Le parole tra noi leggere
Stavolta (o dovrei dire, nuovamente) l’attenzione dell’autrice si focalizza su suo figlio, da quando comincia a parlare in poi. Ne viene fuori un romanzo stravagante, molto ironico, talvolta grottesco. Chi ama il genere forse lo apprezzerà. Io dopo un po’ mi sono stufato e non l’ho completato.
L’ospite
Scarnissimo romanzo in cui si parla di una nonna ansiogena che ha a che fare col suo nipotino neonato, tra le proprie inadeguatezze, le piccole gelosie, lo stupore innamorato per l’infante, la vecchiaia che avanza rendendo più superficiale e mediocre un’esistenza superflua di cui mi domando il motivo.
No. Qui non ci siamo proprio. Davvero troppo poco per poter chiamare questi scritti romanzo. Sembra che se lo sia appuntato frugalmente nelle pause caffè. Sembrano solo appunti, non un testo completo. E non c’è sufficiente pathos. In definitiva, non succede niente, e quel che accade non produrrà alcun cambiamento, o danno, o vera emozione. Un piattume monotono monocorde, nello stile quanto nella storia.
Una giovinezza inventa
Qui finalmente speravo di (ri)trovare un po’ di “ciccia” nella storia di questa educanda spedita al collegio. E invece… no! La narrazione si (dis)perde tra le effimere o indifferenti compagne della ragazza, qualche professore, innocue crisi ormonali (mai state così innocue), pacchi di barbosissima filosofia, sentimenti epistolari manierati, e sopratutto grafomania per il puro gusto di scrivere. Così tutti gli spunti che un lettore (come me) avrebbe potuto trovare interessanti si dissolvono in pochi capoversi. Non so, una passione torbida, un richiamo sessuale, una storiaccia tra persone di età diverse… Seppure questi elementi siano accennati, non raggiungono né aggiungono alcunché.
Anche questo l’ho abbandonato prima del termine.
Inseparabile
Eh, no! Qui si esagera! Questo addirittura sarebbe il continuo di uno dei suoi romanzi che più mi hanno infastidito (L’ospite, di poche righe sopra), come ce ne fosse stato bisogno! Eh, no. Qui ho mollato quasi subito, non mi sono lasciato fregare.
Segnalo solo che stavolta in sottofondo c’è la crisi coniugale dei genitori del bimbo al centro del romanzo.
Nei mari estremi + Le lune di Hvar
…Per quanto riguarda questi due ultimi romanzi, ho visto che sono scritti nello stesso stile rarefatto e sbrigativo degli ultimi e ho deciso di non leggerli proprio.
In definitiva su Lalla Romano posso affermare dunque le seguenti cose.
Si interessa ai rapporti tra persone e sopratutto alla vita domestica. Ma spesso non approda a niente, non sono storie in cui succede davvero qualcosa. Giunti alla fine è come se il libro fosse appena cominciato. Il che non è che non si debba assolutamente fare, solo che se si verifica per praticamente tutti i libri di un’autrice allora non va bene, a mio modesto modo di vedere.
Peccato perché Lalla Romano scriverebbe bene. Però sembra sia rimasta troppo schiava della sua quotidianità per permettersi di immaginare una storia davvero impegnativa, inventata quanto serve, con componenti di pathos capaci di interessare davvero il lettore. Scrivere così, è solo grafomania allo stato puro: va bene per i racconti, ma per tirarci fuori un libro ci vuole ben altro.
Forse il lavoro da giornalista l’ha pesantemente condizionata nello stile, divenuto col passare del tempo troppo asciutto e striminzito. Così Lalla ha scelto (non so quanto consapevolmente) la via più facile. Forse mentre scriveva questi romanzi faceva troppe cose assieme e non è riuscita a produrre niente di meglio.
In definitiva, ribadisco che mi sia decisamente piaciuto solo Tetto murato, una delle sue prime opere. In seguito non ha più raggiunto quelle vette.