Non posso crederci. Se non l’avessi visto non ci crederei… Sale dalla salita una strana accozzaglia di carne che attira il mio occhio. Che cos’è?! È normale che me lo chieda, dato che quel che vedo è qualcosa di assai insolito, quasi inconcepibile. Che va contro le usuali leggi della natura. No, non è un mostro. Sono due persone, adesso le vedo. Solo che procedono quasi appiccicate. Per la precisione lei cammina normalmente secondo il senso di marcia (ovviamente!). Lui, invece, cammina al contrario, come quasi fosse un granchio, tenendole un braccio, fissandola. Sembra pilotarla di spalle…
Capite la follia di questo tipo?! Pretende di guidarla, solo che lui neppure vede dove sta andando! Lei invero sembra tollerarlo a stento. Capisce che sta esagerando, che non si fa così, che quel suo comportamento non significa solo attaccamento a lei (lui vuole che lei veda che le rivolge tutte le sue complete attenzioni), ma anche e sopratutto dedizione morbosa. Lui è un bambino viziato che ha visto un giocattolo e lo vuole, e farà i capricci per averlo. E quel giocattolo con cui vuole giocare, che desidera possedere e fare in modo che sia solo suo, quel giocattolo che non farà toccare a nessuno, è lei. Lei deve essere senz’altro quella più equilibrata tra i due. Capisce che è sbagliato. Sì, lo capisce, non può non capirlo. Si vede dallo sguardo attonito che ha, con cui è obbligata a seguirlo…
Parlano chissà perché in inglese. Eppure è un inglese scolastico, maccheronico che capisco pure io. Nessuno dei due è padrone della lingua. Così sospetto che uno solo dei due sia italiano mentre l’altro magari sia… spagnolo?
Quando sono in cima alla collinetta, dove mi trovo io, lui la obbliga a fermarsi facendo leva su quel suo braccio che ormai le ha sequestrato: si sforza di trovare la parola straniera che non gli viene. Lei, compreso l’intento del suo discorso, lo incalza prima che lui finisca di parlare. Poi proseguono… E io so che tra poco comincerà la discesa e quasi spero che prendano il sentiero di sinistra, cioè quello nettamente più scosceso il quale sarebbe assai pericoloso compiere anche guardando nella direzione di marcia. Spero che lui si sfracelli la testa liberandola dal suo abbraccio soffocante…
Ma non va così e accade che, o prendono il sentiero di destra, quello più pianeggiante e meno pericoloso, oppure che lui si volti rinunciando una volta per tutte al passo del granchio. Non voglio neppure guardarli per vedere quale delle due cose sia accaduta. Ho troppo disgusto per quell’amore abborracciato, palesemente erroneo, con lui che imprigiona lei e non la mollerà finché lei gli starà davanti.
Lui che di schiena la conduce verso una discesa erta: è la perfetta metafora del loro rapporto guasto. Con lui che la conduce verso la morte: perché, quando lui cadrà non mirando neppure la strada, lei gli andrà appresso, perché lui non mollerà mai la presa su di lei, neppure in punto di morte. Lui ammazzerà lei mentre si ammazza.
Allora liberati, ragazza! Liberati prima che sia troppo tardi! Non vedi anche tu dove costui ti sta conducendo? Non scambiare per amore la sua immatura possessività… L’amore è un’altra cosa. L’amore non fa male…