Nemesis era ormai irreperibile. Nessuno sapeva dove fosse o che fine avesse fatto. Aveva tagliato i ponti e li aveva recisi di netto, dopo la sua ultima seduta dalla psicologa.
Così nessuno sapeva se fosse ancora vivo, impazzito, rinchiuso in qualche manicomio sotto sedativi, coartato a seguire una cura farmacologica che gli avrebbe impedito di fare del male a sé e agli altri… Nessuno sapeva niente.
Anche del fratello di Nemesis, Azrael, non si sapeva nulla, e anzi egli aveva percorso quel cammino di offuscamento ben prima di Nemesis; era stato lui l’antesignano e forse ispiratore di ciò che era accaduto a Nemesis: perché, in ultima istanza, il destino dei due fratelli, si era rivelato essere angosciosamente simile. E poche persone erano al corrente di quel fatto…
I genitori di Nemesis e Azrael erano morti entrambi (forse di crepacuore); così nessuno avrebbe potuto interrogarli per chieder loro che fine avessero fatto i due fratelli. Ma poi, chi mai avrebbe potuto essere interessato alla loro sorte? Sia Nemesis che Azrael avevano fatto terra bruciata attorno a loro e dunque nessuno sarebbe venuto a reclamarli… Vi era forse qualcuno che ancora si ricordava di loro (e meno che mai delle loro paranoiche vicissitudini)? Nessuno. Nessuno c’era. O almeno questo sembrava…
Un giorno un uomo, che dimorava in una frazione di un dimesso paesino del nord Europa, vide un palloncino rosso (al quale era stato attaccato un pezzo di carta a quadretti) che balzellava in terra. Era evidente che in precedenza avesse avuto molta energia che gli avesse permesso di resistere alla forza di gravità e di vagare incontrastato per chissà quanto tempo e per quali vie. Comunque adesso quella forza non ce l’aveva più e, un po’ come la rapida esistenza di una farfalla, si stava spegnendo e perdeva sempre più vigore, e presto si sarebbe del tutto esaurito e allora si sarebbe appallottolato, giungendo alle stesse dimensioni di un profilattico usato…
L’uomo decise di cedere alla propria curiosità (anche se era consapevole che sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto) e di raccogliere il palloncino con il messaggio che portava. Tolto lo spago che lo ancorava alla plastica, liberò il foglietto accartocciato e lo stirò nelle mani. Ci trovò una storia che era stata vergata a mano e che cominciava dicendo…
Io l’ho conosciuto Nemesis. Ed ora mi chiedo che fine abbia mai fatto, se sia felice, oppure se si sia ammazzato gettandosi al fiume, come in molti dicono…
L’uomo parve colto da una qualche forma di afflizione. Emise un respiro che era lo sfiato di tensioni materializzatesi a bruciapelo. Dunque dovette decidere se gettarlo via, infischiandosene, oppure leggerlo tutto. E dopo un attimo di esitazione protese per la seconda eventualità. Lo avrebbe letto tutto, anche se era solo uno scherzo, anche se probabilmente quella lettura gli avrebbe procurato fastidio e avrebbe potuto attanagliargli l’anima per qualche periodo…
Io l’ho conosciuto Nemesis. Ed ora mi chiedo che fine abbia mai fatto, se sia in qualche modo felice, oppure se si sia ammazzato gettandosi al fiume, come in molti dicono… O anche se sia impazzito e giaccia nei recessi di un desolato ospedale psichiatrico di provincia, laddove nessuno lo reclamerà e potrà mai sapere chi è stato lui e che storia dolorosa ha vissuto, come pure che io, lo confesso, io l’ho amato.
Non posso dire dove lo conobbi, né in quale occasione, altrimenti si potrebbe capire la mia vera identità e tale confessione verrebbe quindi ad avere tutta una funzione che non le compete, mentre il mio è solo un misero sfogo affinché si sappia – o almeno faccia finta di dirlo a qualcuno – chi in realtà era Nemesis prima della sua crisi e come finì in mezzo a quei pasticci di cui, comprensibilmente, non fu capace di trarsi in impaccio.
Nemesis era un ragazzo, un giovane uomo, stupendo. Era sincero come un angelo, poiché egli era puro. Era gentile come la galanteria fatta persona, perché egli sapeva individuare repentinamente ogni forma di bellezza nelle persone, anche in quelle che la celavano al loro interno, nelle quali non è facile scorgerla. Lui lo sapeva. Non so come ma ci arrivava prima di tutti gli altri (ammesso che un giorno essi ne sarebbero stati capaci). E concedeva la sua fiducia, e accordava le sue belle maniere, anche a coloro sui quali normalmente non si sarebbe scommesso un centesimo bucato… Perché Nemesis era buono! Il più buono di tutti e possedeva l’animo più sensibile che mai abbia incontrato e che mai potrò incontrare in futuro… Perché già so che non mi sarà possibile rintracciare le doti che ravvidi in lui in un altro uomo, maschio o femmina che sia…
Tuttavia anche io, come tanti, non potevo credere che lui fosse davvero così eccelso come sembrava, e per due ragioni distinte ed altrettanto pregnanti: la prima era che, in tal caso, sarebbe stato troppo bello e la vita non mi aveva mai riservato gioie come quelle, gratuite ed improvvise, che immaginavo non potessero esistere sul serio dato che il mio cuore si era indurito e seccato per le troppe delusioni e nondimeno per la mia meschina essenza di donna incapace di credere ai miracoli e alla beatitudine; la seconda motivazione era che era statisticamente impossibile che potesse esistere uno come lui (ah! Ma come mi sbagliavo! Avrei potuto saperlo allora! Avrei voluto saperlo subito! Così forse avrei potuto accordargli quello che si meritava e insieme avremmo forse potuto scappare lontano dal mondo cattivo che di lì a poco lo avrebbe mortalmente oppresso… Ma io non potevo sapere… Come potevo sapere? Inoltre la mia natura, se devo essere davvero sincera, non avrebbe potuto mai essere alla sua inarrivabile altezza, poiché era troppo vigliacca, volgare, falsa, traditrice per lui; così penso che, se anche in una qualche maniera avessimo potuto unirci, non ci sarebbe stato dubbio che la nostra storia avrebbe finito per naufragare… Magari lui mi avrebbe cacciato via una volta appreso che ero una persona gretta, avida e gelosa; oppure il povero Nemesis non sarebbe mai riuscito a sfuggire al gioco al quale lo avrei incatenato e, prima o poi, non avrebbe quindi potuto che morirne, perché un angelo che viene legato con corde demoniache soffre tutte le pene dell’inferno ma infine muore; o in alternativa una notte mi sarei introdotta in casa sua abusivamente e allora lo avrei assassinato ficcandogli un coltello nella schiena, anzi assestandogli così tante coltellate nel petto che, quando lo avrebbero ritrovato i soccorritori, avrebbero pensato, come in Assassinio sull’Orient Express, che un manipolo di persone lo odiasse così tanto e giustamente che lui si era meritato ogni singola stilettata di quel riottoso odio che lo aveva trafitto… Così, il povero Nemesis non sarebbe mai stato felice e, ucciso, o pazzo, o sofferente, forse il suo destino era alfine assai mesto, e non era modificabile…
Eppure quanto mi struggo ancora a pensare a lui, ai suoi soffici capelli neri che sapevano sempre di un buon profumo di shampoo, ai suoi occhi misteriosi ed empatici, alle sue mani agili e affusolate, come quelle di un pianista, alla maniera nella quale stava al mondo, si muoveva in esso, affrontava i problemi e li risolveva tutti quanti, perché Nemesis era un nemico giurato di ogni forma di problema, vessazione, ingiustizia, malversazione, peccato, e non dominio assoluto dell’Ordine sul Disordine. Nemesis era il demiurgo di quella rara razza di uomini oppositori del Caos che dedicano tutte le loro energie nella loro missione-guerra per l’abbattimento delle forze oscure del male…
Ah!, ma lui non sapeva cosa gli stava succedendo e cosa sarebbe accaduto da li a poco (ma d’altronde chi poteva saperlo? Non io di certo)… Ricordo il suo sguardo attonito, quando cominciarono a circolare le prime voci su di lui e la sua presunta omosessualità, come se ciò avesse potuto esser vero… Oddio, a ben pensarci, effettivamente c’era qualcosa in lui che richiamasse qualche concetto sodomitico, come quella sua igiene estrema e quella sua gentilezza di fondo che sempre elargiva a tutti (a meno che non avesse solidi motivi per fare altrimenti); però non posso credere che a lui davvero piacesse il cazzo, prenderlo nel culo o (non ci voglio neppure pensare) metterselo in bocca e succhiarlo con passione (anche se una tal immagine confesso che mi faccia tremare dal profondo e che mi ecciti oltremodo, rendendomi ugualmente tutta bagnata, perché lo amo così tanto che forse lo accetterei anche da effeminato, e se fossi riuscita ad unirmi con lui certo non esiterei ad indossare una di quelle cinghie per donne con annessi peni fittizi in gomma dura, se lui me lo chiedesse, in modo che anche io lo possa penetrare proprio come farei se fossi un uomo dotato di un pene funzionante e sublimemente erettibile…).
Comunque, no, non credo che lui fosse una checca. Sarebbe stato uno tale spreco… E pensare che però anche io contribuii a far circolare quella voce su di lui… Si, proprio io mi macchiai di questa colpa infame e forse diedi inizio alla sua caduta. Ricordo di quella volta che ero molto scontenta che lui non mi avesse degnato di una sola occhiata. In più ero furiosa che si stesse intrattenendo con quella troia che sapevo che se lo volesse portare a letto, perché quella puttana faceva così con tutti quelli che le sembravano un buon partito; inoltre in quel periodo la classe cristallina di Nemesis non si poteva più celare: egli era in ascesa ed era ormai evidente agli occhi di tutti come lui fosse diventato l’uomo migliore e più affascinante del pianeta, quell’uomo di cui ogni donna si sarebbe intrigata masturbandosi nel chiuso delle sue mure domestiche (laddove nessuno l’avrebbe vista, ovviamente); quell’uomo capace di far ingelosire tutti gli altri uomini, anche Casanova o Rodolfo Valentino, cioè i più grandi seduttori che la storia abbia conosciuto; quell’uomo altresì capace di sommuovere anelate passioni inespresse in maschi che ancora non abbiano appreso della propria inclinazione alla sodomia, o altresì che potrebbero ingarbugliarsi il cervello qualora abbiano la possibilità un giorno di vederlo semisvestito, ravvisandoselo come quel perfetto efebo che egli realizzava (poiché lui era l’eterno e sospeso incrocio, assai intrigante, tra uomo fatto e perenne ragazzo, per sempre giovane, con quel suo fascino latente capace di far infervorare sia i pedofili – che in lui avrebbero intravisto tratti indubbiamente bambineschi – , come pure quei finocchi di cui già troppo si è detto, perché anche loro lo avrebbero scambiato per uno di loro e avrebbero ordunque desiderato di accoppiarsi lascivamente con lui perlomeno fino a quando il mistero della sua sessualità non fosse stato una volta per tutte derivato…).
Ma basta parlare del potere che egli avesse su quegli altri, di cui non mi interessa nulla… Sempre cari mi saranno i ricordi di come lui attraversò la mia vita di donnetta mediocre e puerile, rigida ma fragilissima, ardente e frigida… Non scorderò mai quel giorno in cui ero così arrabbiata che maledivo me stessa e tutto il mondo, avevo un diavolo per capello e quando quel gatto zoppo mi aveva attraversato la strada avevo avuto l’insano desiderio di inseguirlo (la povera bestiola non avrebbe potuto sottrarsi per molto alla mia caccia, visto il suo handicap) e di prenderlo a calci, per prorompere su di lui tutta la mia rabbia… E poi non so, forse da lì avrei cominciato a fare la serial killer di cani e gatti, forse avrei cominciato per gioco a confezionare polpette avvelenate, forse mi sarei appostata la notte in luoghi bui e avrei rigato auto parcheggiate in doppia fila, o forato gomme, o staccato specchietti retrovisori, o incendiato autoveicoli… Non lo so! In quel periodo sentivo di essere posseduta da una forza ribelle che mi spingeva non solo a pensare sempre male di ogni persona, ma anche a immaginare di continuo dei metodi per uccider tutti senza farmi beccare… Ma questa è tutta un’altra storia, la storia di come sarei potuta diventare un giorno se Nemesis non mi avesse toccato con la sua luce divina e guarente, facendomi riassaporare le incommensurabili gioie dell’amore (a tutti i livelli)…
Insomma ero lì che bruciavo di odio puro e quel giorno lui mi passò davanti. Io stavo fumando la mia sigarettina di nascosto, avendo dichiarato a tutti i miei conoscenti che avessi smesso (incassando così tanti complimenti per averlo fatto che da allora proseguo imperterrita a fumare, ma clandestinamente, e mai più mi farò vedere dagli altri con una bionda in mano…); ad un tratto, dal promontorio della strada, sbucò Nemesis. Non fece in tempo a vedermi con la siga in bocca ed io mi affrettai a spegnerla immediatamente col tacco della scarpa, cosicché posso affermare con certezza che lui non pensò nulla di male di me… Nemesis camminava placido, con quella sua aria beata da persona che non ha alcun problema col mondo, che mi comunicava sempre una seccante sensazione di serenità estrema, poiché lui rappresentava ciò che io agognavo ma al quale non potevo arrivare. Si manifestò stupito di vedermi in quel luogo (che era molto lontano da dove solitamente ci incontravamo). Mi chiese cosa ci facessi lì (e non per farsi i fatti miei, come avrebbero fatto sicuramente gli altri, ma quanto invece perché si vedeva che era davvero interessato a me e a cosa mi avesse portato da quelle parti). Io mentii: gli dissi che ero venuta ad assistere alla messa in una chiesa lì vicino, poiché ero amica di gente della zona, e lui ci credette (la mia bugia fu incredibilmente pronta ed inscopribile. Infatti mi rammentai che Nemesis era un fervente anticlericale, seppur rispettasse tutti i credenti, e che dunque non avrebbe mai avuto gli strumenti per approfondire la mia scusa fittizia chiedendomi notizie che avrebbero potuto mettermi in confusione).
In realtà ero là per tutt’altro. Ero venuta a trovare il mio amante: dovevamo scopare da lui per una mezz’ora prima che tornasse la moglie dalla spesa. In quel periodo lui ancora non si era lasciato e anche io avevo mio marito sempre con il fiato sul collo, per cui dovevamo arrangiarci come potevamo se davvero volevamo farci una sacrosanta scopata come cristo comandava, ogni tanto, per sfogare la libido repressa di tutta una settimana stressante trascorsa tra un lavoro inutile, le incazzature con la gente, le evasioni fiscali, i parenti inopportuni e le violenze domestiche…
Nemesis (che gran ingenuo che era!) mi regalò una delle sue espressioni di grande compassione, poiché lui, pur disprezzando le chiese, era sempre colpito da chi manifestasse un genuino sentimento di credenza (come il mio non era affatto, ma lui non lo sapeva). Quando gli chiesi cosa ci faceva invece lui là, mi rispose che era venuto a visitare una mostra d’arte gratuita nella quale un pittore suo amico aveva una sala tutta per sé.
Poi successe una cosa strana: una folata di vento mi soffiò alle spalle, verso il suo volto, e allora la sua faccia cambiò ed io vidi che lui si dispiacesse di qualcosa… E mi immaginai che fosse una specie di medium e che in quel mentre fosse riuscito a percepire il tormento della mia anima corrosa dall’odio ed ad un passo dalla malvagità più diabolica. Vidi una sorta di pietà affiorare dai suoi occhi! Sì, Nemesis mi diede la sua comprensione e fu come se mi sussurrasse nell’orecchio con la sua voce tenue: “Io ti amo. Io so che puoi cambiare. L’ho visto con la mia altra vista… Per questo io confido in te. Confido che ti redimerai e che mi amerai, poiché io sono Cristo rincarnato sulla terra ed io porterò la pace a tutti quelli che mi ameranno!”. Così la mia fu quasi una visione mistica (della quale non mi sarei mai creduta capace).
Nemesis se ne andò pochi secondo dopo, non dicendomi granché, ma a me rimase dentro la sua luce e quando mi vidi con il mio amante ci detti dentro molto più del solito poiché mentre glielo leccavo pensavo a lui, a Nemesis, al mio ragazzo perfetto da amare, al mio figlio ed al mio amore, tanto che alla fine anche il mio amante mi fece i complimenti per la mia scostumatezza ed invero la nostra crisi (che pure si sarebbe manifestata) fu rimandata, proprio per quel motivo, di oltre sei mesi, perché lui pensò che una donna come me, che faceva l’amore con quel trasporto, non poteva che amarlo davvero e quindi non se la dovesse far scappare facilmente, poiché rara (ah! Ma quanto mi sarebbe piaciuto che fosse stato Nemesis a pensare quelle boiate su di me! A me non interessava nulla invece del mio amante dell’epoca, che forse utilizzavo solo per mere questioni di sesso, per far ingelosire ogni tanto mio marito, e per potermi guardare allo specchio e dirmi: sì, anche io ho un cazzo granitico che mi scopa, dunque esisto e devo essere felice (anche se la felicità proprio non mi sfiorava in quel periodo)…
Fattostà che Nemesis da allora fu con me assai freddo ed io mi interrogai a lungo circa la plausibile motivazione che avesse portato a questa tragedia (subentrata proprio quando la sua approvazione mi divenne indispensabile!), senza tuttavia trovarne una giustificazione accettabile (poiché lui non poteva sapere che non mettevo piede in una chiesa da quando mi sposai e che da allora ero divenuta una bestemmiatrice incallita, seppur solo nel silenzio della mia mente, perché non volevo che gli altri sapessero che sacramentassi, e pure molto spesso, e pure per delle sciocchezze e per il gusto di farlo. Ero una mezza satanista).
Così, la mia prima reazione alla sua indifferenza fu un’ondata di rabbia incommensurabile che gli riversai addosso in ogni modo che potei e, dato che da allora ebbi modo di incontrarlo a quattr’occhi poco sovente, dovetti rivomitargliela di sghembo, riferendo ad altri delle cose di lui che affermavo di sapere ma che, dicevo, non si dovessero assolutamente divulgare (ottenendo di fatto l’effetto esattamente contrario, come del resto mi aspettavo).
Così agli occhi di tutti Nemesis divenne un fannullone, uno che andava a mignotte, che dissipava tutti i suoi guadagni nel gioco d’azzardo, che si ubriacava il sabato cosicché il lunedì sarebbe tornato sufficientemente in forma affinché non si notasse, che praticasse sesso estremo (di quello più indicibile), che non disdegnasse di mangiarsi le caccole, che pisciasse nei giardini pubblici in presenza di bambini piccoli (e che ciò lo facesse godere), che si pippasse le peggiori droghe sul mercato e che per questo una bella fetta del suo cervello fosse andata definitivamente fottuta; che la sua posizione preferita fosse quella del sessantanove (e per dimostrare questa panzana dovetti inventarmi una storia così pittoresca che ancora oggi mi faccio i complimenti per la mia audace fantasia e per la faccia tosta con la quale ebbi il coraggio di affermarla durante uno di quei pranzi nei quali si sparla sempre degli assenti o di coloro che non godono di protezione da parte di alcuno…); infine affermai che nella sua famiglia doveva esserci qualcosa di profondamente perverso e che non era chiaro se lui fosse innamorato della madre, o viceversa, o fossero presenti altre tipologie incestuose tra uno o più membri del suo clan.
Insomma, tentai di demolire l’immagine che tutti avevano di Nemesis e credo che in parte ci riuscii. Ma non saprei se fu grazie a me se poi vennero fuori anche tutte quelle altre voci ben peggiori che gli resero impossibile l’esistenza, non saprei proprio. So solo che da un certo punto in poi, ogni volta che lo incrociavo da lontano (purtroppo non potei più ascoltare il divino suono della sua voce angelica) cominciai a guardarlo con occhio diverso. E fu allora che mi innamorai di lui e compresi la sua vera natura di uomo dei sogni di qualsiasi donna… E allora mi pentii amaramente delle mie azioni e stetti male per lui, piangendo ogni sera davanti alla televisione spenta (che usai un po’ come una specie di altare sconsacrato per pregare per il suo ineluttabile fato ormai segnato), perché nessuno, neppure lui, avrebbe mai potuto uscire da quelle spirali che gli si erano avvolte attorno. E quando vennero fuori i pettegolezzi della sua morte e della sua pazzia, io li avallai in egual misura, e quando c’era il sole a splendere nel cielo pensai che fosse certo che lui fosse infine impazzito e chiuso da qualche parte; mentre quando pioveva allora mi immaginai che si fosse affogato nel fiume e che un giorno quelle acque inclementi e putride avrebbero rigurgitato fuori il suo povero corpo ormai marcito, nel quale i topi avrebbero instaurato il loro covo, rosicchiandolo forse dall’interno in modo da mangiargli tutte le interiora, e facendo del suo involucro la loro empia tana marcescente…
E oggi non mi rimane che il rimpianto di ciò che fu, di ciò di troppo rapido che fu, di ciò che avrebbe potuto essere (ma solo per poco, perché, come detto, Nemesis mi era troppo superiore e la nostra unione sarebbe stata inattuabile almeno quanto quella tra un sasso inanimato e lo Spirito Santo). Così non mi resta che leggere questo libro che ho appena comperato, “Cento modi per essere felice sbattendosene degli altri”, sperando che mi riservi qualche lieta sorpresa e che riesca a farmi dimenticare i languori del breve passato trascorso a pochi metri da lui, quando ancora non sapevo che mi sarei innamorata e avrei perso la testa per lui… Per Nemesis, il mio più grande ed inespresso amore!
Addio Nemesis! Ovunque tu sia ti auguro di aver avuto una fine veloce ed indolore e di essere già sottoterra col corpo ed in paradiso con l’anima, perché uno come te all’inferno non ci potrebbe mai andare, neppure se ammazzasse la propria madre con una mazza da baseball e solo perché lei non gli vuole dare il telecomando della tv…
G
L’uomo rimase molto scosso. Si dava il caso infatti che fosse ineluttabilmente lui quel certo Nemesis di cui si parlava…
Gli nacque l’impellenza di apprendere chi potesse essere quella donna. Gli episodi che lei aveva accennato gli erano però del tutto estranei, come se avessero riguardato un’altra persona; ma non poteva che essere lui quel Nemesis, poiché non potevano esistere omologhi che infine fossero andati incontro a quel destino estremamente caratteristico, seppur ella l’avesse descritto solo vagamente.
Quella iniziale, la “G”, non gli diffondeva nulla e anzi, doveva essere certo una lettera alfabetica fittizia per camuffarsi, non sotto un nome di battesimo, ma semmai sotto un aggettivo, un nome comune, un vezzeggiativo secondo il quale la donna si dissimulava. Nemesis ne pensò dunque molti di aggettivi e sostantivi: gabbata, galantea, galeotta, galletta, galoche, galoppata, gambona, galvanata, gamella, gamete, gamopetala, ganascia, ganglio, ganza, garbatella, gargarozza, gargotta, garittata, garrula, garzolina, gattina, gattamorta, gaudente, gavazzata, geisha, gembonda, gemmea, geleologa, generativa, genitale, genuflessa, georgica, geremiade, germana, gerontologa, gesuita, gherminella, ghetto, ghibellina, ghigna, ghiottona, ghirba, ghirlanda, ghira, giacobina, giaculatoria, giamburrasca, giannizzera, giarrettiera, gibbosa, gigantessa (ma non corrispondeva alla descrizione di colei che lui stesso aveva soprannominato la Gigantessa per via della sua alta statura…), ginepraia, giovenca, giravolta, girigogola, girl-friend, girovaga, gitana, gitante, giuda, giuggiola, giulebbata, giuliva, giumenta, giunonica, giustapposta, glabra, globe-trotter, gluteo, gnomica, gnosticista, goduria, goldone, golpista, gonfaloniere, gonnella, gonza, gotica, gradassa, gramaglie, grama, grandguignol, grassume, graticola, grattachecca, graveolente, gravina, gretola, grifagna, griffe, grigioverde, grinza, groggy, gruccia, gualdrappa, guelfa, guerriera, guitta… Ma nessuna di quelle parole gli rinfrescò il ricordo di una donna che calzasse a pennello con ciò che aveva appurato dal foglietto.
Inoltre non gli interessava per nulla rintracciarla, dato che doveva invero trattarsi di una donnetta di poco conto, adusa all’odio e alla meschinità (come lei stessa ammetteva francamente) ed incapace di amare sul serio (nonostante lei affermasse il contrario).
Tuttavia Nemesis non comprendeva come quel pezzo di carta con quella confessione (che doveva essere stata vergata solo allo scopo di dissipare le tensioni emotive provocate dalla storia stessa, per poi essere distrutta) fosse potuto finire appeso ad un palloncino che aveva finito per accostarsi alla sua abitazione isolata… L’accaduto era avvenuto volontariamente, oppure era frutto dell’incomprensibile agire del fato, che delle volte si diverte ad intrecciare i suoi fili per riannodare delle vicende che altrimenti rimarrebbero sospese ed insabbiate?
Nemesis si mosse fisicamente nella direzione nella quale aveva rinvenuto il palloncino e, proseguendo su quel sentiero, si inerpicò per strade che lo portarono a superare colline, vallate, piste sterrate ed intricate di vegetazione inselvatichita dalle quali da ultimo sbucò su di un’ampia radura; lì trovò un altro palloncino (dello stesso modello dell’altro) con avvolto un altro pezzo di carta. Ma fin da subito gli fu palese che dovesse trattarsi di un rinvenimento molto difforme dal precedente (almeno circa il fatto che lo riguardasse). Infatti stavolta il pezzo di carta accartocciato era la pagina tre di un noto quotidiano nazionale, con la data di dieci giorni prima. Nemesis dispiegò quell’involucro di carta e cercò di capire che notizia portasse, ma non ne ricavò molto. Infatti su di una facciata del foglio vi era la pubblicità stantia di un’automobile cromata, mentre sul lato opposto si rintracciava lo stralcio di un articolo di cronaca circa un incidente automobilistico, su di un’autostrada, che non aveva però prodotto nemmeno un morto: ed i due fatti non avevano nulla a che reclamare circa l’accorpamento con il suo destino. Dunque quale era il nesso tra i due palloncini (poiché era fuor di dubbio che fossero correlati, poiché i palloncini apparivano identici ed in più erano accompagnati dallo stesso spago che li aveva chiusi avvolgendo con loro un pezzo di carta)?…
Nemesis chiuse gli occhi e cercò di immaginarsi il luogo dal quale potevano provenire i palloncini; allora seguì a ritroso le correnti d’aria e valicò monti, rii, paeselli, superstrade… Fino a giungere in un dimesso quartiere di periferia della città dalla quale proveniva (infatti il vento spirava senza dubbio da quella direttiva). E dunque vide una donna di nessuna importanza recarsi a buttare dell’immondizia presso alcuni cassonetti… La donna era assai di fretta, e quando alcuni degli imballi destinati al riciclaggio del cartone e della carta le caddero in strada, non se ne accorse o non volle accorgersene… Poi passarono di lì dei bambini con dei palloncini… Avevano anche dello spago con loro. Qualcuno di essi aveva ideato un gioco… Volevano attaccare qualcosa ai palloncini per recapitarli via, lontano. Così avevano provato con cose di una certa consistenza ma avevano dovuto subito arrendersi all’evidenza che i palloncini potessero portare solo cose leggerissime. E, vedendo quegli avanzi di carte abbandonate davanti ai secchioni dell’immondizia, non ci avevano messo molto a cogliere il primo foglietto dal terreno e a legarlo al palloncino, per vederlo immediatamente schizzare via altissimo e veloce, spinto dal vento. Successivamente dovevano aver ripetuto quel gioco anche con altri palloncini, finché non li avevano esauriti tutti…
Nemesis riaprì gli occhi: ecco come dovevano essere andate le cose. Così, per quanto incredibile, quella era l’unica spiegazione che riuscì a rinvenire per dare un senso a quei fatti inquietanti che altrimenti sarebbero rimasti senza alcuna definizione. Tuttavia, non comprese mai chi fosse quella donna (ma di lei non gli importava nulla).
hai pubblicato un libro Giordano!!! devo stamparlo per leggerlo, a video mi perdo
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…addirittura stamparlo non te lo consiglio! sia per risparmiare carta che sia perchè… se qualcuno dovesse sbirciare in quello che hai stamapato chissà cosa penserebbe!;-)
se avrai la forza di leggerlo tutto credo che lo troverai “divertente”…
ad ogni modo, tornando a bomba, in tali casi ti suggerisco di farti un bel “copia-incolla” su un file che poi leggerai con comodità quando hai tempo…
ciao!
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…oppure ingrandendo un po’ il carattere (ctrl + il tasto “+”) dovresti avere più facilità a leggerlo…
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