Camusa

 

Avevo tredici anni e facevo la terza media. Lo ricordo chiaramente perché quell’ anno successero tante di quelle cose che non dimenticherò mai… Non tutte piacevoli, purtroppo… Ma oggi vi voglio parlare di una delle più insignificanti, se vogliamo, ma con una morale…

Ricordo che nella mia classe ci fosse una che mi piaceva. Anzi ce ne erano due, ed erano vicine di banco… A dir la verità ce n’ era anche un’ altra che mi attizzava parecchio, senza contare la più bella della classe (già perfettamente sviluppatasi) che era il sogno acclarato e conclamato di ognuno di noi, essendo riconosciuta universalmente come la più bella in assoluto (e anche le altri sezioni ce la invidiavano)… Beh, sì… Iniziavo ad essere pieno di ormoni e testosterone, ma ne sarebbe passato di tempo prima che potessi combinare qualcosa… Comunque, per arginare seppur parzialmente la fame insaziabile di ragazze che mi iniziava ad attanagliare, nel frattempo chiedevo furbescamente (con la scusa dei compiti) il numero di telefono di tutte quelle che mi capitassero a tiro (e loro me lo dovevano dare per forza! Arf! Arf!)…

E un bel giorno scorsi l’ agenda che avevo incorporata nel diario e mi feci un po’ di conti… Avevo proprio un notevole quantitativo di recapiti e, se comprendevo anche i maschi, contavo ben due terzi dei numeri di telefono dei miei compagni di classe (e avendo acquisito tutti quelli delle ragazze più carine)… Allora pensai che fossero troppi. Infatti, metti che mi fossi ammalato sul serio e che avessi dovuto fare una serie di chiamate per sapere che lezioni avessero svolto durante la mia assenza (eh, sì! Perché la scusa dei compiti era tale, ma fino ad un certo punto, ed affondava le sue radici nella mia coscienziosa realtà di studente assennato e quasi modello…) sarei riuscito ormai facilmente a contattare qualcheduno che avrebbe potuto dirmelo…

Insomma, in ultima istanza decisi di depennarne qualcuno (e già allora avevo la mania di liberarmi delle cose che sapevo mi sarebbero risultate inutili). Dovevo solo scegliere quali… Scorsi uno ad uno i numeri di tutti i maschi e mi resi conto che mi erano tutti necessari. Infatti con loro poteva sempre capitare di dover improvvisare una partita a pallone e lo sport, si sa, non guarda in faccia nessuno!…

Era deciso… Dovevo far fuori qualche ragazza… E secondo voi chi mai avrei potuto eliminare? Quella che mi piaceva? Mai (ci dovevo ancora provare!)!… La sua vicina di banco? Manco morto (e poi aveva delle supertette che me le sognavo la notte!)!… Quella che per un periodo era stata la più intrigante che pensai di aver conosciuto? Giammai (chissà che non si innamorasse di me)!… Quell’ altra che, pur essendo un po’ secca, si vedeva che era una tipa particolare e che sapeva anche disegnare bene? Meglio di no (perché io tendevo anche a conservare molto, se non ero sicuro al cento per cento che non sarebbe mai accaduto che una cosa non potesse più essermi utile)… La più bella della classe (e forse della scuola)? Mica ero scemo! Un giorno forse mi avrebbe notato, e io l’ avrei conquistata, e mi stavo già muovendo in quella direzione (e poi abitava molto vicino a casa mia e non avrei mai rinunciato a una tale comodità… Che bello sarebbe stato fidanzarmi con una che viveva a meno di duecento metri da me… Pensa che praticità)… Rimaneva la cicciona mezza muta che spesso mi guardava con grandi occhioni timidi… Ma sapevo di piacerle e… non si butta (mai) via niente in queste condizioni!… Poi c’ era stata la festa di S. nella quale mi era capitato di ballare molti lenti con lei, e le avevo messo le mani sui suoi fianchi grassi tastandone chiaramente la forma, e avevo avuto la sensazione che me la fossi già schioppettata per metà… No, era meglio tenere anche il suo (adiposo) riferimento…

E infine ne rimaneva solo uno che fosse di femmina e che potessi cancellare, ed apparteneva a Camusa. Lei era una ragazza da tutti considerata molto brutta (anche se in fondo non era vero, e non possedeva nulla di particolarmente orribile). Camusa era molto alta (addirittura più di me, quindi praticamene una gigantessa). Poi era anche secca e allampanata (più di me? forse così sembrava…), aveva una dentatura equina sporgente (ma dritta) e, ovviamente, era praticamente piatta e non nascondeva alcuna intrigante curvatura femminea in nessun posto. Inoltre aveva i capelli pettinati a spazzola (come quasi fosse un uomo!). E adesso che ci penso anche la sua voce non era per niente gradevole, ed era talmente sgraziata da sembrare quella di un violino rotto (ma forse era in un momento di transizione e le stava cambiando… Anche alle donne cambia la voce? Credo di sì, no?).

Insomma Camusa era la vittima predestinata perfetta per il depennamento. L’ unico problema era che, per ottenere il numero della sua vicina di banco, avevo dovuto fingere che desiderassi anche il suo (altrimenti si sarebbe visto che facevo delle differenze per motivi estetici). E in più lei (che così cortesemente me l’ aveva voluto concedere) me l’ aveva fornito anche da poco… Comunque tutto stava nel non farla accorgere che l’ avessi eliminato, perché delle possibili grane sarebbero venute esclusivamente in quel caso…

Ma purtroppo (per me) in quel periodo ci scambiavamo spesso i diari, perché a quell’ età era un bel passatempo dare un’ occhiata a quello di un altro e vederci cosa ci scriveva e chi erano i miti del proprietario… Nel mio non c’ erano molte scritte, però si potevano trovare molti adesivi e disegni (e si dà il caso che fossi parecchio apprezzato per questi)… Così, quando lei mi chiese di visionare il mio diario, io non le feci storie e glie lo passai lusingato, perché già sapevo che dopo mi avrebbe fatto i complimenti per la mia arte o per la mia immaginazione… Non potevo certo intuire che lei andasse a sbirciare proprio nell’ agendina e (presumibilmente) la scorresse tutta…

E furono grossi guai quando lei mi chiese, prima stupita e poi arrabbiata, perché avessi cassato proprio il suo numero (perché lei notò che quello era stato l’ unico a subire un tal trattamento!). E io, per la prima volta nella mia vita, mi sentii un vile, in colpa, e non in grado di rispondere a una sacrosanta domanda diretta che una femmina mi stava facendo…

Lei era lì e pretendeva una risposta, e io non ricordo se riuscii a farfugliargli una scusa. La risposta brutale sarebbe stata: “Perché sei troppo brutta!”; quella più tecnica: “Perché sapevo già che non mi sarebbe mai potuto capitare nel corso della mia intera esistenza di comporre il tuo numero per un qualsiasi motivo sensato, poiché semmai avrei chiamato uno qualunque degli altri numerosi compagni di classe di cui dispongo il riferimento”. Ma non le potevo dire la dura verità! Ci sarebbe rimasta troppo male (e già ora schiumava rabbia dalla bocca)… Forse alla fine (dopo criminali e lunghissime pause da parte mia, e mentre pure la sua amica mi guardava come un lussurioso manigoldo maniaco sessuale), riuscii a dirle qualcosa del tipo: “Perché ne avevo troppi…”, che corrispondeva alla verità in fondo, e che non era troppo disumano, ma era evidente che volesse significare che comunque fra tutti avevo scelto proprio il suo da disintegrare… Lei rimase offesa e non mi chiese mai più il diario…

Alcuni anni dopo, io e i miei amici eravamo cresciuti, e proprio con alcuni compagni di classe avevo ormai preso l’ abitudine di frequentare spesso dei campi da tennis all’ interno di un oratorio. Quel giorno eravamo sull’ autobus, che in pochi minuti ci avrebbe portato sul posto… Ad un tratto un mio amico venne salutato da una ragazza che si trovava sul veicolo (io ero defilato e nemmeno partecipai al dialogo che si tenne), e lui le chiese chi fosse. E lei gli disse che era… Camusa!… Era irriconoscibile! Non sembrava più una giraffa con il collo lungo, e normalmente saremmo stati tenuti a pensare che fosse per via di uno spontaneo o voluto rimpicciolimento (quando era evidente che semplicemente le sue ossa avevano smesso di crescere e si erano assestate su livelli di lunghezza medi per la sua età, mentre un tempo erano stati ipernormali); per gli stessi motivi non appariva magra e sembrava ben proporzionata. Le erano spuntate anche delle belle tette (e forse raggiungeva la terza) che intravedemmo dallo spacco che aveva sul petto; non aveva più i capelli a spazzola, ed aveva preso a portarli lungi dietro le orecchie, radunati in bellissimi ricci spontanei neri… Che dire poi della sua dentatura? O si era messa l’ apparecchio, oppure si era trattato sempre di una nostra ottusa esagerazione… E la sua carnosa bocca rosa appariva favolosa e attraente come quella delle ragazze più avvenenti… Ma… lei era bella! Era diventata bellissima, e come nella fiaba del brutto anatroccolo si era trasformata in un cigno che tutti gli altri uccelli prima avevano denigrato e che oggi ammiravano estasiati…

Il mio amico ebbe appena il modo di scambiare due chiacchiere con lei… Giusto per sapere che la sua inseparabile amica (quella che disegnava bene e che mi aveva guardato con disprezzo) si era trasferita all’ estero per fare la ballerina, e Camusa era rimasta sola (ma se ne era fatta ormai una ragione)… Camusa ci apparve felice (come non mai) e incantevole…

Per quanto mi riguarda, io rimasi immobile per tutto il viaggio, dapprima diventando rosso quando tale bella figliuola aveva attaccato bottone col mio amico (e nessuno l’ aveva riconosciuta), poi fui vergognoso perché lei (probabilmente) neppure mi riconobbe e se l’ avesse fatto chissà cosa avrebbe pensato di quello che una volta l’ aveva espunta dalla sua agenda perché “troppo brutta”, e che oggi si ritrovava solo come un cane e con ben poche esperienze positive alle spalle in fatto di ragazze… Chissà cosa mi avrebbe detto Camusa se si fosse accorta di me… Chissà se avrà mai pensato a me…

Alcuni mesi dopo mi sembrò di vederla ancora in un’ altra ultima occasione. Era la festa del primo maggio e stavano passando in televisione il tradizionale concerto-evento. E per pochi secondi mi parve di ravvisarla sulle spalle robuste di un uomo e gridare la sua folle gioia, quando la telecamera la inquadrò… Aveva una maglietta bianca attillata che le metteva in risalto il seno formoso (e i capezzoli), e la sua carnagione candida appariva come quella di un angelo… Vi confesso che tentai di videoregistrarla ma non ci riuscii. Allora mi rammaricai ancora con me stesso perché non ero più nella sua vita e non avevo saputo vedere la bellezza insita che lei nascondesse dentro… Inoltre considerai che Camusa era sempre stata anche una ragazza estremamente delicata, sensibile, e dolce… e il suo aspetto fisico mi aveva impedito di notarlo… Pensai infine: “Addio, Camusa. Ti meriti tutta la felicità che provi in questo momento, e sono sicuro che ti aspetti un futuro luminoso e pieno di soddisfazioni.”…

Morale della favola? Primo: se uno si vuole trombare una… deve avere l’ occhio lungo e deve saper prevedere gli sviluppi del destino. Secondo: mai giudicare dalle apparenze, e cercare di vedere le cose per quello che sono davvero…

Un pensiero riguardo “Camusa

  1. Anche il mio primo romanzo per ragazzi ha un tema simile (una ragazzina brutta che di colpo sboccia e diventa carinissima).
    E spesso accade che diciottenni insignificanti si trasformino in donne quarantenni o cinquantenni belle, affascinanti.
    Com’è possibile?
    Perchè man mano che si scresce e si diventa consapevoli di se stessi, ognuno ha la faccia che si merita. E il nostro volto adulto è sempre più costituito dall’espressione che gli abbiamo dato. ed essa dice molto, moltissimo, di noi.

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