puoi tenere tra i pensieri questi uomini se loro non ci avranno scordati?! Ma questa frase non dovrebbe essere il contrario, per avere un senso?!
Sarà la musica che gira intorno
quella che non ha futuro
sarà la musica che gira intorno
saremo noi che abbiamo nella testa
un maledetto muro
La canzone è finita… A Ivà… Nun se capisce ‘na mazza! Iscrivite a un corso de comunicazione!
PS: si narra che Ivano Fossati abbia scritto questa canzone dopo aver ascoltato “Life on Mars” di Bowie ed essersi calato un acido, dicendo: ah, sì, tu hai scritto questo, bowie?, e mo te faccio vedè io cosa pò scrive ‘n italiano! (SCHERZO) 😀
PPS: come forse saprete, Ivano Fossati mi è molto simpatico e apprezzo abbastanza la sua musica. Viene anche considerato una persona di una certa cultura e con bei testi… Però io non sono d’accordo sui testi, Ivano mi perdonerà… 😉
PPPS: Ah, ultima cosa: ho sentito dire che in realtà l’autore di questo testo neppure sarebbe Ivano, bensì Zucchero! 😀
L’uomo col megafono parla di un piccolo politico locale, che crede davvero in quel che fa, che si impegna in prima persona per quanto le proprie forze glielo permettono per rendere il mondo un posto migliore. Lo sguardo dell’artista lo percepisce e cattura in questa canzone…
Ma è davvero da stimare l’uomo col megafono? Un uomo che s’è bevuto la propaganda politica, che un tempo aveva come riferimento ideologico l’URSS, o peggio la Cina, o Cuba. Paesi idealizzati oltremisura, oltre l’ingenuità.
L’uomo col megafono è un idiota fallito che finché ha avuto quel megafono in mano ha creduto alle bugie dei politici di alto livello del proprio partito non essendo capace di vedere come stavano realmente le cose, cioè che la politica è tutta una merda, da qualsiasi parte della barricata tu sia. Che il problema del mondo sono i politici, i quali non stanno lì per aiutarci a vivere meglio, al contrario son lì solo per depredare, non risolvere mai i problemi, che creano tra l’altro loro stessi, fingendo che la loro azione sia necessaria.
È ospite Morgan il quale, si sa, talvolta potrebbe non esser la persona ideale e più facile da intervistare, perché è uno che “eccede”. Per di più stavolta si capisce fin da subito come sia già “su di giri”. Non so perché. Probabilmente perché ha scambiato due parole con la donna che lo intervisterà capendo che è un osso duro e non gli lascerà scampo; o forse s’è fumato qualcosa di troppo, chissà.
Fattostà che l’intervista parte a razzo ed è subito un fuoco di fila. La donna, con i suoi occhi chiari, la fermezza nella voce, che sa di essere bella e forte, intellettualmente forte, o almeno così si sente lei, nasconde nell’intonazione garbata i non tanti velati preconcetti che Morgan sia solo un mero idiota, e lei vuole dimostrarlo al mondo, dall’alto della propria superiorità.
Ora, Morgan, che mi è simpatico, ha fatto innumerevoli sbagli in vita sua, tutti pagati caramente, compiuti più per una sorta di “generosità” nei confronti della vita che perché sia stronzo o sbagliato lui. Morgan è l’artista geniale che, dato in pasto a una qualsiasi torma di gente riottosa, finirebbe presto per assumere il ruolo di capro espiatorio dei mali del mondo. Così Morgan casca nei tranelli della donna con tutte le scarpe, come da sua ingenua prerogativa.
Prova a ribattere, con quella favella di cui invero è dotato. Ma sotto quell’assedio, quelle domande che non gli lasciano neppure il tempo di organizzare una difesa, non può che cedere e fare la parte del mentecatto, del presuntuoso, o del demagogo. Ho visto altre interviste di Morgan; se è a suo agio, sono molto interessanti e intense, o anche divertenti. Invece qui Morgan prova a essere ironico, ma non ci riesce perché si trova sempre di fronte gli occhi di ghiaccio prevenuti dell’intervistatrice castrante che lo giudica, anzi lo ha già giudicato, e non si fermerà finché Morgan non si dilanierà da solo. Non gli lascia neppure il tempo di rispondere a una domanda che subito gliene fa un’altra. E Morgan ci casca: avrebbe talmente tanta voglia di difendersi da quelle accuse che neppure contesta la forma suicida, suicida per lui, che la donna ha adottato.
Così finisce per arrabbiarsi. Tra le tante frasi retoriche, che altrove avevano funzionato brillantemente ma qui non sortiscono effetto, pronuncia una frase molto vera: sono un artista! Fatemi parlare di musica, non di altro! Io so solo parlare di musica! Ma quella ovviamente non coglie la sua supplica e non gli fa neppure una sola domanda che entri nel merito della musica, perché Morgan è la sua preda da sventrare e spolpare. Così scopriamo che la vera belva è lei, non certo Morgan. Lei che spara sulla croce rossa di Morgan.
Questo tipo di pseudo interviste non servono a niente. Sono puro intrattenimento usa e getta. Al massimo, se vanno bene, si possono avvicinare a una sorta di chiacchierata con l’ospite di turno, buone solo da un punto di vista immediatamente emozionale. Se vanno male, finiscono per essere del tutto inconcludenti, acefale, negative, smerdanti, come in questo caso.
Vi ho spiegato la tv.
PS: Peccato anche per l’intervistatrice, che sono convinto sia una donna intelligente. E in quanto tale dovrebbe trovare ben altri modi per dimostrarlo.
E mentre la gente continua a distruggere il proprio sistema immunitario impunemente… dedico questa canzone al mio grande amore, senza cui non avrei più senso. :*