Dylan Dog. Cronache dal pianeta dei morti

L’apprezzato e talentuoso scrittore Bilotta ridefinisce il mondo di Dylan Dog con il proprio tocco realizzando quella che egli immagina sia l’ultima saga di questo ormai conosciutissimo eroe nostrano dell’orrore.

Nel volumetto, contenente tre storie, le vicende vengono narrate al contrario, da quella più recente a quella meno. Così scopriamo poco a poco un Dylan piuttosto amareggiato, incanutito, stanco, nuovamente alcolizzato. Un Dylan completamente solo – è questa forse la novità che maggiormente risalta –, ora che il suo fedele assistente burlesco sembra sparito (si capirà più avanti che triste fine abbia fatto), che il suo amico ispettore Bloch è andato in pensione e comincia a soffrire di demenza senile. E poi capiamo che Dylan, per un motivo o per l’altro, non ha saputo tenersi una donna al suo fianco nonostante la sproposita quantità di femmine gli abbiamo visto portarsi a letto (ai bei tempi, una a numero!).

La storia è diversa ma simile a quelle precedenti di Dylan, un personaggio che a dire il vero mi aveva piuttosto stancato per la sua ripetitività e avevo dunque smesso di leggere anni fa.

Nella storia non c’è posto per molto sarcasmo: ormai le cose sono talmente precipitate che sembra non sussista più alcuna speranza per un mondo in cui si è diffusa un’epidemia su scala globale di zombie che comprensibilmente ha drasticamente guastato tutto.

Il quadro che fornisce Bilotta di questo mondo è “ambizioso”. Ne dà una descrizione anche politica, in cui c’è spazio per cospirazioni, ribelli, spie, attentati, oltre che una chiara citazione presa da un film di zombie (come da tradizione dogghiana) per quanto riguarda la possibilità di utilizzare i non-morti come lavoratori instancabili e senza diritti.

Insomma, capirete che questi cambiamenti hanno determinato che non tutti i fans di questo personaggio abbiano apprezzato la saga. A me, che non sono un intransigente purista e anelavo una qualche evoluzione del personaggio, la saga non è dispiaciuta, anche se ho notato alcuni difetti che ne hanno depotenziato le possibilità. Primo: nelle tre storie, due sono a colori, una in bianco e nero, con stili un po’ diversi, almeno in un caso su tre (quella non colorata). Poi, la storia di Bilotta è buona ma il formato l’ha in parte penalizzata costringendo le vicende a correre in taluni punti forse più di quanto avrebbero dovuto. Inoltre sicuramente una critica che alcuni puristi hanno fatto è che la storia è più politica che horror. Penso che forse è vero, ma non è detto che ciò debba essere per forza un male.

Insomma il mio giudizio è che qualche meccanismo narrativo poteva essere affinato meglio. In ogni caso mi è complessivamente piaciuta.

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